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XXXVI

Post n°37 pubblicato il 19 Marzo 2015 da call.me.Ishmael

 






Trentaseiesimo giorno di navigazione

Esplosi il colpo quasi senza guardare e subito ebbi addosso
Stringfellow che mi spinse con violenza a terra e iniziò a
menare pugni, cercando nel contempo di estrarre un
coltellaccio che teneva nella cintura. Io riuscì a bloccargli
la mano e rotolammo insieme mentre, intorno a Noi due,
si scatenava il finimondo. Combattevo con il comandante
e gli echi di spari e di urla agghiaccianti ci riempivano
le orecchie. Un'autentica battaglia era in corso e Noi
non ci riuscivamo a staccarci e a vedere nulla, impegnati
come eravamo in uno scontro all'ultimo sangue. Non so
dire quanto ci dimenammo ed esaurimmo in un conflitto
che non poteva avere un vincitore e un vinto, visto le
qualità fisiche che si equivalevano. Ricordo solo che,
a un certo punto e dopo un tempo infinito di schermaglie,
ci arrestammo pressoché contemporaneamente e
levammo il capo con fare interrogativo poiché le urla
atroci e gli spari si erano esauriti intorno a Noi. La
 prima cosa che realizzai, prima ancora di dare uno
sguardo dattorno, fu che la statuetta della vergine che
tenevo in una sacca sulle spalle era andata in frantumi.
Potevo sentirne le schegge che mi trapassavano la pelle
e il rumore sinistro che facevano mentre andavano su
e giù in mille pezzi. Sul momento decisi di non farci caso
anche se una nota inquieta mi era risuonata nel cervello
facendomi rabbrividire. Come dicevo, Io e Stringfellow
levammo il capo pressoché nello stesso istante e gettammo,
febbrili, uno sguardo sul campo di battaglia, che ora pareva
dolorosamente pacificato. Bastò un attimo per farmi emettere
dalla gola un immenso urlo di soddisfazione e lanciare in
palpitanti versi di guerra mentre osservavo Osterberg e
alcuni degli altri miei Uomini in piedi, malridotti ma vincenti
sopra un tappeto di nemici trucidati. Dopo il primo attimo
di grande Felicità realizzai con amarezza di non vedere
in piedi o seduto a tenersi le ferite il piccolo Toby, mozzo
di prima classe, il muscoloso Darren, timoniere in seconda,
il saggio Capois, cambusiere dalle fattezze delicate, e
Lowdon, Capitano d'Armi della migliore pasta e Uomo di
provata esperienza su tutti i generi di Mari. Alla esaltazione
per la Vittoria subito si sostituì l'amarezza per le perdite che
quella carneficina aveva provocato. Da un primo, rozzo
sommario parve subito evidente che il Comandante
Stringfellow era l'unico sopravvissuto fra la sua crew di
tristi cannibali. Ci alzammo sostenendoci, come se lo
scontro di poco prima fosse stata una amabile bagatella
fra bambini e cominciammo a camminare in mezzo
ai rimasugli della feroce lotta facendo bene attenzione
a non calpestare i cadaveri. Stringfellow sembrava
ipnotizzato e si muoveva con la fissità del sonnambulo
mentre faceva un conto e un'immaginaria preghiera
sui corpi dei suoi uomini frantumati durante il rapido
conflitto. A un certo punto Mi arrestai e lo lasciai
proseguire, attonito e desolato, mentre Mi sedevo
su una pietra sotto un albero del pane, esausto e
con sentimenti contrastanti. Vidi Padre Reynolds
che improvvisava una danza tribale forsennata
poco discosto dalla scena del macello, sventolando
un'ascia ancora cosparsa di sangue e ululando preci
al Signore. Io, dal canto mio, ero finalmente contento
che il peso di quegli strani bucanieri cannibali ci fosse
stato tolto ma non riuscivo a levarmi l'amara sensazione
di avere condotto con stupida ostinazione il mio equipaggio
a perdersi in quel contorto ginepraio di brutalità e magia
nera. E non contribuiva a levarmi il senso di colpa il fatto
che la determinazione ad andare avanti per risolvere
il Mistero dell'Isola fosse stata decisa in più di un'assemblea
collettiva. Sapevo che sarebbe bastata una Mia unica parola
per non arenarci nel mezzo di quegli strani conflitti. Ma da Me
quell'unica parola non era mai affiorata. "Peccati di Superbia"
Riflettei.






 
 
 
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Data di creazione: 04/06/2014
 

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