Sempre lei al primo posto…

 

Prima c’è la solitudine,
nelle viscere e nel centro dell’anima:
questa è l’essenza,
il dato di base, l’unica certezza;
che soltanto ti accompagna il tuo respiro,
che sempre ballerai con la tua ombra,
che quella tenebra sei tu.
Il tuo cuore, quel frutto titubante
non deve amareggiarsi con il tuo fato solitario;
lascialo che aspetti senza sperare
ché l’amore è un regalo
che un giorno arriva da solo.
Ma prima c’è la solitudine,
e tu sei solo,
tu sei solo con il tuo peccato originale
– con te stesso –.
Forse una sera, alle nove,
compare l’amore e tutto scoppia
e qualcosa s’illumina dentro di te,
e ne diventi un altro, meno amaro, più felice;
ma non dimenticarti, specialmente allora,
quando l’amore sarà arrivato e brucerai,
che prima e sempre c’è la tua solitudine
e dopo niente
e dopo, se deve arrivare,
c’è l’amore.
Darío  Jaramillo  Agudelo

 

solitudine

Impariamo a respirare in un mondo irrespirabile…

Trova un senso. Distingui la malinconia dalla tristezza. Esci a fare una passeggiata. Non deve essere una passeggiata romantica nel parco, primavera nel suo momento più spettacolare, fiori e odori e immagini poetiche eccezionali che ti trasferiscono senza problemi in un altro mondo. Non deve essere una passeggiata durante la quale avrai molteplici epifanie di vita e scoprirai significati che nessun altro cervello è mai riuscito ad incontrare. Non aver paura di passare del tempo di qualità da solo. Trova un senso o non trovare un senso ma ‘ruba’ un po’ di tempo e donalo liberamente ed esclusivamente a te stesso. Opta per privacy e solitudine. Questo non ti rende asociale e non ti fa rifiutare il resto del mondo. Ma devi respirare. E devi esserlo.

Albert Camus                                                                                                                                  

trova un senso  Arte: Dipinto di Mark Edward

 

 

Quando arriva la notte e si svegliano certi pensieri…

 

Buonanotte a te che in questo momento
dovresti essere qui e non chissà dove.
Buonanotte a chi anche stanotte
si perderà tra le lacrime e i pensieri.
Buonanotte a chi ha sperato, lottato
a chi ha tirato fuori le unghie ma comunque ha perso.
Buonanotte a me, che ti aspetto e prego ogni sera per vederti tornare.
Buonanotte ai codardi, ai “lo faccio per te”,
a chi ha deposto i sogni nel cassetto,
a chi è caduto ma ha avuto la forza e il coraggio di rialzarsi.
A chi non vuole occhi diversi.
A chi non ci riesce, a chi ci prova ma è dura,
a chi soffre in silenzio, a chi ride ma sta male,
a chi non riesce a camminare,
a chi è stato lasciato,
a chi ha il cuore spezzato.
Buonanotte, che poi questa notte di buono non ha nulla.
E resterò sveglia a pensarti, a immaginarti
a chiedermi come stai, cosa fai, se sorridi, se sei felice, se ti manco, se stai bene anche senza di me.
Chi ti scalda la notte, chi ti guarda dormire,
chi ti sorride così dal nulla.
E non so, ma ho paura.
Perché la notte diventiamo più deboli,
perché la notte cadiamo, i pensieri vanno veloci e le lacrime scendono.
Dove sei, con chi sei, mi manchi.

Charles Bukowski

mi manchi

Da” Lettere ad un bambino mai nato…” di Oriana Fallaci

 

Se nascerai uomo io sarò contenta lo stesso. E forse di più perché‚ ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per nascondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagi quando dormirai con chi ti piace, non ti sentirai dire che il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela. Naturalmente ti toccheranno altre schiavitù, altre ingiustizie: neanche per un uomo la vita é facile, sai. Poiché‚ avrai muscoli più saldi, ti chiederanno di portare fardelli più pesanti, ti imporranno arbitrarie responsabilità. Ti ordineranno di uccidere o essere ucciso alla guerra. Eppure spero che sarai un uomo come io l’ho sempre sognato: dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, generoso con chi ti vuol bene, spietato con chi ti comanda.

Oriana Fallaci

images

Sul potere e il ritirarsi… di Marcello Veneziani

 

Maestro mio grande, ogni volta che mi avvicino al potere, mi allontano con rabbia e ribrezzo. So che non dovrei, perché la mia mansione profana mi conduce inevitabilmente a frequentare le stanze del potere. E poi so che nessuna città potrà mai sopravvivere senza lo scettro del comando e l’autorità. Il potere è causa di molti mali come di tanti beni, violenta e protegge, rende giustizia o impone ingiustizia, unisce e separa, guarisce e ferisce. Il potere è come Giano bifronte, signore del bene e del male, e di mille gradi intermedi o solo diversi.
Capisco dunque l’ambigua ma necessaria natura del potere, e lo rispetto a distanza, osservo le leggi, le decisioni e la sua autorità. Ma preferisco abitare lontano e costruire la mia vita al di fuori del suo raggio. Cerco la lontananza, la luce e il mare per eludere la sua sorveglianza e non sentire i miasmi del suo fiato e dei suoi servitori. Come te, del resto. Ma se devo esserti sincero, come tu esigi, non condivisi quel che scrivesti anni addietro: il saggio, dicesti, pur di mettere in salvo la sua missione e dedicarsi alle cose che contano, eseguirà anche ciò che non approverà e adatterà i costumi alle circostanze. Ci sono compromessi necessari per vivere, piccoli cedimenti e temporanee remissioni finalizzate a salvaguardare scopi superiori; ma la doppia morale mi pare inaccettabile proprio alla luce della tua dottrina perché tocca principi e beni che non si esauriscono nella sfera dei mezzi ma intaccano la sfera dei fini. Meglio sottrarsi alla vicinanza del potere, come tu hai fatto poi, e ritirarsi; o se possibile, meglio ribellarsi, e in extremis sottrarsi alla vita pur di non eseguire ordini ripugnanti e non farsi complice della malvagità. Muovendoti queste obiezioni so di essere in buona compagnia, perché ho dalla mia parte Seneca e altri suoi stessi pensieri.
Il potere si circonda di servi e di adulatori, si nutre del falso e di privilegi, si esalta nella sopraffazione e gode nell’annientare chi si frappone. La colpa di quell’abuso è dei potenti solo per un terzo; per un altro terzo è dei conniventi e dei consenzienti; e per un terzo infine è insito alla natura stessa del potere, cresce alla sua ombra indipendentemente dall’indole dei sudditi e dei potenti. Degli abusi di potere i potenti sono colpevoli solo in parte. Tanti valentissimi uomini si comporterebbero da prepotenti se fossero loro a comandare. E non sempre è poi vero che detiene un posto di comando chi ha una predisposizione malvagia, un’attitudine alla prepotenza. Lungo la strada tralignano anche buone nature e rette intenzioni. E’ divino essere infallibili ma è umano saper rimediare ai propri errori, accorgersi in tempo e sottrarsi al degrado. Il potere corrompe ma a volte schiaccia gli stessi potenti e li rende suoi servi. Questo vale non solo per chi ha in mano le sorti di un Impero o di una città, ma per chiunque abbia un potere, perfino domestico. Il potere si combatte solo con il potere, bilanciando le forze e commisurando al male i rimedi. Ma quando il potere opprime e si è inermi al suo cospetto, l’importante, insegnano i tuoi autori, è che ciò su cui noi non possiamo nulla, possa il meno possibile su di noi. E’ necessario cucirsi addosso una corazza impenetrabile per resistere ai suoi oltraggi, alle sue tentazioni e alla sua violenza e vivere in dignitosa libertà.
Il saggio non può vivere a lungo accanto al potere: nella migliore delle ipotesi perde il suo tempo, perde la vita nella ipotesi più sinistra e perde l’anima nella peggiore delle ipotesi, perché cede alla potenza e alle lusinghe del male. Accadde a Platone accanto a Dionisi II, Tiranno di Siracusa, accadde ad Aristotele accanto ad Alessandro, e accadde anche a te, Seneca con Nerone, se dopo hai preferito la casa di campagna al palazzo reale. Non è solo l’iniquità del sovrano che spinge il sapiente a ritirarsi o perfino esiliarsi, ma la natura stessa del potere che se non corrompe certo distrae dalla saggezza; e la natura stessa del pensiero che predilige l’indipendenza al comando, la solitudine alla corte e il raccoglimento alla dispersione.

(Da Vivere non basta. Lettere di Lucilio a Seneca sulla felicità, Mondadori, 2011)

potere

Ho contato i miei anni…

 

“Ho contato i miei anni
ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere
da qui in avanti
di quanto non ne abbia già vissuto.
Mi sento come quel bambino
che ha vinto una confezione di caramelle
e le prime le ha mangiate velocemente,
ma quando si è accorto che ne rimanevano poche
ha iniziato ad assaporarle con calma.
Ormai non ho tempo per riunioni interminabili,
dove si discute di statuti, norme,
procedure e regole interne,
sapendo che non si combinerà niente…
Ormai non ho tempo
per sopportare persone assurde
che nonostante la loro età anagrafica,
non sono cresciute.
Ormai non ho tempo
per trattare con la mediocrità.
Non voglio esserci in riunioni
dove sfilano persone gonfie di ego.
Non tollero i manipolatori e gli opportunisti.
Mi danno fastidio gli invidiosi,
che cercano di screditare quelli più capaci,
per appropriarsi dei loro posti, talenti e risultati.
Odio, se mi capita di assistere,
i difetti che genera la lotta per un incarico maestoso.
Le persone non discutono di contenuti,
a malapena dei titoli.
Il mio tempo è troppo scarso per discutere di titoli.
Voglio l’essenza, la mia anima ha fretta…
Senza troppe caramelle nella confezione…
Voglio vivere accanto a della gente umana,
molto umana.
Che sappia sorridere dei propri errori.
Che non si gonfi di vittorie.
Che non si consideri eletta, prima ancora di esserlo.
Che non sfugga alle proprie responsabilità.
Che difenda la dignità umana
e che desideri soltanto essere
dalla parte della verità e l’onestà.
L’essenziale è ciò che fa sì che la vita
valga la pena di essere vissuta.
Voglio circondarmi di gente
che sappia arrivare al cuore delle persone…
Gente alla quale i duri colpi della vita,
hanno insegnato a crescere
con sottili tocchi nell’anima.
Sì… ho fretta… di vivere con intensità,
che solo la maturità mi può dare.
Pretendo di non sprecare nemmeno una caramella
di quelle che mi rimangono…
Sono sicuro che saranno più squisite
di quelle che ho mangiato finora.
Il mio obiettivo è arrivare alla fine soddisfatto
e in pace con i miei cari e con la mia coscienza.
Spero che anche il tuo lo sia,
perché in un modo o nell’altro ci arriverai…”

Mario Andrade

anziana a

 

Una dedica per tutti (o quasi)…

 

“A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari,
a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore,
a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.
Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai “vincibili” dunque, e anche
agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali,
ancora si sente invincibile.
A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.
A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene…
a tutti i teatranti.”

Miguel de Ivan Cervantes, “Don Chisciotte”

 

don Chisciotte

Perchè i bambini giocano alla guerra…

 

I bambini giocano alla guerra.
E’ raro che giochino alla pace
perché gli adulti
da sempre fanno la guerra,
tu fai “pum” e ridi;
il soldato spara
e un altro uomo
non ride più.
E’ la guerra.
C’è un altro gioco
da inventare:
far sorridere il mondo,
non farlo piangere.
Pace vuol dire
che non a tutti piace
lo stesso gioco,
che i tuoi giocattoli
piacciono anche
agli altri bimbi
che spesso non ne hanno,
perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini
non sono dei pasticci;
che la tua mamma
non è solo tutta tua;
che tutti i bambini
sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo
non avere paura.

Bertold Brecht

La poesia di Brecht, come si può comprendere anche in “i bambini giocano alla guerra”, vuole farci riflettere sulla realtà sociale e politica. La grande rivoluzione di Brecht fu quella di produrre una poesia marxista rivoluzionaria ,la critica della società borghese, capitalista. Il pubblico attraverso la poesia doveva poter prendere coscienza delle grandi contraddizioni della società. I conflitti sociali, la povertà, le contrapposizioni di ceto, la guerra, e così via, liberandosi dalle catene imposte dalla società. Giusto o sbagliato si interpreti il pensiero di Brecht, egli contribuì ad un’idea diversa del teatro e della poesia. Pertanto merita attenzione e soprattutto di essere letto con attenzione. Infatti scrive “è raro che giochino alla pace, perché gli adulti da sempre fanno la guerra”. Brecht cerca di farci riflettere su quello che, a volte, scambiamo come normale, anche il semplice “pum” durante un gioco. Quello sparo che, da un’altra parte del mondo, sta uccidendo qualcuno.
Educare un bambino alla pace non è una cosa semplice , significa insegare la condivisione, il rispetto, l’apertura mentale. Significa saper condividere l’amore, saper insegnare il concetto di amicizia e di famiglia. E, purtroppo, in molti posti nel mondo dove sono prioritari , discriminazioni, violenze, fame e sofferenza questi valori diventano poco o niente importanti.

bambini giocano guerra1

Alla ricerca di me….

Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch’io un pezzo dell’idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l’acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui.

Erri De Luca – Alzaia

 

donna che legge