10 giugno 2020

Una fenditura squarcia l’involucro dell’universo,una luce invisibile definisce l’architettura dell’abisso. Il rampollo delle tenebre nuota nella sua irrealtà, la sua bellezza universale non è alla portata di tutti , la sua generosità d’averci donato un mondo è una sventura,ma,poi, ha rimediato: questo mondo non è fatto per vivere ma per morire, esso è concepito come un atto di rinuncia all’essere per fare spazio al non-essere. Il mondo diviene modello di giustizia perché è concepito per farci sparire, una giustizia che si invera tutte le volte che un forte muore, tutte le volte che chi ha il potere decide che è meglio non comandare. Nel pulsare del tempo l’odio ha preso il posto della compassione così l’uomo si redime dall’annientamento di sè: l’uomo ha assassinato la sua innocenza , egli rivolge la sua massima attenzione a ciò che non esiste e restituisce all’esistenza tutto ciò che è contronatura, mette in atto l’operazione soprannaturale della negazione di sè diventando,così, il benefattore di se stesso, condivide con gli altri il suo stato di materia inerte stabilendo quell’armonia miracolosa che è la consapevolezza del Nulla. Al ritrarsi di Dio è corrisposto l’apparire dell’universo, dall’abdiczione divina si è generata la materia, è iniziato il moto umano di espansione dettato dalla necessità. L’uomo imparara a guardare perché lo sguardo è ciò che salva ,ma nel contempo l’uomo desidera la notte che nasconde e non l’aurora che illumina; alla felicità privilegia lo sconforto,alla vita impone la desolazione . Il nostro corpo è destinato a de-crearsi ma mantiene fino all’ultimo la facoltà di dirigere lo sguardo verso l’alto e guarda un ramo che ondeggia su un pezzetto di cielo e il firmamento con le sue rivoluzioni. Non c’è disegno divino per una formica che si arrampica invano su un pezzetto di pane, così come non c’è disegno divino per un uomo che scruta l’universo: non c’è disegno divino nei riguardi di niente, tutto è frutto del caso, sono forze cieche quelle che dispongono la meccanica celeste,quelle che fanno nascere e morire un uomo.L’esistenza umana è pervasa dal tempo dell’attesa, l’attesa per diventare polvere che è la vera vita; la vita è nella materia inerte, noi siamo già morti,noi non siamo esseri viventi ma esseri morenti,per ridiventare vita dobbiamo morire,rifarci polvere,chiudere la parentesi che ci fa respirare giorno dopo giorno. Accettare questo stato d’attesa è il nostro compito,nessun varco s’apre nell’inesprimibile realtà. Ciò che chiamiamo vita è solo una radiosa follia per approdare da naufraghi in quel promontorio deserto che chiamiamo Nulla.

10 giugno 2020ultima modifica: 2020-06-10T11:08:03+02:00da domeniconipaolo