Il vento.

 

Sono stati giorni di vento questi ultimi. E si è fatto sentire, violento, cattivo,come ormai ci ha abituati, noi che lo conoscevamo anche benevolo, amico giocoso di brezze tenere, giocherellone a volte, venticello chiacchierino, anche se non ha mai parlato, ed ora più che mai è diventato    colui che fa . Perchè su questa terra solo agli uomini è stato dato il dono della parola? Lui ha un’altra qualità: Profuma sempre, anche se  il vento è inodore,ma si impregna, basta respirarlo con tanta intensità per essere facilmente travolti da tutto quello che trasporta nel suo quotidiano andare . Ha il profumo dei gelsomini, delle zagare, la lieve fragranza delle rose e delle viole,sa di fieno e di tiglio, sa di borotalco quando ha appena sfiorato la carrozzina di un bimbo. Il profumo del mare, del salmastro si mischia alla resina dei pini sbattuti con violenza in una notte di burrasca, quando sfoga la sua rabbia di vagabondo , senza meta, senza casa.E quando trova riposo è un ristagno di miasmi di rifiuti, di fumi di ciminiere,tra la vita sudicia degli uomini, che non sanno più ascoltare la sua dolce voce quando canta tra le foglie, che lo salutano col dolce stormire, nella forza di un temporale, nel turbinio dei fiocchi di neve,quando rompe il silenzio ovattato di un paesaggio innevato. Il vento conosce il mondo, perchè ogni cosa animata e no risponde al suo passaggio, e chissà quante cose potrebbe raccontarci se solo avesse il dono della parola, unico testimone attendibile nello sfacelo del mondo, perchè ne è anche protagonista  Questa  forse è la dimostrazione che la parola ce l’ha, ma è un discorso che non possiamo o non vogliamo comprendere. A me piace molto di più abbandonarmi nel suo abbraccio, lasciare che liberi la mia mente, immaginarlo anche foriero di tenerezze giunte da chissà dove, che mi fanno felice.. a me piace quando riempie i miei silenzi e le mie solitudini, quando muove una porta e mi fa sobbalzare il cuore…

il vento

Antropologia di un gesto, Paolo e Francesca si baciano ancora.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, il bacio di Paolo e Francesca
Jean-Auguste-Dominique Ingres, il bacio di Paolo e Francesca

Dalla Divina Commedia ai personaggi contemporanei. Non c’è contatto che abbia colpito di più la fantasia letteraria

Dal bacio di Paolo e Francesca a quello di Paola e Francesca. Il primo, reso immortale da Dante finì in tragedia, il secondo fra Paola Turci e Francesca Pascale, con un matrimonio. Gli amanti della Divina Commedia furono sorpresi sul fatto dal di lei marito. La cantautrice e l’ex di Berlusconi sono state paparazzate labbra sulle labbra. In un caso galeotto fu il libro, nell’altro uno yacht. Eppure, al di là delle differenze è pur sempre un bacio a simboleggiare l’amor che a nullo amato amar perdona. E non è un caso che magazine, tv e social in questi giorni abbiano tutti rispolverato i versi del V Canto dell’Inferno, rendendo iconiche le testimonial dell’amore LGBTQIA+.

Perché quello di Paolo e Francesca è il bacio più celebre della letteratura. Un bacio che nasce da un altro bacio letterario. Quello altrettanto proibito che Ginevra, moglie di re Artù, scambia con il prode Lancillotto, raccontato dal grande poeta Chrétien de Troyes, nel libro che accende la passione dei due young adulterers.

Quel turbine di desiderio immortalato dalle terzine vertiginose di Dante ha colonizzato la vita sentimentale di generazioni di studenti. Mescolandosi ai turbamenti dell’adolescenza. “Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene – dice Antonello Venditti in Compagno di scuola – perché, ditemi, chi non si è mai innamorato di quella del primo banco?”.

Gli unici a poter contendere agli amanti di Rimini la palma del bacio fatale sono gli amanti di Verona, Giulietta e Romeo. Con una bella differenza. I primi sono due ragazzini ingenui, tutti fremiti e palpiti. Basta un libro a farli andare fuori di cabeza. Mentre la Giulietta di Shakespeare appare molto più scafata di Romeo, quasi una metrosexual. Lui, ingenuo, paragona le sue labbra a due timidi pellegrini in cerca della sacra bocca dell’amata. Mentre la ragazza Capuleti la sa lunga e valuta da uno a dieci l’arte filematica del Montecchi. “You kiss by a book” – gli dice compiaciuta – “baci come un libro stampato” o, se preferite, “baci da manuale”. Insomma, il libro galeotto è diventato un tutorial.

Il sì di Paola Turci e Francesca Pascale a Montalcino il 2 luglio 2022

Il sì di Paola Turci e Francesca Pascale a Montalcino il 2 luglio 2022 

Quello che evidentemente non ha letto Otello che, accecato dalla gelosia, scambia i baci d’amore di Desdemona per prove del suo tradimento. E quando la uccide nel sonno, la bacia e continua a parlarle di baci: “E non c’è altro modo che questo: uccidermi, per morire in un bacio”. La scena ha una lunga eco letteraria e musicale, fino al libretto scritto da Arrigo Boito per l’Otello di Verdi dove il Moro dopo il femminicidio canta “un bacio, un bacio ancora, un altro bacio”. Con una sorta di triangolazione delle citazioni, perché la frase di Boito si ispira a un passo delle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo dove Lorenzo, uno dei protagonisti del romanzo, scrive all’agognata Lauretta “O! un altro tuo bacio, e abbandonami poscia a’ miei sogni e a’ miei soavi delirj: io ti morrò ai piedi”.

Insomma, sulla letteratura piovono baci in tutte le direzioni, come quelli di cui Vronsky copre il viso e le spalle di Anna Karenina nell’omonimo romanzo di Tolstoj. Ma la fiaba e il fantasy sono un vero catalogo di prodigi filematici, aspirazioni bocca a bocca, suzioni fatali. A cominciare da quelle del Dracula di Bram Stoker, il più nefasto tirabaci dell’Ottocento.

Ma la magia del bacio, il suo potere di cambiare anima e corpo delle persone ha nelle favole e poi nel cinema la sua consacrazione. L’idea di fondo è che in ogni ranocchio è nascosto un principe e in ogni serpente una principessa che solo un bacio potrà restituire alla loro bellezza originaria. A questo genere appartengono storie come La donna serpente di Carlo Gozzi una favola teatrale settecentesca. O ancor prima l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, dove il prode cavaliere Brandimarte libera la fata Febosilla trasformata in rettile da un mago invidioso. Va da sé che l’indomito slinguazza senza esitazioni il biscione. E il lieto fine è assicurato.

Alla stessa famiglia di miracolate appartiene la Bella addormentata nel bosco, svegliata dal bacio del principe dopo un sonno di cento anni. Senza dire di Biancaneve che dopo aver assaggiato la mela della strega piomba in uno stato di ibernazione da cui solo le labbra amorevoli del principe la tirano fuori. Più o meno come succede ad Anna, principessa di Arendelle e coprotagonista di Frozen-Il regno di ghiaccio, il film d’animazione che ha stracciato tutti i record d’incasso.

Ma non si creda che siano solo e sempre le donne ad aver bisogno degli uomini. Anche i principi hanno i loro inestetismi da incantesimo. Trasformati in mostri come ne La bella e la bestia. E nemmeno i paperi fanno eccezione. Ne La leggenda di Papertù, geniale crasi fra Paperino e Artù, il pennuto più famoso di sempre viene trasformato in rospo dalla perfida maga Ameliana. L’incantesimo viene spezzato solo dal bacio della principessa Paperinevra, Paperina più Ginevra.

Ma adesso, al tempo del #MeToo, quei baci favolosi incappano spesso e volentieri nelle censure del politicamente corretto. Nel 2017 Sara Hall, una mamma inglese, ha chiesto di cancellare la Bella addormentata dai programmi scolastici del Regno. Motivazione. Il principe è uno stalker che ha baciato la dormiente senza il suo consenso. Ha rincarato la dose la sociologa giapponese Kazue Muta che ha accusato il principe di Biancaneve di atti osceni su una partner priva di sensi.

Per ragioni analoghe l’attrice Keira Knightley ha deciso di vietare a sua figlia Cenerentola e pure La sirenetta. Con tutto il rispetto, accusare di sessismo un autore di 2000 anni fa o i fratelli Grimm è come multare per eccesso di velocità i piloti di Formula Uno.

In realtà, questo revisionismo applicato alla fiaba è la prova provata della potenza simbolica di questo gesto antico quanto il mondo. A partire dalle Metamorfosi di Ovidio dove lo scultore Pigmalione bacia la statua di Galatea e la trasforma in una bellissima donna in carne e ossa. Fino al mondo dei Manga e degli Anime, dove siti specializzati stilano la classifica dei baci più amati dagli adolescenti. Insomma, con buona pace della cancel culture, il bacio resta un evergreen del discorso amoroso. Di ieri e di oggi.

Le grandi ricchezze della solitudine…

 

Ma, come si sa, l’uomo appartiene ad una specie sociale, quindi non educato per vivere solo. E a chi non capita di uscire da solo per una passeggiata? Uscire da soli ha una grande importanza, sedersi sotto un albero non con un libro, non con qualcuno, ma in compagnia di se stesso e osservare una foglia che cade, staccata dal ramo dal vento, porre attenzione al volo degli uccelli, osservarne magari uno in particolare in ogni sua azione, ascoltare il canto di un pescatore in lontananza; porre attenzione ai propri pensieri e come questi si rincorrano l’un l’altro nello spazio della mente. Chiunque sia capace a stare solo e osservare tutte queste cose, scoprirà di potere godere di enormi ricchezze che nessun governo tasserà mai, nulla e nessuno potrà corrompere e che non ti potrà mai essere tolto.

 

Donna seduta sotto un albero Foto Stock, Donna seduta sotto un albero Immagini | Depositphotos

Dopo i gattopardi, sciacalli, iene ,i Draghi, torneranno gli umani o le cavallette?

Dopo la pazzia di questi giorni infuocati e prima del delirio per la campagna elettorale d’agosto, un ragionamento sui fatti accaduti.

Dunque, Draghi era stato chiamato come commissario straordinario per affrontare un’emergenza eccezionale. Il sottinteso era che presto sarebbe stata ripristinata la politica e la dialettica tra poli antagonisti. Il coronamento di questa chiamata sarebbe stato Draghi al Quirinale dove avrebbe potuto svolgere il ruolo di garante a livello internazionale ed economico, mentre l’Italia tornava a essere governata dalla politica, dopo il voto del popolo sovrano.

Ma al Pd non conveniva andare al voto, e nemmeno a tanti altri, da Renzi ai grillini e a Berlusconi. Sicché puntarono su Mattarella bis, garante del Pd e dei superpoteri e trovarono il folle consenso di Salvini e di Berlusconi. Quello fu l’errore d’origine, pagato in questi giorni. Sarebbe stato meglio arrivare allora a un muro contro muro o convergere sulla soluzione Draghi al Quirinale.

Invece è successo oggi, con una commedia avvilente in cui sono usciti a testa alta la Meloni e lo stesso Draghi, a testa bassa gli sconfitti Pd e Renzi, a testa mozzata Conte, e piuttosto ammaccati Salvini e Berlusconi per la giravolta. Bisogna pur dire che Draghi un po’ se l’è cercata: per restare ha preteso di avere più poteri. Non dico che l’abbia fatto apposta, ma mostrandosi sprezzante verso i grillini e incurante del centro-destra, li ha indisposti e li ha spinti a fare quel che molti di loro avevano gran voglia di fare da tempo: sdragare il governo. Comunque, per lui è stata una fortuna risparmiarsi un autunno di rincari, rinunce e restrizioni da lui stesso annunciate; e restare incompiuto nel mito.

Alla sua caduta, è partito il coro sulla catastrofe e la fine del mondo. Ma, a rifletterci, la sua caduta ha anticipato solo di un semestre la scadenza obbligata: anziché votare in primavera si vota in autunno. Qual è l’orrore, cosa sarebbe cambiato? Draghi avrebbe salvato l’Italia in quei pochi mesi e sarebbe stato riposto nel suo astuccio? Sarebbe stato maturo il tempo per un nuovo governo dei migliori? Meloni e Salvini si sarebbero estinti e avremmo così sventato il pericolo dei mostri al governo? Assurdo quel grido d’angoscia. A meno che qualcuno, dal Pd ai centrini sparsi, pensava di commutare la pena di Draghi in ergastolo, dichiarare cioè che dopo Draghi ci sarebbe stato ancora Draghi, a vita; l’emergenza non finisce, anzi si passa da un’emergenza all’altra, ergo dobbiamo tenerci il commissario straordinario al potere for ever.

È quello che diranno adesso, in campagna elettorale, con il culto feticista dell’agenda Draghi, una specie di reliquia sacra o di Corano, scoprendo il volto oligarchico e antidemocratico del fronte drago-sinistro. Ma poi non  si capisce la paura: se come si dice, tutta l’Italia, anzi tutto il mondo, eccetto Putin e i putiniani, è dalla parte di Draghi, avremo elezioni che spazzeranno via a furor di popolo gli anti-draghiani e riporteranno al governo i devoti del dio Mario. Di che vi preoccupate? In realtà, sapete bene che questa narrazione da ex voto di Draghi, amato dai potenti ai barboni, dalle cancellerie ai cinghiali, era finta perché il paese reale, in gran parte, vuole ripristinare la democrazia. Può stimare Draghi o detestarlo; ma l’idea di vivere perennemente questa sospensione della democrazia e della politica nel nome dell’emergenza non piaceva a tanti, anche senza avercela con il banchiere centrale. Vogliono tornare alla realtà, finirla con lo stato d’eccezione.

Ora vivremo in forma accelerata la convulsione del quadro politico, perché metà dei politici dovrà velocemente riaccasarsi, ricollocarsi, riconoscere nuovi alleati nel giro di pochi giorni. Da Di Maio a Brunetta, da Gelmini a Carfagna, a Toti, più sciami di peones  ormai homeless; ad essi si aggiungeranno  Calenda e Renzi, e poi Casini, Mastella e Bonino alla ricerca di un fronte compatto, pur detestandosi a vicenda. Saranno uniti dall’antisovranismo e questo li porterà, inneggiando a Draghi, a incamminarsi sulla via del Pd (vale anche per Renzi che reclamando un fronte unito contro l’area Putin, implora d’imbarcarsi come una scheggia o ascaro del Pd). Ma è difficile che si uniranno in un solo fronte vagamente centrista, giacché si schifano, si pongono veti fra loro; al più si accoppieranno, si accorperanno in mini-agglomerati ma non daranno vita alla Grande Coalizione dei Sette Nani o alla Casa Comune degli scappati di casa.

Il tono della campagna elettorale sarà doppio: nostalgico (“Quando c’era Lui”, il Superdraghi e l’Agenda-Bibbia) e apocalittico (“se arriva la Meloni con i barbari finiremo all’inferno”).

A proposito, e il centrodestra? Resterà unito per le elezioni, subirà un attacco concentrico e intensivo senza precedenti, visti i tempi ristretti del voto. Avrà mille nemici, in più saprà largamente farsi del male da sé. In fondo Salvini ha cercato lo strappo dal governo in competizione con la Meloni, più che in accordo con lei, per arginare la sua vittoria e riconquistare gli elettori. Nonostante uno sciame di dubbi che si uniscono a mille riserve sulla sua linea, i suoi uomini, la sua classe dirigente, il centro-destra resta ancora favorito. Anzi diciamo pure che da queste elezioni o esce vincente il centro-destra o non ci saranno vincitori con una vera maggioranza, si riproporrà il caos e usciremo dalle elezioni peggio di come vi siamo entrati  .Intanto vediamo Draghi allontanarsi dalla riva come una tartaruga liberata dopo lunga cattività.  Vedremo se strada facendo depositerà delle uova e dunque si riprodurrà, o se tornerà nei fondali della finanza, in attesa di nuovi incarichi sovranazionali. Dopo i gattopardi vennero gli sciacalletti e le iene; dopo i draghi verranno le cavallette o gli umani?.

MV

Come le notti bianche…

Ecco cosa sono i sogni, a volte desideri, ma quasi sempre momenti vissuti, che tuttavia non ci tornano come ricordi dell’attimo reale, ma delle emozioni vissute in quell’attimo, che abbiamo voglia di rivivere a modo nostro.

realizzare-i-propri-sogni

“Il sogno è il teatro dove il sognatore è allo stesso tempo sia la scena, l’attore, il suggeritore, il direttore di scena, il manager, l’autore, il pubblico e il critico.”

CARL GUSTAV JUNG

“Invano il sognatore rovista nei suoi vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla per soffiarci sopra e riscaldare con il fuoco rinnovato il proprio cuore freddo, e far risorgere ciò che prima gli era così caro, che commuoveva la sua anima, che gli faceva ribollire il sangue, da strappargli le lacrime dagli occhi, così ingannandolo meravigliosamente.”

FËDOR MICHAJLOVIČ DOSTOEVSKIJ

 

La democrazia è nociva, abroghiamola!

Cade la Dragocrazia, s’intravede malconcia la democrazia che torna con la politica e col popolo sovrano, con grave scorno dei poteri alti, di Mattarella e del Pd. Ma andiamo con ordine.

S’i fosse Drago arderei lo governo. Mettetevi nei panni, anzi nelle squame, di Mario Draghi: perché restare ancora al governo? Accettò di guidare un governo d’emergenza con la prospettiva finale di andare dopo un anno di graticola al Quirinale. Dove avrebbe potuto svolgere il suo ruolo extra partes e la sua missione umanitaria di rappresentare l’Italia nel mondo e tra i poteri che contano.
Un anno fa era acclamato dal Paese, ci liberava da un governo e un premier insopportabili, offriva una tregua politica a un paese lacerato, pur essendo riconosciuto come la longa manus dei Poteri Alti. Ora, invece, la situazione si è fatta difficile perché dopo essersi accollato le conseguenze della pandemia, Draghi è accorso ad accollarci le conseguenze della guerra in Ucraina, dove abbiamo fatto davvero poco per ribaltare le sorti del conflitto e neutralizzare Putin, ma abbiamo fatto davvero tanto per inguaiarci noi, indebitarci, veder schizzare l’inflazione e mettere a repentaglio le forniture energetiche.
I consensi nei confronti suoi e del suo governo erano calati molto con l’aria condizionata; tante ironie si sprecavano sul governo dei migliori e in autunno s’annunciava la catastrofe economico-energetico-sanitaria; era il momento giusto per tagliare la corda, e i grillini gliene stavano offrendo una mezza possibilità. Era anche un modo per restituire la pariglia a Mattarella, ai dem e ai loro soci di minoranza che non lo hanno voluto al Quirinale ma solo a tirare le castagne dal fuoco. Invece è partito il pressing mondiale, dal più grande leader al più piccolo sindaco, da Mattarella ai Dem, dalla grande finanza ai clochard, mancavano solo l’Onu e la Croce Rossa per bloccarlo a Palazzo Chigi. Perché un uomo di 75 anni, che ha già ottenuto i maggiori incarichi di potere, avrebbe dovuto lasciarsi friggere in padella e giocarsi il nome costruito in una vita? Il suo interesse era andarsene, ma non poteva, perché doveva rispondere a un’entità superiore che non è lo Stato, la Democrazia, l’Interesse generale, ma una cupola di poteri intrecciati che non passano dalle urne e che sono dietro la sua luminosa carriera. E che consideravano un imperativo categorico restare a ogni prezzo al governo e non andare al voto. Allora Draghi ha deciso di andare avanti all’infinito, magari restando poi il Santo Protettore di un campo largo filodraghiano dopo l’inevitabile voto del ’23. O in alternativa, aspettarsi altri incarichi prestigiosi a livello internazionale, più la vigile attesa con tachipirina fino a che Mattarella lasci in un modo o nell’altro il Quirinale. Ma la strada di quest’autunno era tutta in salita e piena di burroni. Poi Draghi in Parlamento ha bistrattato i partiti, fingendo di lusingarli, ha maltrattato i grillini pur lanciando occhiate dolci, e ha chiesto un governo più suo, con più ampi poteri. E lì qualcosa si è interrotto, qualcosa è saltato. Salvini e Berlusconi che avevano compiuto l’errore madornale di mandare Mattarella anziché Draghi al Quirinale, accettando la linea del Pd, vista ora la deriva oligarchica che voleva imbrigliare il paese, si sono ricongiunti alla Meloni, anche per non dare solo a lei i consensi degli scontenti. Ed è venuto fuori il papocchio di ieri in Parlamento.
Per carità, sarà sbagliato andare di corsa a votare, è un salto nel buio, quando invece nel buio ci stavamo andando seduti nel treno guidato da Drago Draghi. Ma se è per questo tra un anno circa, diciamo tra nove mesi per essere ostetrici, quando cioè si doveva andare a votare per forza di scadenza, cosa sarebbe cambiato? Ci avrebbero detto ancora di non fare salti nel buio e qualcuno avrebbe ripetuto quel che dice oggi e diceva un anno fa: o Draghi o morte. Dopo aver ripetuto pochi mesi fa: o Mattarella o morte.
Ma come sono responsabili, loro, vogliono preservarci dall’avventurismo e dalle cadute nel buio… Faccio solo osservare, sommessamente, che quella catastrofe da voi prefigurata, quel precipizio tremendo che ci aspetta, un tempo si chiamava diversamente: il suo nome era democrazia, alternanza di governo, libertà di voto e sovranità di popolo. Ora voi direte: ma il rischio è troppo alto, e perciò vogliono tenerci ancora sotto tutela, come ai tempi della pandemia, come ai tempi di Berlusconi da cacciare, come ai tempi di Monti, Napolitano, Gentiloni, e via dicendo…
Nei prossimi manuali di scienza politica si definiranno ottimi i governi che non passano dal voto, pessimi quelli che ne scaturiscono; poi si definiranno responsabili i governi che contengono i dem, irresponsabili i governi senza di loro. E si aggiungerà che i migliori politici sono per definizione coloro che non lo sono, cioè i tecnici, gli oligarchi, i commissari internazionali.
Condivido tutte le riserve sull’armata brancaleone della politica e non nutro fiducia per nessuno di loro, sia esso tribuno della plebe o affiliato della Cupola. Però vi dico, a questo punto perché tenere ancora in vita la democrazia, pur nella forma ipocrita di democrazia delegata o parlamentare? Perché non dichiarare ormai superata quella fase chiamata della sovranità popolare e libero voto in libero Stato? Non vediamo che o vincono i suddetti emissari della Cupola o la democrazia corre gravi pericoli, e martellanti campagne già si attrezzano per demolire in partenza governi con Meloni indigesti? E allora anziché cominciare prima con le campagne, poi con le intimidazioni, quindi con le minacce internazionali, gli assalti giudiziari e i ricatti economici, e infine boicottare i governi non allineati alla Cappa, perché non dichiarare ufficialmente che siamo nell’era delle oligarchie e dei governi calati dall’alto? Perché inventarsi un’emergenza dopo l’altra se possiamo più lealmente dichiarare che siamo passati a un’altra forma di governo e non sono più ammesse defezioni da parte del popolo sovrano alla linea imposta dai Grandi Poteri che contano? Avete anche un magnifico alibi a vostra portata, l’esempio disastroso dei grillini al governo e in parlamento, e dunque potete ben dire: vedete dove porta e come finisce il populismo e il voto sovrano?
Allora dichiarate che abbiamo eterno e infinito bisogno dei Draghi come dei Mattarella, e quel bisogno si abbrevia semplicemente in bis. Bene bravi bis, for ever. L’Italia senza di loro è una terra abitata solo da cinghiali, da incapaci e da dementi: per fortuna che abbiamo loro, Drag Queen e King Mattarel, i nostri sovrani a vita, come la Regina Elisabetta, ma loro non si sono limitati a regnare, come lei, ma sottogovernano con i poteri conferiti dalla Cupola internazionale. Mario per sempre, con Papa Sergio. Poi è arrivata la ventata di pazzia e ci siamo ritrovati, ma guarda un po’, in una situazione analoga a quella della Gran Bretagna: senza un governo in piena guerra, ancora in pandemia, in grave crisi economica ed energetica. Ma se cade Johnson eletto dal popolo sovrano è cosa buona e giusta, se cade Draghi, non eletto, è una tragedia. Salvo colpi di coda, si andrà a votare nel primo autunno. Torna malconcio e in vesti grottesche quel mostro chiamato democrazia, o perlomeno un suo parente o sosia.

MV

Sogni come aquiloni…

“Lancia i tuoi sogni nello spazio come un aquilone, e non sai cosa ti riporteranno, una nuova vita, un nuovo amico, un nuovo amore, un nuovo paese.”

Anais Nin

Come tanti fiori,che l’estate fa sbocciare, sbocciano col caldo dell’estate i nostri sogni, nelle lunghe notti di calura, nei pomeriggi lenti come l’aria ferma. Tutto sonnecchia e qui i pensieri volano, sfiorano i muri che scottano, accarezzano i fili d’erba che stanno morendo, anche se un filo d’acqua, fuggito chissà dove quasi li sfiora, quasi un sogno per l’edera che si accartoccia su quella terra arida. Sono pensieri lenti, fragili ,trasparenti colorati di desideri che piano piano trasformo in aquiloni. Voglio che prendano il volo, che raggiungano il cielo, non so se torneranno… perchè ,se torneranno, so che riporteranno una nuova vita, un nuovo amico, un nuovo amore, un nuovo paese.

aquilone

L’età dell’impotenza…

impotenza1

 

Il ghiacciaio si scioglie e genera una tragedia sui monti, sulla Marmolada. Il clima impazzisce e genera disastri atmosferici nel pianeta. Il contagio del covid riprende a correre per il terzo anno. In Ucraina la guerra continua e nessuno riesce a fermarla. E aspettiamo la solita, inevitabile catena di incendi d’estate, che di solito partono da errori o colpe ma si ripetono sempre, e non c’è efficace prevenzione e dissuasione.

Per completare il quadro e aggiungere benzina sul fuoco, non c’è giorno che la follia di un uomo non si scateni su vittime innocenti, dagli Stati Uniti al mondo. I sistemi di sorveglianza e controllo nulla possono davanti all’imprevedibile follia, alla malvagità senza movente. Si pensa che il rimedio sia solo vietare le armi, e può essere un mezzo per limitare le occasioni e il numero delle vittime, ma non estirpa certo il male.

Eventi disparati, atmosferici, sanitari, storici, delitti ambientali, umane follie ma che rivelano una cosa: siamo entrati nell’Età dell’Impotenza. Qualcuno dirà che siamo rientrati nell’Età dell’Impotenza e altri, più accorti, diranno che in realtà non ne siamo mai usciti. Da sempre ci dominano fattori ingovernabili, che un tempo chiamavano Sorte, Fato, Necessità. E ad essi si aggiunge il fattore ineliminabile che potremmo definire con tono biblico malvagità, umana o non solo. Ma quel che più colpisce è la percezione della nostra Impotenza rispetto agli accadimenti, in un’epoca che invece è culturalmente dominata dalla Volontà di Potenza e dai desideri illimitati. Ci hanno allevato alla libertà e ai diritti come principi assoluti, ci hanno insegnato che la modernità si distingue dall’antichità perché l’uomo domina e non subisce il destino e gli eventi, e invece ecco rivelata tutta la nostra impotenza. In che senso nostra? In senso personale, prima di tutto. Poi in senso sociale. Nulla possiamo da soli, ma anche insieme, pur essendo preziosa la solidarietà e pure il conforto comunitario. Ma anche riferita agli Stati, al Potere delle Istituzioni, della Scienza, della Tecnica, della Terapia, la condizione impotente non cambia. Nessuno riesce a fermare queste emergenze, e non dico solo quelle impreviste, ma anche – e soprattutto – quelle previste, annunciate da tempo o temute da anni. Non c’è possibilità di prevenzione, non ci sono protocolli e misure per frenare e nemmeno per rispondere agli eventi che si abbattono su di noi. I vaccini non bastano, o forse non servono, si insinua perfino il dubbio che siano la principale causa delle varianti e della ripresa dei contagi. Ovvero il rimedio non frena o estingue il male, e forse addirittura lo provoca (senza considerare gli inquietanti e rimossi effetti collaterali). I discorsi sull’ecosostenibilità, sul riscaldamento del pianeta, sul tracollo climatico sono montagne di parole che partoriscono topolini, impotenti rispetto al funesto evento di un ghiacciaio che si scioglie e trascina gli uomini nella rovina. Grandi mobilitazioni, piccoli risultati. Anche perché per sperare di ottenere risultati sensibili, ammesso che si sia ancora in tempo, si dovrebbe rimettere radicalmente in discussione il modello di società in cui viviamo. Non solo arrestare lo sviluppo, ma arretrare perfino. Anche i più scalmanati sostenitori della svolta ambientalista non riuscirebbero ad accettare le implicazioni e le limitazioni enormi al nostro attuale modo di vivere.

Vanamente i media, i poteri, cercano di colpevolizzare i popoli e i cittadini, e quasi scaricare sulla loro incuria e refrattarietà a seguire i protocolli di sicurezza, se la pandemia riprende, se la terra impazzisce, se accadono incendi e se non si sopportano le conseguenze delle misure per dissuadere i malvagi e i guerrafondai. In realtà la responsabilità dei singoli è morale più che reale. Il raggio d’incidenza dei singoli comportamenti è quasi impercettibile. E comunque agisce in minima misura sugli effetti ma è del tutto inerme rispetto alle cause, ai processi in corso, alle minacce incombenti. Il senso di impotenza scatena inevitabilmente l’ansia fino all’angoscia che non è uno stato provvisorio, limitato nel tempo e alle circostanze, ma coinvolge interamente la nostra mente, la nostra persona e il nostro tempo presente e futuro. L’ansia ci avverte di un pericolo, l’angoscia ci dice che non c’è scampo. Dunque, lo stato dell’angoscia è legato alla percezione dell’impotenza. Che è poi il senso proprio della tragedia, dove non c’è rimedio, non c’è via d’uscita. È l’età dell’Impotenza.

Ma si può vivere con questa spada di Damocle pendente sulle nostre teste, si può essere cittadini leali e osservanti delle norme se il potere non ci garantisce la prima delle fonti su cui sorge lo Stato, ossia la sicurezza o l’argine alla paura? Ecco il pericolo che si aggiunge a quelli legati agli eventi: che si possa allentare o sciogliere il patto su cui regge l’alleanza tra potere e popolo, tra governanti e governati, visto che gli Stati non garantiscono effettivi argini ai cataclismi e alle tragedie. E allora, non ci resta che convivere con la catastrofe? Dobbiamo comunque reagire, prevenire, aumentare la soglia di attenzione e di sicurezza, ma dobbiamo cambiare mentalità. L’uomo non è il signore dell’universo, la nostra vita non è assoluta e permanente, ricacciamo la volontà di potenza e i desideri illimitati, recuperiamo il senso del limite, accettiamo il nostro destino con amor fati. Siamo fragili, mortali, esposti al pericolo. Solo un dio ci può salvare. O peggio, solo un dio si può salvare.

(Panorama n.29)

Per chi si incammina nel tempo della vita :” Metti in valigia…

 Nella valigia del tuo futuro vorresti mettere tante cose, ma poche sono quelle che contano veramente. Se fossi te la prima cosa che metterei è il CORAGGIO, senza la cui energia non è facile scegliere la strada migliore.  Per  fugare la noia che a volte è compagna di strada ci metterei u n po’ di FANTASIA, che  sa aprire  porte che schiudono mondi nuovi e rendere veri sogni immaginati. Non dimenticherei la TENEREZZA  nel saper amare, e, a nessuna età perderei la DIGNITA’ nè la  COSCIENZA. Troverei un posto comodo in valigia per il RISPETTO , rispetto per tutta la natura, per l’arte per la cultura, iniziando a fare bene studio e lavoro. Non dovrai scordare il rispetto per i piccoli, i deboli e gli anziani, rispetto per chi ti ha cresciuto, educato, per chi, nella vita hai incontrato e ti ha lasciato qualcosa di se, poco o tanto non conta, ma importante. Non scordare la LEALTA’ che viaggia sempre con la SINCERITA’.Infine insisto perchè tu trovi ancora un angolo dove metterci  gli SBAGLI, senza scordarti mai che è meglio aver RIMORSI che RIMPIANTI…

 

 

valigia

Il Krill,piccola e immensa magia degli oceani..

Il krill,la spina dorsale dell’ecosistema marino su un polpastrello.

Il krill può essere minuscolo di statura,ma gioca un gigantesco ruolo nell’oceano. Al Cordell Bank National Marine Sanctuary, l’enorme sciame di questi piccoli crostacei si rivela una fondamentale fonte di cibo per molti animali marini. Le enormi popolazioni di Krill sono la spina dorsale di molti ecosistemi oceanici, poichè sono fonte di nutrimenti fondamentali per  una molto vasta gamma di specie come  le foche, le balene molti pesci e anche uccelli marini.

Credit: Sophie Webb

krill