Anche Raggiolo, come tutti i paesi di montagna, dopo un temporale estivo assume un aspetto diverso dal solito; come se il maltempo lavasse via il maquillage estivo che si era dato per la gioia dei turisti, svelandone la naturale essenza invernale. Passeggiare per le sue vie, dopo un acquazzone o una grandinata in piena estate, diventa un’esperienza mistica dovuta alla percezione di ritrovarsi fuori dal tempo, in contrapposizione con il calendario.
Grazie al brusco calo di temperature che si accompagna ai rovesci temporaleschi, i profumi diffusi nell’aria dei paesi di montagna si intensificano e, passeggiando per le vie di Raggiolo lavate dalla pioggia, ci ritroviamo a respirare intense fragranze di terra e cibo che rinfrancano l’animo, suscitando ataviche reminiscenze.
Un profumo che si sprigiona particolarmente nell’aria è quello dell’erba e della legna bagnate: essenza inimitabile che solo la natura sa produrre. Respirandola a pieni polmoni, è come se l’anima si concedesse allo spirito della natura, aleggiante in quei luoghi, per essere amata al fine di ritrovare se stessa.
Mentre ci si inerpica per le irte stradine che si incuneano come serpi tra le case di pietra, edificate da antiche mani sulla roccia, per raggiungere l’apice del paese, bisogna fare ben attenzione a non scivolare sull’acciottolato muschioso reso insidioso dall’acqua: basta un piede in fallo e in un attimo ci si potrebbe ritrovare seduti doloranti sul selciato bagnato. Invocando aiuto senza che nessuno ci oda perché, sia durante che dopo la pioggia, i paesi di montagna si svuotano come se l’acquazzone lavasse via dalle strade qualsiasi ostacolo si frapponga al proprio scorrere, inclusi gli uomini che, timorosi e rispettosi della forza della natura, si serrano al sicuro delle case in attesa che il diluvio si plachi e le strade si asciughino.
Quando finalmente si giungerà in cima all’abitato, lo sguardo si perderà nella vastità del panorama reso desolante dalla fitta coltre di nebbia che, addensata come ovatta sui tetti delle case e sulle pendici dei monti, nasconde il paesaggio, incutendo la sensazione di trovarsi in una dimensione ignota, spiati dagli spettrali abitanti mimetizzati nell’avvolgente foschia.
D’estate, dopo la pioggia, Raggiolo, riscopre la propria natura invernale: i filamenti di fumo che fuoriescono dai comignoli delle cucine sui tetti, si addensano nel proprio fluido pallore simili a spessi fili di lana lavorati a maglia da mano invisibili per tessere quella fitta coltre di caligine che, dopo un temporale, ammanta ogni dove. Ma senza la tetra complicità del gelo invernale il quale, acuendone lo spessore, nelle fredde giornate d’inverno rende palpabile l’invisibile, dando vita nella fantasia degli uomini a demoniache creature che si aggirano di notte per le vie del borgo alla ricerca di anime di cui nutrirsi; dissolvendosi come nebbia al sole con i primi tepori primaverili, allorquando, iniziando il disgelo, i fiumi scorrono impetuosi a valle, portando via con sé gli incubi dell’inverno.
Dopo la pioggia, a Raggiolo le porte delle case, spalancate sulle strade fino a pochi attimi prima che iniziasse a piovere, sono rigorosamente serrate; così come le finestre e i lucernai, perché l’atmosfera che si respira in montagna dopo un acquazzone estivo è tipica dell’inverno, padrone assoluto di questi luoghi, dove la bella stagione si illude di imporre il proprio giogo astronomico. Ma basta un temporale per riordinare le gerarchie, rendendo a Cesare quel che è di Cesare.
D’estate, dopo la pioggia, anche Raggiolo, riscopre se stesso!