Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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IX
Post n°92 pubblicato il 07 Dicembre 2016 da call.me.Ishmael
La Casa di Paglia IX Si appartarono tra lo stupore e l'invidia generali. Il segretario Involsi si tenne fuori per non esercitare troppa pressione sul Giustiniani. Prese una vecchia rivista da un tavolo e si mise a fingere di leggere sotto uno degli ampi finestroni. Radice, Matteo e il questore uscirono dalla mensa e seguirono il corridoio fino a una sorta di ufficio che aveva scritto "Alice" in una cornice sulla porta. "è una delle stanze dove facciamo terapia di gruppo" Si affrettò a precisare il dottore prima di scostarsi di lato e far entrare gli altri due personaggi. Quando furono dentro presero delle sedie a caso e si accomodarono intorno a un tavolo rotondo. "Come fa a sapere di me?" Domandò Matteo a bruciapelo. Maccani inarcò le sopracciglia e rispose nell'unico modo che poteva: mentendo. "Tutti in città ti conoscono. Sei un individuo popolare." "Davvero?" Matteo si lisciò la faccia e la barba molto compiaciuto. "Allora le mie battaglie non sono state invano." "Quali battaglie?" Si insinuò furtivo Radice. "Quest'edificio l'ho costruito praticamente Io; senza la mia presenza e la mia spinta sarebbe ancora un rudere." "Bugia. Tu non hai fatto altro che entrare ed uscire da questo posto da quando avevi dodici anni, e allora non eri altro che un piccolo violento attaccabrighe che torturava animali innocenti e se la prendeva con i suoi coetanei più deboli." Da sotto il tavolo il questore allungò un calcetto alla scarpa del medico, ma questi si limitò a strizzargli l'occhio di nascosto e a continuare con la sua tattica aggressiva: "è inutile che ci pigli in giro, Matteo. Io ti conosco molto bene." Il giovane si portò le mani alla faccia e parve sul punto di scoppiare in un pianto dirotto quando, invece, esplose in una risata da contorsionista. Poi allargò lentamente le dita per studiare l'effetto che faceva ai suoi due interlocutori. Maccani era sbiancato mentre Radice giocherellava con la punta di una matita. "Vuoi che porti qui la tua cartella, Matteo? è bella gonfia, sai? Incendio, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, molestie a giovani donne etc. etc. Ti va se la sfogliamo assieme?" L'inquisito batté i palmi delle mani con rabbia sul tavolo e lasciò trapelare un odio enorme, mal dissimulato. "Non siamo qui per parlare di me, adesso." Il questore annuì mentre il dottore fissava con sufficienza le mani tremanti del giovane. "Allora, di cosa dobbiamo discutere?" "Dei negri. Di quelli che ci vogliono rubare la Casa di Paglia!" "Non si chiamano negri. Sono gente di colore o africani, ficcatelo bene in testa." "No. Per me rimangono negri!" "Stiamo ponendo la questione nel modo sbagliato." Intervenne Maccani "Tu chiamali come vuoi ma il problema della loro sistemazione rimane." "Perché non li rimandate nel canale e non li lasciate affogare?" Ti sembra davvero una soluzione praticabile?" "Forse no. Perché allora non costruite un albergo nuovo di zecca solo per loro, lontano da tutti i posti civilizzati, e ogni settimana organizzate un carico di derrate alimentari per sfamarli, giusto per farli sopravvivere. Così impedireste che diventino un aggravio per la società." "Che ne sai di società, Matteo?" Interloquì freddissimo Radice. "Più di te Emanuele. In questo edificio c'è un...microcosmo, e Io ne sono il portavoce. Basta che schiocchi le dita e i degenti saranno dalla mia parte, non dalla tua, caro dottore." "Ho tantissimi modi per impedirti di nuocere. Ne hai avuto la prova di recente." "I tuoi sgherri non basteranno e lo sai benissimo. Noi due facciamo meglio ad essere amici. E sono certo che è quello che vuoi anche tu." Maccani tirò istintivamente indietro la sedia, facendola grattare come un lamento doloroso sul pavimento. (Continua) |
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