Gli italiani mai così tanto incuriositi dalla seconda guerra mondiale come dopo l’uscita del film Oppenheimer…

Il film Oppenheimer, uscito da poco nelle sale italiane, non solo continua a fare record di spettatori e di incassi, ma pare che abbia creato in molti spettatori la voglia e la curiosità di saperne di più non solo sul fisico conosciuto come il padre della bomba atomica, ma soprattutto sulla seconda guerra mondiale, su Hiroshima e Nagasaki- Lo rivela Wikimedia Foundation,la società che gestisce Wikipedia, l’enciclopedia online creata ed aggiornata da chiunque abbia notizie nuove certe su ogni tipo di argomento ,collo scopo di condividere con qualunque essere umano nel mondo la somma di tutte le conoscenze.La Fondazione ha analizzato le visualizzazioni delle pagine sulla versione italiana dell’enciclopedia online nella settimana precedente e successiva all’uscita del film nelle sale italiane. L’analisi mostra che le visualizzazioni delle pagine dedicate agli eventi e ai personaggi raccontati dal regista Christopher Nolan sono aumentate vertiginosamente e ha rilevato che alcune di queste pagine sono tra le più viste del mese di agosto.
Tra le prime 100 pagine con più click compaiono, infatti, quelle sul film Oppenheimer (1° posto, 1,14 milioni di visualizzazioni), sul fisico Robert Oppenheimer (2°, 866.000 visualizzazioni), sul regista Christopher Nolan (14°), sulla star Cillian Murphy (18°), sul Progetto Manhattan (20°) e sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (40°).
Nel periodo tra il 15-22 agosto e il 23-30 agosto, la pagina sulla bomba atomica (al 95° posto della classifica delle 100 pagine più viste) è infatti passata da appena 8.900 visualizzazioni a quasi 60.000 (+567%).
Un andamento simile è stato riscontrato per le pagine dei personaggi storici legati al film, come Albert Einstein (al 67° posto della classifica dei top 100, ha registrato un aumento del 506% di visualizzazioni). In totale, da quando il film è uscito in Italia il 23 agosto fino al 12 settembre, le voci italiane delle pagine sopra riportate di Wikipedia sono state viste oltre 3,148 milioni di volte. Evidentemente film come questo hanno un rilevante impatto culturale, specialmente sulle persone non giovanissime, che non hanno avuto la possibilità di studiare la seconda guerra mondiale nonostante un percorso lungo di studi, fermandosi i programmi scolastici di storia alla prima guerra mondiale. Anche se è vero che circolano dovunque programmi e documentari su questa guerra, non è detto che tutti siano sufficientemente informati sui fatti, che al momento sono tornati di attualità e discorsi ricorrenti tra chi ha visto il film e magari ne vuole discutere. Anche  perchè dietro alla storia di Oppenheimer c’è anche quella dell’italiano Enrico Fermi, premio Nobel per l fisica nel 1938. Fermi dopo l’attività di ricerca alla guida del gruppo dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperna” a Roma, si trasferì negli Stati Uniti, dove progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata, e fu uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan. E fu proprio da questi studi che ripartì Oppenheimer col suo progetto per la costruzione della famigerata bomba, della cui invenzione pare essersi profondamente pentito dopo aver visto i risultati e le conseguenze, che nessuno immaginava sarebbero state quelle che furono e sarebbero se sfruttate da qualche pazzo. Ed oggi più che mai i pazzi, nel nostro mondo non mancano. Di film come questo, che invoglino allo studio e alla cultura se ne dovrebbero produrre molti di più.

Oppenheimer-1

Per chi, come me,si chiede perchè Santo Stefano sia festività a tutti gli effetti sia religiosi che civili.

Se è il giorno di Natale quello in cui, per eccellenza, si scartano i regali e ci si ritrova tra amici e parenti per festeggiare e mangiare insieme prelibatezze tipiche, la giornata successiva non è da meno: anche il 26 dicembre, Santo Stefano, è festivo e solitamente si torna a tavola tra conoscenti per continuare le celebrazioni natalizie. A volte si mangiano gli avanzi del giorno prima, a volte sono piatti più leggeri come i cappelletti in brodo, ma è comunque un’altra occasione per ritrovarsi insieme e proseguire i festeggiamenti oppure ‘collaudare’ i regali ricevuti il 25.

Perché il giorno di Santo Stefano è così importante
Ma perché anche Santo Stefano è considerato festivo? Chi era questo santo, e perché è ritenuto così importante?

Stefano – originario della Grecia e morto a Gerusalemme nel 36 d.C. – è stato il primo dei sette diaconi scelti dalla comunità cristiana perché aiutassero gli apostoli nel ministero della fede. Venerato come santo da tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi, Stefano fu il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo.E infatti Santo Stefano è proprio venerato come protodiacono e protomartire. Il primo epiteto è dovuto al fatto che fu il primo e probabilmente il più importante dei diaconi eletti in Gerusalemme. Il secondo significa che fu il primo martire, sebbene la sua triste sorte fosse stata cronologicamente preceduta da quello di Giovanni Battista, morto per decollazione.  Il suo martirio è descritto negli Atti degli Apostoli e avvenne per lapidazione, alla presenza di Paolo di Tarso che in seguito si convertì lungo la via di Damasco (un’altra espressione molto diffusa ma di cui forse non tutti conoscono le origini). Per il fatto di essere stato il primo dei martiri cristiani, la sua festa liturgica si celebra il 26 dicembre, cioè immediatamente dopo il Natale che celebra la nascita di Gesù. Il colore della veste indossata dal sacerdote durante la messa in questo giorno è il rosso, come in tutte le occasioni in cui si ricorda un martire.

stefano-giorgiovasari1

 Giorgio Vasari__Martirio di Santo Stefano

Codice Etico Lakota: le regole degli Indiani d’America per vivere felici

1. Alzati con il sole per pregare. Prega da solo. Prega spesso. Il Grande Spirito ascolterà, se solo parli.

2. Sii tollerante verso coloro che si sono persi sul loro cammino. Ignoranza, presunzione, rabbia, gelosia e avidità derivano da un’anima perduta. Prega affinché trovino una guida.

3. Cerca te stesso, da solo. Non permettere ad altri di fare il tuo percorso per te. È la tua strada, e solo la tua. Altri possono percorrerla con te, ma nessuno può percorrerla per te.

4. Tratta gli ospiti nella tua casa con molta considerazione. Servi loro il cibo migliore, dai loro il letto migliore e trattali con rispetto e onore.

5. Non prendere ciò che non è tuo da una persona, da una comunità, dal deserto o da una cultura. Non è stato guadagnato né dato. Non è tuo.

6. Rispetta tutte le cose che sono poste su questa terra, siano esse persone o piante.

7. Onora i pensieri, i desideri e le parole degli altri. Non interrompere mai un altro, non deriderlo o imitarlo bruscamente. Consenti a ogni persona il diritto all’espressione personale.

8. Non parlare mai degli altri in modo negativo. L’energia negativa che immetti nell’universo si moltiplicherà quando tornerà da te.

Leggi anche  Robert Fulghum: “Tutto quello che mi serve l’ho imparato all’asilo”

9. Tutte le persone commettono errori. E tutti gli errori possono essere perdonati.

10. I cattivi pensieri causano malattie della mente, del corpo e dello spirito. Pratica l’ottimismo.

11. La natura non è per noi, è una parte di noi. Fa parte della tua famiglia.

12. I bambini sono il seme del nostro futuro. Pianta l’amore nei loro cuori e innaffiali con saggezza e lezioni di vita. Quando sono cresciuti, dai loro spazio per crescere.

13. Evita di ferire il cuore degli altri. Il veleno del tuo dolore tornerà a te.

14. Sii sempre sincero. L’onestà è la prova della volontà all’interno di questo universo.

15. Mantieniti in equilibrio. Il tuo sé mentale, spirituale, emotivo e fisico: tutti devono essere forti, puri e sani. Allena il corpo per rafforzare la mente. Diventa ricco di spirito per curare i disturbi emotivi.

16. Prendi decisioni consapevoli su chi sarai e come reagirai. Sii responsabile delle tue azioni.

17. Rispetta la vita e lo spazio personale degli altri. Non toccare la proprietà di altri, in particolare oggetti sacri e religiosi. Questo è vietato.

18. Sii fedele prima a te stesso. Non puoi nutrire e aiutare gli altri se non puoi nutrire e aiutare prima te stesso.

19. Rispetta le altre credenze religiose. Non forzare la tua fede sugli altri.

20. Condividi la tua fortuna con gli altri.

Un giubileo che mi è parso quasi un funerale…

 

trooping-the-colour-giubileo-di-platino-2022-640x427-1-620x350

 Condivido questo articolo di  Marcello Veneziani sul Giubileo reale di Elisabetta II d’Inghilterra perchè faccio mia ogni sua parola, ogni suo pensiero , tranne  un punto ;sono molto più avanti negli anni dell’autore e io l’ho vista diventare regina, dopo essere stata una principessa  nell’esercito britannico, durante la seconda guerra mondiale. Era in viaggio col marito in Kenia, giovane sposa spensierata. Quella sera, in cui , inaspettatamente cambiò improvvisamente la sua vita,  Elisabetta era salita in quella suite reale costruita sul gigantesco albero per trascorrervi la notte col principe Filippo, suo marito da poco.  Salita principessa ne scese Regina, quando la mattina trovò ad attenderla Wiston Churchill ai piedi della scaletta, volato nella notte da Londra per portarle la triste notizia che suo padre, Re Giorgio VI, era morto improvvisamente. Da allora LEI è lì anche per me, uno dei pochi punti fermi della mia vita.

Eccola l’inossidabile, intramontabile Regina Elisabetta settant’anni dopo l’incoronazione. Più regina di sempre, all’altezza della sua regalità. Merita ammirazione, incarna la Tradizione, rappresenta l’affidabile sicurezza della Monarchia, il filo d’oro della continuità, nei secoli fedele alla Dinastia. Dal Commonwealth alla società globale, senza scomporsi la corona e nemmeno la permanente. Lei sa bene sin dal giorno dell’incoronazione che bisogna saperla portare la corona, bisogna sapersi sacrificare, rinunciare alle proprie individuali pretese, caricarsi di responsabilità, coltivare l’impersonalità, capire l’importanza del Rito, del Simbolo, della Tradizione.

La Regina Elisabetta è l’unico punto fermo della mia vita. Perse madri, mogli, fidanzate, è lei l’unica donna della mia vita che dura ancora da sempre ed è l’unica che era sul trono già prima che nascessi. E non sono un bambino. Quando nacqui lei era già saldamente Regina da qualche anno; quando cominciai a studiare inglese si componevano le prime frasi intorno a lei, alla sua corona e all’inno regale God save the Queen. Ora ho passato da un pezzo l’età grave, tutto il mondo è cambiato e crollato, mi sono visto passare sette papi, nove presidenti, una trentina di premier e una dozzina di presidenti americani, ho visto cadere l’Urss, la Dc e perfino Andreotti, sono passato dalla lettera 22 all’i-pad, insomma è cambiato tutto. Tutto, tranne l’inquilina di Buckingam Palace. La Regina Elisabetta sta sempre lì, imbalsamata, che sfida i millenni. Mai stata bella, mai stata brutta, sempre stata regina, neutrale e regale, al di là del brutto e del bello, del buono e del cattivo, più diritta del Big Ben. La vedi e la scambi per un francobollo, non per un essere vivente. Sarà monotona, ma è lei la Regina Assoluta del Posto Fisso e non intende mollare neanche ora che viaggia oltre i 96 anni. Raggiungerà quota 100 e non andrà in pensione. Non accenna a nessuna Brexit dal mondo dei vivi.

E dire che da bambino lei mi pareva il trapassato e i Beatles il futuro: ora i Beatles, deceduti o rintronati, sono archeologia e vintage, lei è ancora in carica, for ever. E così Churchill, la Thatcher defunta o il giovane Tony Blair, ormai vecchio reperto. Loro passato remoto, lei presente perenne. Trasparente come un vetro lucidato, regalmente scialba, solo regina. Con quelle perle al collo, installate fisse come la dentiera, gli orecchini di Sua Maestà per incorniciare il suo volto. Lo sguardo in posa da sterlina. Quei vestiti color pastello, immutabili; non segue alcuna moda, piuttosto indossa l’Eterno.

Non si è scomposta nemmeno quando ha perduto Filippo, marito di spalla, adorabile babbione, una vita da mediano, un passo dietro di lei per una lunga vita. E loro figlio Carlo, orecchiante della corona, rimasto principino anche oltre l’età della pensione. Con Lady D Elisabetta rischiò il tracollo della Corona. Faceva simpatia l’umanità di Lady D., la sua voglia di vivere, le sue trasgressioni, i suoi amori, il suo sguardo dolce e inquieto da cerbiatto, il suo populismo mediatico con le sue performance progressiste. Ma la dignità di una storia, di una dinastia, di una tradizione furono salvaguardate dalla severa coerenza di una regina che regna sovrana ancora oggi. Dio salvò la Regina, non la turbolenta principessa.

L’unica Regina che la batte, non solo per via del Figlio, è la Madonna. Salve o Regina, e complimenti al Dio British, è stato di parola a salvare la Regina, insieme alla sterlina. A dir la verità questo giubileo, con lei così avanti negli anni, sembra quasi un funerale dal vivo, col morto ancora presente a ringraziare di persone per le esequie travestite da complimenti. E non sai però se alla fine il morto in pectore è la Regina, o la Monarchia britannica.

 

Perchè c’è tanta indifferenza alla festa della Repubblica in Italia? Praticamente solo una festa per le istituzioni.

Chissà  perchè gli Italiani sentono tanto poco la festa della Repubblica? Questa domanda si è sentita molto stamattina presto, quando la Radio iniziava a parlare di questo giorno, annunciando le celebrazioni a Roma, che dopo due anni sono tornate con la parata delle forze armate sui Fori Imperiali e le feste istituzionali al Quirinale a Roma. Mentre il 4 luglio gli Americani festeggiano ogni anno in modo folkloristico la festa dell’indipendenza, mentre i Francesi si scatenano sui boulevards ogni 14 luglio cantando aa squarciagola la marsigliese, gli italiani trascorrono un giorno di festa qualunque, felici perchè questo è un giorno di vacanza in più, l’unico che la riforma delle feste nazionali e religiose di craxiana memoria abbia risparmiato. Non c’è in noi motivo di particolare allegria . “Perchè? “si chiedevano diversi giornalisti, glissando tutti , tuttavia ,sul tentativo di dare una risposta, ritenendo questo un giorno non adatto. Ebbene, il 2 giugno del 1946, io c’ero e già allora, anche se ero una bambina di 8 anni tenevo il mio diario. Risfoglio quelle pagine oggi e trovo scritto.-Da oggi non avremo più il nostro amato Re, anche se circa un milione di voti sono pochi nel numero degli elettori ,hanno fatto vincere la Repubblica, e io sono molto triste. – Questo il pensiero di una bambina, chissà quanti di tutti quegli italiani che non volevano la Repubblica , avranno avuto lo stesso pensiero, ne avranno parlato quei giorni, ma ne avranno parlato sempre a figli e nipoti e il 2 giugno sarà passato nella loro mente sempre come un giorno funesto. Chi, come me ricorda quei giorni del dopo Liberazione non ha nel cuore molti ricordi felici, solo la sconfitta dei nemici( dell’ultima ora) , la nostra sconfitta nonostante il voltafaccia italiano, la rinuncia al senso dello stato e l’inizio di quella sottomissione agli USA che ci hanno inculcato col nome di libertà, ma che l’Italia non ha mai conosciuto veramente. Questo l’inizio della nostra avventura nel disinteresse per questo giorno. Gli Italiani sono fondamentalmente monarchici e lo dimostrano i partiti di destra, che non hanno mai smesso di esistere, come molte enclaves che continuarono ad essere fedelissime del Re. Chi prese in mano l’Italia allora, i politici del tempo,che al confronto dei nostri attuali, erano statisti di grande levatura, avevano ben chiaro in testa come sfruttare il momento dell’Italia, chiusa tra il blocco Russo ai confini Iugoslavi e l’occidente. Mentre serpeggiava in Italia il fermento comunista, che insieme ai partigiani si arrogavano la salvezza dell’Italia dal Fascismo e nazismo, insieme ai soldi a palate che a questi arrivavano dalla Russia, si muovevano gli Usa invadendo prima l’Italia con le AM-Lire, poi con quella valanga di denaro che si chiamava Piano Marshall alla luce del sole italiano, che prese ad infuocarsi come mai, alimentato dalla DC, dal Clero, che, pur di contrastare una possibilissima vittoria comunista,con annessione alla Russia, si impegnarono per chè  la conquista del potere per gli anni a venire, colle buone e con le meno “buone” manovre, fosse quella da loro desiderata. E questo fin dalle prime elezioni democratiche del 1948.Mai più come allora i muri dei palazzi e delle case italiane furono ricoperte fino ai piani alti con manifesti di Stalin, i suoi baffoni ben evidenziati, falce e martello su fondo rosso a contrastare lo scudo rossocrociato della DC su sfondo azzurro.Iniziava la nostra repubblica e già erano gli Americani a proteggerci dalla Russia. Ecco perchè gli  Italiani non sentono la Festa della Repubblica, non siamo mai stati liberi veramente e questo fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989, per precipitare subito dopo sotto il giogo dell’Europa e dell’Euro, mentre gli Usa incominciarono a riscuotere quanto elargito durante la ricostruzione Europea in ogni occasi one che si presentasse a loro favore.
.Il resto è storia recente col declino completo dell’Italia caduta sempre più in mano di politici incompetenti, di una propaganda sfrenata sul passato da parte dei media, il declino della cultura, la scuola che crea somari, la politica di prepotenti che stanno al governo solo per interessi personali, senza mandato del popolo che vota ormai solo per facciata, in nome di non so quale libertà conquistata, e oggi i cittadini non vanno nelle piazze cantando Va pensiero- Noi non sentiamo questa festa della Repubblica perchè non siamo mai stati veramente liberi in una vera Repubblica democratica.

Festa-della-republica

 

Giornata mondiale della terra 2022…

La storia della Giornata della Terra

La manifestazione nasce nel 1970 per sensibilizzare il mondo all’importanza della conservazione delle risorse naturali della terra e la salvaguardia dell’ambiente. Fu istituita negli Stati Uniti grazie al senatore Gaylord Nelson, un anno dopo l’intervento di John McConnell alla Conferenza dell’UNESCO a San Francisco. McConnell, un attivista per la pace che si era interessato anche all’ecologia propose una giornata per celebrare la vita e la bellezza della terra e per promuovere la pace. Ad oggi le nazioni coinvolte per la celebrazione di questa giornata sono più di centocinquanta.

Una celebrazione sentita in tutto il mondo
Nel corso degli anni la partecipazione internazionale all’Earth Day è cresciuta superando oltre il miliardo di persone in”tutto il mondo: è l’affermazione della “Green Generation”, che guarda ad un futuro libero dall’energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali.

È inutile per l’uomo conquistare la Luna, se poi finisce per perdere la Terra.
(François Mauriac)

Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.
(Attribuita ad Albert Einstein)

Mi chiedo se c’è un modo per descrivere adeguatamente la follia che ci fa sprecare i grandi doni sia della Terra che del Cielo.
(James Lee Burke)

Solo quando l’ultimo albero sarà abbattuto e l’ultimo fiume avvelenato e l’ultimo pesce pescato ci renderemo conto che non possiamo mangiare il denaro.
(Proverbio indiano)

Il mondo: una foglia appesa all’albero dell’universo.
(Fabrizio Caramagna)

L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile.
Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando.
(Hubert Reeves)

Credo che la terra appartenga a una vasta famiglia di persone. Molte sono morte, alcune sono in vita, e innumerevoli non sono ancora nate.
(Anonimo)

Non dimenticate che la terra si diletta a sentire i vostri piedi nudi e i venti desiderano intensamente giocare con i vostri capelli.
(Kahlil Gibran)

Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare.
(Andy Warhol)

Siamo tutti farfalle. La Terra è la nostra crisalide.
(LeeAnn Taylor)

Gli alberi rimangono intatti se tu te ne vai. Ma tu no, qualora se ne vadano loro.
(Markku Envall)

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.
(Proverbio del popolo navajo)

La Terra fornisce abbastanza risorse per soddisfare i bisogni di ogni uomo, ma non l’avidità di ogni uomo.
(Gandhi)

La terra ha oltre un milione di anni di età. Rispetta gli anziani.
(Deanna Anderson)

La volpe a custodia del pollaio, l’uomo del paradiso, l’industria dell’ambiente.
(Markku Envall)

Le primavere e i paesaggi hanno un grave difetto: sono gratuiti. L’amore per la natura non fornisce lavoro a nessuna fabbrica.
(Aldous Huxley)

Vivere è bene. Saper vivere è meglio. Sopravvivere sarà senza dubbio il problema degli uomini di “domani”.
(Roger Molinier)

Il silenzio muore, il rumore prende dappertutto il potere. E’ la sola calamità ecologica sulla terra di cui nessuno parla.
(Alain Finkielkraut)

La Terra non rimpiangerà l’uomo, né l’Uomo la terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini.
(Guido Ceronetti)

Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra.
(Emil Cioran)

piu_belle_frasi_celebrano_pianeta_Terra-1201-580

San Nicola e Putin…

san Nicola

Acchiappate San Nicola, è un collaborazionista filo-russo, un infiltrato di Putin, fatelo sparire dalla piazza antistante alla Basilica a lui dedicata. È il messaggio che circola a Bari, la città dove è Santo Protettore. Il povero San Nicola non ha pace da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Prima gli hanno rubato gli ori che poi sono stati miracolosamente ritrovati nella campagna barese. Ma adesso non ha fatto in tempo a riavere la refurtiva che è partita la crociata contro la statua del Santo a Bari perché fu donata da Putin, in segno di antica amicizia tra Bari e Mosca, noi e la Russia, di cui San Nicola è pure patrono.

Su la Repubblica barese, nei giorni scorsi, è apparso un articolo che prende lo spunto da due non meglio identificate donne ucraine recatesi da San Nicola per pregare che avevano reagito male nel vedere la statua del Santo firmata da Putin. E sull’onda di questo episodio propone la rimozione della statua ac0ve causa del suo donatore.

La statua, secondo il quotidiano e a parere di uno storico dell’arte, Michele Bacci, sarebbe “un tentativo di egemonismo culturale” da parte russa. Come dire che i russi mandano avanti San Nicola per conquistare da Bari l’intera Italia e l’Europa. Quindi, suggeriscono gli illuminati baresi, bisognerebbe rimuoverla. Non abbatterla, per non farsi dire che è un caso di cancel culture; ma più ipocritamente nasconderla, collocarla in un posto non di passaggio, non in vista, in qualche convento, magari di clausura. Dunque non cancel culture ma cover culture, che è più consona agli ipocriti. “Accantonare quella statua – scrive la Repubblica – avrebbe il significato di una inequivoca condanna dell’aggressione e una solidarietà con le vittime della popolazione civile. Una reazione di carattere non violento…” Fermiamoci qui, e riflettiamo su questo caso esemplare di correttezza politica.

Dunque, una statua dedicata a San Nicola andrebbe eliminata solo perché il donatore è stato Putin: come fanno gli stolti che quando qualcuno indica loro la luna, guardano il dito che la indica e non la luna. Cogliere il nesso tra un Santo, la sua millenaria tradizione, il suo significato per i popoli e per i fedeli, l’elevazione di una statua in sua devozione, e chi ne è stato il donatore, è già di per sé una meschinità. Si confonde il sacro col profano, si usa un santo vissuto millenni fa per colpire un autocrate presente. Il proverbio di saggezza antica ed elementare – scherza coi fanti ma lascia stare i santi – viene calpestato e per colpire i fanti vengono deportati i santi. Per essere coerenti dovremo rimuovere tutte le statue dedicata a Dante, a Mazzini, ai grandi del passato elevate durante il regime fascista, solo perché le ha volute Mussolini?

La rimozione e la censura ricadrebbero non certo sul “committente” Putin ma sui fedeli nostrani, sulla città devota e sul santo. Non si coglie il nesso né l’effetto tra la rimozione punitiva della statua e la guerra in corso. Sono riti superstiziosi, idolatri e iconoclasti che ricordano le pratiche più oscure del passato remoto quando si bruciavano le immagini per colpire i corpi viventi dei loro effigiati o si infilavano aghi nei simulacri per compiere fatture di morte contro persone odiate.

Ma tutto questo viene fatto non cancellando la statua ma rimuovendola; infatti si rivendica a questo gesto ipocrita “il carattere non violento”. Arresti domiciliari per San Nicola made in Russia con l’accusa di “intelligenza col nemico”, concorso esterno alla mafia russa.

Ma torniamo a lui, al povero San Nicola, che è stato nei secoli il ponte greco tra la Russia e l’Occidente, tra Santa Claus e Babbo Natale, tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tra Mosca e Bari via Bisanzio. Un santo conteso tra Bari e Venezia, un santo rubato nelle sue reliquie, un santo venuto dal mare di cui ancora di celebra l’arrivo a Bari. San Nicola ha un’identità e una riconoscibilità così forte, così radicata nei secoli a Bari e in alcuni centri del sud che davvero è impensabile che qualcuno possa associarlo a Putin o addirittura all’attacco all’Ucraina (in cui peraltro il suo culto è esteso).

Ma questa proposta conferma, come da manuale, qual è la malattia isterica del politically correct: giudicare il passato con gli occhi del presente, anzi ridurre la storia, la religione, la tradizione al metro odierno e agli avvenimenti correnti. Ricorda quell’onda di insofferenza e disprezzo che si è abbattuta sulle processioni e sulle feste patronali perché in (rari) paesi del sud si facevano inchini al boss mafioso del posto: ovvero cancelliamo millenarie tradizioni solo perché da qualche parte viene reso omaggio al mammasantissima locale. Ancora una volta si guarda al dito, non alla luna. Si condanna l’eccezione per sradicare la regola, si colpisce la degenerazione per colpire il culto e le popolazioni devote. L’isteria antiputiniana ha assunto aspetti grotteschi e si estende a tutto ciò che è russo: ogni grande yatch che batte bandiera russa e non è direttamente riconducibile a un magnate viene attribuito a Putin, che disporrebbe solo da noi di una flotta vacanziera che potrebbe fare concorrenza a Msc crociere. E che dobbiamo in fretta smantellare e confiscare perché non venga riconvertita in flotta armata puntata contro le nostre coste.

Come vedete, in questi casi come per San Nicola, l’intolleranza va a braccetto con l’idiozia, la rimozione del passato si unisce al grottesco. Dopo secoli di miracoli, doni ai bambini e protezione, vedersi accusati e puniti per collaborazionismo; se fossimo nei sacri panni di San Nicola avremmo voglia di prenderci le reliquie e tornarcene al luogo d’origine. Ma, a differenza nostra, lui è un Santo, ha santa pazienza, vede le cose dall’alto e sa che gli idioti passano, come le guerre e i loro capi, ma i santi restano.

MV

La nave dei filosofi nel buio della notte russa…

Avete mai sentito parlare della Nave dei filosofi? Se associ il filosofo alla navigazione ti sovviene l’immagine famosa di Platone che naviga tra Atene e Siracusa per dare inutili consigli al Tiranno, che gli costeranno cari. O quella di Seneca verso l’esilio in Corsica perché accusato di adulterio  O più recenti immagini di Martin Heidegger che in età matura torna all’origine del pensiero e va per la prima volta in Grecia, in crociera; o Ernst Junger che va a riscoprire la natura in Sardegna e poi scrive dei suoi soggiorni. Ce ne furono altre di navigazioni dei filosofi, ma si trattava solitamente di viaggi solitari, a volte con moglie al seguito, di solito volontari o per prevenire repressioni di regime. Ma cent’anni fa, il 1922, avvenne la prima deportazione in massa degli intellettuali, pensatori, scienziati sociali e scrittori. Avvenne in Unione Sovietica quando c’era ancora Lenin, a dimostrazione che il Terrore, il gulag, la deportazione e la persecuzione dei dissidenti comincia col fondatore del comunismo e non con Stalin. Per la prima volta nella storia decine di intellettuali e loro congiunti ritenuti dissidenti rispetto al regime sovietico vengono imbarcati e deportati. Lasciano le loro città, le loro terre, vengono privati dei loro libri e spediti nell’altrove. A dare il via è lo stesso Lenin che scrive un articolo Sull’importanza del materialismo militante e punta il dito contro “i servi ideologici della borghesia”. “L’espulsione degli elementi controrivoluzionari e dell’intellighentsia  borghese è il primo avvertimento del potere sovietico a questi elementi sociali”, scriveva la Pravda agli esordi della repressione. È il primo evento contro l’élite intellettuale nel Novecento, il precedente storico è il Terrore giacobino dopo la Rivoluzione francese che aveva mandato al patibolo poeti come André Chenier e scienziati, filosofi e chimici come Antoine-Laurent de Lavoisier. Ci furono gli emigrati dissidenti che si rifugiarono a Coblenza, poi bombardata dai rivoluzionari francesi, prima di passare alla Prussia; ma non si trattò di deportazione di gruppo, come accadde invece nella Russia comunista di Lenin. La storia dell’obbligo ritiene che gli intellettuali siano perseguitati dai regimi reazionari, conservatori e autoritari, per non dire dei regimi fascisti; ma la deportazione, persecuzione ed uccisione di intellettuali non allineati attiene in realtà all’assolutismo rivoluzionario, che degli assolutismi fu il più efferato, anche rispetto alle monarchie assolute del passato; e poi al totalitarismo comunista in cui la persecuzione raggiunse l’apice. Se nel nazismo il dissenso intellettuale assunse più le forme di emigrazione, inclusa quella interna e interiore, come del resto era già avvenuto nella Russia sovietica (la stessa definizione di migrazione interiore è di Lev Trotskij e si riferisce al 1924), solo nei regimi comunisti la persecuzione del dissenso fu capillare, radicale, a volte arrivando allo sterminio. Il regime intellettuale per antonomasia, ispirato da filosofi come Marx ed Engels e fondato da intellettuali come Lenin e Trotskij, fu il più spietato con gli intellettuali, considerando i “peccati teorici o ideologici” più gravi di quelli pratici. L’ideocrazia del comunismo fu, da questo punto di vista, l’epilogo materialista e secolare dell’Inquisizione e della persecuzione religiosa per eresia. Ma cos’era e chi trasportava la Nave dei filosofi? Si trattava del mercantile tedesco Oberburgmeister Haken e di un’altra nave tedesca, la Prussen; la prima in particolare fu ribattezzata da Glavaskij “nave dei filosofi”, allontanati per sempre dai luoghi in cui vivevano e lavoravano. Organizzò il loro viaggio il capo della polizia sovietica, Dzerzinskij autore dei dossier contro di loro – erano russi e ucraini – li fece arrestare dalla GPU e offrì la scelta obbligata tra l’esecuzione e la deportazione, previo espulsione, pagandosi il viaggio, senza la possibilità di portarsi con sé nulla, inclusi i loro libri di studio. Le due navi partirono da san Pietroburgo e approdarono a Stettino. Tra di loro c’era tutta l’intelligentsija russa composta da professori, storici, artisti, scrittori e filosofi, contrari al bolscevismo e legati alla tradizione spirituale e religiosa russa. Tra di loro spiccavano tre figure, note ormai alla cultura occidentale. Uno è Sergeij N. Bulgakov che nella sua opera La luce senza tramonto, sosteneva che la rivelazione divina si palesa attraverso il miracolo e la libertà, senza transitare da un sapere. Un altro è Nicolaj A. Berdjaev, che cercava un ponte tra filosofia e religione attraverso la libertà e critica l’elevazione dello Stato a divinità in terra. Interlocutore di entrambi fu Padre Pavel Florenskij che invece sosteneva l’esigenza di un sapere spirituale fondato metafisicamente e figurava uno Stato teocratico in un libero assoggettamento dell’individuo allo Stato; era un po’ quel che sosteneva in un altro contesto non teocratico, il nostro filosofo Giovanni Gentile quando figurava il coincidere del volere individuale col volere universale dello Stato, fino a identificare libertà e autorità. Fu espulso e imbarcato anche il sociologo cristiano Pitirim A. Sorokin, che scrisse poi memorabili saggi di filosofia della società; ma il suo viaggio verso l’Occidente dove morì nel 1968, proseguì in treno. In quella deportazione fu risparmiato Florenskij, perché oltre che filosofo e teologo era anche scienziato e chimico e dunque serviva al regime e in fondo non aveva invocato apertamente la libertà dallo Stato ma un diverso indirizzo d’ispirazione alla guida dello Stato. Alla fine però a lui andò peggio: fini prima alcuni anni nel gulag pur continuando a lavorare per la scienza e la sperimentazione del regime sovietico, e infine fu fucilato nel giorno dell’Immacolata del 1937. I deportati della Nave dei filosofi non fecero più ritorno, si dispersero nell’altrove e nel buio del comunismo.

MV

nave filosofi1

Il discorso all’umanità del Grande Dittatore( alias Charlie Chaplin nell’omonimo e celeberrimo film)-

«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette.

Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone.

Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate! Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore.

Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo». Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera.

Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo.

Combattiamo per mantenere quelle promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»

 fonte FOCUS
charlie-chaplin-il-grande-dittatore_1020x680