RAGGIOLO, UNO SCORCIO DI PARADISO IN TERRA

raggiolocopertina

AL MOMENTO DISPONIBILE SOLO SU AMAZON

PREMESSA DELL’AUTORE

Questo libro è articolato in tre sessioni. Nella prima, che va dal capitolo 1 all’11, sono raccolti una serie di articoli pubblicati nel corso degli anni sui miei blog LA VOCE DI KAYFA, LA VOCE DI KAYFA 2.0 e su diverse riviste online, in cui parlo in maniera estesa delle bellezze del paese e dei luoghi che lo circondano, nonché delle emozioni che mi suscita l’atmosfera che vi si respira; soffermandomi nel capitolo 9 sul santuario de La Verna e sulla figura di Maria Maddalena, dando spazio a considerazioni personali sulla Santa e sul suo legame con San Francesco d’Assisi e di quest’ultimo con i Templari. La prima sessione si chiude con la cronaca della visita alla CASA D’ARTE MUSEUM PETRICCIUOLIANA di un gruppo studenti veneziani del Liceo Artistico MARCO POLO.
Nella seconda sessione, rappresentata dal capitolo 12, sono raccolti quattro racconti ispirati dai miei soggiorni raggiolani, dove il soggetto, seppure sottinteso, è Raggiolo con i suoi abitanti.
Nell’ultima sessione, indicata con APPENDICE, mi è sembrato giusto riportare una serie di interviste da me effettuate per conto del sito di informazione con cui collaboro www.comunicaresenzafrontiere.it a persone che, a vario titolo, si impegnano per dare lustro al paese e tenerne vive la storia e le tradizioni.
Non escludo di aggiornare il volume in futuro, come del resto è già avvenuto per la presente edizione, rivedendolo e integrandovi nuovi articoli, racconti e interviste.
Buona lettura!

AL MOMENTO DISPONIBILE SOLO SU AMAZON

 

L’ULTIMA NOTTE

ultimanotte

https://amzn.to/33cfIx5

[…]- Vuoi sapere cosa devi fare? Questo lo devi decidere tu e nessun altro – disse fissandolo intensamente – Nessuno ha il diritto di decidere per gli altri, né lasciare che siano gli altri a decidere per lui. Ciascun uomo è un universo a se stante, regolato da leggi proprie che, anche se in apparenza sono uguali per tutti, nella realtà personale si differenziano sotto infiniti aspetti, determinati dalle scelte che influenzano le nostre decisioni, la cui sede è l’orologio che scandisce nel petto il ritmo della vita. Vedi Kayfa, tu ora stai scoprendo l’amore. Ma ricorda. L’amore è incomprensibile, in quanto rappresenta l’intima essenza del carattere di Dio”. Pertanto comprendere l’amore equivale a voler comprendere Dio. E ciò è impossibile essendo Dio incomprensibile -[…]

Al momento disponibile solo su Amazon, per acquistarlo clicca su https://amzn.to/33cfIx5

DA LUX IN FABULA STA PER INIZIARE IL CORSO DI NAPOLETANO DI SALVATORE BRUNETTI

brunetti foto di copertina

Pozzuoli

Lunedi 7 ottobre, presso la sede dell’associazione culturale Lux In Fabula, si è presentato il CORSO DI DIALETTO NAPOLETANO coordinato da Salvatore Brunetti.

Questo appuntamento preliminare è servito a spiegare il programma in cui il corso si articolerà, a dare brevi cenni sulla storia del napoletano e a svolgere una lezione propedeutica per chiarire la differenza tra i plurali napoletani maschili e femminili e il modo corretto con cui scriverli.

La necessità di dar vita a un corso di napoletano, ha chiarito Brunetti, nasce dal fatto che oggi sempre più persone, anche di un certo livello culturale, si cimentano col napoletano soprattutto per scrivere poesie, senza però averne ben chiari i rudimenti linguistici e grammaticali; commettendo imperdonabili strafalcioni che, oltre a confondere le idee, offendono il volgare pugliese, come anticamente veniva chiamato il napoletano, di cui Dante era innamorato tanto da voler inizialmente scrivere la Commedia in quella lingua. Ma poi, per motivi politici, fu costretto a optare sul volgare toscano da cui deriverà l’italiano.

Inevitabilmente, durante la lezione, Brunetti ha analizzato le differenze linguistiche che intercorrono tra il napoletano e il puteolano. Passando a quelle esistenti nei vari comuni flegrei dove in poche decine di metri, come accade ad esempio a  Cappella frazione di Bacoli, in un vicolo si parla un idioma e in quello di fronte un altro del tutto diverso. Tali diversità derivano dalla strenua volontà di quanti, costretti a emigrare da un contesto sociale in un altro, serbano come lingua ufficiale quella madre per non perdere la propria identità.

Per quanti fossero interessati le lezioni si svolgeranno in 10 incontri, suddivisi in due cicli di due ore ognuno: dalle ore 17 alle ore 19, ogni lunedì. Oblazione all’Associazione: 50 euro. Primo ciclo (5 lezioni dal 14 ottobre)

Per info e iscrizioni: Lux in Fabula tel. Cell.: 328 667 0977 – info@luxinfabula.it Rampe Cappuccini, 5 Pozzuoli (Stazione Cumana Cappuccini)

 

POLENTA DI GRANDO DURO, Monica Paoli racconta nonna Adriana

copertina libro monica paoli

Alcuni mesi fa, grazie a un contatto comune su Facebook che era stato a Gioviano, paesino della Garfagnana in provincia di Lucca, per assistere alla presentazione, mi è stato recapitato il volume POLENTA DI GRANO DURO – nonna Adriana racconta di Monica Paoli.

Come spesso mi accade con i libri, non solo quelli meno noti o sconosciuti, lo riposi sullo scaffale della libreria, ripromettendomi di leggerlo quanto prima per mantenere l’impegno assunto con Monica di farle poi sapere se mi fosse piaciuto.

Di Monica avevo già avuto modo di leggere alcune favolette che aveva pubblicato sul suo profilo social. Nella loro semplicità, avevo apprezzato la capacità narrativa dell’autrice la quale, in poche righe, riusciva a condensare storie per bambini – Monica è maestra d’infanzia – delicate e ben strutturate. Delle vere e proprie short stories per piccini.

Pertanto non mi stupii quando seppi della sua intenzione di pubblicare un libro che raccontasse la storia della propria famiglia, la cui voce narrante fosse la nonna materna Adriana, scomparsa poco dopo aver compiuto cent’anni, a cui Monica era molto legata e voleva rendere il dovuto tributo.

Il libro, scritto in idioma garfagnano, ma comprensibile da chiunque lo leggesse, è il racconto di una vita, quella appunto di nonna Adriana  e della sua famiglia, narrato in prima persona dalla protagonista a cui la penna di Monica fa da altoparlante.

Si inizia con lo scoppio della prima guerra mondiale che costrinse il padre di Adriana, Carlo, a partire per il fronte quando lei era ancora piccina, ritornandovi vivo ma non più lo stesso – si attaccò alla bottiglia per cercare conforto dal dolore per aver visto morire in battaglia tanti suoi compagni e amici senza poter far nulla per aiutarli, preoccupato com’era a salvare se stesso – inducendo Zelinda sua moglie a sostenere, anche il mi Carlo, tanto buono e timoroso di Dio, un è più tornato, maledetta guerra! C’ho in casa un omo diverso, un è più il mi Carlo!

La narrazione prosegue in maniera fluida, raccontandoci della povertà in cui versavano le famiglie dell’epoca, inclusa quella di nonna Adriana, e della dignità con cui fronteggiavano quella triste condizione con il contributo di tutti, inclusi i bambini. Fu così che all’età di soli dieci anni nonna Adriana fu costretta ad abbandonare la scuola per andare a lavorare come aiuto domestica presso una famiglia di Livorno dove conobbe Anselmo, il suo primo amore, seppur platonico.

Le foto d’epoca che accompagnano il testo, partendo da quella di copertina, ci mostrano quanto bella fosse da giovane nonna Adriana, quindi non stupisce che Denaco, il don Giovanni del paese, le avesse messo gli occhi addosso chiedendola in sposa. Dal loro matrimonio nacquero Alda e Giuseppe, le sue grandi gioie ma anche i suoi più grandi dolori.

Non vi è nulla di più innaturale e doloroso per un genitore di sopravvivere a un figlio. Nonna Adriana sopravvisse a entrambi. Giuseppe morì a soli trentatré anni in un incidente in Sicilia agli inizi degli anni settanta, Alda anni dopo di un male incurabile.

In questo excursus narrativo di circa settant’anni di storia familiare, condensato in poco meno di ottanta pagine, più le fole (favole) che nonna Adriana inventava per i nipoti e che Monica giustamente ripropone in appendice, si percepisce l’amore e la riconoscenza della nipote verso l’ava.

Nello stesso tempo questo atto di riconoscenza ci fa capire quanto amorevole fosse nonna Adriana. Una donna che, oltre al dolore per la scomparsa di entrambi i figli, in precedenza ha dovuto soffrire la lontananza del marito emigrato in America per oltre venticinque anni affinché alla famiglia non mancasse nulla, rientrando definitivamente dagli USA più americano che italiano, recando con sé tante sorprese per moglie, figli e nipoti.

Con questo libro Monica Paoli ha voluto ringraziare nonna Adriana per tutto ciò che ha fatto per tenere unita la famiglia, dando un futuro ai suoi figli e, di riflesso, garantendolo anche ai suoi nipoti Monica e Frediano.

A nostra volta dobbiamo dire grazie a Monica per averci regalato questo libricino senza pretese letterarie, sue parole testuali. Ma che, proprio perché privo di ambizioni, è stato scritto e curato col cuore.

Non sempre le cose fatte col cuore riescono meglio di quelle meditate e strutturate a tavolino. Ma, quando accade, ci riempiono l’animo di gioa e commozione.

POLENTA DI GRANO DURO ne è un esempio.

Da lassù nonna Adriana sarà orgogliosa della su nipote Monica!

“POLVERE PER SCARAFAGGI”, LA RACCOLTA DI RACCONTI DI NANDO VITALI

NANDO MODIFICA1

Napoli

Nell’accogliente intimità del caffè&bistrot letterario IL TEMPO DEL VINO E DELLE ROSE, a Piazza Dante, giovedì 4 ottobre Bernardina Moriconi e Rosi Selo hanno presentato la raccolta di racconti POLVERE PER SCARAFAGGI, l’ultima fatica letteraria dello scrittore napoletano Nando Vitali, edita da All’Est dell’Equatore.

Dopo l’introduzione di Rosanna Bazzano, poetessa e titolare del caffé letterario, la serata è entrata nel vivo.

Da sempre attento ricercatore della scrittura, non a caso da anni coordina con successo laboratori di scrittura creativa in librerie e caffè letterari a Napoli e non solo, Vitali ha maturato uno stile di scrittura alto e inconfondibile, caratterizzato da un cadenzato ritmo di parole e frasi strutturate in maniera tale da infondere nel lettore la sensazione di “ascoltare”, più che leggere, una struggente melodia letteraria dove il bene è un aspetto transitorio del male che da sempre investe l’umanità; un’alternanza fittizia in cui gioia e piacere sono fugaci momenti concessi all’uomo per ritemprarsi dalle sofferenze patite e prepararsi ad affrontare le prossime che immancabilmente verranno.

Da sinistra a destra Bernardina Moriconi, Rosi Selo e Nando Vitali
Da sinistra a destra Bernardina Moriconi, Rosi Selo e Nando Vitali

Tali caratteristiche di Vitali le riscontriamo in particolare quando affronta temi forti o racconta personaggi dalle vite strazianti, come ha messo in evidenza Bernardina Moriconi, sottolineando che per la loro brevità, cui si associa una forza argomentativa dirompente capace di strappare il velo d’ipocrisia dagli occhi del lettore obbligandolo a guardarsi intorno per vedere il male che lo circonda, la raccolta rientra a pieno titolo nel panorama della migliore tradizione novellistica italiana. La Moriconi ha inoltre riconosciuto allo scrittore il merito di non aver ceduto all’eventuale tentazione di ampliare in romanzo qualcuno dei racconti, la cui efficacia sta proprio nella loro stringatezza che non inficia la sostanza, anzi la esalta, consentendo al lettore di riflettere sull’essenza della storia senza perdersi in lungaggini narrative che potrebbero indurlo a smarrire il senso del messaggio racchiuso. Non a caso la Moriconi ha accostato la raccolta a una sorta di vangeli apocrifi, paragone che ha fatto sussultare Vitali la cui umiltà è ben nota a chi lo conosce.

Il titolo del libro, ispirato al film IL PASTO NUDO di David Croneberg, un cult per lo scrittore, potrebbe considerarsi una sorta di “indicatore” per quanti non si accontentano di leggere giusto per passare il tempo, bensì identificano nel “libro” uno dei principali strumenti di crescita interiore di cui l’umanità è dotata, cercandovi nutrimento per il proprio “io”. E di nutrimento interiore nei racconti di Vitali ce n’è tanto!

Ambientati non solo a Bagnoli, quartiere in cui lo scrittore è nato e vissuto, i racconti sono tanti fotogrammi di un immenso affresco di vite sparse tessuto con le trame delle storie narrate che, seppure in apparenza non hanno nulla di autobiografico, si muovono sul palcoscenico delle rispettive narrazioni in maniera così reale, lasciando intendere che molto traggono dal vissuto giovanile dell’autore. Cosa che avviene esplicitamente in un suo precedente romanzo, FERROPOLI. A confermarcelo è il racconto Anna in cui si narra di un amore giovanile. Del resto, come lo stesso Vitali ha ammesso rivolgendosi al pubblico, la vita e la letteratura si sposano sempre, anche in maniera discronica, per cui prima di scrivere bisogna vivere. Affermazione che richiama alla memoria VIVERE PER RACCONTARLA l’aubiografia di Gabriel Garcia Marquez .

Un momento particolarmente coinvolgente è stato quando la scrittrice Rosi Selo, a conclusione del proprio intervento in cui ha sottolineato soprattutto le qualità umane di Vitali, ha letto uno dei racconti pubblicati. L’attenzione e l’intensità della sua interpretazione, molto apprezzata dal pubblico in sala, hanno reso il doveroso omaggio al lavoro di colui che è giustamente considerato tra i più importanti scrittori napoletani contemporanei dell’attuale panorama letterario nazionale.

A SCUOLA DI NAPOLETANO DA SALVATORE BRUNETTI

DIALETTO NAPO

Per tutti coloro che amano il napoletano e vorrebbero impararne i rudimenti grammaticali, la sintassi, a scriverlo e a pronunciarlo correntemente, LUX In Fabula offre la possibilità di farlo con un “insegnante” speciale: lunedì 7 ottobre, alle ore 17, a Pozzuoli, presso la sede dell’associazione in Rampe Cappuccini 5, si presenterà il CORSO DI DIALETTO NAPOLETANO curato da Salvatore Brunetti, autore di SCRIVERE IL DIALETTO NAPOLETANO, edito da E.P. nel 2000 e di DIALETTO PUTEOLANO, edito da LUX IN FABULA nel 2019.

Pensionato con la passione di Napoli e della sua storia, Brunetti da sempre approfondisce lo studio del napoletano che fu lingua ufficiale del Regno di Napoli e delle Due Sicilie fino a quando i due regni borbonci sulla penisola non persero la loro autonomia geografica e politica, divenendo parte integrante dello stato italiano e il napoletano, da lingua nazionale, regredì a dialetto.

L’autorità di Brunetti in materia è stata ufficialmente riconosciuta dal maestro Roberto De Simone il quale, dopo averne apprezzato lo studio sul napoletano, durante una chiacchierata tra amici, notando che le sue competenze si estendevano alla storia di Pozzuoli e al suo idioma, lo convinse a scrivere un testo che analizzasse anche il puteolano; magari esaltandone la musicalità, da molti interpretata come sguaiatezza, ma che invece lo rende unico nel suo genere.

Chi ha avuto il privilegio di avere tra le mani questa seconda fatica di Brunetti, leggendola, ne avrà certamente apprezzato le tante sfaccettature che la rendono non uno studio ortodosso, bensì uno scrigno letterario in cui sono serbate piccole gemme storiche, culturali e linguistiche a cui si accompagna una simpatica e divertente appendice dove l’autore ha raccolto un’infinità di termini puteolani, affiancandovi l’esatta pronuncia.

La serietà e professionalità di Brunetti, unitamente al suo essere schivo, votato allo studio anziché ai protagonismi, ma che non disprezza l’ironia, sinonimo di intelligenza, sono una garanzia assoluta per quanti decidessero di frequentare il corso.

Le lezioni si svolgeranno in 10 incontri, suddivisi in due cicli di due ore ognuno: dalle ore 17 alle ore 19, ogni lunedì. Oblazione all’Associazione: 50 euro. Primo ciclo (5 lezioni dal 14 ottobre)

Per info e iscrizioni: Lux in Fabula tel. Cell.: 328 667 0977 – info@luxinfabula.it Rampe Cappuccini, 5 Pozzuoli (Stazione Cumana Cappuccini)

SIGNATURE RERUM – IL SUSSURRO DELLA SIBILLA

51qdR6lwosL._SX331_BO1,204,203,200_

[…]Poggiai le valige sulla soglia della villa. Presi le chiavi dalla tasca del giubbotto e aprii l’ingresso del mio nuovo alloggio.
L’odore di chiuso ristagnante nell’ambiente testimoniava che la casa era disabitata da tempo. Ne fui sorpreso perché Stefania e Francesco amavano vivere lì. Soprattutto d’inverno, quando il tranquillo sciabordio del mare riecheggiava sulla spiaggia solitaria, permettendo di fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga senza il pericolo di inciampare nei bagnanti stesi al sole; d’essere involontario(?) bersaglio di pallonate, o, peggio ancora, d’essere investiti dagli ombrelloni sradicati dal vento.
Entrambi concordavano che l’autunno e l’inverno erano le sta-gioni migliori per godere delle facoltà terapeutiche e spirituali del ma-re. Sostenevano che il mormorio delle onde dava voce a un mistero irrisolvibile, inducendo a una profonda riflessione su una questione, se-condo loro, fondamentale per capire la vita e l’uomo: qual è l’esatto momento in cui l’onda nasce e quello in cui muore. Tra quanti si tormentavano nella soluzione dell’enigma, vi era chi affermava che l’onda si forma nell’attimo in cui sembra morire, ossia quando si riversava sulla riva con un ultimo, rabbioso ruggito. A sostegno di questa tesi, costoro riferivano dell’allegra melodia che si levava dai filamenti di schiuma dell’onda morta allorché, insinuandosi tra i ciottoli sulla sabbia, rifluivano nel mare come anime finalmente libere dal vincolo corporale, pronte a librarsi nel cielo quasi rinascessero a nuova vita.
Sebbene il problema non avesse mai suscitato il mio interesse, quando spalancai le imposte del balcone nel salottino per cambiare aria alla casa, affacciandomi sulla spiaggia a osservare le onde rin-corrersi sul mare fui assalito dal dubbio: la morte non potrebbe essere il preludio di una nuova vita?[…]

Per ordinarlo cliccare su https://amzn.to/2mmogSb

ERAVAMO TANTO RICCHI a Il Centro L’Arte della Felicità

annamaria

Napoli

Mercoledì 25 settembre presso IL CENTRO L’ARTE DELLA FELICITA’, Via Betlemme 31 – Napoli, si è presentato ERAVAMO TANTI RICCHI, di Annamaria Varriale, edito da HOMO  SCRIVENS. La serata è stata introdotta da Francesca Mauro che ha spiegato le funzioni del Centro e in particolare quella dei Dialoghi, “momenti di incontro con personaggi di rilievo del panorama culturale nazionale e internazionale” per favorire la riflessione, nell’ambito dei quali rientrava la presentazione del libro. Quindi la parola è passata a Maurizio Tudisco, corresponsabile del Centro, che ha messo in risalto l’alto valore sociale del testo dove i rapporti umani, in particolare quelli famigliari, risultano elemento imprescindibile per la felicità degli uomini.

Scritto con un linguaggio asciutto e scorrevole, privo di ricercatezze stilistiche come si conviene a un’opera che vuole “semplicemente” raccontare uno spaccato famigliare diluito in circa settant’anni di storia d’Italia – si va dal ventennio fascista al 69, anno della strage di Piazza Fontana ma anche dell’uomo sulla luna – ERAVAMO TANTO RICCHI è un condensato di eventi in cui chiunque abbia vissuto una parte di quegli anni non faticherà a ritrovarsi con un pizzico di nostalgia. In particolare negli affreschi famigliari in cui l’autrice sottolinea quasi con pudore l’importanza della famiglia e di quelle figure come sua madre e poi sua sorella impegnate a tenerla unita anche quando la drammaticità e tragicità degli eventi ne mettevano a dura prova la coesione.

In un’epoca come la nostra dove i rapporti umani sono sempre più scanditi dai ritmi veloci e volatili imposti dalla società del progresso, in cui l’amicizia e l’amore sono per lo più regolamentati dagli algoritmi di un sistema informatico che ci illude di avere un’infinità di amici conteggiando il numero di contatti e  like che regolamentano la nostra vita sui social network dove mettiamo alla berlina la nostra esistenza senza chiederci chi ci sia dall’atro lato dello schermo, l’album di ricordi della Varriale è un prezioso spaccato di rapporti umani veri fatti di gioia e dolore, risa e lacrime, carezze e baci, rimproveri e schiaffi.

Andrea Punzo e Franca Mauro discutono del libro
Maurizio Tudisco e Franca Mauro discutono del libro

Per questo motivo il libro dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani, vittime predestinate di un sistema in cui l’apparire a ogni costo sta producendo inconsapevoli mostri che non si preoccupano di  bullizzare un compagno o violentare una ragazzina, registrando tutto con lo smartphorne per poi condividere i filmati in rete affinché il pubblico ammiri le loro gesta…

A riguardo non stupisce se un gruppo di insegnanti abbia imposto la lettura del libro ai propri allievi affinché scoprissero il significato dei valori di cui tratta il libro, come loro stesse hanno ammesso durante la discussione in sala.

ERAVAMO TANTI RICCHI ci racconta di un tesoro sempre più nascosto nelle profondità dell’animo umano. Di cui rischiamo di perdere ogni traccia in quanto la fiamma rischiarante il cammino che vi conduce arde nei nostri cuori e il propellente che l’alimenta è l’amore e il rispetto per il prossimo, al giorno d’oggi merci davvero rare.

Elda Salemma ha allietato la serata con le sue canzoni
Elda Salemma ha allietato la serata con le sue canzoni

Se perfino il regista Pupi Avati, dopo aver letto il libro, ha sentito l’esigenza di inviare una e-mail all’autrice ringraziandola per il proprio lavoro; esaltando i contenuti affrontati; mettendo a sua volta in risalto quanto nel dopoguerra si fosse ricchi pur avendo poco, risulta evidente, oserei dire scontato il valore sociale del volume.

La serata è stata allietata dalla splendida voce di Elda Salemme, figlia dell’autrice, che ha intervallato la discussioni con brani musicali, cantando in lingua inglese accompagnandosi con la chitarra.

Concludendo, volendo giocare con le parole, potremmo dire che, presentando ERAVAMO TANTO RICCHI, “Il Centro” ha fatto centro!

Annamaria Varriale e le Ricamatrici di Bacoli

Annamaria Varriale, al centro, e Nadia Severino, all'estrema sinistra, insieme alle maestre e a un gruppo di allieve della scuola di ricamatrici
Annamaria Varriale, la quarta da sinistra, e Nadia Severino, all’estrema sinistra, insieme alle maestre e a un gruppo di allieve della scuola di ricamatrici di Bacoli

Pozzuoli

Sabato 14 settembre, con il convegno PREPHILLOXERA presso Palazzo Migliaresi, s’è ufficialmente aperta la XIV edizione di Malazè il festival ArcheoEnoGastronomico dei Campi Flegrei che proseguirà fino al 24 settembre con eventi sparsi su tutto il territorio flegreo e hub culturali al Rione Terra, sul Lago d’Averno e nel Cratere degli Astroni. Tra gli eventi in programma sabato 14, in contemporanea con il convegno di cui sopra,  nel salone d’ingresso di Palazzo Migliaresi le ricamatrici di Bacoli dell’Associazione “Antonia Maria Verna” hanno esposto alcuni manufatti. L’associazione è presieduta dalla scrittrice Annamaria Varriale;vicepresidente Nadia Severino. Abbiamo colto l’occasione per intervistare il presidente per meglio conoscere l’associazione e le sue attività.

 

Annamaria Varriale da scrittrice a Presidente dell’Associazione Ricami di Bacoli  Antonia Maria Verna, a cosa è dovuta questa metamorfosi?

Io amo l’arte in tutte le sue forme e il ricamo è sicuramente un’espressione artistica, non soltanto puro artigianato. Inoltre, quando posso, sostengo tutte le attività di volontariato che portano avanti le eccellenze locali, e questo è sicuramente un bellissimo esempio. All’epoca mi chiesero se volessi essere Presidente dell’associazione, ne fui onorata, e da sei/sette anni ricopro l’incarico.

logo associazione

 

Chi era Antonia Maria Verna?

Una suora di Ivrea che nel 1828 fondò l’ordine delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea, scomparsa nel 1838 e beatificata nel 2011. Nel 1860, subito dopo l’unità di Italia, un gruppo di suore dell’ordine si trasferì a Napoli per portare assistenza agli orfani e alle ragazze meno fortunate istituendo orfanotrofi e asili. In seguito le suore estesero la loro opera di carità e di educandato in altre zone dell’ex Regno di Napoli tra cui Bacoli dove fondarono non solo asili e scuole ma anche la scuola di ricamo che esiste tuttora.

Dov’è esattamente situata la scuola?

Cappella, una frazione di Bacoli. Il  parroco della chiesa della Madonna del Buon Consiglio, molto cortesemente, ci ha messo a disposizione il laboratorio che fu di suor Michelina Scotto di Vetta la quale a sua volta aveva delle ragazze a cui insegnava il ricamo legato alla tradizione delle suore di Ivrea.

Uno dei manufatti della scuola
Uno dei manufatti della scuola

Quante iscritte avete?

Attualmente venticinque tra cui anche ragazze disabili e donne che purtroppo hanno perso i figli le quali hanno scoperto nel ricamo una valida terapia per fronteggiare il proprio handicap e il proprio dolore. E poi ci sono ragazze e donne che lo fanno per passione tra cui un ingegnere e una psicoterapeuta. Come zone di provenienza le nostre allieva vengono non sono solo dai campi flegrei ma anche da Napoli, Calvizzano, Acerra a conferma che l’arte del ricamo, contrariamente a quanto si possa pensare, è viva più che mai su tutto il territorio campano anziché in zone ristrette.

I corsi quante volte a settimana si tengono?

Tre volte a settimana, dalle 9 alle 12. La scuola apre il primo ottobre e chiude il 30 maggio. La quota di iscrizione è di 15€ più 20€ mensili. Un importo irrisorio proprio per non tradire lo spirito ecumenico che caratterizzò la fondazione della scuola, ma che ci consente quel minimo di sostentamento per l’acquisto del materiale didattico e la partecipazione a eventi come Malazé che richiedono  dei piccoli investimenti se vuoi fare bella figura quando ti presenti.

Annamaria Varriale tra le maestre ricamatrici Pina e Teresa Costagliola
Annamaria Varriale tra le maestre ricamatrici Pina e Teresa Costagliola

I manufatti, una volta terminati, vengono messi in commercio?

No, le ragazze cuciono esclusivamente per loro, la famosa “rota”, al fine di regalarsi un prodotto la cui realizzazione richiede una spesa iniziale di poco più di 20€ per l’acquisto del panno su cui ricamare, ma quando sarà terminato avrà un valore di mercato di oltre 200€. Per essere precisi, seppure i manufatti non vengono venduti, spesso riceviamo commissioni da parte di ragazze e donne in procinto di sposarsi le quali ci chiedono di realizzare dei capi specifici per il loro corredo, o addirittura da persone del luogo, in particolare di Monte di Procida, emigrate all’estero, per lo più negli Stati Uniti, che ci richiedono capi particolari per serbare con sé oltreoceano un ricordo della propria terra.  Ciò ci consente di portare avanti un’arte di grandissimo impegno e capacità che, diversamente, rischierebbe di scomparire. Inoltre, vista la disoccupazione che c’è oggi nel nostro paese,  l’arte del ricamo offre una grande opportunità di lavoro con ampi margini di guadagno,  se fatta come si deve.

Sirena ricamata dalle ricamatrici di Bacoli

Dunque il ricamo è un mestiere che rende!?…

Potrebbe rendere! Purtroppo, essendo un lavoro artigianale, e quindi circoscritto, è poco conosciuto. Pertanto  le committenze scarseggiano. Per far sì che l’arte del ricamo diventi un’impresa occorrerebbe fosse più conosciuta. Noi in passato abbiamo organizzato mostre, ad esempio SUL FILO DELLA CANAPA, estendendo gli inviti a realtà come la nostra dislocate su tutto il territorio nazionale per  conoscerci, confrontarci e farci conoscere dal pubblico. Purtroppo anche questo tipo di iniziative richiedono investimenti e con i pochi fondi di cui disponiamo non possiamo certo permetterci chissà che! Inoltre questo fa sì che per le maestre della scuola non ci sia  alcun guadagno; lo fanno  per passione e  per tenere viva una tradizione locale che si tramanda da madre in figlia da oltre un secolo.

Una serie di manufatti delle ricamatrici di Bacoli

Quante insegnanti avete?

Due sorelle, Pina e Teresa Costagliola: sono bravissime! Ritornando al discorso degli esigui fondi di cui disponiamo, ci tengo a sottolineare che come scuola non riceviamo il benché minimo sostegno da parte delle istituzioni: non pretendiamo un contributo economico, ma almeno una struttura dove impiantare la scuola le autorità ce la potrebbero concedere… Se non fosse stato per il parroco di Cappella che ci ha concesso di disporre dei locali del vecchio laboratorio di ricamo, oggi tutto questo che ammirate a Malazè probabilmente non esisterebbe.

Domanda d’obbligo, quali sono le ambizioni della scuola?

Di crescere e di farci conoscere per tramandare quest’arte bellissima che è anche terapeutica in quanto, attraverso la necessaria concentrazione per ricamare, aiuta a rilassarsi e a dimenticare le problematiche esistenziali. Già questo mi sembra un buon motivo per sostenerla!   

GIANNI BICCARI PRESENTA LA SUA MOSTRA DI FOTO DI SCENA A POZZUOLI

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, persone in piedi

Sabato 7 settembre a Pozzuoli, presso il Polo Culturale di Palazzo Toledo, alla presenza dell’Assessore alla Cultura del Comune di Pozzuoli Maria Teresa Moccia Di Fraia, s’è inaugurata la mostra fotografica EMOZIONI E PALCOSCENICO di Gianni Biccari. La mostra sarà visitabile fino al 21 settembre, tutti i giorni esclusa la domenica, dalle 9-13 e dalle 15-19. Per l’occasione abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

Dopo circa un anno dal successo al PAN, Gianni Biccari ripropone la mostra di foto di scena EMOZIONI E PALCOSCENICO a Pozzuoli, quali sono le aspettative?

Di far conoscere al pubblico e a chi volesse fruirne l’esistenza di questo vasto archivio fotografico che ho creato in trent’anni di attività come fotografo di scena.

Quando ti intervistai durante la mostra al PAN mi raccontasti di un attore presente all’inaugurazione il quale, il giorno dopo, ti telefonò per farti complimenti e chiederti perché non avevi esposto una sua foto: in questa mostra compare?

Ci sta e spero la foto gli piaccia. Lo scopriremo a breve visto che dovrebbe venire.

Nell’anno in corso hai improvvisamente ripreso a pieno regime la tua attività fotografica in maniera, oserei dire, inarrestabile: a cosa lo imputi?

A questa incontenibile voglia di fotografare che mi è tornata. Io ho sofferto il passaggio dalla pellicola al digitale. Poi ho vissuto il momento topico della crisi dello spettacolo per cui la committenza si è assottigliata, anche perché molti si accontentavano della foto scattata con il telefonino. La molla per la ripresa è scattata grazie a mio figlio Matteo che vuole fare l’attore e al pensiero che tutte le fotografie di scena che ho finissero nel dimenticatoio.

L'immagine può contenere: 4 persone, tra cui Matteo Biccari, persone che sorridono, persone in piedi e testo

Gianni Biccari con Luca Sorbo, curatore della mostra, e suo figlio Matteo

Dopo Napoli e Pozzuoli in quale altre sedi approderà la mostra?

A giugno di quest’anno è stata a Roma, alla cartiera latina sull’Appia Antica, e probabilmente dovrebbe andare a Pisa…

Da dove nasce questo progetto puteolano?

Nasce da una comunione di intenti con l’Assessore della Cultura Maria Teresa Moccia Di Fraia. Tempo fa ci incontrammo e le portai il catalogo che stampammo per il PAN, lei rimase entusiasta e mi chiese di trovare un modo per esporla a Pozzuoli. Abbiamo avuto l’opportunità di poter usufruire dei locali di questo splendido Palazzo Toledo e in un mese ci siamo dati da fare perché il progetto si realizzasse.

Visto che lo spazio messo a disposizione dal comune è quasi tre volte superiore a quello del PAN, presumo ti sia divertito nell’allestimento…

Assolutamente sì! Abbiamo rivoluzionato completamente l’allestimento: al PAN le fotografie  erano a parete, adesso invece sono esposte su strutture che, ci tengo a sottolinearlo, abbiamo creato mia moglie e io  con l‘aiuto di Massimo Colutta e Michele Schiano. Ci siamo divertiti anche perché, grazie allo spazio a disposizione, ho potuto esporre foto XXL che mai avrei potuto presentare al PAN, o, se lo avessi fatto, ne avrei messe tre, sacrificando tutte le altre.

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi

Gianni Biccari con l’Assessore alla Cultura Maria Teresa Moccia Di Fraia

In un recente incontro che avemmo all’ART GARAGE non escludesti di realizzare un progetto fotografico che avesse come soggetto Pozzuoli e i campi flegrei, è sempre vivo?

Sì, mi frulla in testa l’idea di coniugare l’antico e il moderno. Però, preso da tante cose, in primis la rassegna fotografica che coordino all’ART GARAGE, è un progetto che al momento ho accantonato.

Quando riprenderete all’ART GARAGE?

Tra fine ottobre e inizio novembre. Già abbiamo contatto tutti gli autori, dobbiamo stilare solo il calendario.

Anche quest’anno, come le precedenti edizioni, darete spazio esclusivamente a fotografi o prevedete qualche intermezzo con un altro tipo di artisti?

Per il momento solo fotografi, ma non escludo che durante il cammino non potremmo inserire qualcosa di diverso dalla fotografia.

Buon lavoro

Grazie!