Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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Post n°85 pubblicato il 02 Novembre 2016 da call.me.Ishmael
La Casa di Paglia La Casa di Paglia era un bello e antico edificio alla periferia di V. dove risiedevano casi mentalmente clinici e complessi accompagnati da terapeuti, infermieri, medici e volontari. Consisteva nel lascito di una vecchissima contessa che aveva avuto la sventura di ritrovarsi un unico figlio con quel genere di problemi e ne era stata profondamente toccata. Così, alla sua morte, l'intero palazzo era stato affidato al Comune che lo aveva poi trasmesso agli esperti di una psiche spesso insondabile. Era qualcosa di diverso dal Centro di Salute Mentale (Anche se formalmente ne dipendeva). Vi erano trattati schizofrenici gravi, dissociati mentali, paranoici all'ultimo stadio, tossicodipendenti in pesante ritiro dalle droghe. Un tempo l'avrebbero chiamato manicomio, adesso era una Casa di cura e recupero. Il suo nome originale era Villa Marconi ma un degente (in seguito ad associazioni del tutto personali) l'aveva ribattezzata Casa di Paglia. Al dottor Radice quel nome era piaciuto perché profumava di sano e di salvifico, così aveva deciso di adottare la denominazione. La villa si sviluppava su quattro piani ed era di un imponenza tutta rococò, inoltre contava su diversi ettari di terreno coltivati a vigne e su vasti appezzamenti di orti, che ogni paziente era tenuto a curare. Poi v'era una piscina per i mesi estivi, un campo di calcetto, uno di basket e pallavolo, nonché due di tennis. La cura delle devianze era completa e molto soft, esistevano muri di cinta ma erano più per proteggere la privacy dei degenti da occhiate indiscrete che per impedire fughe repentine, non esistevano collari o braccialetti elettronici e chiunque degli ospiti poteva tranquillamente prendere la via fino all'ampio cancello e sparire, ma nessuno lo faceva. Una serena cappa di tranquillità e pace ricopriva le attività dei ricoverati alla Casa di Paglia e Matteo Giustiniani, lo schizofrenico, vegliava sul quieto svolgimento della vita nella natura. Il dottor Radice chiuse la cartella del Giustiniani e lo mandò a chiamare. Passarono dieci minuti e Matteo era lì, davanti al suo dottore, grattandosi nervosamente il braccio. "Zanzare?" Fece Radice con uno sguardo interrogativo. "No. Mi è preso un prurito su tutto il corpo, come di nervosismo. come se stesse per succedere qualcosa. è un segnale e non mi sbaglio mai. "Da quando senti il bisogno di grattarti?" "Da ieri sera." "Uhmmm..." lo psichiatra pensò di aggiungere una mezza pastiglia di depakin alla usuale dieta chimica di Matteo. Di solito questi suoi atteggiamenti preannunciavano una crisi come la nuvola preannuncia la pioggia. "Ho brutte sensazioni, Emanuele." Fece lo schizofrenico, che dava del tu, come tutti, al loro condottiero. "Ovvero?" Giustiniani fece una smorfia terribile cavandosi due peli dalla folta barba: "La Casa di Paglia è tranquilla, ma sento arrivare qualcosa da lontano, da molto lontano." Radice tagliò corto e soprassedette al motivo per cui aveva chiamato il paziente nello studio. Visti i miglioramenti tangibili stava pensando per lui a una casa protetta. Ma l'agitazione evidente di Matteo lo fece desistere. (Continua) |
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