28luglio2019

Pensare è incontrare il pensiero

Sospendere la vita che ci satura l’esistenza,solo questo ci rende liberi,ci fa uscire dal caos per essere accolti nel silenzio: usciamo così dalla logica che l’essenziale sia il superfluo(che il superfluo è essenziale)

La vita è vita quando ribolle d’esistenza

La vita partorisce nuove forme e si disfa delle vecchie

Ognuno crede di essere libero in realtà è incatenato alla propria zolla che costituisce il destino comune

Trovare rifugio nell’attraente grotta del mondo interiore

Quando va bene la vita distribuisce in maniera equa speranza e disperazione

Un lutto sembra che abbia la capacità di fermare la vita ,in realtà essa continua a scorrere come l’acqua sotto una superficie gelata di un fiume:tutto sembra immobile in realtà tutto scorre

Un inquieto bisogno di completare se stessi :qualcosa manca ma non si sa bene come e dove cercare

La noia ha il compito di rappresentare l’inquieta ricerca dell’ignoto

La noia nasce quando si avverte in sè un desiderio senza soggetto

Siamo come il fuoco che sonnecchia nei rami secchi

Avverto in me lo sgranarsi di giorni vuoti

La formula della felicità: sostituire il sogno alla realtà,il caos informe all’ordine ,precipitare nella fredda notte dell’ignoto abbandonando la zone del sole portati via dalla coda di una cometa così nessun istante potrà ricordarci il nostro insulso passato; tutto questo ha un prezzo: è l’autodistruzione ,strapparsi da se stesso ,perdersi in se stesso come in un abisso,così si può venire a capo dell’ignoto,intendere la Natura fino in fondo.La coscienza diventa un presidio sguarnito ,la via della salvezza sta nel rinunciare alla volontà di dominare la Natura e lasciarsi impregnare d’esistenza.Non sappiamo esprimere ciò che confusamente sentiamo e che è il compito della poesia che tocca le corde più profonde dell’animo che fa tralucere attraverso la sofferenza attuale una felicità ignota

L’uomo è sempre solo e non può che godere di se stesso:persistere nella solitudine per votarsi così a una morte perpetua

25luglio2019

Appari alla luce del fuoco e il tuo corpo è stellato d’amuleti,contendi al sole la luce che filtra tra spini. Apri a solchi la notte che rifavilla di stelle ,turbi cataste di viventi ,tuoi superstiti, che per te hanno abbandonato il cielo indicato dalla mano dei morti.Un sonno eterno ti blandisce,la lotta dei viventi non infuria più,hai ceduto come un’ombra le tue spoglie alla terra ,hai sgombrato il mondo della tua vita e vivi in un folto d’anime ,lasci una domanda all’ombra della croce: Perchè l’inizio? Perchè fino a qui? La speranza vana si svela schiusa ai tuoi mattini.Sul muro dove si leggeva Morte passano una mano di biacca ,il rombo del temporale s’allontana.Colpi martellano le tempie ,nei vetri filtrano colori di un paese di scheletri,dal labbro cola sangue poi si fa muto. Si scioglie nell’aria di luglio una folle cometa poi buio e crolli,lo specchio non mi riflette più,sono chiuso in un manichino di gesso.Nel cavo delle tue orbite brillano lenti di lacrime ,Dio non colora più di fuoco i gigli del fosso ,ormai è prossima l’ora del tuo ratto finale,la penitenza è iniziata da un pezzo: il Nulla ti basta e t’affacci alla voce che irrompe nell’alba, è enorme la presenza dei morti.

23luglio2019

Se avessimo potuto scegliere se nascere o meno,che scelta avremmo fatto?

Io non sono solo quello che penso di essere, esiste un inconscio che non governo.

Ti illumino con la mia ombra.

Le leggi di Natura spingono l’uomo alla vita che di per sè è morte.

La Natura prevede per l’uomo il suo soffrire.

La Natura contraddice la vita perchè prepara la morte.

Il deiderio è impossibile da misurare perchè il desiderio è infinito.

L’uomo realizza ciò che è quando dà libero sfogo alle sue pulsioni.

Non siamo un corpo,abbiamo un corpo.

La piena felicità sta in un oggetto infinito quindi la felicità è irragiungibile.

La formula della felicità? Abolire il reale.

Dire grandi cose con piccole parole e piccole cose con grandi parole.

Non sono quello che faccio,rimango ancorato a quello che sono.

Nell’epoca ipertecnologica l’Altro scompare.

Non c’è niente più utile della morte.

Vivere è decifrare i muti cenni dell’ignoto. L’ignoto è il punto di partenza e il punto di arrivo. Posso chiamare questo ignoto Nulla? L’ignoto è il sacro niente di Novalis? E’ lo zero elevato a zero? E’ Dio? E’ l’Io, l’autocoscienza che credo d’avere?

Il Nulla è la più alta espressione della negazione della divinità.

L’Io non è mai Uno,ci sono tanti Io che costituiscono la mia autocoscienza, l’autocoscienza è l’Io elevato a se stesso.

Il mondo interiore è la mia vera Patria.

Il mondo mi completa o sono già un Tutto?

Sono qualcosa ma non tutto,non sono Nulla ma nemmeno Infinito.

Sono incapace di conoscere e di ignorare in modo totale.

Sono un finito tra due infiniti: il tempo prima della nascita e quello dopo la morte, questo finito mi fa pena.

E’ la realtò indegna dell’esistenza umana o l’esistenza umana indegna della realtà? Vale la pena esistere o siamo indegni d’esistere?

Non sono contemporaneo del mondo,sono contemporaneo di me stesso.

Tutto il nostro agire ha lo scopo di rendere tollerabile il mondo.

La domanda fondamentale della morale è: tutto ciò che si può fare ,si può fare?

La vita è una piccola cosa molto fastidiosa.

 

19luglio2019

Serbo un’ombra di speranza in questo nerofumo di voli,ronza un folle mortorio e sa che due vite non contano,tornano le molli meduse della sera ,ogni cosa parla di te sulla mia strada  ,il cielo è tutto ma percorri illesa la tua vita in questo mondo di nati-morti marezzato di dolore nascosto da albe irrequiete. Un giglio rosso ha messo radici nel tuo cuore ,ora il brusio del tempo più non t’affatica,una luce trasparente colma le tue vampe ,adesso la morte mi è amica.I giorni ormai caduti restano muti ma ancora vivi,è una giostra d’uomini la vita,ogni alba è un sussulto che rompe le brume della notte e imperla il mondo d’una luce di madreperla. La calanca vertiginosa inghiotte le sue vittime ,il giorno,forse,è ancora salvo; crudi lampi scrosciano sulle onde,chi ti conosce non può che morire.Una scaglia d’oro si spicca da un fondo oscuro:è poca cosa la parola,poca cosa lo spazio di questo crudo novilunio annebbiato.Ciò che mi torce il cuore è questo attenderti in questo perduto senso d’ombre discordi che è ciò che siamo.Un sole distante colma la radura ,troppo straziato è il bosco umano,si diventa sordi a una voce perenne ,è ansia lo squarcio dei tuoi occhi che si scioglie come un sospiro;ogni giorno sempre più veloce annotta ,la tempesta di primavera ha sconvolto ogni mia speranza e si è impigliata nel vello d’oro che nasconde i miei morti,quanti dei miei cani fidati sono calati nel trabocchetto.Questa terra folgorata è segnata da impronte umane dove bollono calce e sangue,un latrato di fedeltà scuote quest’arca di perduti.Una piuma che vola disegna la tua figura,un raggio di sole la tua ombra,sempre si ripete questa dura fatica d’affondare il passo,questa dura fatica d’ascoltare il pianto che risorge uguale da secoli o da istanti,poi rimbomba d’improvviso il colpo che schiantal’ali e fa ridestare i morti nel cimitero all’ombra delle croci.

16luglio2019

Suoni di cristallo nel mio nido notturno mi sorprendono,brucia una grana di zucchero nel guscio delle mie palpebre.Un lampo illumina l’eternità di un istante che porto dentro di me scolpito come una condanna :non c’è pena più grande che vivere in eterno.Il fremere di lacrime sulla fossa e sopra qualche gesto che annaspa ,che sgombra la fronte dalla nube dei capelli:mi salutasti per entrare nel buio rotto a squarci da un soffio che cresce.L’ombra che mandi m’illumina l’esistenza ,il baleno incendia la miccia sui lunghissimi cigli del tuo sguardo.In questo formicolio d’albe s’impiglia il fiocco della mia vita che capriola in ore,giorni e anni.Fuggo dal bagliore del tuo sguardo ,ben altro c’è sulla terra,non so se riaffacciarmi sulla tua vita ,la sera si fa lunga ,ogni preghiera è un supplizio ,ancora non ti è giunta la bottiglia che ho lanciato nel mare:l’onda è vuota e sparisce sulla riva.I miei pensieri sono smossi dall’urto della notte ,punge il suono della tua voce ,abbasso la celata sul viso.La luna entra nei miei occhi chiusi e si gonfia come una nube,il sonno la trasporta in fondo oltre i confini della morte.Diventa nostro il disfarsi delle sere,vuoi condurmi per mano ma fingi di crederti con me:ciò che stringi è la follia di seguirti lontano.La tua vita è ciò che mi tiene sulla soglia della morte,ti presto il mio volto,può servirti crederti me.

15luglio2019

Fumate morbide intorbidano i vetri,ti scrivo da questo tavolo remoto,da questa cellula di miele lanciata nello spazio.La vita ti racconta ed è troppo breve se ti contiene.Seguo le fragili architetture annerite dal tempo,seguo il volo infagottato degli uccelli notturni,guardo l’alluciolio della galassia che fascia ogni tormento.Il passo che risuona nel buio è di colui che non vede altro che ombre e pieghe.Le stelle hanno trapunti sottili,il campanile ha il suo orologio fermo sulle due,i rampicanti sul muro hanno un profumo che duole amaro.Un vento freddo spezza le mani ,tutto è prigione del senso ma si aprono le spore del possibile.Sono troppo strette queste strade,un gocciolio scende lento sulle case:il tempo è fatto d’acqua.Inizio un lento colloquio con i morti,la cenere e il vento:solo la morte vive! Questa vita non ha che parole d’ombra e di lamento.Un vecchio tronco è il confine ultimo del mondo che si disfa in un cumulo di strame .E’ tardi esco ad unire la mia veglia al tuo profondo sonno,non c’è che abbeverarsi ad un filo di pietà.

10luglio2019

Al primo soffio la vita sparisce,s’apre la finestra sul mondo ,s’agita l’anima.Una tregenda di uomini sa le mie illusioni disposte su una scacchiera di cui io solo posso comporre il senso.Il mio dubbio è se tu ignori il gioco che si svolge sul quadrato :ora sono nuvole sulla mia porta ,follia di morte non si placa a poco prezzo.Il lampo del tuo sguardo supera fitte cortine fomentate dal tuo dio del caso (se esiste).Oggi so ciò che vuoi e m’impauro in questa luce spettrale di nevaio che m’accieca come uno specchio ustorio a cui si oppongono i tuoi occhi d’acciaio.Libeccio sulle dune,un odoroso va-e-vieni  delle spume ,vecchie scale m’ascoltano ,pensieri ventano via e sulle rive una bufera di strida s’allontana .Il sole chiude la sua corsa ,sono pronto al morso oscuro della tarantola ,troppa vampa ha consumato l’inizio in cui sono nato in un odore di tempesta in un tiepido stillare di nubi strappate che salutano la sorte che sfugge anche al destino.Dalla torre cade un suono di bronzo ,guardo la sommossa quantità di mattoni incupiti.Lo stupore invade anche la conchiglia ,una luce opaca si diffonde sulle teste e le sbianca ,un eco mi rammenta una preghiera che dal buio mi giungeva ogni mattina .Ora grava un sonno di sasso ,nessuno ascolta più la voce della cantina.La croce non indica più la via a chi si è smarrito ,la morte non ha altra voce di quella che si spande durante la vita:la vita è un volo durante il quale non dimentare la morte;non c’è per me posto nella vita ,per tutti c’è posto nella morte.C’era il giorno dei viventi,l’ho visto nell’acqua che si popola di immagini.Il presente s’allontana e il tramonto è là :vivere è la dannazione più grande ,morire è varcare lo scampanio del cielo oltre lo sguardo dell’uomo che fissa il punto in cui il perno della trottola del tempo si spunta ma il solco resta inciso sulla tua anima ,poi nient’altro.

6luglio2019

Un miraggio di vapori vacilla e si disperde,altro annuncia la squilla di questo sole.Un pensiero trapunge  la trama del cuore e matura incubi d’oro.Torno per sedermi sullo syesso sasso ,sulle toppe arse di questi colli. Non mi riconosco e lo chiedo invano al piano dove esita la bruma che fuma sulla costa.Il colore dell’alba resiste in pieno giorno come uno spruzzo di metallo velenoso.Il plenilunio pallido del sole stempra i miei ricordi in questa estate che cola tra le chiome dei noci : non so dare un nome al vuoto che m’invade.Questo vasto,interminato giorno , è un sogno ,il domani velato non fa più orrore.Un silenzio aereo e inaccessibile è come un altissimo grido,il mattino è una sera più lunga ,il fermento un gran riposo:tutto è il suo contrario,il sereno è la piùdiffusa delle nubi.Un altro giorno si ripete e non so il perchè.Tutto pare un macero anche se pietre di spugna ritornano alla vita. Vento e distanza rompono le voci dell’anima ,la vita è numerare i giorni,i mesi e gli anni che restano per finire.L’esistenza s’apre a oscurità animate ,si svolge a stento il canto delle foglie dei pioppi:tutta la vita è in questo sepolcro verde.Una pigra illusione s’attarda in questo amore ,in questo vano farneticare,in questo sentimento accigliato.Veglio al trapasso d’orde di uomini,parole di cera stillano nelle loro esistenze.Il teatro dell’infanzia è abbandonato da anni,un segno ci conduce alla radura brulla della fine dove qualcuno per noi fa festa,lì appare inudibile ogni soccorso,il giorno non chiede più la sua chiave ,il lampo dell’esistenza è sciolto entro l’umore di questo mattino che rifrange il suo cristallo di colori.

2 luglio 2019

S’appanna la bruma di un ricordo,lacrima il pensiero sordo preme sulla mia esistenza che si disfa,la nuda speranza suda come nell’afa di una serra ,il destino rimorde la vita.Un vortice mi riconduce al passato chiuso alle mie spalle:c’è poca vita nel presente tra sbattere d’ombra e luce.Mi è cara la maschera che mi copre il volto,mi nasconde al mulinello della sorte ,un sobbalzo mi riporta al mio sentiero.Seguo le lucide nubi,lo sguardo punta sullo squarcio d’azzurro,intendo così cosa osa il falco quando sfreccia nel nebbioso vuoto del cielo ;il cielo dell’alba è rigato dal suo volo capovolto da silenziose e rapide spume:è tutto uguale ,tutto si scancella. L’eco degli scrosci s’arrovella sulla ghiaia bagnata ,il sole brilla umido ,brancolo nel fumo e rivedo i tuoi gesti e il tuo viso ,mi torna la mia infanzia impolverata dalla strada ,l’ombra intorno sfarfalla e risponde un’altra luce .Lunghi anni sono fuggiti,resta un gelo fosforico,un velo scialbo sulla luna.Sono qui sbranato ,tendo le mie braccia alle stelle ,il buio mi cancella lo sguardo.Tutto si riforma in un magico falò,non c’è respiro,nulla vale in questo stridere di anni sui cardini del tempo,una pendola che rintocca porta il suo tonfo in questo stupido mattino.Guardo una nube ma la nube che vede? Il guizzo momentaneo della mia esistenza ,qualcosa che va ma non passerà la cruna :occorono troppe vite per farne una! M’investe un vento freddo,l’onda lunga della mi vita presa di striscio scende l’arida china del tempo,forse domani tutto parrà un sogno ,una voce di sangue è restituita alla mia sera,non riconosco nessun respiro,il giorno che avanza è troppo folto:tutto apparirà vano anche la forza che aggrega i vivi e i morti,gli alberi e gli scogli.La festa non ha pietà,vince il male ,la ruota non s’arresta,luce e tenebra sono la stessa cosa.