Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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Giorni a terra. III.
Post n°43 pubblicato il 30 Aprile 2015 da call.me.Ishmael
Giorni a terra. III. I bambini mi osservarono sorpresi mentre facevo fatica a riprendermi e sputavo silenziosamente in un angolo. Poi, con un grande sforzo mi ricomposi e tornai da loro per cercare di dipanare la matassa di quell'enigmatica coincidenza. "Intendi dire che statuette come queste sono normalissime sulla vostra isola, intendi dire che le producete...mi capisci?.....in grande quantità?" "Certo" Fece la bimba grattandosi il naso "è stato Padre Reynolds a insegnarci come fare. Usiamo la lava del vulcano e la scolpiamo finché non viene fuori la statua. Padre Reynolds dice che è un...dono del Signore attraverso le nostre dita. Noi ci limitiamo a copiarle da altre statuette, e quello che viene fuori è il...prodotto finale. Così ci ha detto Padre Reynolds." Mi sentì avvampare di rabbia verso il Pastore: non solo stava spargendo i bambini per gli orfanotrofi della città della costa, ma si era messo anche a sfruttare il loro lavoro, forse per ricavarne vantaggi economici. La più squallida delle prospettive. Mi tirai indietro poiché l'afflusso di clienti si stava facendo massiccio e stavo intralciando il normale svolgimento degli affari. Guardai ancora una volta quei due piccoletti impegnati severamente e seriamente nel loro lavoro, poi Li salutai con la mano e mi allontanai, con la mente ancora scossa, verso casa, dove speravo di mettere un po' d'ordine ai miei pensieri in libera uscita. fu all'angolo di Lewis con Daffidols che andai a sbattere contro un imponente figura che, come me, stava svoltando l'angolo. rimbalzai contro quel corpo robusto e andai a finire diritto in mezzo al fango che riempiva ogni viuzza di quella Città maledetta. Non imprecai nemmeno e mi risollevai laboriosamente mentre l'individuo mi aiutava porgendomi la mano e traendomi a sé. "Mi spiace" mormorò "sono appena uscito da una bettola e credo di non avere calcolato bene i miei passi." Lo osservai mentre mi rialzavo: aveva, come me, un cappellaccio colombiano a coprirgli buona parte del volto e, sul momento, non ne decifrai per nulla i connotati. Feci appena in tempo a notare l'enorme complessione del suo fisico e la barba bionda striata di grigio che gli dilagava da sotto il mento ma non mi parve, al momento, nessuno di familiare. Fu quando si levò il cappellaccio per scusarsi che mi lasciai andare a una imprecazione di gioia. "Phillips" urlai felice "finalmente qualcuno". Ormai eravamo l'uno di fronte all'altro e anche Lui mi abbracciò gioiosamente, smoccolando in maniera pittoresca :"Capitano Thompson, pare ieri che ci siamo lasciati!" Era il mio gabbiere. Il poderoso Grant Phillips. L'ultimo uomo che si era arreso al disarmo della Tommy Cruiser e al suo andare in cantiere per sollecite riparazioni. Lo ricordo ancora a piangere come un bambino e a darsi d'attorno per salutare tutti i suoi ormai ex compagni di equipaggio e il suo comandante nella persona del sottoscritto. Non vi sarebbe stato motivo di spargere tante lacrime dopo un viaggio commerciale su una rotta appena un po' eccentrica, ma l'incontro con l'Isola aveva forgiato la nostra unione e l'aveva resa solida come il ferro. Poi, la battaglia contro i bucanieri cannibali l'aveva vieppiù consolidata e trasformata in una alleanza per la vita e per la morte. Quando, con un quarto dell'equipaggio abituale, eravamo approdati alla nostra destinazione originaria nemmeno la rabbia dell'armatore ci aveva scombussolato, e il fatto di essere pagati una miseria rispetto all'accordo originario non aveva inficiato la soddisfazione per il coraggio dimostrato e la forza di avere messo il richiamo del Signore verso i più miseri davanti agli interessi commerciali e di bandiera. Così ci eravamo sciolti: ognuno a cercare la bettola adatta per affogare nel gin e nella birra rossa i tanti rimpianti e rammarichi per non avere fatto abbastanza per i poveri derelitti dell'Isola di San Juan de Réunion. Pure Io che, come già ho avuto modo di scrivere, non inclino alla sbronza malinconica o all'affogare i dispiaceri nelle diaboliche bevande ad alta gradazione, mi ero lasciato andare e ora stavo di fronte a Phillips a gambe larghe, lingua impastata e occhio torbido, pronto a sentirmi rimproverare da quel vecchio amico per il mio stato precario. Ma così non fu. Grant mi prese semplicemente sottobraccio e ci accompagnammo fuori dai vicoli fino a una minuscola piazzetta interna con tanto di pozzo al suo centro. |
Inviato da: cassetta2
il 11/11/2020 alle 18:29
Inviato da: several1
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Inviato da: Lutero_Pagano
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