Torn & Frayedsottomarini di superficie |
Dopo che il Parsi fu sparito, avvenne che fossi io colui che le Parche destinarono a prodiere di Achab, quando quel prodiere prese il posto vacante; e sempre io colui che, quando l'ultimo giorno i tre uomini furono sbalzati fuori dalla lancia rollante, fu sbattuto a poppa. Così, galleggiando ai bordi della scena che seguì ed essendone in tutto spettatore, quando il risucchio affievolito della nave affondata mi raggiunse, allora venni trascinato, ma lentamente, verso il vortice che si chiudeva. Quando vi giunsi, si era placato in una pozza di lattea schiuma. In tondo, allora, sempre in tondo a circoli via via più stretti che mi avvicinavano alla bolla nera simile a un bottone, sull'asse di quel cerchio che roteava lento, novello Issione io girai. Infine, toccando quel centro vitale, la bolla nera scoppiò; e allora, liberata dalla sua molla ingegnosa e risalita con gran forza, per la sua leggerezza, alla superficie, la bara-salvagente sfrecciò in tutta la sua lunghezza fuor d'acqua, ricadde, e mi galleggiò accanto. Tenuto su da quella bara, quasi per tutto il corso d'un giorno e d'una notte fluttuai su di un oceano molle e funereo. Inoffensivi, i pescicani mi guizzavano accanto come se avessero un catenaccio alla bocca; i selvaggi falchi marini trascorrevano via col becco inguainato. Il secondo giorno, un veliero si avvicinò e mi raccolse, finalmente. Era la «Rachele» che incrociava raminga e che, tornando sui suoi passi alla ricerca dei figli perduti, trovò solo un altro orfano.
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Post n°128 pubblicato il 11 Ottobre 2019 da call.me.Ishmael
Parafango Ero sulla cima del meleto quando mi trovai di fronte un tizio affilato e piuttosto male in arnese, con un cappellino di una ditta di trattori e il naso prolungato fino al ridicolo, occhi strettissimi e grigi, labbra mobili e guance incavate. Magro, tanto magro. E con le mani che pescavano i frutti con rapidità straordinaria, nemmeno fossero guidate da un radar particolare appostato sulle unghie, lunghe e sporche. Lo fissai mentre lui guardava me, e e per un istante lo scavai profondamente e trovai un pozzo inesplorato. Nemmeno se ne fosse accorto lui distolse lo sguardo e disse con la voce a metà fra il seccato e il falso spiritoso: "I pomi non ci aspettano a lungo. Dopo un po' si stancano e cadono." Teneva un tono indolente e fasullo, quasi dovesse nascondere qualcosa con un falsetto fastidioso. Sorrisi e ripresi il mio lavoro, facendo il possibile per ignorarlo. Ma era quasi impossibile, perché come un primate coatto si sporgeva dalla mia parte, allungava le sue zampe unte e mi rubava il lavoro. Era veloce e indubbiamente bravo, ma tra i raccoglitori di mele vige una regola non scritta, secondo la quale non invadi la parte di albero di un tuo collega: anche se lento lo lasci lavorare, a meno che non sia lui a farti esplicita richiesta. Il Tizio, al contrario, vorticava le braccia come un mulino, e depredava rapidamente il meleto lasciandomi a becco asciutto. Così mi decisi ad apostrofarlo: "Ehi amico, lasciami lavorare." Lui sorrise mostrando mozziconi di denti mai curati e parve immediatamente di buon umore : "Scusa, non volevo. è che sono abituato a finire un lavoro quando lo comincio. Comunque piacere, io sono Franco, anche se tutti mi conoscono come Parafango." Io gli comunicai sbrigativamente il mio nome e provai ad abbordarlo, per saperne di più sulla sua vita, evidentemente interessante. Mi narrò con lingua rapidissima di tutti i suoi trascorsi di lavoro, ed erano impressionanti: fabbriche, aziende, costruzioni, raccolta, operaio specializzato e generico, contadino e persino impiegato. Io mi zittì quasi subito e lo lasciai raccogliere anche dalla mia parte. Ma quando finì il mio turno ed ero con Andrea, il proprietario del terreno, nonché datore di lavoro, gli chiesi qualche informazione riguardo Franco. "Ah, Parafango..." Mi rispose lui, socchiudendo le palpebre in mezzo al sole di settembre: "Viveva con il suo vecchio, ma questo aveva lasciato tutto alle sorelle prima di morire. Nel testamento, intendo. Così Parafango ha dato fuoco alla casa con dentro il vecchio, che non si muoveva per l'artrite. Poi si è pentito ed è corso dentro mentre tutto era in fiamme. Ha tirato fuori il vecchio e si è pure scottato forte. Ha lasciato il vecchio mezzo asfissiato sotto un albero, e ha preso la bicicletta, scappando per i campi. Ha girato per tutta una giornata prima che i carabinieri lo fermassero: era fuori di testa e continuava a circolare in tondo per i terreni, cantando. Le ruote e i raggi gli si erano incrostati tutti e, alla fine, lo hanno pigliato perché era senza parafango. Da quella storia hanno iniziato a chiamarlo così." Fine |
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