“L’umorismo non è che pudore davanti all’emozione” Robert Doisneau
Voglia di leggerezza? Niente di meglio che sfogliare insieme qualche immagine di un poeta della fotografia come Robert Doisneau (1912-1994) (di lui e delle sue foto più famose ho parlato qui e qui).Più di quattrocentomila scatti conservati nel suo archivio e una carriera lunga sessantacinque anni, da quando comincia a lavorare come fotografo per le officine Renault, all’ingresso nell’agenzia Rapho, fino alle ultime foto a colori. Sessantacinque anni passati, per lo più, nella sua città, Parigi “a catturare gesti ordinari di gente ordinaria in situazioni ordinarie” e, proprio attraverso quella gente comune, a ricreare nelle sue immagini, “un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere”. Per cogliere la poesia e l’emozione del quotidiano il suo segreto è quello di guardare al mondo come a un palcoscenico e di aspettare il momento giusto per scattare, oppure- se la buona occasione tarda troppo- di creare lui stesso delle messe in scena, dei “teatrini”, in cui rappresentare i piccoli fatti della vita. Sempre con lo sguardo gentile di chi sa osservare quello che lo circonda con rispetto, con un pizzico di umorismo, ma anche con quella dolcezza che traspare in tutte le foto della sua lunga carriera
Ecco qui come sa captare la tenerezza del bambino che ripete lo stesso gesto dei due uomini che, seri e assorti, passeggiano davanti a lui:

O qui, invece, come sa fissare, col suo obbiettivo, lo stupore di vedere una dignitosa signora, che siede su una una panchina, leggendo tranquillamente il suo giornale, con una allina al guinzaglio.

oppure, in questa “Information scolaire” del 1956, come riesce a restituire la spontaneità, con cui un ragazzino cerca ispirazione, guardando il soffitto, mentre il suo compagno di banco ne approfitta per copiare

In questa immagine del 1956 i protagonisti sono due sposini tutti eleganti- lei in bianco e lui in doppio petto e con il suo bel fiore all’occhiello- che si concedono un brindisi improvvisato al banco un bistrot, mentre, accanto a loro, un operaio, con i vestiti sporchi di grasso, paga, indifferente, il suo calice di vino.
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Immagini che sembrano prese nell’immediatezza del momento, anche quando, come nella serie “La glace” del 1948, sappiamo che si è nascosto apposta nella bottega di un antiquario per spiare le espressioni di interesse o di finta indifferenza, con cui, per esempio, moglie e marito guardano il quadro di una donna nuda

E che dire poi, di questa “Bolides” del 1952, tutta incentrata sullo sguardo perplesso, con cui il bambino, dall’alto della sua macchinina sportiva, contempla la carcassa di un’automobile abbandonata vicino al marciapiede

Dalla fine degli anni’50, lo stile di Doisneau è così ben definito che viene coniata per lui l’etichetta di “fotografo umanista”, vale a dire, di fotografo attento agli uomini e alla vita di tutti i giorni. Un generoso ottimista, capace di rappresentare, negli anni del secondo dopoguerra, le gioe semplici di una passeggiata, di un bicchiere di birra a un caffè o di un bacio scambiato per strada da una coppia di innamorati:
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La sua è la Parigi del quartiere di periferia in cui è nato, quella degli operai e delle famiglie della piccola borghesia. Lontana le mille miglia dalle cartoline stereotipate della Tour Eiffel come dal degrado di oggi, è una cittá dove i ragazzini possono ancora pattinare per strada come in questa “Enfants aux patins” del 1953.
o, in tutta innocenza, come in questa “Pipi pigeon” del 1952 fare pipi contro lo stesso muro, mentre un piccione avventuroso si posa sulla testa del più piccolo di loro:

È la stessa Parigi, in cui, la luce del sole di una tranquilla giornata primaverile, fa emergere, come in questa “Diagonales” del 1953, il gioco di linee formato dalle connessioni delle pietre dei gradini del Lungosenna

o, in cui ci si può fermare a guardare- e siamo nel 1978- l’allegra confusione della doppia fila dei bambini che attraversano Rue de Rivoli, aggrappati l’uno all’altro

Piccole storie, raccontate con un misto di naturalezza e di artificio, a cui il bianco e nero aggiunge la sensazione di nostalgia che si prova di fronte a un album di famiglia, in cui si riconoscano espressioni, gesti e movimenti.
A queste immagini Doinseau alterna i ritratti di celebrità, da Picasso, a Prévert a Dior e i reportage per Life o le riviste patinate come Vogue.
Ma, quando può, libero da vincoli o da commissioni, torna a fotografare la sua città, cogliendone gli aspetti più inediti, come in questa “Elicopteres”del 1982

“In tutta la mia vita mi sono sempre divertito“:- afferma Doisneau.
E c’è da credergli, perché la sua, in fondo, non è solo una maniera di fotografare, ma una lezione di vita. Quella di non guardare il mondo con indifferenza, ma con immutata meraviglia, non cessando mai di scoprire e di ascoltare “la piccola musica” che è dentro e fuori di noi. La forza delle sue foto sta tutta nell’opporre alla malinconia, ma anche alla pesantezza del vivere, un umorismo bonario e affettuoso e la condivisione silenziosa di un sorriso.