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VI

Post n°89 pubblicato il 22 Novembre 2016 da call.me.Ishmael








La Casa di Paglia VI

Concluse il suo breve discorso e decise di allontanarsi dall'ufficio per
visionare tutto ciò che sarebbe potuto cambiare nei prossimi giorni
sotto i suoi occhi. Aveva voglia di riempirsi il cervello con i successi
della Casa di Paglia. Salutò Elettra e si avviò per le scale fino ai piani
inferiori. Era tutto un fiorire di laboratori, camerette, attività varie e
positività. Da quando si era messo alla barra del posto, da quando
era nato dalla sua visionaria esperienza quell'edificio pionieristico,
tanta acqua era passata sotto i ponti. Sapeva di avere anche molti
nemici: gente che non credeva nella possibilità di autogestirsi dei
malati di mente, persone che guardavano con sospetto a quella
gabbia di matti trattati con tutto il dignitoso rispetto. Ma lui insisteva,
ci credeva, ed era pure riuscito a stabilire buoni rapporti con le iene
dell'amministrazione comunale e provinciale. Possibile che tutto
questo giungesse a un suo termine tattico? Era veramente nel loro
interesse che il questore aveva intenzione di stiparli nel nuovo centro
polifunzionale ultramoderno? Nessuno voleva i profughi e così si era
pensato di colpire l'anello debole della catena. Un popolo fragilissimo
che non avrebbe potuto opporsi a decisioni radicali sopraggiunte dall'alto.
Si decideva per decreto e i matti erano l'obbiettivo più semplice e
malleabile. Guerra tra poveri gli passò come una freccia attraverso il
cervello, ma lui non avrebbe ceduto tanto facilmente. Entrò nel laboratorio
di ceramica e incontrò lo sguardo di Maria Luisa Guerrieri, un'ex insegnante
di greco che un giorno di due anni prima aveva sclerato e preso a calci
un'allieva irridente. In seguito le era stata diagnosticata una forma grave
di bipolarità e si erano aperte per lei le porte della Casa di Paglia. Ora
stava nettamente migliorando e si era data all'attività manuale ricavandone
indubbi benefici e un umore preziosamente stabile. Poco distante notò,
impegnata su un vaso, Dafne Rigotti che per lungo tempo aveva avuto un
posto al caldo nel consiglio di amministrazione dell'Autostrada. In seguito
una durissima forma depressiva l'aveva scalzata e fatta passare per il
centro di salute mentale da uno psichiatra all'altro, fino all'incontro con
Emanuele Radice e il trasloco nell'Edificio in aperta campagna. Pure
a lei aveva fatto bene e ora stava in netto miglioramento dentro il
laboratorio. Salutò tutti, da Mirko Abate a Stefano Lorandi, da Paola
De Finis a Benedetta Brini e si soffermò a guardare lo sviluppo della
loro attività. Su diverse mensole stavano il frutto del paziente lavoro:
anfore panciute, bacili spaziosi, brocche filiformi. Avevano tutte un gran
mercato e contribuivano all'autofinanziamento della struttura, che si
inorgogliva di campare con pochissimi sussidi regionali e provinciali.
Maria Luisa affrontò con un po' di paura nelle pupille il medico:
"Abbiamo sentito Matteo urlare. è per caso successo qualcosa?"
Il dottore la squadrò amaro e raccontò una sua versione della verità:
"Stava bivaccando in pianta stabile nel mio ufficio. Era troppo gasato.
Cominciava a farmi le veci e questo in una Casa basata sull'eguaglianza
non va per nulla bene. Quando gliel'ho fatto notare ha avuto una crisi
e abbiamo dovuto usare le maniere forti. Ma adesso le cose dovrebbero
essersi sistemate. Penso gli abbiano somministrato una buona dose di
haldol." La donna gli si fece più vicina: "Abbiamo sempre paura quando
Giustiniani fiuta il vento e impazzisce. Temiamo sempre qualcosa di
grave in arrivo." Radice sospirò, e carezzò i capelli della donna.








(Continua)









 
 
 
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Un blog di: call.me.Ishmael
Data di creazione: 04/06/2014
 

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