Puteolano doc, con ben ventinove maratone all’attivo nel palmares – lo scorso anno sarebbero diventate trenta se, causa covid, non avessero annullato quella di New York a cui spera di partecipare quest’anno – Ciro Marotta quest’estate ha percorso il tratto italiano della Via Francisca del Lucomagno che da Lavena Ponte Tresa in provincia di Varese, dopo nove tappe, arriva a Pavia. I suoi compagni di viaggio sono stati: Neven Adzaip, guida del Spiritual Tour, il tour operator specializzato in questo settore; Concetta Maddaluno, Marco Rocchi, Deborah Paris, Gianluca Persichetti, Vincenzo Foti, Domenica Fusi, Daria Lamera. Al gruppo per i primi tre giorni si è unita Ilaria Notari inviata di Varese News che lo ha intervistato

“Zio Ciro”, un pellegrino puteolano sulla Via Francisca

Puteolano doc, con ben ventinove maratone all’attivo nel palmares – lo scorso anno sarebbero diventate trenta se, causa covid, non avessero annullato quella di New York a cui spera di partecipare quest’anno – Ciro Marotta quest’estate ha percorso il tratto italiano della Via Francisca del Lucomagno che da Lavena Ponte Tresa in provincia di Varese, dopo nove tappe, arriva a Pavia. I suoi compagni di viaggio sono stati: Neven Adzaip, guida del Spiritual Tour, il tour operator specializzato in questo settore; Concetta Maddaluno, Marco Rocchi, Deborah Paris, Gianluca Persichetti, Vincenzo Foti, Domenica Fusi, Daria Lamera. Al gruppo per i primi tre giorni si è unita Ilaria Notari inviata di Varese News che lo ha intervistato (video dell’intervista).

Per farmi raccontare la sua esperienza, ci diamo appuntamento al ristorante l’Akademia sul Lago di Lucrino. […]

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Quando, poco più di un mese fa,   si incendiarono le gradinate in legno dell’anfiteatro Flavio, in tanti non ce ne stupimmo: nel corso degli anni ripetute erano state le denunce per lo stato di abbandono e degrado in cui versavano, e in alcuni casi ancora versano, molti siti archeologici di Pozzuoli.

Rinascimento puteolano: la necropoli del Ponte Copin torna a rivedere le stelle.

Quando, poco più di un mese fa,   si incendiarono le gradinate in legno dell’anfiteatro Flavio, in tanti non ce ne stupimmo: nel corso degli anni ripetute erano state le denunce per lo stato di abbandono e degrado in cui versavano, e in alcuni casi ancora versano, molti siti archeologici di Pozzuoli.

Tra questi spiccava la necropoli romana del Ponte Copin, meglio noto come “ponte azzurro”. Aperta al pubblico più di vent’anni fa, non si è mai capito perché fosse stata repentinamente chiusa e abbandonata a se stessa tanto da consentire alla vegetazione di inghiottirla fino a nasconderla nemmeno fossimo nella foresta amazzonica.

Chiunque chiedesse chiarimenti ai rappresentanti delle istituzioni locali del perché un sito di tale bellezza e dimensioni, che in qualunque altro posto sarebbe stato tutelato, valorizzato e sfruttato per incrementare il turismo e arricchire la comunità, doveva subire una simile umiliazione, si sentiva rispondere: “la gestione del patrimonio archeologico non compete al Comune ma alla soprintendenza!”

Seppure quella spiegazione lasciasse più di un dubbio – a seguito dell’incendio dell’anfiteatro, facendo delle ricerche in rete, si è scoperto che esistono delle leggi che consentono agli enti locali di intervenire direttamente nella tutela e gestione dei beni culturali situati sul proprio territorio -, si confidava che, prima o poi, quell’immenso patrimonio, trovasse la propria valorizzazione. […]

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Quando, bambino, camminando per i boschi in compagnia del nonno, si divertiva a staccare una foglia da un ramo o un ramo da un albero, o a cogliere un fiore dal prato, l’anziano lo rimproverava:

La voce della natura

Quando, bambino, camminando per i boschi in compagnia del nonno, si divertiva a staccare una foglia da un ramo, un ramo da un albero, a cogliere un fiore da un prato, l’anziano lo rimproverava:

<<Perché vuoi far del male alla natura? Non lo capisci che, così facendo, l’albero soffre?>>

<<Ma nonno è solo un albero!>> rispondeva stupito.

<<No, è una creatura vivente!>>

<<Ma se non parla né cammina?>>

<<Come puoi esserne sicuro, tu conosci la natura? Sai distinguerne le infinite voci e movimenti?>> […]

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L’ultima volta che feci un’escursione in montagna fu ad agosto del 2019. Con gli amici della Brigata di Raggiolo salimmo fino alla Pozza Nera per poi ridiscendere il fiume Teggina camminando nel suo alveo. In quell’occasione, a causa di una brutta caduta dovuta all’imprudenza, mi procurai una contusione alla gamba che ancora oggi mi dà qualche fastidio.

Il profumo del sole

L’ultima volta che feci un’escursione in montagna fu ad agosto del 2019. Con gli amici della Brigata di Raggiolo salimmo fino alla Pozza Nera per poi ridiscendere il fiume Teggina camminando nel suo alveo. In quell’occasione, a causa di una brutta caduta dovuta all’imprudenza, mi procurai una contusione alla gamba che ancora oggi mi dà qualche fastidio.

Lo scorso anno, per via dle covid, le escursioni furono cancellate dal programma dell’estate raggiolatta. Tuttavia con gli amici della Brigata riuscimmo a organizzare delle passeggiate nei boschi che però non avevano il fascino delle escursioni vere.

Quest’estate, malgrado il covid continui a condizionare le nostre esistenze, con gli amici della Brigata siamo riusciti a fare un’escursione fin su l’Acqua di Corbo, un punto del bosco che sorge sulle pendici del Pratomagno caratterizzato da distese di faggi e filari di castagni secolari.

Il gruppo era formato da Paolo Schiatti e da sua moglie Francesca, dai fratelli Gambini – Adelio e Arturo – e da me. L’escursione è durata all’incirca un paio di ore durante le quali Paolo, il Presidente della Brigata, mi ha raccontato delle qualità degli alberi casentinesi il cui legno – in questo caso l’abete bianco – fu utilizzato dal Brunelleschi per la sua famosa cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze e dal Gran Ducato di Toscana per la costruzione delle navi della sua flotta. […]

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La pista ciclo-pedonale che da San Piero in Frassino, frazione di Oritgnano-Raggiolo in provincia di Arezzo, arriva fino al Corsalone/AR è una flessuosa lama di terra che taglia delicatamente per oltre 10 km la foresta e la campagna casentinese senza sfregiarle, seguendo parallelamente il corso dell’Arno.

Da San Piero in Frassino al Corsalone, un viaggio nella natura.

La pista ciclo-pedonale che da San Piero in Frassino, frazione di Oritgnano-Raggiolo in provincia di Arezzo, arriva fino al Corsalone/AR è una flessuosa lama di terra che taglia delicatamente per oltre 10 km la foresta e la campagna casentinese senza sfregiarle, seguendo parallelamente il corso dell’Arno.

Dipanandosi tra campi di grano, ampie distese di girasoli e coltivazioni varie difese da reticoli elettrificati a basso voltaggio per dissuadere gli animali dall’entrarvi e rovinare il raccolto, il percorso è adatto non solo a chi ama fare sport ma anche a chi identifica nella passeggiata, a piedi o in bicicletta, uno veicolo di crescita interiore.

La ricca vegetazione che avvolge la strada alimenta un cunicolo di foglie e rami a tutela dell’intimità dell’escursionista la cui mente, man mano che si immerge nel sentiero, si riscopre in simbiosi con la Natura considerata da San Francesco sposa di Dio. […]

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L’incendio sprigionatosi ieri pomeriggio nell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, riducendo completamente in cenere le gradinate in legno dell’arena romana, riporta prepotentemente in auge l’annosa questione sulle reali competenze a livello locale relative alla tutela e manutenzione dei beni culturali sparsi sul territorio.

Pozzuoli, in fiamme le gradinate dell’anfiteatro Flavio

L’incendio sprigionatosi ieri pomeriggio nell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, riducendo completamente in cenere le gradinate in legno dell’arena romana, riporta prepotentemente in auge l’annosa questione sulle reali competenze a livello locale relative alla tutela e manutenzione dei beni culturali sparsi sul territorio.

A prescindere dall’evento in oggetto, e al di là delle effettive responsabilità che saranno accertate dall’autorità giudiziaria – da ieri è in corso il rimpallo di responsabilità sul rogo tra chi le attribuisce al Comune e chi al Mibact e alla Soprintendenza -, ragionando in senso lato, sbaglierebbe chi asserisce che gli enti locali non avrebbero alcuna responsabilità nella gestione del patrimonio culturale del proprio territorio. […]

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La sospensione a titolo precauzionale del vaccino AstraZeneca imposta dall’EMA, l’Agenzia del farmaco europea, per appurare se effettivamente alcuni decessi per trombosi avvenuti dopo l’inoculazione del vaccino siano conseguenza dei suoi effetti collaterali, ha lasciato tutti di stucco. Prima di tutto l’AIFA, l’agenzia del farmaco italiana, la quale ne ha sempre sostenuto la sicurezza e l’efficacia.

A causa dei vaccini ci scopriremo tutti complottisti e negazionisti?

 

La sospensione a titolo prcauzionale del vaccino AstraZeneca imposta dall’EMA, l’Agenzia del farmaco europea, per appurare se effettivamente alcuni decessi per trombosi avvenuti dopo l’inoculazione del vaccino siano conseguenza dei suoi effetti collaterali, ha lasciato tutti di stucco. Prima di tutto l’AIFA, l’agenzia del farmaco italiana, la quale ne ha sempre sostenuto la sicurezza e l’efficacia.

Nell’attesa di conoscere gli esiti delle valutazioni – probabilmente si sapranno oggi –, è inutile negare che lo stop ha aumentato le preoccupazioni e le perplessità nell’opinione pubblica, oramai da un anno divisa in due fazioni: chi si attiene scrupolosamente ai protocolli sanitari imposti dal governo su indicazioni del CTS, ( seppure le restrizioni non piacciono a nessuno, se sono necessarie per debellare il virus, ben vengano); e chi invece nega l’esistenza del virus, ritenendolo frutto di un progetto messo a punto dai poteri occulti per destabilizzare l’umanità, rendendola schiava e controllarla, magari installando nell’organismo di ognuno di noi, con la scusa di inoculargli il vaccino, un microchip che ne monitora le azioni h 24.

Ma tutto ciò non avverrebbe già attraverso i social su cui rendiamo sfacciatamente pubblica la nostra vita privata per sentirci a nostra volta protagonisti come se fossimo al Grande Fratello?…

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Quando la neve cade, lo fa in silenzio. Una forma di pudore che si addice al  suo candore. Se poi lo fa di notte, nessuno se ne accorge. Solo quando, una volta svegli, si alzano le persiane se ne acquisisce consapevolezza perché si ha la sorpresa di ritrovarsi in uno scenario dove il paesaggio multicolore che fino al giorno prima animava la montagna, ha lasciato spazio a quella tinta uniforma che richiama alla mente le vesti degli angeli, la purezza dei fanciulli, la virtù delle vergini.

Raggiolo innevata, una candida poesia

Quando la neve cade, lo fa in silenzio. Una forma di pudore che si addice alla sua sincerità. Se poi lo fa di notte, nessuno se ne accorge. Solo quando, una volta svegli, si alzano le persiane se ne acquisisce consapevolezza perché si ha la sorpresa di ritrovarsi in uno scenario dove il paesaggio multicolore che fino al giorno prima animava la montagna, ha lasciato spazio a quella tinta uniforme che richiama alla mente le vesti degli angeli, la purezza dei fanciulli, la virtù delle vergini. Ed è allora che, guardandoti intorno, hai la sensazione di vivere in una dimensione surreale, dove il tempo sembra essersi fermato e il paradiso trasferitosi in terra.

Osservando il paesaggio immacolato ti sembra di ritrovarti davanti a un foglio di carta su cui una mano d’artista ha cancellato in più punti il disegno che lo ravviva, svelandone la naturale purezza. E allora è come se percepissi la tua anima sussurrare una semplice parola, “casa”, perché quello scenario le ricorda la sua patria divina. Quella patria cui, si dice, ritornerà quando avrà concluso il proprio cammino terreno. Ovviamente se si crede nell’esistenza e nell’immortalità dell’anima. Diversamente si resterà ammaliati da quello scenario così come accade quando si ammira un’opera d’arte, magari chiedendosi chi ne sia l’artefice per complimentarsi con lui. […]

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raggiolo lapide

RAGGIOLO E QUELLA LAPIDE CHE NE CELEBRA L’UMANO EROISMO

Chi mi conosce o mi segue sul blog e sui social sa quanto sia legato a Raggiolo, diciamo pure innamorato.

Arroccato sulle pendici del Pratomagno in provincia di Arezzo, Raggiolo è un piccolo agglomerato urbano immerso nel verde del casentino toscano che ha fatto della salvaguardia dell’ambiente e della riscoperta delle tradizioni la propria forza propulsiva in ambito turistico tanto da meritarsi l’accesso nell’esclusivo club dei borghi più belli d’Italia, come recita con orgoglio uno dei cartelli d’ingresso al paese.

L’aria pura che vi si respira e la quiete che culla l’anima leniscono i turbamenti della quotidianità, consentendo all’uomo di ritrovare se stesso e di riscoprire il proprio imprescindibile legame con la natura. Queste furono le ragioni per cui intitolai RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PARADISO IN TERRA il volume di racconti e riflessioni che vi dedicai.

Sono oltre vent’anni che con la famiglia d’estate vado in vacanza a Raggiolo, eppure ogni volta che ci ritorno, il paese mi riserva sempre nuove sorprese ed emozioni.

Ultima piacevole scoperta la lapide affissa in un angolo del paese frutto della riconoscenza di un gruppo di famiglie ebree che durante il periodo delle leggi razziali trovarono rifugio a Raggiolo, scampando a un inevitabile quanto mai tragico destino.

Di questa lapide scoperta l’11 agosto del 2013 ne ero all’oscuro. Eppure chissà quante volte l’ho sfiorata distrattamente con lo sguardo mentre passeggiavo per il paese.

Tutto ciò rientra nello spirito dei raggiolatti, gente allegra ma discreta che mai si sognerebbe di vantarsi di un gesto che dovrebbe appartenere a chiunque si reputi uomo: mettere a repentaglio se stesso e il paese con l’assenso dell’intera comunità pur di salvare delle vite umane.

A nessun raggiolatto sarebbe venuto in mente di edificare una lapide per autocelebrare un simile atto di eroismo – ve ne è un’altra per onorare i raggiolatti caduti in guerra – in quanto l’accoglienza, il rispetto per il prossimo, a prescindere dalla lingua, dall’etnia e dal colore della pelle appartengono allo spirito del luogo.

La foto della lapide dedicata a Raggiolo per aver difeso dal nazifascismo degli ebrei, su cui è evidenziato che TUTTI SAPEVANO NESSUNO HA PARLATO, mi è stata inviata ieri sera dal Paolo Schiatti il Presidente della Brigata di Raggiolo in risposta alla mia recensione a LA LETTERA DI GERTRUD, un romanzo dello scrittore svedese Bjorn Larssen sull’antisemitismo e sull’essere ebrei.

La stessa foto è stata pubblicata ieri sulla pagina Facebook della Brigata senza alcuna enfasi, come se fosse una delle tante per commemorare la giornata della memoria, a conferma dell’umiltà che caratterizza i raggiolatti anche quando avrebbero più di un motivo di vanto.

Pure questo è Raggiolo, onorato di farne parte!

 

Racconta Raggiolo, 01.2021

RACCONTA RAGGIOLO

Sabato 23 gennaio prenderà il via la rassegna digitale “Racconta Raggiolo” che, sulle pagine Facebook de La Brigata di Raggiolo e dell’Ecomuseo del
Casentino
, proporrà una raccolta di brevi video con ricordi e aneddoti dedicati al borgo casentinese. L’iniziativa proseguirà fino a sabato 27 marzo e si svilupperà attraverso dieci appuntamenti settimanali, tutti alle ore 10,30, che valorizzeranno l’unicità culturale e paesaggistica di Raggiolo, comunicandone l’anima più recondita.

I contenuti multimediali sono estratti dall’omonimo filmato “Racconta Raggiolo” che, realizzato dagli attori dell’associazione culturale “Noidellescarpediverse“, rappresenta il coronamento di una partecipata iniziativa promossa da La Brigata di Raggiolo nei mesi di isolamento della primavera del 2020. […]

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