Maternità e malinconia nella mostra di Albrecht Dürer a Rovereto.

Al Mart, dipinti e incisioni di Dürer dialogano con opere di grandi maestri del Novecento italiano, da Morandi a Boccioni  .Mater et Melancholia, mette in risalto alcuni capolavori assoluti di Albrecht Dürer (Norimberga, 1471 – 1528): la Madonna col Bambino, realizzata alla fine del XV secolo durante uno dei viaggi di formazione in Italia, e una serie di incisioni tra le quali spiccano Melencolia I

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https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2023/12/durer-marter-melancholia-mart-rovereto-mostra-vittorio-sgarbi-0a80ec8f-2ea0-42fd-9b15-1ba112fd2eaa.html

Nella Madonna col Bambino, Gesù tiene nella destra un rametto di fragole, come alludere forse al suo martirio, mentre il suo sguardo è rivolto verso la madre, mentre tiene stretta la mano sinistra per non cadere. Intanto sembra preannunciare che la stessa mano sarà perforata dal chiodo della passione. Il Longhi sosteneva che Dürer avesse impaginato il gruppo divino con un taglio belliniano e antonellesco . Se si osserva poi che la cuffia della Vergine, che copre quasi tutta la fronte, si nota il richiamo a stilemi dell’iconografia nordica, che Dürer aveva ripetutamente usato nelle incisioni precedenti il secondo viaggio italiano.

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Melencolia I del 1514 è la più celebre incisione di Dürer. Vi si legge l’immagine alata della stessa, in uno stato di completa inazione, seduta sopra un gradino di pietra. La scena trasmette una sensazione di gelo e solitudine in un luogo scarsamente illuminato dalla luce della luna, come si può ipotizzare dall’ombra della clessidra sul muro. Vicino a lei ci sono un putto immusonito che sta scrivendo qualcosa su di una tegola e un bracco malnutrito. La donna è inattiva non per pigrizia, ma poichè , ai suoi occhi il lavoro ha perso significato ,bloccando l’energia con pensiero negativo . Non siamo di fronte ad una donna demotivata ,ma ad un individuo superiore, le sue ali lo dimostrano ,alla sua intelligenza, alla sua immaginazione, circondata dagli arnesi simboli dello sforzo creativo e della ricerca scientifica. La sua espressione rimanda ad un essere pensante in uno stato di incertezza, concentrata non su un oggetto che non esiste, ma su un problema che non può essere risolto.

 

Palazzo Reale di Milano ospita “Goya(1746-1828) .”La ribellione della ragione”

 

A Palazzo Reale di Milano una grande mostra racconta, attraverso dipinti, incisioni e matrici in rame, il mondo di Francisco Goya, la sua esperienza della Storia, la sua attitudine di artista, il suo pensiero e i suoi ideali, proponendo al visitatore le opere che meglio descrivono l’evoluzione artistica, attraverso una settantina di opere, “Goya. La ribellione della ragione” propone al visitatore dipinti del Maestro , che, nei luoghi esposti di solito non attirano molto, dovendo confrontarsi sempre con le opere celeberrime. Sono importanti incisioni che resero il pittore spagnolo maestro assoluto di quest’arte. Per la prima volta si potranno ammirare le lastre di rame post restauro, nei loro originari dettagli ritornati alla luce e a confronto diretto con le stampe.

I flagellanti

 I flagellanti.

Pittore della monarchia spagnola, artista colto e accademico, Francisco Josè de Goya y Lucientes (1746-1828) è stato uno dei grandi protagonisti dell’arte spagnola del XVIII e XIX secolo.
Dopo un percorso con opere legate ai temi tradizionali, cari alla committenza, la sua pittura si modificò per una lucida interpretazione etica e morale della società spagnola del tempo . Infatti lo portò alla critica del potere politico e religioso attraverso la satira sociale, alla rappresentazione di ogni crudeltà oltre la guerra e al sentimento di pietas verso gli emarginati, i poveri, i malati mentali. Come gli eventi storici modificavano la società, così la sua pittura diventava , attraverso le immagini, un nuovo linguaggio che travalicava le regole di ogni modello o imitazione per raccontare la realtà.
La pittura di Goya trasmigra dalla luce al buio, dalla pittura luminosa dei primi tempi alla “pinturas nigras”, una pittura della vecchiaia dai toni cupi, neri: quelli del suo corpo afflitto e del suo animo disilluso dalla Rivoluzione francese, da una società becera, che ritrae così satiricamente nei suoi Caprichos, dai disastri e dalle brutture che la guerra d’indipendenza spagnola segna sui corpi e nelle menti dei più deboli e degli emarginati sociali, come dipinti nei suoi quadri del ciclo “I disastri della guerra” o “Il Manicomio” o “Scena di inquisizione”.

La mostra enfatizza proprio il Goya diverso sia nel colore e le forme, una pittura che acquista un nuovo senso espressivo oltre il figurativo. Il colore diventa un elemento autonomo, non serve alla verosimiglianza del soggetto quanto piuttosto a dare la ‘sensazione del soggetto. Il suo nero non è necessariamente buio o male, non è negazione del colore, ma colore che esprime drammaticità. Praticamente inventa l’atmosfera del dipinto, un nuovo modo espressivo, imitato in seguito.

Questo passaggio diventerà fondamentale per la pittura dei posteri, e anche per questo Goya viene spesso considerato un artista-soglia tra due mondi. Le incisioni, soprattutto, hanno permesso a Goya di agire con quella libertà che non gli era concessa dai committenti delle opere di pittura -È alle incisioni Goya affida il suo pensiero intimo e libero, e a cui nel percorso di mostra viene data un’importanza speciale. Sebbene non manchino temi di costume, tuttavia, la maggior parte delle sue incisioni costituisce una critica, una ‘ribellione della ragione’ di fronte alla mancanza della ragione in ogni tipo di barbarie, un richiamo angosciato al ritorno dell’ordine della ragione

. L’allestimento a cura di Fabio Novembre, così come la videoinstallazione dedicata all’opera grafica di Goya, a cura di NEO (Narrative Environment Operas), sottolineano l’effetto luce/buio che è tratto distintivo dell’evoluzione artistica del pittore spagnolo.

capriccio Goya

https://stream24.ilsole24ore.com/gallery/cultura/francisco-goya-mostra-palazzo-reale-milano/AFtExWSB

La liberazione dall’inganno…

 

Ricavato da un pezzo unico di marmo, questa scultura rappresenta un pescatore liberato da un angelo da un intrico di reti, allegoria dell’uomo liberato dai suoi peccati. Questo lavoro era così intricato che, nel 18mo secolo il filosofo Giangiuseppe  Origlia lo descriveva come” l’ultimo e più impegnativo test al quale potesse aspirare uno scultore di marmo”.
Queirolo lavorò a questa grande opera da solo, senza nemmeno un assistente o un laboratorio. Addirittura altri scultori si rifiutarono di toccare il lavoro così delicato , per paura che si rompesse nelle loro mani.

Questo capolavoro si trova alla Cappella di Sansevero a Napoli, insieme ad altri miracoli in marmo. nfatti si trovano anche “Il Cristo Velato”(1753) di Giuseppe  Sanmartino e “La verità celata”(1750) di Antonio  Corradini-

Francesco Queirolo (1752-1759)

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La censura che avanza… strisciando piano piano..

 

Non varcate questa porta se…”. Giordano Bruno  Guerri lo ha fatto scrivere all’ingresso della mostra “I Censurati. Nudo e censura nell’arte italiana d’oggi”, da me ideata, da Adele Barbetta sponsorizzata, dal Vittoriale ospitata, da Liberi libri catalogata. Non varcate la porta di Villa Mirabella (sede della mostra, a pochi metri dalla Prioria dannunziana) se temete i nudi dei migliori artisti italiani viventi, i quadri censurati dai social che per un capezzolo olio su tela succede che blocchino, sospendano o comunque boicottino i profili colpevoli di tanta audacia. Danneggiando l’artista e dirigendo il corso dell’arte verso un neopuritanesimo  di stampo americano e pure un po’ cinese. Le porte e il loro saggio utilizzo sono la migliore alternativa alla censura. Ti attira? Entra. Ti infastidisce? Rimani fuori. La porta non è un muro ma non è nemmeno un buco: è lo strumento della libertà di scelta. “All’arte appartengono il segreto e il nascosto” ha scritto il filosofo Byung-Chul Han, contrario alla “società della trasparenza”, un mondo senza scampo e senza porte dove su ogni intimo gesto, su ogni intimo gusto incombe il linciaggio universale. La porta sia riconosciuta come un diritto dell’uomo.

Camillo Langone

censurati

Come il tempo condiziona il pensiero…

 

ragazza

In un quadro del 1860 di Ferdinand Georg Waldmüller viene ritratta una giovane donna che passeggia in un paesaggio bucolico, tenendo tra le mani quello che a un primo sguardo sembra proprio essere… un cellulare.È un mistero che ritorna di moda periodicamente, ma fa sempre scalpore.

Gli amanti della fantascienza ,che di questa vivono,hanno visto subito la prova di una viaggiatrice nel tempo, anche se fin troppo integrata nell’epoca , mentre c’è chi invece ha provveduto a dare una spiegazione storico-culturale, rivelando la vera natura dell’oggetto tenuto tra le mani dalla ragazza.
Come hanno fatto notare diversi critici d’arte, i viaggi nel tempo non c’entrano: la ragazza avrebbe tra le mani un libro di preghiere o, secondo l’account Twitter The Daily News Opinion, una piccola Bibbia, in una versione molto diffusa a metà Ottocento grande quanto il palmo di una mano.

Non è la prima volta che scoviamo (presunti) viaggiatori nel tempo in quadri antichi: un altro esempio è il dipinto del 1937 dell’artista italiano Umberto Romano, Mr. Pynchon and the settling of Springfield , dove uno dei personaggi sembra osservare uno smartphone – che in realtà è probabilmente un semplice specchio.

pinc. Romano

Ciò che ha maggiormente stupito Peter Russell, il funzionario governativo in pensione che per primo, nel 2017, notò lo strano oggetto sul dipinto di Waldmüller, è come il contesto in cui viviamo influisca sulla nostra capacità di interpretare ciò che vediamo: “Nel 1860 qualunque osservatore avrebbe identificato nell’oggetto che la ragazza ha tre le mani un libro di preghiere: oggi, tutti vediamo una giovane donna assorbita dalle notifiche del suo smartphone”. Infatti la figura del dipinto riflette ,come uno specchio, milioni di donne per le strade del mondo civilizzato.

  Da Focus

 

Un mandorlo in fiore, opera tra le più gioiose di Vincent van Gogh…

 

 Mentre a Milano arriva la più grande mostra interattiva dedicata a Van Gogh, che farà la gioia degli appassionati di Van Gogh, ma soprattutto delle nuove tecnologie quali la realtà virtuale, quella aumentata, racconto questo dipinto di Vincent van Gogh , nella sua semplice realtà bidimensionale, in cui veramente scopri l’artista per quello che è secondo la sensibilità artistica ed emotiva di chi guarda.

mandorlo in fiore

Mandorlo in fiore___Vincent van Gogh

Van Gogh visse con entusiasmo la più produttiva era della sua carriera proprio nel Sud della Francia, che, con riferimento ad Arles, definiva “il Giappone del Sud, per la sua abbondanza di solarità e di alberi che fioriscono. Arrivò la prima volta nel marzo del 1888, mentre gli alberi da frutta stavano per sbocciare, ed immediatamente iniziò a dipingere un mandorlo, senza pensarci due volte e di questo disse:” Mi sono isolato da tutto e da tutti perchè gli alberi sono in fiore e io voglio dipingere questa atmosfera provenzale di attonita gaiezza.” Questo particolare dipinto, il più famoso tra i diversi mandorli, che portano la sua firma, è stato creato anche per un altro motivo speciale. Era nata, infatti, sua nipote, la figlia del suo amato fratello Theo. E’ uno dei rarissimi dipinti di Van Gogh che mostra speranza, gioia e serenità. Tutto questo fa di quest’opera, il più speciale tra i suoi dipinti.

Per le strade della città…

 

L’arte di esibirsi in strada per fare spettacolo è molto antica. Si comprende col fatto che l’uomo sia amante dell’allegria e del divertimento, per natura abbia sempre amato il gioco privato o come esibizione. Per moltissimi secoli questi personaggi girovaghi vivevano delle loro esibizioni, unica forma di intrattenimento per il pubblico, fino all’avvento del cinema e della televisione, fino ai moltissimi modi di oggi per essere presenti e mostrarsi ovunque. Non c’era festa di paese dove non si potesse godere di questo divertimento. Ancora oggi se ne incontrano parecchi, specialmente nelle grandi città dove ogni luogo di grande transito possa essere buono.Spesso capita anche di potere osservare,o ascoltare artisti di tutto rispetto,che si esibiscono gratis o per qualche offerta. Non penso che siano sfaccendati, ma persone geniali, talentuose, talmente appassionate alla loro abilità da farne lo scopo del loro vivere, iniziando dal modo più semplice per arrivare al pubblico.

artista

Un livello di precisione tale da rasentare la magia nera. Questa artista di strada pare un incrocio tra un giocoliere e un prestigiatore. Non sono molte le persone che riescono ad affinare e unire il lavoro della mente con la perfetta coordinazione delle braccia. Non è facile dire se sia una donna o un uomo, è un individuo moderno gender donna secondo me.

 

Una pittrice un po’speciale…

 

Tamara de Lempicka è stata una pittrice polacca dallo stile Art Déco, nata a Varsavia il 16 maggio 1898.
Dopo la morte del padre, Tamara trascorre qualche anno con la nonna Clementine e insieme a lei compie il primo importantissimo viaggio in Italia, nel 1907, per poi trasferirsi a San Pietroburgo.
Nella città russa conosce e sposa un giovane avvocato, Tadeusz Lempicki, dal quale deriva il suo nome d’arte e con il quale si traferisce a Parigi nel 1918. Nella Ville Lumière Tamara frequenta l’Académie de la Grande Chaumière e nel 1922 espone per la prima volta al Salon d’Automne.

Tamara scrisse di se stessa:”Sono stata la prima donna a dipingere in maniera chiara e pulita: questo è il segreto del mio successo. Un mio quadro può essere subito riconosciuto tra altri cento…Il mio stile attirava subito l’attenzione: era chiaro, era perfetto.”
Ho incrociato questa sua opera, che non avevo mai visto e mi ha ispirato a parlare di lei.

tamara de Lempika, la domeuse1930

Tamara de Lempika__La dormeuse (1930)

Nel 1925 ottiene i primi riconoscimenti a Parigi trasformandosi in una delle icone della pittura femminile.

Tamara de Lempicka si ispira alle rotondità e le tonalità tipiche di Ingres e al post-cubismo del suo maestro Andrè Lhote. La pittrice dipinge la plasticità dei corpi creando una luce artificiale con ombre decise di influenza cubista e un gusto Art Déco riletto in chiave personale. Tamara dipige con pennellate piatte e compatte, utilizza colori accesi graduati per creare linee pure e definite. Le sue opere sono dense di erotismo e provocazione. Le donne di Tamara sono nuove veneri moderne, borghesi e altezzose, hanno la pelle avorio e sono adagiate in pose sensuali, riflettendo il clima culturale e la moda del suo tempo.

La meraviglia dei disegni di Picasso…

 

“Bisogna uccidere l’arte moderna. Questo significa che bisogna uccidere sé stessi, se si vuole continuare ad essere in condizione di fare qualcosa.”

Con questa frase scritta da Picasso al culmine del successo della sua pittura cubista, voglio raccontarvi il disegno di Pablo Picasso. Pare strano che proprio uno come lui, il più rivoluzionario nell’arte dell’inizio del novecento, dopo aver dato vita al movimento Cubista, parli di “uccidere l’arte moderna”, per ritornare a quelli che sono i più tradizionali moduli figurativi classici, ricercare nuove soluzioni innovative per evitare di ripetersi, cosa che non gli piaceva e voleva sempre essere il primo a ideare un nuovo modello di espressione.
Picasso non è solo cubismo, quest’ultimo rappresenta solo una stagione della sua opera lunghissima e instancabile; si sa che la sua formazione fu assolutamente tradizionale, che le sue abilità tecniche erano formidabili e che il suo legame con il “classico” riemerge nella sua potente seduzione, in tutti i momenti di svolta nella carriera dell’artista.

Oltre a essere un pittore, scultore e ceramista, Picasso esprime con massima efficacia la sua forza creativa attraverso il disegno e l’incisione, ovvero in quelle tecniche nelle quali la sua mano e il suo segno sono liberi e immediati. Ancora oggi si trovano in vendita centinaia di disegni di Picasso, frutto di una produzione talmente vasta e originale da sembrare infinita; Picasso disegnava continuamente e aveva raggiunto con il suo segno una tale sicurezza da riuscire a dare vita, con una sola linea, a figure eleganti e compiute, come pochi altri artisti sono mai stati in grado di fare. Un segno essenziale, preciso, asciutto e pulito che si curva e si modula senza nessuna esitazione.
Si tratta di una linea-spazio che definisce una forma chiusa precisa e compatta, da scultore, che si fa perimetro, senza esitazione alcuna. Grande attenzione è posta anche sulla composizione del disegno; le forme sono in relazione fra loro attraverso un equilibrio perfetto.
Nel disegno con materie grasse e friabili quali la grafite e le matite o con tecniche elastiche ed umide come la penna , il bistro o l’inchiostro, la sua linea disegnativa, così simile a quella di Ingres, è la sintesi dello sdoppiamento che ciascun artista vive tra realtà e anima, un segno fluido che si muove alla ricerca del linguaggio perfetto per dare forma e far vivere ciò che l’animo vive.
Infatti “Il disegno non è la forma, ma il modo di vedere la forma” scriveva Picasso.

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La Danza___Pablo Picasso