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“LA LETTERA DI GERTRUD”, UN ROMANZO SULL’ANTISEMITISMO E L’ESSERE EBREI

<< La libertà dell’uomo consiste nel poter immaginare se stesso e il mondo diversi da quelli che sono. >>

Questa frase tratta dal romanzo LA LETTERA DI GERTRUD dello scrittore svedese Bjorn Larsson, edito da IPERBOREA, stampata sul retro di copertina, è la chiave di lettura della vicenda di Martin Brenner genetista di successo.

Alla morte della madre, dopo averne sparse le ceneri al vento come da lei richiesto, scoprirà in una lettera recapitatagli dopo il funerale che il suo vero nome non era Maria ma Gerturd ed era un’ebrea scampata all’orrore di Auschwitz.

La scoperta alimenterà in Martin tutta una serie di domande. Soprattutto quando scoprirà che colui che aveva sempre creduto fosse suo padre non lo era. Chi è quello vero? Quante verità gli ha nascosto sua madre e perché? Forse per proteggerlo? Ma da chi o da cosa?

Sposato e con una figlia, quando scopre d’essere ebreo – la discendenza ebraica si trasmette per via matrilineare – Martin continuerà a sentirsi un uomo è basta. La sua esperienza da scienziato gli ha insegnato che geneticamente tutti gli uomini si assomigliano, che un ebreo non è diverso da un palestinese o da un tedesco. Altri sono i fattori che determinano le differenze tra di loro… […]

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Racconta Raggiolo, 01.2021

RACCONTA RAGGIOLO

Sabato 23 gennaio prenderà il via la rassegna digitale “Racconta Raggiolo” che, sulle pagine Facebook de La Brigata di Raggiolo e dell’Ecomuseo del
Casentino
, proporrà una raccolta di brevi video con ricordi e aneddoti dedicati al borgo casentinese. L’iniziativa proseguirà fino a sabato 27 marzo e si svilupperà attraverso dieci appuntamenti settimanali, tutti alle ore 10,30, che valorizzeranno l’unicità culturale e paesaggistica di Raggiolo, comunicandone l’anima più recondita.

I contenuti multimediali sono estratti dall’omonimo filmato “Racconta Raggiolo” che, realizzato dagli attori dell’associazione culturale “Noidellescarpediverse“, rappresenta il coronamento di una partecipata iniziativa promossa da La Brigata di Raggiolo nei mesi di isolamento della primavera del 2020. […]

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PROCIDA CAPITALE DELLE CULTURA 2022: QUANDO LO SPIRITO “DIOCESANO” PREVALE SU QUELLO “PARROCCHIALE”

Sembra che ad Ancona, uno delle dieci città in lizza, non abbiano digerito la proclamazione di Procida Capitale della Cultura 2022.

Se davvero fosse, come dimostrerebbe la prima pagina del Corriere Adriatico del 19 gennaio su cui era scritto, testuale, “BATTUTI DA PROCIDA: SI PUÒ?”, ci sta, a nessuno piace perdere!

Quello che però mostrano di non capire coloro che si sorprendono per la vittoria dell’isola flegrea è che la realizzazione di questo ambizioso progetto è dovuta molto probabilmente al fatto che, contrariamente a quanto di solito accade nei piccoli centri o in quelli in cui vige una mentalità provinciale dove ognuno tende a tirare l’acqua al proprio mulino,  i procidani hanno anteposto lo spirito diocesano a quello parrocchiale.

Cerco di spiegarmi. […]

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PROCIDA CAPITALE DELLA CULTURA 2022, UN’OCCASIONE PER L’INTERA AREA FLEGREA

Poco fa, precisamente alle 10,34, in video conferenza il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschina ha proclamato Procida capitale italiana per la cultura 2022!

All’annuncio sull’isola è scoppiata una festa da stadio.

Il merito di questa vittoria va al sindaco Dino Ambrosino, al direttore della candidatura Agostino Riitano e a tutto lo staff che ha lavorato affinché questo sogno si realizzasse.

L’affermazione dell’isola flegrea non è però una vittoria che si circoscrive ai confini marini, ma potrebbe esserlo per tutti i Campi Flegrei che, mai come nel 2022, saranno sotto le lenti d’ingrandimento del mondo intero non solo per il bradisismo – negli ultimi giorni il fenomeno ha intensificato la propria attività, alimentando preoccupazione negli abitanti, soprattutto nei cittadini di Pozzuoli – ma per le sue infinite bellezze paesaggistiche e culturali.

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foto di copertina

ALLA RICERCA DELLA PIETRA FILOSOFALE: DAI TEMPLI EGIZI, ALLE CATTEDRALI GOTICHE, ALLA CAPPELLA DI SAN SEVERO

Nella nota introduttiva al suo romanzo NOTRE DAME DE PARIS datata 20 ottobre 1832, riproposta nell’edizione italiana del 1951 edita da Rizzoli, lo scrittore francese Victor Hugo, rivolgendosi ai lettori, commentando l’aggiunta nel romanzo di tre capitoli inediti, scrive: ecco finalmente l’opera sua intera, come la vagheggiò, come la fece, buona o cattiva, duratura o caduca, ma quale egli la vuole. I capitoli ritrovati avranno indubbiamente uno scarso valore agli occhi di quanti, molto giudiziosamente del resto, null’altro cercarono in Notre-Dame di Parigi se non il dramma e il romanzo. Ma, forse, ci sono altri lettori che non trovarono inutile indagare il pensiero estetico e filosofico celato in questo libro; persone che, leggendo Notre-Dame di Parigi, si sono compiaciute di scoprire sotto il romanzo qualcosa di diverso dal romanzo stesso, e di seguire, ci si consentano queste espressioni un po’ ambiziose, il sistema dello storiografo e lo scopo dell’artista, attraverso la creazione, quale che sia, del poeta.[…]

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L’ATTACCO AL SENATO AMERICANO E QUELLO SPOT TELECOM DI ANNI FA

L’attacco al Senato americano dei sostenitori di Donald Trump, su istigazione via social dello stesso Trump, per impedire l’ufficializzazione dell’elezione di Biden a nuovo presidente degli USA, e i successivi blocchi dei profili Facebook, Twitter e Instagram del Presidente uscente per evitare che il tycoon se ne potesse servire per aizzare nuovamente la folla, mi hanno ricordato una conversazione che ebbi molti anni fa con un’amica docente di estetica della comunicazione alla Federico II.

Eravamo nel 2004 e le tv trasmettevano uno spot Telecom in cui Gandhi si serviva di internet per diffondere al mondo il proprio messaggio di pace.

Discutendone, la mia amica si disse preoccupata, domandandosi cosa sarebbe potuto accadere se, invece di Gandhi, di internet se ne fosse servito Hitler.

L’intervento dei proprietari dei social per bloccare l’account del Presidente americano se da un lato fosse antidemocratico, come sostiene Massimo Cacciari il quale auspicava che a deciderne la chiusura intervenisse un’autorità terza anziché gli stessi proprietari dei social, è la conferma di quanto potenzialmente possa essere pericoloso il mezzo mediatico allorché venga utilizzato da un soggetto esaltato, mentalmente instabile e, purtroppo, con un nutrito seguito di fan dipendenti da lui qualunque cosa dica o faccia.

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UNA PIZZA CON PAPÀ, TRENTACINQUE ANNI DOPO

Ieri mattina, approfittando che era il secondo giorno di zona gialla e ci si poteva spostare da un comune all’altro senza l’incubo che le forze dell’ordine ti fermassero e ti chiedessero l’autocertificazione per giustificare dove andavi, decisi di farmi un giro per Napoli.

Con la mascherina sul viso, presi la metro e scesi a Piazza Amadeo per passare dalla Feltrinelli e dare uno sguardo alle novità librarie.

Malgrado il cielo fosse parzialmente nuvoloso, visto che non pioveva, una volta uscito dalla libreria, decisi di allungarmi a piedi fino e Piazza Garibaldi per prendere la metro alla stazione centrale e rientrare a casa.

Alla fine di Corso Garibaldi fui colto da un moto di nostalgia ripensando all’epoca in cui lo percorrevo in senso inverso in compagnia di papà per andare a lavoro, quando fui assunto come stagionale presso il negozio di giocattoli dove lui lavorava da che era ragazzo.

In quell’attimo con la mente riandai al giorno in cui, durante la pausa pranzo, andammo mangiare insieme una pizza in un locale storico nei pressi del capolinea della circumvesuviana: io ordinai una margherita, lui la solita marinara.

Quando finimmo, mi chiese se volessi qualche altra cosa. “Una marinara” risposi.

Ricordo con quanta gioia mi fissò mentre divoravo la seconda pizza e il divertimento con cui raccontò l’episodio ai colleghi quando rientrammo.

“Giarritiè, a stu figlio tuo è meglio a lo fa nu vestito che a lo invità a pranzo” disse divertito Orlando il cassiere.

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INTERVISTA AL DIALETTOLOGO SALVATORE BRUNETTI, INSIGNITO DEL PREMIO VIRGILIANO 2020

Classe 1937, giornalista, dialettologo e saggista, Salvatore Brunetti, pur essendo puteolano doc, per anni ha svolto la propria attività culturale a Napoli dove ha frequentato salotti letterari, venendo a contatto con poeti, scrittori, uomini di teatro tra cui Roberto De Simone. Ha pubblicato IL MISTERO DI MARIANGELA, SCRIVERE IL DIALETTO NAPOLETANO, DIALETTO PUTEOLANO e VOCABOLARIO PUTELOANO – ITALIANO, questi ultimi due editati con New Media Press, curati dall’associazione culturale Lux In Fabula. Per la sua attività divulgativa del dialetto puteolano è stato insignito del Premio Virgiliano 2020. Il suo ultimo lavoro VOCABOLARIO PUTEOLANO – ITALIANO è stato stampato in edizione limitata di 100 copie, ognuna corredata con una cartolina riproducente il Tempio di Serapide opera dell’artista Veronica Longo che ne ha curato anche la grafica. Non essendo al momento disponibile in libreria, chi fosse interessato più ordinarlo direttamente a LUX In Fabula, Rampe Cappuccini n. 5/80078-Pozzuoli; tel.: 328 6670977 – info@luxinfabula.it

Salvatore per te il 2021 inizia con degli ottimi auspici: grazie ai tuoi studi e alle tue pubblicazioni sul dialetto puteolano, sei stato insignito del Premio Virgiliano 2020, te l’aspettavi?

No, assolutamente. È stata una sorpresa, naturalmente gradita. Ringrazio gli organizzatori per l’onore che mi hanno voluto concedere.

Salvatore oltre a essere uno studioso del dialetto puteolano, prima di tutto lo sei del napoletano, come nasce questa tua passione?

Da giovane, lavorando a Napoli nei pressi di via Toledo, per anni ho frequentato salotti culturali napoletani. Quando il pomeriggio finivo di lavorare, uscivo dall’ufficio e andavo in questi ambienti dove si discuteva sul dialetto napoletano. Ebbi così la possibilità di conoscere scrittori, poeti e cantanti famosi. Alla fine degli incontri, molti regalavano ai presenti i loro libri. Leggendoli, notai delle divergenze notevoli nel modo di scrivere in napoletano da parte di ognuno di loro. A stupirmi di più fu che molti di loro, pur abitando nello stesso quartiere, e dunque conoscendosi da una vita, anche se parlavano in dialetto allo stesso modo, scrivevano in napoletano diversamente l’uno dall’altro. Questo particolare mi incuriosì talmente che decisi di approfondire il napoletano per capire quale fosse il modo corretto di scriverlo. A quel punto, dopo aver a mia volta studiato una ventina di autori, decisi di redigere una sorta di compendio in cui indicavo quelle che secondo me erano le direttive giuste per scrivere in napoletano. […]

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“CIVILTÀ SOMMERSE”, MITO E REALTÀ

Il 16 gennaio 2002 il ministro indiano per la Scienza e la Tecnologia ha reso noti i primi risultati relativi alla datazione con il carbonio 14 dei manufatti provenienti dalle città sommerse nel golfo di Cambay: ebbene, tali manufatti risalgono a 9500 anni fa, 5000 anni prima di qualsiasi città riconosciuta dagli archeologi.

Così  lo scrittore/studioso inglese Graham Hancock conclude il suo libro Civiltà Sommerse, dopo un excursus  di circa 900 pagine in cui accompagna il lettore in giro per il mondo alla scoperta dei tanti siti archeologici sommersi che, a suo dire e a detta di autorevoli studiosi, si sarebbero inabissati, o comunque sarebbero stati ricoperti dal mare in un arco di tempo che va tra i 17000 e i 7000 anni fa a seguito della fine dell’ultima era glaciale, con relativo innalzamento del mare fino a 120 metri e conseguente inabissamento di città costiere; richiamando alla mente il mito del diluvio universale e quello di Atlantide, il misterioso continente scomparso a seguito di un tremendo cataclisma di cui per la prima volta parlò Platone.

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“SOGNI RUBATI”, L’ULTIMO DECENNIO FASCISTA A POZZUOLI RACCONTATO DA SIGLINDA GENTILE LOPEZ

Ambientato tra Pozzuoli, la penisola sorrentina e la Marsica nel decennio 1935-1945, epoca in cui si consolida il fascismo e scoppia la tragedia della guerra, Sogni rubati di Siglinda Gentile Lopez, edito da MEF, è la narrazione dettagliata e a tratti cruda, di una società perennemente in conflitto tra quanti sostengono Mussolini e chi invece lo contesta e contrasta mettendo a repentaglio la propria vita e la sicurezza della propria famiglia pur di osteggiare le brutture del fascismo culminanti nelle leggi razziali  e nell’adesione al conflitto bellico al fianco di Hiltler.

Sullo sfondo di questo agghiacciante scenario, si intrecciano le storie di uomini e donne che, nonostante la repressione, la persecuzione agli ebrei e l’incubo della guerra, lottano con tutte le forze per dare corpo ai propri sogni e alle proprie ambizioni.

Con una scrittura asciutta e lineare, priva di sussulti emotivi – diversamente da quella che caratterizza il suo primo romanzo Pietre al sole dove invece il coinvolgimento emozionale del narratore lo si percepisce chiaramente – con il sostegno di un lungo lavoro di ricerca storica, senza mai cadere nella retorica, attraverso le vicende delle famiglie Franchi e Caravella – la prima dichiaratamente anti; la seconda schierata con il regime, in particolare le donne che intravedono nei gerarchi la chiave per il successo sociale e artistico e quindi vi si concedono sfacciatamente, incuranti di ridicolizzare il capofamiglia la cui nomea di cornuto uomo molle è nota a tutti –  la Gentile ricama un romanzo storico nella migliore tradizione del genere, accedendo i riflettori sulla Pozzuoli dell’epoca; mettendone in risalto le svariate storture e contraddizioni; rendendo omaggio a quanti persero la vita a causa del fascismo e della guerra, citando nomi e cognomi. […]

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