Tra l’egoismo sfrenato del mondo c’è anche chi si dimentica di esistere…

 

Se pensi a quelle volte nella vita che hai trattato le persone con un amore e una correttezza straordinari, e te ne sei preso cura in maniera totalmente disinteressata, solo perché avevano valore come esseri umani… Ecco, la capacità di fare altrettanto con noi stessi. Di trattare noi stessi come tratteremmo un buon amico, un amico prezioso. O un nostro bambino che amiamo più della vita stessa. E penso che sia possibile arrivarci. Penso che in parte il compito che abbiamo sulla terra sia imparare a fare questo.

David Foster Wallace, Come diventare se stessi

 

amore verso prossimo

Com’era avanti col pensiero Oriana Fallaci…

Io non sono un Conservatore. Non simpatizzo con la Destra più di quanto non simpatizzi con la Sinistra. Sebbene rifiuti ogni classificazione politica, mi considero una rivoluzionaria. Perché la Rivoluzione non significa necessariamente la Presa della Bastiglia o del Palais d’Hiver. E certamente per me non significa i capestri, le ghigliottine, i plotoni di esecuzione, il sangue nelle strade. Per me la Rivoluzione significa dire “No”. Significa lottare per quel “No” Attraverso quel “No”, cambiare le cose.

E di sicuro io dico molti”No”. Li ho sempre detti. Di sicuro vi sono molte cose che vorrei cambiare. Cioè non mantenere, non conservare. Una è l’uso e l’abuso della libertà non vista come Libertà ma come licenza, capriccio, vizio. Egoismo, arroganza, irresponsabilità. Un’altra è l’uso e l’abuso della democrazia non vista come il matrimonio giuridico dell’Uguaglianza e della Libertà ma come rozzo e demagogico egualitarismo, insensato diniego del merito, tirannia della maggioranza. (Di nuovo, Alexis de Tocqueville…). Un’altra ancora, la mancanza di autodisciplina, della disciplina senza la quale qualsiasi matrimonio dell’uguaglianza con la libertà si sfascia. Un’altra ancora, il cinico sfruttamento delle parole Fratellanza-Giustizia-Progresso. Un’altra ancora, la nescienza di onore e il tripudio di pusillanimità in cui viviamo ed educhiamo i nostri figli. Tutte miserie che caratterizzano la Destra quanto la Sinistra.

Cari miei: se coi suoi spocchiosi tradimenti e le sue smargiassate alla squadrista e i suoi snobismi alla Muscadin e le sue borie alla Nouvel Riche la Sinistra ha disonorato e disonora le grandi battaglie che combatté nel Passato, con le sue nullità e le sue ambiguità e le sue incapacità la Destra non onora certo il ruolo che si vanta di avere. Ergo, i termini Destra e Sinistra sono per me due viete e antiquate espressioni alle quali ricorro solo per abitudine o convenienza verbale. E, come dico ne La Forza della Ragione, in entrambe vedo solo due squadre di calcio che si distinguono per il colore delle magliette indossate dai loro giocatori ma che in sostanza giocano lo stesso gioco. Il gioco di arraffare la palla del Potere. E non il Potere di cui v’è bisogno per governare: il Potere che serve sé stesso. Che esaurisce sé stesso in sé stesso.

Oriana Fallaci

oriana fallaci

Avanti popolo, indietro tutta!

Avanti popolo sarà il titolo del programma che Nunzia De Girolamo condurrà su Raitre al posto di Carta Bianca della Berlinguer, passata sulle reti Mediaset. Titolo audace, e azzeccato, a mio parere, perché scompiglia gli schieramenti ma che ha creato subito indignazione presso i custodi dell’ortodossia progressista. Ma come, su Raitre, al posto della Berlinguer, con un titolo che sembra uno sfottò della sinistra, o per dir meglio, del comunismo… Un oltraggio alla memoria di Berlinguer e del suo partito. Vorrei far notare, senza alcuna polemica, che l’oltraggio alla memoria di Berlinguer semmai l’ha compiuto la stessa Bianca Berlinguer preferendo, presumibilmente per una questione di ingaggio, una rete del nemico storico della sinistra, Berlusconi, alla rete storica della sinistra italiana. Nunzia De Girolamo stava smaltendo il suo precedente impegno politico nel centro-destra, e si stava ripresentando in veste di animatrice della tv d’intrattenimento. Poi, per una vicenda particolare, ossia per l’impreviste dimissioni della Berlinguer e il forfait di Nicola Porro, rimasto anch’egli a Mediaset con un doppio contratto, si è pensato di puntare sulla De Girolamo, che è sveglia e duttile, multitasking, e con l’ispirazione di sinistra della rete ha un curioso legame di parentela: è sposata con Francesco Boccia, uno dei leader del Pd.
Incuriosisce l’impasto che si va profilando: in una rete tradizionalmente di sinistra, un ex ministro del centro-destra che stava dedicandosi ai programmi d’intrattenimento e perfino a ballare in tv, va a condurre un programma dal titolo così forte e impegnativo e annuncia di voler inventare un format un po’ Funari un po’ Costanzo, sulla linea di confine tra politica e antipolitica.
Perché ci siamo soffermati a parlare di un programma, attaccato prima di nascere che vedrà la luce solo il prossimo 3 ottobre? Non per i suoi protagonisti, le polemiche, il tema della Rai e la linea di Raitre, ma per una questione di fondo: dove è finita la spinta al cambiamento nel nostro Paese, dov’è e da che parte sta il nuovo che avanza?
Per anticipare il senso di una risposta abbiamo affiancato il titolo della nota canzone socialista Bandiera rossa, scritta nel 1908 da Carlo Tuzzi, che annunciava un popolo alla riscossa verso il suo trionfo, al titolo di un programma di culto della Rai negli anni ottanta, di Renzo Arbore, con la presenza scintillante di Nino Frassica e tutta la banda arboriana: Indietro tutta! Cosa vogliamo dire? Che la speranza, l’attesa, la passione del cambiamento non c’è più in questo momento in Italia e forse non solo in Italia. Nessun popolo è in marcia, avanza o aspetta cambiamenti, né a destra né a sinistra, né tra i Cinque stelle né altrove. Con l’arrivo per la prima volta nella storia politica del nostro Paese, della destra nazionale e sociale alla guida del governo, abbiamo completato il ciclo: abbiamo avuto al governo il centro-destra e il centro-sinistra, abbiamo avuto i tecnici e i grillini, ci mancava solo la destra-destra, che viene da An e prima ancora dal Msi. Ora abbiamo anche quella da circa un anno alla guida del governo. E avvertiamo tutti, da tutte le parti, che è finita l’epoca in cui aspettavamo cambiamenti, svolte e nuovi corsi. La linea che prevale è sempre la stessa ed è dentro le coordinate imposte dagli scenari sovranazionali, tra Unione Europea, Patto Atlantico, Nato e Usa, indirizzo economico nel segno di Draghi e della Banca centrale europea, conformità al mainstream. Solo divergenze sul piano simbolico, o su temi che non hanno una ricaduta economica e non comportano cambiamenti di rotta, come per esempio i temi civili, la toponomastica, le questioni sensibili, l’orsa Amarena…
Non c’è una forza che oggi rappresenti il cambiamento e la voglia di imprimere una svolta al Paese: la destra della Meloni procede con i piedi di piombo, è prudente, non fa passi falsi, non accoglie nemmeno chi agita le sue stesse istanze di un anno fa, si attiene alle linee maestre tracciate dai poteri sovranazionali. La sinistra pure, si limita ad agitare principi in temi che non hanno una vera ricaduta civile, sociale e soprattutto economica, dai diritti lgbtq+ all’antifascismo, con l’accusa ridicola al governo Meloni di essere contro i migranti e insieme di aver consentito il loro raddoppio da quando è al governo. Nessuno si aspetta più dalla sinistra il cambiamento, al più la restaurazione del dominio precedente. E in fondo, alla restaurazione punta anche il Movimento 5stelle, con le sue battaglie in difesa del reddito di cittadinanza e del superbonus e il costante paragone tra una surreale età dell’oro quando c’era Giuseppe Conte al governo, e la tragedia in cui saremmo caduti da quando c’è Meloni a Palazzo Chigi. E da lontano, in piccolo, un nuovo “partito” nostalgico muove i suoi primi passi: il centro di Matteo Renzi che fonda il suo appeal sul ricordo di quando c’era lui alla guida dell’Italia.
Se esaminate i loro messaggi, da destra a sinistra, nessuno punta sul cambiamento, tutti sulla continuità, il ritorno, la restaurazione, il ripristino. Il futuro è visto più come minaccia che come promessa; suscita paura più che speranza. A questo quadro di vertice corrisponde un paese che ha smesso di confidare nel nuovo, scottato da un turn over di aspettative deluse o presto risoltasi  in senso contrario. Il risultato che ne deriva è appunto quello descritto in partenza: Avanti popolo, indietro tutta!

 Marcello Veneziani 

La poesia di un’emozione…

 

Entrò nel buio delle coperte e mi coprì tutto il corpo col suo. Stavo sotto di lei a tremare di felicità e di freddo. Le nostre parti combinavano una coincidenza, mano su mano, piede su piede, capelli su capelli, ombelico su ombelico, naso a fianco di naso a respirare solo con quello a bocche unite. Non erano baci, ma combaciamento di due pezzi. Se esiste una tecnica di resurrezione lei la stava applicando. Assorbiva il mio freddo e la mia febbre, materie grezze che impastate nel suo corpo tornavano a me sotto peso di amore.

Il suo teneva sotto il mio e il mio reggeva il suo, come fa una terra con la neve.

Erri De Luca

a letto

 

Gli italiani mai così tanto incuriositi dalla seconda guerra mondiale come dopo l’uscita del film Oppenheimer…

Il film Oppenheimer, uscito da poco nelle sale italiane, non solo continua a fare record di spettatori e di incassi, ma pare che abbia creato in molti spettatori la voglia e la curiosità di saperne di più non solo sul fisico conosciuto come il padre della bomba atomica, ma soprattutto sulla seconda guerra mondiale, su Hiroshima e Nagasaki- Lo rivela Wikimedia Foundation,la società che gestisce Wikipedia, l’enciclopedia online creata ed aggiornata da chiunque abbia notizie nuove certe su ogni tipo di argomento ,collo scopo di condividere con qualunque essere umano nel mondo la somma di tutte le conoscenze.La Fondazione ha analizzato le visualizzazioni delle pagine sulla versione italiana dell’enciclopedia online nella settimana precedente e successiva all’uscita del film nelle sale italiane. L’analisi mostra che le visualizzazioni delle pagine dedicate agli eventi e ai personaggi raccontati dal regista Christopher Nolan sono aumentate vertiginosamente e ha rilevato che alcune di queste pagine sono tra le più viste del mese di agosto.
Tra le prime 100 pagine con più click compaiono, infatti, quelle sul film Oppenheimer (1° posto, 1,14 milioni di visualizzazioni), sul fisico Robert Oppenheimer (2°, 866.000 visualizzazioni), sul regista Christopher Nolan (14°), sulla star Cillian Murphy (18°), sul Progetto Manhattan (20°) e sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (40°).
Nel periodo tra il 15-22 agosto e il 23-30 agosto, la pagina sulla bomba atomica (al 95° posto della classifica delle 100 pagine più viste) è infatti passata da appena 8.900 visualizzazioni a quasi 60.000 (+567%).
Un andamento simile è stato riscontrato per le pagine dei personaggi storici legati al film, come Albert Einstein (al 67° posto della classifica dei top 100, ha registrato un aumento del 506% di visualizzazioni). In totale, da quando il film è uscito in Italia il 23 agosto fino al 12 settembre, le voci italiane delle pagine sopra riportate di Wikipedia sono state viste oltre 3,148 milioni di volte. Evidentemente film come questo hanno un rilevante impatto culturale, specialmente sulle persone non giovanissime, che non hanno avuto la possibilità di studiare la seconda guerra mondiale nonostante un percorso lungo di studi, fermandosi i programmi scolastici di storia alla prima guerra mondiale. Anche se è vero che circolano dovunque programmi e documentari su questa guerra, non è detto che tutti siano sufficientemente informati sui fatti, che al momento sono tornati di attualità e discorsi ricorrenti tra chi ha visto il film e magari ne vuole discutere. Anche  perchè dietro alla storia di Oppenheimer c’è anche quella dell’italiano Enrico Fermi, premio Nobel per l fisica nel 1938. Fermi dopo l’attività di ricerca alla guida del gruppo dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperna” a Roma, si trasferì negli Stati Uniti, dove progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata, e fu uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan. E fu proprio da questi studi che ripartì Oppenheimer col suo progetto per la costruzione della famigerata bomba, della cui invenzione pare essersi profondamente pentito dopo aver visto i risultati e le conseguenze, che nessuno immaginava sarebbero state quelle che furono e sarebbero se sfruttate da qualche pazzo. Ed oggi più che mai i pazzi, nel nostro mondo non mancano. Di film come questo, che invoglino allo studio e alla cultura se ne dovrebbero produrre molti di più.

Oppenheimer-1

Se stasera ci sarà la fine del mondo…

Che succede se in un tranquillo week end al mare in casa d’amici vieni a sapere che nel giro di poche ore il mondo finirà? È la trama di un film, che la novantenne gagliarda Liliana Cavani ha lanciato nelle sale nel settembre che odora di Mostra del cinema di Venezia. Il film è ispirato sin dal titolo a un saggio del fisico e divulgatore Carlo RovelliL’ordine del tempo. Titolo bellissimo, tema importante, l’illusoria durata del tempo che non si misura in lunghezza e quantità ma in qualità e intensità, come diceva anche il filosofo Henri Bergson. Ma soprattutto il tema del film è cruciale, assoluto: l’umanità di oggi sorpresa davanti alla prospettiva di morire, tutti, simultaneamente, improvvisamente, nel giro di poche ore. La causa della fine del mondo sarebbe un grosso asteroide che viaggia velocemente verso la terra, il cui impatto sarebbe letale per il pianeta, senza possibilità di salvezza. Gli apostoli dell’apocalisse nel film sono due fisici che dicono e non dicono agli altri quel che sta succedendo ma che annunciano La Notizia delle Notizie: il finimondo è a momenti, non c’è scampo.
La trama è intrigante, il film è piacevole anche se gli aggettivi sono inappropriati rispetto al tema immenso che si affronta. Gli attori interpretano un campione della borghesia romana, benestante, un po’ attempata e un po’ radical, quel che si direbbe “il generone” romano con casa al mare a Sabaudia: Claudia Gerini, Alessandro Gassman, Edoardo Leo ed altri. Curiosamente, la sala in cui ho visto il film era costituita da un pubblico esattamente analogo a quello che era sullo schermo; attempati romani, borghesi e benestanti, forse un po’ radical anche loro.
Anni fa mi aveva molto colpito il film di Lars von Trier, Melancholìa, che verteva sullo stesso tema: l’imminente fine della Terra a causa di una collisione con un pianeta “malinconico”. Film straordinario che trasmetteva con potenza l’angoscia disperante di un mondo desolato alla fine del suo corso.
Il film della Cavani, invece, è totalmente diverso. La location è ridente, non certo da ultima spiaggia dell’umanità. I dialoghi mostrano l’assoluta sproporzione tra l’evento cosmico, tragico e apocalittico che si sta compiendo e le preoccupazioni minime, banali, dei “morituri” nel loro amabile rifugio sul mare, tra dolci chiacchiere, tenui rimpianti e residue vanità. Anche quando si cerca di scavare più a fondo, non emergono temi, domande, angosce che pure sarebbero spontanee davanti al disastro annunciato; si gira intorno a piccoli risvolti della propria vita, rapporti di coppia, frustrazioni umane o professionali, apprensioni ordinarie per i figli che non rispondono al cellulare. Non manca l’ironia, tipo non lavarsi i denti l’ultima sera prima della fine del mondo, ed è forse la chiave più simpatica del film, che cavalca la sproporzione tra l’immane tragedia e la vita di ogni giorno. I maschi nel film sono un disastro, tra bonaria coglioneria e miserabili ipocrisie; un po’ meglio le donne, più sveglie, come vuole il cliché femminista imperante. Mentre finisce il mondo, la confessione più forte che si ascolta è l’amore lesbico della moglie di Gassman per una sua amica presente all’addio. Davanti alla fine dell’umanità e a un evento che non si verificava, dicono i fisici, da 69 milioni di anni, l’unico male che viene evocato è il nazismo e la concorde condanna verso chi oggi ne sarebbe complice d’opinione… Ma come, finisce l’umanità, accade qualcosa che non accadeva da milioni d’anni e questi poveri imbecilli restano ancora aggrappati ai temini del politically correct, ai femministi e al gender, ai coming out, al pericolo nazi e menate varie? Temi che inquinano anche l’unica breve parentesi fuori dal banale: l’incontro di una di loro con una suora che vive serena la fine del mondo perché si affida alle mani di Dio. Il resto, niente.
Non mi interessa descrivere o recensire il film, invogliare o scoraggiare chi pensa di vederlo. Interessa invece porre la domanda: ma davvero l’umanità, noi contemporanei, non solo i cittadini romani in vacanza sul Tirreno, davanti all’Evento Supremo della nostra vita, davanti alla catastrofe finale, alla morte della vita sulla terra, siamo così radicalmente incapaci di capire cosa sta succedendo e siamo così ciechi, sordi, muti, meschini? Davvero non sappiamo far altro che raccontare alla vigilia della fine del mondo piccole infedeltà di coppia, riprendere storie d’amore interrotte, confessare gli orientamenti sessuali o dibattere sul nazismo e tacere di tutto, della nascita, della vita, della morte, di cosa resta di noi, la coscienza, se tutto si cancella? Davvero non sentiamo di fare null’altro alla vigilia della nostra scomparsa che restare nella casa al mare di un amico a conversare e ammazzare l’attesa; e non vedere in extremis qualcuno, rivedere qualcosa, ritirarsi a pensare, ripensare la vita, fronteggiare il panico? Non dico che ci vorrebbe un simposio di filosofi, ma davanti alla fine della vita e del mondo chiunque avrebbe tirato fuori tutti i misteri e le paure che sono dentro di noi, tutti i pensieri non detti, i sentimenti e gli impulsi più profondi. E allora la domanda è: siamo davanti a un film piccolo su un tema immenso, ovvero un film non all’altezza del tema che vorrebbe raccontare o siamo davvero così come ci rappresenta il film, un’umanità che anche davanti all’apocalisse pensa a che vestito mettersi stasera? Non un rimorso, non una scoperta in extremis della fede, una preghiera, non un pianto disperato o un gesto assoluto, non un pensiero universale sul destino dell’umanità. Solo piccole, ridicole inezie da fine serata più che da fine del mondo…
L’unico alibi, l’unica attenuante, è la sostanziale incredulità rispetto all’annuncio apocalittico, la convinzione che la catastrofe non ci sarà (come infatti succede) e i fisici magari sbagliano, si fanno prendere la testa dai loro astratti teoremi. Troppo poco per salvare un film; figuriamoci per salvare il genere umano…Alla fine l’umanità la scampa ma è bocciata per indegnità.

              Marcello Veneziani   

Dove sta il mistero ?!

 

Sempre mi è piaciuto imparare e cerco di farlo, ogni giorno, poichè tutto insegna.Oggi ho imparato che non è vero che le persone sono misteriose. Il mistero è tutto intorno, in tutto il resto. E’ misterioso il cielo, è misterioso l’oceano, è misteriosa la cima delle montagne. Sono misteriose le sedie, i lampioni, l’asfalto. Le persone no. Se guardo un essere umano posso immaginare dove stanno andando i suoi pensieri, le emozioni rivelate da un gesto, dalla voce. Se guardo negli occhi un essere umano vedo il riflesso dei miei stessi occhi. Mi avvicino. Scruto miliardi di atomi simili ai miei ma che non sono me. Al contrario non potrò mai sapere davvero come si senta un albero, il divano, il tavolo, la macchina. Eppure il tempo si accanisce anche contro di loro. Il tempo odia particolarmente il colore bianco. Lo sporca, lo logora, lo muta in un presagio triste, come un campo ricoperto di neve sporca. Però il tempo a noi imbianca i capelli.
Ecco, questo ho imparato oggi e l’ho scritto.

mistero

Landays, la poetica del dolore e della denuncia delle donne Afghane…

 

di Chicca Morone

“Piccoli serpenti velenosi” è il significato della parola landays, poesie brevi, popolari e con radici antiche utilizzate in segreto dalle donne pashtun per denunciare le violenze e i soprusi subiti. Si tratta di un distico di nove e tredici sillabe, ma non necessariamente irrigidito nella metrica. Una poesia semplice, facile da comprendere e da scrivere: un mezzo potentissimo e immediato per dare messaggi non ambigui o edulcorati, forti, che colpiscano e restino ben chiari nelle menti.Il veleno del serpente dà morte, ma anche vita se usato come antidoto; è in questa forma che appare nelle poesie delle donne, non solo afghane, che in questi anni si sono avvicinate alla composizione di landays, anche qui in Italia. Un esorcismo, una liberazione dal male subito e che ferisce il carnefice senza bisogno che lui lo sappia fisicamente: una specie di rituale virtuale dagli effetti spesso liberatori. La violenza perpetrata nei confronti della donna aveva visto in Afghanistan un qualche spiraglio negli anni passati, ma il ritorno degli odierni talebani ha riportato l’odio e recrudescenza di comportamenti inimmaginabili: non si conteranno le “spose-bambine” che moriranno per lesioni interne dopo la prima notte o durante il parto. A parte la reclusione nelle abitazioni o la possibilità di uscire solo se accompagnate da un uomo, le punizioni talebane contemplano anche il taglio delle dita qualora le donne siano trovate con la vernice sulle unghie o le frustate per qualsiasi maquillage. D’altra parte, le donne , nella mentalità piuttosto diffusa di questi gentiluomini sono considerate oggetti totalmente privi di valore, da usare semplicemente, senza una sola ombra di rispetto per la loro vita .La testimonianza di una donna giunta in Francia, “scelta” da altre donne per portare il loro grido di aiuto, “carcerate” sotto un burqa che elimina ogni possibilità di identificazione fa inorridire . Rese completamente inesistenti se non per l’uso che padre, marito, fratello, cugino e via di seguito, può fare di loro. Figlia di una ginecologa racconta di come le donne non possono essere curate da un medico e visto che il personale medico femminile non può lavorare, a loro non rimane che morire. In casa sua sono arrivate ragazze violentate, mutilate e con lacerazioni interne inferte al di là di un semplice rapporto sessuale, curate dalla madre con quel poco di medicamenti trovati per un tam-tam di solidarietà. Fortunatamente non tutti gli uomini accettano uno scempio del genere, ma anche loro corrono seri pericoli. È anche difficile essere solidali nella realtà con una popolazione massacrata in modo così truculento ,se non rivolgendosi alle organizzazioni come la Croce Rossa, dove sicuramente non ci sarà una dispersione energetica in tanti piccoli rivoli.

Sogno un canto d’amore per me e tu berci alla guerra ubriaco di sangue (A.A.)

Ci spengono come lumini Portiamo la luce oltre ogni confine (A.B.)

Mi hai venduto a l’uomo vecchio, ti distruggeranno le mie maledizioni (L.C.)

Non genererò figli tuoi basta carnefici in questa dimora (S.M.)

Dove non cresce il cinnamomo sia maledetto il sole che dà vita all’uomo (C.M.)

Al calar della notte oscura il solo mio pensiero è la fuga nel sogno (C.R.)

afghanistan

La gente che mi piace…

 

La gente che mi piace, oggi è un po’ una rarità. Tutti guardano in cagnesco, specialmente se li distogli dal cellulare, se hai bisogno palesemente di qualcosa ti ignorano, se sei anziano, ti farebbero sparire se potessero, ti sbattono malamente e non si sentono in colpa. Oggi esiste solo l’io, specialmente se sono bello, elegante, se sono noto sui social, se parlano di me, se poi son pure contro corrente tanto meglio. Come vorrei incontrare una persona che parlasse gentilmente; come apprezzerei un amico vero, sincero, che sapesse  riconoscere i miei momenti bui, di malinconia o di dolore, che  fosse  riconoscente e sapesse  dire grazie, che mi volesse bene per quello che sono senza aspettarsi nulla, che apprezzasse di me il bello, ma soprattutto tollerasse i mei difetti, che sapesse  tirarmi fuori dai pensieri negativi e che mi regalasse il piacere di sorridere. Incontrar per caso qualcuno così sarebbe veramente trovare un tesoro,in un momento in cui neanche con una mappa in mano che indichi la strada … Al fondo mancherebbe anche l’orizzonte.

attenzione

Quando si vive per forza d’inerzia…quanto spreco fisico e mentale!

 

Disattenzione

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle, e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

Wisława Szymborska

disattenzione