Gli spropositi di alcuni leader, di cui nessuno parla.

Lizz Tuss a sinistra, Hillary Clinto a destra. Ambedue hanno evocato l'opzione apocalisse

Lizz Tuss a sinistra, Hillary Clinton a destra. Ambedue hanno evocato l’opzione apocalisse

Liz Truss, accreditata come prossimo premier britannico al posto dell’uscente Boris Johnson, ha dichiarato che “sarebbe pronta a usare le armi nucleari anche se ciò significa l’annientamento globale”.

Tale la follia che alberga nella Politica dell’Occidente, e ciò spiega anche la connivente indifferenza riguardo al bombardamento della centrale atomica di Zaporozhye da parte dell’esercito ucraino (di cui gli ucraini incolpano i russi, nonostante la palese falsità, perché la centrale è sotto il controllo russo ed è da escludere che possano spararsi addosso). Di pochi giorni fa la notizia che quattro missili hanno colpito il centro di stoccaggio degli isotopi radioattivi, anche se per fortuna non si registrano danni significativi (ma è da notare che si continua ad alzare l’asticella degli obiettivi).

L’attacco, il più grave da quando gli ucraini hanno iniziato a far piovere missili sulla centrale, avviene nel giorno in cui il Direttore generale dell’agenzia atomica dell’Onu, Rafael Mariano Grossi, si è incontrato con il direttore generale di Rosatom, l’agenzia per l’energia atomica russa, Alexei Likhachev, a Istanbul, che si conferma crocevia diplomatica cruciale per la guerra ucraina. L’incontro serviva a mettere a punto gli ultimi particolari della missione dell’Aiea a Zaporozhye, che ha lo scopo di mettere in sicurezza la centrale e l’attacco appare intimidatorio, almeno questo è sicuramente l’effetto che avrà sugli ispettori incaricati della missione.

Al di là della notizia proveniente dall’Ucraina, resta la criminale sciocchezza della ministra degli Esteri britannica, caratteristica che le sta valendo la fulgida carriera (la scarsa intelligenza è una dote molto apprezzata da coloro, che così possono governare a piacimento la Politica). Colpisce anche che la sua dichiarazione apocalittica non sia stata condannata da nessun politico d’Occidente, né sia stata oggetto di critiche mediatiche significative, come se ormai la guerra nucleare fosse stata sdoganata e rientrasse nell’orizzonte delle possibilità…Inutile commentare. Val la pena registrare il dato, nella speranza che qualcuno dia una calmata alla Lady, la quale sta promettendo ai Tory (che la stanno elevando sugli scudi) di rinnovare i fasti della Thatcher, senza averne minimamente la statura. Quando la Politica era una cosa seria, e non un circo equestre consegnato alle folli esibizioni muscolari della Nato, la prudenza su certi temi era d’obbligo. Tant’è.

Il mondo che vince…

 

Mi sono accorta di una cosa , che ritengo essere una grande ricchezza. Noi continuamente combattiamo due grandi battaglie, spesso in contemporanea e per questo non stiamo bene, anche se in salute. Una di esse è dentro di noi, l’altra nel mondo esterno, nel quotidiano; ma se ci sforziamo riusciamo a mettere in contatto questi due mondi, piano piano riusciamo a capire che i dati che questi si scambiano riescono a creare pace e tranquillità, che si potrebbe chiamare terzo mondo. Il mondo dell’anima.

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Pirandello forse potrebbe spiegarci…

A nobilitare lo spettacolo della politica presente, a voler dare un riferimento alto, culturale, o addirittura un profilo letterario, diremo che siamo entrati nell’epoca pirandelliana della politica. A qualcuno scapperà subito da ridere per l’accostamento ardito tra cultura, letteratura, drammaturgia e la misera giostra politica del presente. Ma anche i periodi più bassi e confusi hanno una loro chiave di lettura, anche il caos e perfino la barbarie può avere letture colte. Il teatro di Pirandello è uscito dalle scene ed è entrato nella realtà politica corrente. A guardare la parabola di Di Maio e di Conte, le liste di Letta, col Pd oscillante fra Draghi, i grillini e Fratoianni, tra governi con la Lega e Berlusconi e poi crociate contro di loro; a vedere le prodigiose giravolte della Bonino e dei radicali, i miracolosi salti di Calenda, ora col suo odiato Renzi, la poligamia di Salvini, alleato coi grillini, coi dem, coi draghiani e con la Meloni, le giravolta delle madame berlusconiane Gelmini e Carfagna, l’ologramma di Berlusconi sulla scena tra maschera e cerone, il ballo delle candidature e le invettive degli esclusi, il ripescaggio grillino dei parenti degli esclusi, possiamo dire che siamo entrati nella fase pirandelliana della politica: il relativismo assoluto, la girandola delle identità, il gioco delle parti e delle combinazioni, la maschera e il volto intercambiabili (come la faccia e il deretano), il paradosso come criterio di scelta e di comprensione, il rovesciamento continuo dei ruoli e degli scopi. Tutti possono allearsi o guerreggiare con tutti e con nessuno, tutti recitano a soggetto, tutti mutano secondo convenienza e situazione, ciascuno a giorni alterni si accorda e si sottrae a ogni accordo, preferisce stare fuori, dentro, al lato, sopra o sotto le alleanze. Le variabili sono infinite e impazzite. E’ la babele allo stato puro, il caos prima della creazione.
Torna pure il detto di Longanesi, la democrazia si replica per assenza di dittatore… Perché il relativismo assoluto di solito evoca, e invoca, il suo contrario, un bel tiranno, o un dragone, che metta fine al chiacchiericcio e al caos, al ballo di san Vito delle alleanze, degli amici e dei nemici e ci riporti alla contabilità e ai suoi relativi incubi.
Solo Pirandello colse il prisma contemporaneo in tutte le sue sfaccettature, il gioco di luci e ombre, comparse e scomparse, recita e realtà, posizioni e fluttuazioni di quel grande palcoscenico che è la condizione umana moderna. Lui si rifugiò sotto le ali del fascismo, che non a caso il filosofo pirandelliano Adriano Tilgher, aveva definito l’assoluto relativismo trapiantato sul terreno della politica. Definizione gradita allo stesso Mussolini.
Ma da giorni il teatrino è esilarante, come il gas. E come il gas è letale. Saranno le esalazioni dall’immondizia e dello smog, sarà che non riusciamo a liberarci del negativo perché sono colme le discariche della politica, non c’è nessuna Malagrotta in cui scaricare i rifiuti accumulati. Ma c’è qualcosa di assurdo e malefico nell’aria che non riusciamo a decifrare. Solo Pirandello può spiegare.
A questo paesaggio pirandelliano corrisponde anche la veloce labilità dei consensi e dei dissensi, la giostra delle opinioni e delle intenzioni di voto. Cosa decide gli spostamenti d’opinione, i flussi e riflussi elettorali, i vasi e i travasi? Perché si passa da un momento all’altro da vincenti a perdenti, dal paradiso all’inferno e viceversa, senza una spiegazione ragionevole o una relazione di causa ed effetto? Pensate al trionfo di Renzi, oggi ridotto a un selfie permanente o l’apoteosi di Conte oggi considerato un penoso azzeccagarbugli. E la veloce parabola di tanti leader e leaderini. Non c’erano meriti speciali, legittimazioni conquistate sul campo, eccezionali curricula, risultati straordinari nelle tappe precedenti. C’era solo un friccichio, una Chiacchiera, un clima in tv che si fece passaparola. Consenso virale ma transitorio, senza un vero perché.
Poi, senza un vero perché comincia la caduta libera. Esagerato il successo, esagerata la caduta. Nessuno aveva meritato il ruolo di Miracolo Vivente; magari, nemmeno di diventare poi Vituperio della Genti. E’ solo questione di Fuffa, che Pirandello non contemplò nei destini dei suoi personaggi. Partiti e governi fondati da cabarettisti, carriere folgoranti fondate sull’abilità di giocolieri, maghi e maghette sulla scena che tirano conigli dal cilindro, numeri da circo. Classi dirigenti sorteggiate con criteri meno seri del gratta e vinci o dei pacchi; capriole acrobatiche, entrano escono, mutano…
Liderini che sono tra i massimi inesperti di ogni settore, e s’improvvisano statisti cambiandosi semplicemente d’abito… Chi affiderebbe al primo passante i suoi risparmi e la sua salute? Noi, popolo pirandelliano. Ha tanti proseliti il voto del “famolo strano”. Le trame, i personaggi e i testi di Pirandello sono una versione ancora prudente rispetto al pirandellismo autogestito dagli attori politici in corso. Un giorno bibitari, un altro statisti, un giorno rivoluzionari coi gilet gialli, un giorno euro-occidentali e draghiani, un giorno abolitori della povertà, un giorno democristiani, un altro pidini, grillini, destrorsi, sinistrorsi (Di Maio è un bozzetto di Pirandello che l’autore scartò perché troppo inverosimile).
L’Italia è mobile qual piuma al vento. E dire che da noi il voto era statico, c’era il voto ereditario e d’appartenenza; ora siamo al voto-farfalla. L’Italia cambia opinione ogni stagione. Vedremo come sarà la collezione autunno-inferno.

(Panorama, n.36)

Nord e Sud, un mare di differenze…

 

L’altro giorno, in un mare a nord di Roma, ho perduto le mie ciabatte. Il mare era agitato, con onde anomale, e una mareggiata ha sommerso lo scoglio dove le avevo parcheggiate e le ha trascinate in acqua, portandole velocemente al largo e a picco, fino a perderle di vista. Sono tornato dal mare scalzo ma nessuno dei presenti al mare o delle persone che ho incontrato lungo la strada mi ha chiesto perché camminassi a piedi nudi. Allora ho pensato: se fosse successo da noi, al sud, o perlomeno nel sud che io ricordo, le persone presenti o incontrate avrebbero reagito diversamente. Sarebbe nata una rappresentazione teatrale, una pantomima collettiva.

Il primo mi avrebbe chiesto perché vado scalzo, si sarebbe fatto raccontar tutto e poi mi avrebbe detto che la stessa cosa era successa a suo zio quando lui era piccolo, e sarebbe nata una discussione collettiva sulle scarpe perdute. Il secondo si sarebbe tuffato subito in acqua per ripescarle e riportarmele; il terzo si sarebbe tuffato subito dopo in acqua per ripescarle e portarsele lui. Il quarto si sarebbe messo a coglionarmi insieme ad altri, trovando argomento di conversazione e derisione; il quinto avrebbe approfittato della confusione, cercando di farmi sparire, con la scusa dei flutti, pure l’orologio e il portafogli; il sesto avrebbe piantato una lamentela sul mare che non è più quello di una volta, e come il governo ladro, si arruba tutto. Il settimo avrebbe cercato di vendermi le sue vecchie ciabatte a caro prezzo, approfittando dello stato di necessità; l’ottavo, invece, mi avrebbe offerto le sue scarpe, dicendo che ne porta sempre un paio di riserva nel borsone. Il nono per solidarietà avrebbe buttato in mare pure le sue ciabatte, tanto per creare un movimento di carmelitani scalzi, lanciando una moda, una setta, un partito a piede libero. Il decimo, mosso a pietà, avrebbe convocato il suo parentado per portarmi sulle spalle, a cavacece o in processione, fino a casa sua, dove mi avrebbe offerto un ristoro per consolarmi della perdita e farmi raccontare la disavventura anche ai nonni e alle zie. L’undicesimo, invece, sarebbe stato zitto, ma io che sono meridionale gli avrei chiesto il perché del suo silenzio: perché era settentrionale, in vacanza da noi.

Questa parabola estiva, poco evangelica e molto pedestre, racconta la differenza tra nord e sud, ma non stabilisce supremazie. Sono meglio i settentrionali che si fanno i fatti loro o noi che ci facciamo i fatti degli altri? Farsi i fatti loro può essere segno di civiltà e discrezione, non voler disturbare o intromettersi; ma può essere anche un fregarsene degli altri, diffidare del prossimo, badare solo ai propri interessi. Così, farsi i fatti degli altri, come succede da noi, può voler dire essere pettegoli, invadenti, furbi e molesti ma anche generosi, socievoli, consorti e più dotati di umanità. Da noi non esistono i diritti ma i favori, si tira sul prezzo e si vorrebbe vivere gratis. Niente ti spetta per legge o per averlo meritato, tutto è al buon cuore o alla buona creanza; tutto accade per fortuna, malocchio o provvidenza. E’ un pregio, è un male? Tutt’e due. Dipende dai punti di vista, in assoluto non si può dire e tantomeno stabilire differenze di razza e di civiltà. Diciamo solo che i nostri comportamenti sono più vari e più fantasiosi rispetto a quelli settentrionali. Da noi è più complicato vivere, ma forse è più divertente.  Però forse vi sto parlando di un sud che non c’è più, sparito nel mare come le mie ciabatte.

P.S. A chi fosse interessato sapere come è finita, perché è un curioso meridionale, tre giorni dopo il mare ha restituito le ciabatte. Integre. Si erano fatte un giro in mare per conto loro e sono tornate ai miei piedi, prostrate.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 24 agosto)

La vera ricchezza..

ricchezza
 Arriva un tempo in cui,
dopo una vita passata ad aggiungere,
inizi a togliere.
Togli i cibi che ti fanno male.
Togli i vestiti che ti vanno
troppo stretti o troppo larghi.
Togli le cianfrusaglie
dimenticate nei cassetti
insieme alla convinzione antica
di non andare mai bene.Togli il cuore dai posti
dove non c’è più amore,
togli il tempo passato
a inseguire le persone.
Togli lo sguardo da chi ti ha ferito,
togli potere al passato,
togli le colpe dai tuoi racconti
e lo sguardo da chi ti parla dietro.
Togli le erbacce intorno ai tuoi sogni,
i compromessi che ti sporcano le scelte,
i sì concessi per adattamento.
La vera ricchezza non è aggiungere,
ma togliere.

 

Codice Etico Lakota: le regole degli Indiani d’America per vivere felici

1. Alzati con il sole per pregare. Prega da solo. Prega spesso. Il Grande Spirito ascolterà, se solo parli.

2. Sii tollerante verso coloro che si sono persi sul loro cammino. Ignoranza, presunzione, rabbia, gelosia e avidità derivano da un’anima perduta. Prega affinché trovino una guida.

3. Cerca te stesso, da solo. Non permettere ad altri di fare il tuo percorso per te. È la tua strada, e solo la tua. Altri possono percorrerla con te, ma nessuno può percorrerla per te.

4. Tratta gli ospiti nella tua casa con molta considerazione. Servi loro il cibo migliore, dai loro il letto migliore e trattali con rispetto e onore.

5. Non prendere ciò che non è tuo da una persona, da una comunità, dal deserto o da una cultura. Non è stato guadagnato né dato. Non è tuo.

6. Rispetta tutte le cose che sono poste su questa terra, siano esse persone o piante.

7. Onora i pensieri, i desideri e le parole degli altri. Non interrompere mai un altro, non deriderlo o imitarlo bruscamente. Consenti a ogni persona il diritto all’espressione personale.

8. Non parlare mai degli altri in modo negativo. L’energia negativa che immetti nell’universo si moltiplicherà quando tornerà da te.

Leggi anche  Robert Fulghum: “Tutto quello che mi serve l’ho imparato all’asilo”

9. Tutte le persone commettono errori. E tutti gli errori possono essere perdonati.

10. I cattivi pensieri causano malattie della mente, del corpo e dello spirito. Pratica l’ottimismo.

11. La natura non è per noi, è una parte di noi. Fa parte della tua famiglia.

12. I bambini sono il seme del nostro futuro. Pianta l’amore nei loro cuori e innaffiali con saggezza e lezioni di vita. Quando sono cresciuti, dai loro spazio per crescere.

13. Evita di ferire il cuore degli altri. Il veleno del tuo dolore tornerà a te.

14. Sii sempre sincero. L’onestà è la prova della volontà all’interno di questo universo.

15. Mantieniti in equilibrio. Il tuo sé mentale, spirituale, emotivo e fisico: tutti devono essere forti, puri e sani. Allena il corpo per rafforzare la mente. Diventa ricco di spirito per curare i disturbi emotivi.

16. Prendi decisioni consapevoli su chi sarai e come reagirai. Sii responsabile delle tue azioni.

17. Rispetta la vita e lo spazio personale degli altri. Non toccare la proprietà di altri, in particolare oggetti sacri e religiosi. Questo è vietato.

18. Sii fedele prima a te stesso. Non puoi nutrire e aiutare gli altri se non puoi nutrire e aiutare prima te stesso.

19. Rispetta le altre credenze religiose. Non forzare la tua fede sugli altri.

20. Condividi la tua fortuna con gli altri.

Ricamo…

Ricamo

Amo di più le cose blu
i fiori blu sotto cieli blu
la luce blu dell’alba
che filtra attraverso la mia porta
il blu contemplativo di una riflessione
resa trascendente, chiara.

Il verde dura un secondo chiuso
nel tempo di sorvolare
un mare di verde, o una foresta
che svanisce in lontananza,e
intravista da altezze che srotolano
colline verdeggianti,o onde
costringono a rivelazioni.

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Il vero pericolo della destra al governo

Più del virus tornante, più della guerra, più del pianeta surriscaldato, c’è una disgrazia prossima ventura che le riassume tutte e le travalica; ci aspetta al largo, con una data precisa, 25 settembre dell’anno corrente, tra quaranta giorni giusti. Un tornado chiamato Giorgia, con annessi cicloni Matteo e Silvio, scoperchierà i tetti e sconvolgerà le case, le strade, i paesaggi, la vita della gente; colpirà i popoli, le donne, i migranti, i gay, i gatti, la cultura, la Rai, e chi più ne ha più ne metta.

Non c’è giorno che non venga pronosticata la sventura in tutte le sue conseguenze, sul piano economico e sociale, costituzionale e internazionale, e in ogni altro ambito pensabile. Non c’è parola dei suddetti leader che non venga usata a conferma della sciagura che ci aspetta. Ogni loro discorso è una minaccia, un pronunciamento, una prova tecnica di golpe. Usciremo dalla modernità e dalla democrazia, dall’Europa e dalla Nato, dai diritti e dalla costituzione, temo anche dal Coni e dalla Croce rossa. Una svolta che ci porterà in vagoni piombati nella Russia di Putin e nell’Ungheria di Orban, nella Germania di Hitler e nell’Italia di Mussolini di cui, immagino, col prossimo governo si festeggerà in pompa magna il centenario della Marcia su Roma il prossimo 28 ottobre. Sarà trucidato Mattarella, stuprata Liliana Segre, Draghi farà la fine di Galilei, salvo abiurare la sua agenda; una fatwa colpirà i numerosi scrittori, artisti e cineasti che si sono pronunciati contro il centro-destra. I poveri saranno spalmati sull’asfalto e schiacciati senza pietà dalla tassa piatta (flat tax). La carta costituzionale prenderà il posto dei rotoloni regina nei cessi pubblici per farne l’uso più consono. Romperemo con l’Europa e invaderemo la Svizzera, aderiremo fuori tempo massimo al Patto di Varsavia, e anche al Patto d’Acciaio.

Finita l’horror fiction dei pericoli denunciati dalla Cupola politico-mediatica-intellettuale e a breve giudiziaria, proviamo a trasferirci nella realtà, a partire dalla storia recente. Dunque, il centro-destra, con gli stessi ingredienti di oggi, vale a dire la destra con la fiamma venuta dal Msi, la Lega col guerriero, venuta dalla rustica Padania e Berlusconi con le squinzie, venuto dalla tv e dal bunga bunga, ha già governato tre volte in Italia, con maggioranza assoluta e perfino per intere legislature, come è stato nel quinquennio tra il 2001 e il 2006. Avrebbe ripetuto il pieno mandato dopo le elezioni del 2008, se nel 2011 non si fosse abbattuto il mondo su Berlusconi, che da vero tiranno si dimise senza colpo ferire e votò perfino a favore del governo tecnico che ne seguì e della conferma di Napolitano al Quirinale. È successo qualcosa con quei governi destrorsi, c’è stata qualcuna delle disgrazie che vengono puntualmente paventate a ogni vigilia d’elezioni? Siamo tornati al fascismo, alla barbarie, ai nazionalismi e così via? A me pare il contrario: se dovessi imputare una grave colpa a quei governi, direi che sono stati troppo simili a quelli dei loro avversari, troppo allineati, troppo timidi, hanno riformato davvero poco o nulla, hanno mutato poco gli assetti che dicevano di voler modificare. La Costituzione è rimasta intatta, il Sistema è rimasto invariato, il Paese è stato lasciato praticamente identico a prima. Non hanno lasciato danni e ferite, e nemmeno grandi eredità. Sono scivolati via, come acqua che scorre.

Credo che la stessa preoccupazione dovrebbe caratterizzare i pronostici presenti. Se davvero vincerà il centro-destra, se riusciranno a fare il governo, e se perfino la Meloni dovesse andare a Palazzo Chigi, credo che il “rischio” maggiore sarà semmai opposto a quello che viene paventato: è più probabile che non succeda niente, che cambi poco e niente, non ci sia nessuna svolta. Seguiranno, più probabilmente, l’agenda Draghi, con qualche minima variante, riprenderanno qualcuno dei suoi ministri o comunque oligarchi di comprovata fedeltà all’Establishment; magari si autocensureranno, se non saranno censurati a ogni livello, Quirinale in testa. Da una parte il pressing euro-occidentale, la mobilitazione di tutte le oligarchie, le campagne di terrore mediatico, il boicottaggio sistematico di ogni impresa e di ogni tentativo politico e dall’altro la pavidità, l’opportunismo del tirare a campare, l’insicurezza e l’impreparazione, dall’altra la volontà di durare anche a prezzo di rinunciare a ogni vera riforma, produrranno un governo che con più probabilità sarà più somigliante ai precedenti e ossequioso degli assetti vigenti, in ogni campo, fino ad apparire quasi intercambiabile.

Intendiamoci, non è giusto scrivere la trama del prossimo governo prima che venga prodotto e varato il film. E’ prematuro azzardare previsioni anche se poi ognuno nella propria testa si farà i suoi ragionamenti sulla base dei suoi presentimenti, delle esperienze precedenti, della conoscenza dei soggetti in campo, delle situazioni reali e dell’uso di mondo. Ma se dovessimo avventurarci nel calcolo dei rischi, il primo pericolo per il possibile governo meloniano futuro, perlomeno il più probabile, sarebbe la continuità mentre il meno probabile sarebbe il suo contrario, la discontinuità, la svolta radicale. Un ritorno del “nazi-fascismo” sarebbe più inverosimile di un ritorno del comunismo, del terrorismo rosso, dell’impero austroungarico o della teocrazia medievale.

È davvero penoso vedere persone che un tempo reputavamo serie, come lo stesso Letta, immiserirsi a ventilare questi scenari apocalittici in caso di vittoria dello schieramento avverso, ben sapendo che sono del tutto irreali e impraticabili con i ferrei limiti imposti dalle Vecchie Zie (Ue, Nato, tecnocrazia, burocrazia, alte sfere). Il male del nostro quadro politico non è che le forze antagoniste siano radicalmente opposte e refrattarie; semmai sono maledettamente simili o assimilabili appena vanno al governo. Ad essere ottimisti, cambierà poco, e per chi sa accontentarsi, sarà meglio che niente.

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Camminare dopo tanto tempo mi ha riportato i miei vent’anni…

 Non so come mai un’estate come questa, caldissima, afosa di giorno e di notte  mi abbia così spesso riportato indietro negli anni e in particolare ai miei vent’anni, quando l’estate  era gioia, spensieratezza, e un grande amore da vivere solo colla pazzia di quegli anni. Felice , innamorata non solo di un amore, che pensavo sarebbe stato impossibile, ma di tutto ciò  che facevamo insieme. Le notti a guardare non solo le stelle, i sipari di nebbia sul Tanaro, le ore passate a leggere Garcia Lorca abbracciati sotto la luna  a lume di candela, ora  me le rivivo tutte Sarà che  cammino nuovamente dopo oltre due anni di sofferenze indescrivibili, ritorno a guardare le stelle sdraiata sull’erba, tu non ci si più, ma per me sei presenza in ogni angolo di questa natura , che mi circonda, che sa tutto di noi, mi accompagna la mia cagnolona e quel vecchio libro di Lorca in spagnolo che abbiamo letto non so quante volte. Ieri notte ho riletto la Sposa infedele, ho riso e ho pianto, e oggi voglio appuntare qui queste emozioni, che sono ancora le stesse dei miei vent’anni ormai lontani…ma sappiamo tutti che tempo e spazio non sono immobili e soprattutto un ‘opinione.

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La sposa infedele
E io me la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.
Fu la notte di S. Giacomo
e quasi per obbligo
Si spensero i lampioni
E si accesero i grilli.
Dopo l’ultima curva
toccai i suoi seni addormentati
e mi si aprirono subito
come rami di giacinti.
L’amido della sua sottana
mi suonava nell’orecchio,
come una pezza di seta
lacerata da dieci coltelli.
Senza luce d’argento sulle cime
sono cresciuti gli alberi,
e un orizzonte di cani
abbaia lontano dal fiume.
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto la chioma dei suoi capelli
feci una buca nella sabbia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si levò il vestito.
Io il cinturone con la pistola.
Lei i suoi quattro corpetti.
Né tuberose né chiocciole
hanno la pelle tanto fine,
né cristalli sotto la luna
risplendono con questa luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di fuoco,
metà piene di freddo.
Quella notte percorsi
il migliore dei cammini,
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire, da uomo,
le cose che lei mi disse.
La luce della ragione
mi fa essere molto discreto.
Sporca di baci e sabbia,
la portai via dal fiume.
Con la brezza si battevano
le spade dei gigli.
Mi comportai da quello che sono.
Come un gitano autentico.
Le regalai un grande cestino
di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perchè avendo marito
mi disse che era ragazza
quando la portai al fiume
Federico Garcia Lorca

E ora ascoltate La sposa infedele, capolavoro di sensualità, colori, profumi, immagini, nella interpretazione vocale di Arnoldo Foà…non perdetevela!