Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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Post n°33 pubblicato il 12 Febbraio 2015 da call.me.Ishmael
Trentaduesimo giorno di navigazione Mi allontanai pensieroso dalla mia ciurma verso il bordo di uno strapiombo che, tra avvallamenti e balzi, giungeva sino al mare, e lì indugiai per tanto di quel tempo che mi parvero solo minuti. Non era certo stato nelle mie previsioni di ritrovarmi in quei momenti, alla mia giovane età, di decidere sul futuro di uomini che ormai mi erano diventati cari quanto il mio braccio sinistro, e solo il Cielo sapeva per quale motivo mi ero avviluppato in eventi più grandi di me stesso e ne ero stato stazzonato come la vespa nella melassa. Passai in rassegna mentalmente tutti i miei peccati e ne chiesi conto (con protervia, lo riconosco adesso) a Dio stesso, che mi aveva condotto a quella amara e difficile situazione. Mi diedi inquieto una risposta affannosa per tranquillizzarmi e pensai che, per la carriera che mi decidevo ad affrontare, un tirocinio come quello sarebbe stato formidabile e mi avrebbe temprato il carattere come fa l'incudine con il ferro bollente. Se fossi sopravvissuto, mi affrettai però ad obbiettarmi, se fossi sopravvissuto.........Mi voltai, e poi fissai il mio orologio che s'era arrestato. Gli Uomini erano ancora là, seduti o in piedi, ad attendere una mia parola risolutiva e Io fendetti la loro massa densa senza aggiungere una parola. Scavalcai il dente che ci separava dalla truppaglia di Stringfellow e mi avvicinai, senza circospezione, al Pastore Reynolds, che stava leggendo, distrattamente, alcuni passi del vangelo. Gli andai a un metro mentre potevo notare con la coda dell'occhio che i bucanieri non si perdevano un solo passo della mia figura nel quando che fingevano di indugiare in alcune loro attività ludiche o di riposo. V'era parecchia gente interessata a quello che le mie labbra avrebbero pronunciato, ma per il momento mi accontentavo di sovrastare Reynolds e di provare un grande senso di pace interiore mentre lo vedevo cercare di concentrarsi nella lettura segnando con l'indice ogni parola che scorreva. Alla fine si rassegnò e mi diede, dal basso verso l'alto, una lunga occhiata significativa pregandomi, poi, con voce salda di accomodarsi al suo fianco. "C'è qualche nuovo problema?" Mi fece, abbastanza esasperato ma con il verde dei suoi occhi sottili che tradiva una accoglienza affettuosa. "Non so" Gli sussurrai per non farmi udire da quella falange di morti in piedi che mi stava tutt'intorno a non più di una decina di metri. "Forse avrei bisogno di confessarmi ma non è questo il momento." "E quando lo sarebbe, allora? Sant'Iddio! Siamo in viaggio con il Demonio in persona e con i suoi diavoli, stiamo abbandonando migliaia di pagani appena convertiti al loro destino sotto il martello dell'eruzione di questo vulcano, infischiandocene della loro Sorte Eterna, Affoghiamo nell'odio e nella violenza sparandoci schioppettate e digrignando i denti uno verso l'altro. E non vi è passaggio più simile alla Geenna di quello dove abbiamo messo momentanee radici. MI dica, Thompson, quale sarebbe il momento ideale?" E mi diede un affettuoso buffetto sul ginocchio. Fu allora che mi inchinai e lo pregai di mettersi la stola e ascoltare le mie colpe in rapida successione per poi fornire l'assoluzione alla mia anima assetata. Lui annuì gravemente e porse l'orecchio dopo avere indossato la stola che teneva stretta alla cintura. Fu un momento estatico. Le grandi tensioni del momento e il pubblico maleodorante che ci si assiepava intorno davano a tutta la scena un connotato estremo e drammatico al tempo stesso, pacificatorio e polemico. Io riversai nell'orecchio di Padre Reynolds le colpe che mi si erano cumulate in quei trentadue giorni di strana avventura e, al medesimo istante, ne chiedevo la complicità e il parere. Tentavo di uscire dalla strettoia nella quale mi ero infilato e la confessione finiva con l'assomigliare più a un gran Consiglio che a un reale svuotamento delle umane responsabilità. Così che, quando terminai di comunicarmi, Padre Reynolds sollevò la mano e mi strizzò impercettibilmente l'occhio. Come avesse percepito pienamente tutti i sottintesi del mio umano sfogo. |
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