Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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VI
Post n°89 pubblicato il 22 Novembre 2016 da call.me.Ishmael
La Casa di Paglia VI Concluse il suo breve discorso e decise di allontanarsi dall'ufficio per visionare tutto ciò che sarebbe potuto cambiare nei prossimi giorni sotto i suoi occhi. Aveva voglia di riempirsi il cervello con i successi della Casa di Paglia. Salutò Elettra e si avviò per le scale fino ai piani inferiori. Era tutto un fiorire di laboratori, camerette, attività varie e positività. Da quando si era messo alla barra del posto, da quando era nato dalla sua visionaria esperienza quell'edificio pionieristico, tanta acqua era passata sotto i ponti. Sapeva di avere anche molti nemici: gente che non credeva nella possibilità di autogestirsi dei malati di mente, persone che guardavano con sospetto a quella gabbia di matti trattati con tutto il dignitoso rispetto. Ma lui insisteva, ci credeva, ed era pure riuscito a stabilire buoni rapporti con le iene dell'amministrazione comunale e provinciale. Possibile che tutto questo giungesse a un suo termine tattico? Era veramente nel loro interesse che il questore aveva intenzione di stiparli nel nuovo centro polifunzionale ultramoderno? Nessuno voleva i profughi e così si era pensato di colpire l'anello debole della catena. Un popolo fragilissimo che non avrebbe potuto opporsi a decisioni radicali sopraggiunte dall'alto. Si decideva per decreto e i matti erano l'obbiettivo più semplice e malleabile. Guerra tra poveri gli passò come una freccia attraverso il cervello, ma lui non avrebbe ceduto tanto facilmente. Entrò nel laboratorio di ceramica e incontrò lo sguardo di Maria Luisa Guerrieri, un'ex insegnante di greco che un giorno di due anni prima aveva sclerato e preso a calci un'allieva irridente. In seguito le era stata diagnosticata una forma grave di bipolarità e si erano aperte per lei le porte della Casa di Paglia. Ora stava nettamente migliorando e si era data all'attività manuale ricavandone indubbi benefici e un umore preziosamente stabile. Poco distante notò, impegnata su un vaso, Dafne Rigotti che per lungo tempo aveva avuto un posto al caldo nel consiglio di amministrazione dell'Autostrada. In seguito una durissima forma depressiva l'aveva scalzata e fatta passare per il centro di salute mentale da uno psichiatra all'altro, fino all'incontro con Emanuele Radice e il trasloco nell'Edificio in aperta campagna. Pure a lei aveva fatto bene e ora stava in netto miglioramento dentro il laboratorio. Salutò tutti, da Mirko Abate a Stefano Lorandi, da Paola De Finis a Benedetta Brini e si soffermò a guardare lo sviluppo della loro attività. Su diverse mensole stavano il frutto del paziente lavoro: anfore panciute, bacili spaziosi, brocche filiformi. Avevano tutte un gran mercato e contribuivano all'autofinanziamento della struttura, che si inorgogliva di campare con pochissimi sussidi regionali e provinciali. Maria Luisa affrontò con un po' di paura nelle pupille il medico: "Abbiamo sentito Matteo urlare. è per caso successo qualcosa?" Il dottore la squadrò amaro e raccontò una sua versione della verità: "Stava bivaccando in pianta stabile nel mio ufficio. Era troppo gasato. Cominciava a farmi le veci e questo in una Casa basata sull'eguaglianza non va per nulla bene. Quando gliel'ho fatto notare ha avuto una crisi e abbiamo dovuto usare le maniere forti. Ma adesso le cose dovrebbero essersi sistemate. Penso gli abbiano somministrato una buona dose di haldol." La donna gli si fece più vicina: "Abbiamo sempre paura quando Giustiniani fiuta il vento e impazzisce. Temiamo sempre qualcosa di grave in arrivo." Radice sospirò, e carezzò i capelli della donna. (Continua) |
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