Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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XV
Post n°98 pubblicato il 24 Gennaio 2017 da call.me.Ishmael
La Casa di Paglia XV Arrivata nel Ghana, a Kumasi, dopo avere sorvolato Benin e Togo, era stata accolta in un ospedale anglicano malgrado le proteste del padre, che temeva di abbandonarla al suo destino, mentre il resto della famiglia tirava un sospiro di sollievo. Alla fine venne convinto anche lui dalla preparazione e dall'evidente sollecitazione del personale medico e paramedico. Adebanke sarebbe stata curata nel modo appropriato e con la tecnologia necessaria per il suo difficile caso. L'ospedale (il St. Mary) era uno dei maggiormente all'avanguardia nella zona sub-sahariana, e sarebbero stati in grado di provvedere alle sue esigenze nella maniera migliore possibile. Così Joseph, dopo un ultimo bacio alla sua figliola disgraziata si era ricongiunto con la famiglia, che puntava precisa su Accra per ricostruirsi una vita dopo la terribile paura attraversata nel nord della Nigeria. Nel frattempo Adebanke Adhiambo era stata presa sotto l'ala protettrice del dottor Griffith, un bianco dal naso adunco ma dalla complessione rassicurante. Un autentico esperto delle malattie al sistema muscolare e un piccolo luminare nel campo della distrofia. Lui aveva vinto la resistenza e le diffidenze della ragazza con la caparbietà e l'ostinazione dell'amico più che del curandero. Credeva molto nello smarcarsi dalle pratiche stregonesche a cui era stata sottoposta Adebanke per anni, credeva fermamente in precise e scientifiche pratiche professionali che rassicurassero la sua giovane paziente. E così, dopo qualche settimana si era conquistato la fiducia di quel minuscolo e ferito animaletto selvatico. La viziava e la rassicurava, la coinvolgeva in terapie importanti che, giorno dopo giorno, mostravano risultati incoraggianti. Ma soprattutto aveva lavorato sulla psiche devastata di Adebanke, conducendola ad avere fiducia nel proprio prossimo e a non pensare continuamente che lo staff stesse riflettendo su come toglierla di mezza nel modo meno rischioso possibile, o che il dottore fosse così carino e gentile solo per convincerla ad abbassare le difese ed eliminarla senza colpo ferire. Non aveva mai visto uomini bianchi prima di allora; tantomeno pensava potessero essere solleciti e preoccupati per la sua salute. E anche questa per lei era stata una piacevole scoperta. Così aveva trascorso nella clinica cinque anni...era stata provvista di una carrozzella provvista di tutti i gadget possibili, e, malgrado la situazione non desse segnali particolari di miglioramento, Adebanke aveva ottenuto un dono decisivo: l'orgoglio per la propria persona e una forte carica di robustezza morale e fermezza psicologica. Un punto, questo, che l'aveva fatta diventare centro di riferimento per decine di altri malati, gente affetta dalle più svariate sindromi ma soprattutto gente che la cercava come si cerca la mano amica e forse incantata, che può aiutare a sopravvivere e a migliorare, anche impercettibilmente, la stasi critica all'interno della malattia. Tutto questo finché si era prospettata la possibilità di una trasferta in un grande Paese dell'Europa per condurre ulteriori terapie con macchinari e attrezzature ancora più raffinate di quelle che si trovavano a Kumasi. La spedizione sarebbe stata costituita da una cinquantina di pazienti, con la stessa Adebanke Adhiambo nel ruolo di rappresentante dei malati. Era stato lo stesso dottor Griffith a spingere in questo senso: sapeva che la sua ragazzona avrebbe garantito anche per gli altri e ne avrebbe difeso i diritti e garantito i doveri con la punta affilata degli artigli. Un mucchio di acqua era passata sotto i ponti da quando l'aveva vista per la prima volta, complessata, timidissima, sconfitta e diffidente. Ora, mentre la salutava con la mano dall'aeroporto internazionale di Accra sopra un volo diretto verso l'Italia, sapeva che tutto si sarebbe risolto per il meglio e i ragazzi, accompagnati dal personale infermieristico specializzato, avrebbero tratto il meglio dalla spedizione. (Continua) |
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