Creato da ITALIANOinATTESA il 30/11/2008
La speranza nell’attesa del CAOS - Siamo anelli aperti o chiusi di catene mai costruite. IinA_M@

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Sembrava un incidente invece è una tragedia della povertà. La morte risale a due giorni fa.
Il ragazzino viveva con la madre di Capo Verde ricoverata in gravi condizioni

Napoli, muore a 6 anni intossicato dal fumo  Senza elettricità, si scaldava con il fuoco

 NAPOLI - E' morto a sei anni intossicato dal fumo di un piccolo braciere che la madre aveva acceso in camera per vincere il freddo. Da due settimane l'Enel aveva tagliato i fili della corrente elettrica perchè i genitori non avevano neppure i soldi per pagare la bolletta.

E' morto due giorni fa, in una modestra casa nel centro storico di Napoli, in rione Sanità. L'hanno trovato solo oggi sdraiato accanto a sua madre agonizzante, anche lei intossicata dall'ossido di carbonio che si è alzato da quei legni bruciati in camera.

Il bambino e la madre sono di Capo Verde; a Napoli vive anche la sorella della donna. E' stata lei ad avvertire i vigili del fuoco preoccupata perché non vedeva più il nipote da venerdì scorso. 
(19 ottobre 2009)

IL TRIONFO DELL'INDIFFERENZA
PERSONE INVISIBILI AGLI OCCHI DEI VICINI DI CASA.
SI PUO' MORIRE ANCHE SENZA ESSERE NATI.
 
Nella vita quotidiana siamo testimoni e/o partecipi di tanti comportamenti indifferenti; dall’indifferenza che ci porta ad ignorare il barbone per strada, il mendicante fuori al supermercato, il compagno di lavoro inserito nella lista dei cassaintegrati e così via in tante diverse altre forme, sino ad arrivare, tante volte, ad ignorare persone che abitano sotto lo stesso nostro tetto. Certo è che i vicini di casa, ormai, in pochi casi rientrano fra i nostri referenti. Tante volte non ci si conosce neppure, al massimo ci si riconosce di vista, qualche volta ci si saluta. 

Così viveva questa famigliola in una zona centrale della città. Era evidentemente in stato di bisogno, nessuno è intervenuto non benché ci fossero tanti altri cittadini testimoni oculari, ma proprio per questa ragione.  Chi sa cosa potrebbero dirci i psicologi. Certo è che la responsabilità individuale in situazioni del genere si diluisce e scatta il fenomeno dell’”ignoranza collettiva” fondato sul principio in base al quale “visto che nessuno si preoccupa , va tutto bene”.  E così ci si autogiustifica e si va ad ingolfare il circolo degli IGNAVI per i quali è regola l’assenza di energia morale e di volontà reattiva. Intanto si può morire senza essere mai nato se si è considerato clandestino.

Dante nel III canto dell’Inferno incontra gli ignavi, coloro che, in vita, non seppero decidere né per il bene né per il male, che non si schierarono mai apertamente con nessuno e rimasero sempre indifferenti, a guardare le contese piuttosto che prendervi parte. Essi,che nella vita non patteggiarono per nessuno, adesso sono costretti a correre per l’eternità dietro ad una bandiera; dei mosconi e delle vespe li pungono rigando loro il volto di sangue.

Dante mostra un disprezzo profondo per gli ignavi, tant’è che non li ritiene degni neanche dell’Inferno; questo atteggiamento deriva anche dal contesto storico, infatti nel Medioevo l’indifferenza era considerata pena grave.

 

Ed elli a me: «Questo misero modo

tengon l’anime triste di coloro

che visser sanza infamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro

delli angeli che non furon ribelli

né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.

Caccianli i cieli per non essere men belli,

né lo profondo inferno li riceve,

ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli. ».
E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor, che lamentar li fa sì forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

 .....… infatti nel Medioevo l’indifferenza

era considerata pena grave.

........ ed oggi è andata in prescrizione!

 
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ITALIANOinATTESA
ITALIANOinATTESA il 21/10/09 alle 00:52 via WEB
CON IL PERMESSO DEGLI AMICI INSERISCO QUESTO BRANO -INTEGRALE- DI ANTONIO GRAMSCI GIOVANE.

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani” . Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.

I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.

Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano.
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Antonio gramsci 1917 "La Città futura", pp. 1-1 Raccolto in SG, 78-80.
 
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