Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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XXXVIII
Post n°39 pubblicato il 02 Aprile 2015 da call.me.Ishmael
Trentottesimo giorno di navigazione Da un lato stava reclinato Fratel Geremia, sorridendo maniacalmente. Il repulisti era riuscito in modo perfetto ma avevo ancora dei conti aperti con quello strano religioso, incartapecorito dagli anni e dalle privazioni. Per una stupida volontà di bilanciare la strage e le Morti che, comunque, Mi pesavano sul cuore, Mi piazzai di fronte alla sua minuscola figura, levai la sacca dalle spalle e rovesciai i frammenti della statuetta della Vergine nello spazio innanzi ai suoi occhi. Poi Mi allontanai di qualche passo per studiare l'effetto di quella scena terribile. Fratel Geremia parve non reagire come Mi attendevo. Prese alcune schegge del sacro manufatto e lo rigirò quasi pigramente fra le dita, poi rallentò in modo notevole i suoi movimenti e notai che una lacrima molle e fertilissima Gli stava solcando la guancia destra fino a infilarsi nelle sue labbra semiaperte. Null'altro. Mi ero atteso, con un certo malvagio piacere, di vederlo stramazzare al suolo con un gemito disperato, invece stava lì, a tenersi in mano i gelidi pezzi di una statua che doveva essere stata compagna e sostegno di tante notti disperate e di tante albe colme di speranza, rimaneva lì, intontito e sconcertato, solo con un immenso e inesprimibile dolore nel petto. Prese a stringersi contro il ventre rinsecchito i frammenti della Madonna e a guardare il Mare di fronte a Sé con un'assenza inquietante nelle pupille. Poi, così come s'era sollevato a rimirare la strage dei suoi nemici giurati, iniziò a consumarsi in pochi istanti simile allo stoppino che affoga nella cera sempre più rada. Si fece un regale segno della croce e appoggiò la testa sulla sabbia, girandola impercettibilmente verso le onde. Poi socchiuse gli occhi lasciando solo una lieve fessura quasi per bearsi di quella visione paradisiaca. Lontana dai cadaveri e distante dalle inutili cattiverie di cui Io pure m'ero fatto tramite. Un profondissimo senso di angoscia mi catturò le gambe e rivoltò lo stomaco. Il Frate stava morendo e portando con Sé ogni segreto di quella strana isola. E Io non potevo farvi nulla se non assistere come un avvoltoio indigesto a quell'agonia silenziosa. La Disperazione Mi avrebbe fatto sollevare e cercare di scuoterlo a schiaffi oppure a porgergli dell'acqua sulle labbra screpolate per consentirgli le ultime parole di una sentita confessione. Ma la anima cristiana Mi rassicurava che ogni speranza era insensata, e ogni gesto inutile. Non restava nulla se non osservare come si dilegua uno spirito dal corpo e come ascende nella quiete ultraterrena della serena contemplazione della Divinità. A volte Mi si incagliavano tra i pensieri i ricordi di un'ostia nera millantata da Padre Reynolds, oppure la Crudeltà di imbottigliare sotto terra per trent'anni un equipaggio di uomini costretti al cannibalismo pur di sopravvivere. Eppure nemmeno questo rovinava la fissità mistica della Morte del Frate. E i peccati dell'Uomo venivano sovrastati e assordati dalla bellezza di quell'addio per un essere che, comprendevo, era sempre appartenuto alla sfera invisibile e ineffabile del l'esistenza. Non so per quanto tempo rimasi in quella postura ad assorbirmi del trapasso del vecchio frate, ma so che quando Mi riscossi Padre Reynolds Mi stava accanto in piedi, con la testa reclinata sul petto. "è spirato?" Chiesi. "Assolutamente sì." Rispose Lui tracciando una croce nell'aria. "E al diavolo i suoi segreti" si lamentò il mio secondo, che stava discosto qualche metro più in là. Non lo guardai nemmeno ma compresi che tutte le ragioni per cui eravamo approdati su quell'isola si erano dissolte in un amen. Avevo perso tre quarti dell'equipaggio in una feroce battaglia con dei cannibali in difesa di un popolo altrettanto selvaggio e pagano. Avevo custodito il Frate per poi vedermelo morire sotto gli occhi senza potere nulla. Avevo, certo, Padre Reynolds per delucidarmi su qualcosa, ma la mia forza e capacità di attrazione era venuta meno in maniera inesorabile. Insomma, Con il diffondersi dei miasmi della Morte (che sovrastava ormai quelli di un vulcano in veloce assestamento) la mia voglia di trovare spiegazioni per quell'insensata spedizione tracollava inesorabilmente. "Osterberg" dissi in modo quasi narcotico "Prepariamoci a trasbordare a bordo della nave di Stringfellow. Poi recupereremo la nostra Cruiser." |
Inviato da: cassetta2
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Inviato da: several1
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