Perché i giapponesi sono tra i più longevi al mondo? Il “segreto”è nei bambini .

 

Secondo uno studio pubblicato su The Lancet i bambini giapponesi risultano tra i più sani al mondo e, in prospettiva, la popolazione risulta tra le più longeve. Ecco perché

Perché i giapponesi sono tra i più longevi al mondo? Il segreto è nei bambini

 

I bambini più sani al mondo sono i giapponesi. Secondo i risultati di uno studio pubblicato su The Lancet i bambini che nascono oggi in Giappone hanno una prospettiva di salute migliore dei coetanei occidentali. Il Paese del Sol Levante è famoso per la sua alta “aspettativa di vita” grazie soprattutto ai modelli di stile di vita e alimentazione. Se si guardano i dati non è un caso che meno di un bambino su 5 sia in sovrappeso, mentre il tasso di obesità sia al 4,2%. Dati eccezionali rispetto a quelli dei Paesi europei, dove in media il 29% dei bambini tra i 7 e i 9 anni risulta essere in sovrappeso (obesità inclusa), con variazioni molto significative tra le Nazioni. L’Italia, per esempio, è quarta per prevalenza di sovrappeso e obesità infantile con tassi appena al di sotto del 40%, superata solo da Cipro, Grecia e Spagna. Ma qual è il segreto dei giapponesi?

Il valore dell’alimentazione

A partire dalla scuola elementare, ai bambini viene servito un pranzo composto da piatti molto salutari, spesso caratterizzati dalla presenza di riso e pesce, con alimenti coltivati localmente e preparati al momento in loco. Le opzioni alimentari malsane non sono disponibili. «Gli italiani cominciano già la mattina, a colazione, a mangiare molti zuccheri», ha raccontato Davide Libreri, pediatra dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Il latte c’è sempre, come se fosse un alimento fondamentale, ma il bambino non deve per forza prendere il latte al mattino». Che cosa può mangiare come alternativa? «Lo yogurt, un toast, del pane con del prosciutto, pomodori e formaggio o le uova. Bisogna cambiare l’approccio alla colazione, che può essere anche salata. Ciò che conta è che ci sia un apporto bilanciato di zuccheri e di grassi buoni».I bambini giapponesi, a pranzo, spesso consumano un piatto a base di riso, che ha un apporto glucidico un po’ più alto rispetto a quello della pasta, ma allora perché non ingrassano? «Perché non mangiano il riso, ma un po’ di riso, che a volte è raffreddato e il processo di raffreddamento migliora l’impatto sulla glicemia, perché rallenta la trasformazione degli amidi in zuccheri», ha specificato Libreri. Un’altra differenza importante riguarda le bibite: i bambini giapponesi non consumano soda e bibite gassate, ma solo acqua e tè. «Noi, invece, introduciamo tantissime bevande zuccherate. Bisognerebbe agire sull’idratazione, educando il bambino a bere acqua o infusi, ma senza zuccheri aggiunti. Inoltre, ricordiamo che il classico succo di frutta, anche se c’è scritto che è senza zuccheri aggiunti, in realtà contiene un concentrato eccessivo di fruttosio». E poi è un prodotto lavorato, non fresco, spesso arricchito di conservanti e coloranti. È meglio una spremuta? «È meglio la frutta fresca, anche con la buccia, che contiene fibre, che riducono l’assorbimento degli zuccheri e favoriscono il processo digestivo».

A scuola di educazione alimentare

I bambini giapponesi studiano educazione all’alimentazione a scuola. Gli studenti visitano le fattorie locali e apprendono nozioni su alimentazione, cucina e buone maniere. Nei plessi scolastici, non ci sono distributori automatici e i pasti delle mense sono preparati completamente da zero, non contengono prodotti congelati e sono i un motivo di orgoglio nazionale.
E, salvo restrizioni dietetiche, nella maggior parte dei distretti i bambini non possono portare il cibo a scuola finché non raggiungono le superiori. E non è tutto, sia alle elementari che alle medie, gli studenti indossano camici e berretti bianchi e partecipano, a turno, al servizio. «In Italia manca, purtroppo, il discorso di un’educazione alla nutrizione», ha continuato il pediatra Libreri, convinto che anche qui i bambini potrebbero partecipare attivamente alla mensa. È solo una questione culturale, proprio come la merenda, che non dovrebbe essere caratterizzata dalle merendine, ma da prodotti meno lavorati, come la frutta o la frutta secca, da inserire anche nei distributori.

Dare il buon esempio a tavola

I genitori giapponesi sono molto attenti al consumo dei pasti in famiglia, vissuto come un rituale. Ispirano i loro figli fin dall’infanzia a provare a gustare un’ampia varietà di cibi sani e diversi. E praticano la moderazione flessibile, quando si tratta di cibi meno salutari, che si traduce nel concedere ogni tanto un biscotto, un gelato o pizza e patatine, mantenendo le porzioni piccole e meno frequenti. E ciò vale per tutti, non solo per i bambini. «Il buon esempio a tavola deve avvenire fin dallo svezzamento», ha consigliato Libreri, sostenitore dell’auto svezzamento. Ovviamente, finché sono piccoli bisogna cercare di preparare cibi senza (o con poco) sale e utilizzare cotture semplici. Crescendo la dieta è più libera, ma è importante continuare a proporre pasti sani, possibilmente consumati tutti insieme e senza la presenza di dispositivi digitali accesi. «Ci sono genitori attentissimi fino ai 12 mesi, poi a 18/20 mesi lasciano i bambini mangiare patatine, gelato e barrette al cioccolato, ecc. Non ha molto senso, perché o credo che sia importante impartire un certo tipo di educazione, che poi si porterà nel futuro, per ridurre il rischio di obesità e ipertensione, o è inutile essere così talebani dai 6 ai 12 mesi e poi liberi tutti». Inoltre, bisogna ridurre le porzioni perché «non abbiamo bisogno di mangiare così tanto».

Favorire il movimento

Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre il 98% dei bambini giapponesi va a scuola a piedi o in bicicletta. Ciò permette ai piccoli di rispettare la raccomandazione di svolgere 60 minuti di attività fisica da moderata a intensa al giorno semplicemente camminando da e verso la scuola. «I bambini della scuola elementari dovrebbero avere più tempo di giocare al pomeriggio, mentre spesso sono sovraccaricati dai compiti. C’è tanta attenzione all’istruzione, ma poca all’attività fisica», ha precisato il pediatra. Gli studenti della primaria praticano 2 ore la settimana di motoria per l’ordinamento di 40 ore. «La cosa più importante che abbiamo è la salute e ci dedichiamo così poco? È un paradosso, parliamo di prevenzione e poi, nel luogo in cui i bambini dovrebbero imparare a gestirsi, insegniamo che il tempo che devono dedicare all’attività fisica e motoria è limitato». Via libera quindi agli sport, soprattutto quelli di squadra, che insegnano anche il rispetto delle regole, e agli stili di vita attivi, quindi fare le scale, invece di prendere l’ascensore, andare – se possibile – a scuola a piedi e far giocare i bambini al parco, invece che lasciarli casa davanti alla tv e al tablet.

Valentina Rorato__Il Corriere della Sera

LA PIETRA DELLO SCANDALO – Ecco l’antica ma sorprendente storia di questa mitica ed ancora diffusissima espressione ..

Condivido  un post di ORSOSOGNANTE su WordPress, una divertente curiosità.

 
Spesso usiamo o sentiamo l’espressione “pietra dello scandalo”, ma da cosa nasce e che significa?
Ecco la Storia
 
 
 
Nell’antica Roma, i debitori insolventi ed i falliti
dovevano subire una forte e pubblica umiliazione.

Questa pratica, con valore legale, era così chiamata:
“labonorum cessio culo nudo super lapidem”
(cessione di tutte le proprietà con sedere nudo sopra la pietra).
Essa consisteva nel fatto che, davanti al popolo,
per 3 volte
l’interessato (fallito) doveva gridare “cedo bona”,
ossia “cedo le mie proprietà”,
mentre si sedeva con violenza, e con le vesti alzate sulla pietra,
che a Roma era davanti al Campidoglio con su scolpito un leone,
mentre la folla lo scherniva.

L’origine di questa espressione, ancor oggi molto in uso,
è quindi propr
io questa esposizione al pubblico ludibrio
in forma altamente sconveniente ed alquanto ridicola.
Ciò fatto i creditori però
non potevano più rivalersi sul debitore
se non sui beni ceduti dal fallito.
Eppure l’esser costretti a questa forte… pubblica umiliazione
era in realtà un notevole miglioramento, voluto da Cesare,
rispetto alla situazione precedente che invece consentiva
ai creditori di uccidere o ridurre in schiavitù i debitori.

La situazione dei debitori prima della legge di Cesare

Questa usanza si diffuse poi in tutti i territori governati da Roma
e durò molto a lungo anche dopo la fine dell’Impero.

Da essa poi sembra che sia nata anche l’altra espressione,
anch’essa diffusissima e molto popolare, “che culo!”
in riferimento ad un grosso colpo di fortuna
dato che, dopo la pubblica e ridicola manifestazione sulla pietra,
il fallito non poteva più essere colpito in nessun modo.

 
 
 
 

Oggi, ennesimo compleanno di Leonardo Da Vinci, ” Giornata del made in Italy”…

 

Oggi, 15 Aprile, ricorre uno dei tanti genetliaci post mortem di Leonardo Da Vinci, essendo nato, infatti, proprio oggi nel 1452. Come grande Italiano, genio poliedrico della nostra cultura, da oggi in avanti , questo giorno sarà la “Giornata del Made in Italy”, Leonardo il suo emblema e ci sarà pure un francobollo commemorativo. Il nostro premier, la signora Meloni, ha voluto commemorare questa prima giornata del Made in Italy alla celebre fiera Vinitaly di Verona. A me piace ricordare Leonardo come l’emblema della genialità italiana, della curiosità tipica nostrana, del bello che sappiamo rendere meraviglioso con abilità manuali uniche, se è vero, che i nostri prodotti, la nostra arte, la nostra cultura tutta, per non parlare di letteratura, del nostro stesso paese, e di quella infinita fantasia che ci contraddistingue ovunque. Leonardo operò in ogni campo, pare fosse un bell’uomo secondo i canoni dell’epoca, eccentrico nel vestire , capace di farsi notare per estrosità della sua persona. Sapeva scrivere, conversare abilmente, maneggiare attrezzi di ogni genere e non ci fu arte manuale che non abbia sperimentato, parlo di idraulica, ingegneria, chimica e fisica, cercando di vincere persino la forza di gravità con le scarse nozioni di fisica del tempo. Anche se la Chiesa lo condannò si dedicò pure allo studio dell’anatomia facendo autopsie in un ‘epoca in cui era impossibile conservare i cadaveri, esponendosi al pericolo di infezioni. La scusa che adduceva per questi esperimenti era la sua curiosa voglia di approfondire particolari, utili a migliorare la pittura e la scultura. Il suo genio spaziava dalla filosofia alle favole. Amava la compagnia e si divertiva anche scherzando con gli amici ,e allo stesso tempo sedeva accanto a principi e re Europei con acume, signorilità, beneficiando di importanti commissioni, quelle meravigliose opere , per le quali il genio di Leonardo è famoso in tutto il mondo. I suoi codici sono stati visti da milioni di persone, anche se illeggibili, in quanto la sua scrittura era speculare rispetto alla nostra, i suoi disegni di progetti vari, ancora oggi vengono studiati e confrontati con diverse invenzioni dei tempi seguenti, la sua Monna Lisa forse è il ritratto di donna più visto al mondo, anche se, come raccontano certi studiosi, pare che non fosse nemmeno una donna, a dimostrazione di quanto fosse avanti nei tempi; difendeva la natura, era vegetariano, insomma il tipico uomo alla page di oggi, quello della cultura ” giusta”.

Una delle sue favole, che trovo sempre bellissime e mai fuori tempo.

I Tordi e la Civetta

– Siamo liberi! Siamo liberi! – gridarono un giorno i tordi, vedendo che l’uomo aveva catturato la civetta.
– Ora la civetta non ci fa più paura. Ora
dormiremo tranquilli. –
La civetta, infatti, era caduta in un’imboscata, e l’uomo l’aveva rinchiusa in gabbia.
– Andiamo a vedere la civetta in prigione –
dicevano i tordi volando e cantando intorno alla gabbia della loro avversaria.
Ma l’uomo aveva catturato la civetta con un altro scopo, ossia quello di prendere i tordi. Infatti, la civetta fece subito alleanza col suo vincitore il quale, dopo averla legata per una zampa, la metteva ogni giorno bene in mostra sopra un trespolo. I tordi, per vederla, si precipitavano sugli alberi vicini, dove l’uomo aveva nascosto le sue canne impaniate. E i tordi, anziché perdere la libertà come la civetta, perdevano la vita.
Questa favola è detta per tutti quelli che si rallegrano quando qualcuno, che conta più di loro e su di loro, perde la libertà. Perché il vinto, quando è importante, diventa presto alleato o strumento del vincitore, mentre tutti quelli che, prima, dipendevano da lui, cadono sotto un nuovo padrone, e insieme alla libertà perdono, spesso, anche la vita.

civetta e tordi

 

1941:fabbricanti di rumori per effetti speciali-

 

Ecco cosa accadeva  nel 1941 quando si costruiva un cartone animato. Oggi, nell’era del digitale, degli algoritmi, dell’intelligenza artificiale ,per queste cose  si occupa la tecnologia. Sui nostri schermi, grandi e piccoli vengono proiettati dei cartoni, che sono  meraviglie, di immagini, di colori, di suoni ed effetti speciali , che vanno oltre la più fervida immaginazione. Chissà se   chi firma queste opere proverà la stessa soddisfazione di quei registi, disegnatori, voci e rumoristi di quei tempi lontani ?

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L’estinzione si avvicina e in Italia vendiamo Fiori di Bach per cani..

 

È inutile che la politica si dia così tanto da fare. La Meloni sarà pur consapevole del dramma demografico, ma non ci può fare nulla

Camillo Langone     ___IL FOGLIO

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Addio al doppiaggio ?

 

Drive-Away Dolls di Ethan Coen, in sala dal 7 marzo, verrà distribuito solo in lingua originale coi sottotitoli. Ecco perché potrebbe essere l’inizio di un cambiamento.

 CLICCA L’IMMAGINE PER IL TREILER
https://www.esquire.com/it/cultura/film/a46682921/doppiaggio-lingua-originale-drive-away-dolls/?utm_source=pocket-newtab-
preview for Drive-Away Dolls - Official Trailer (Universal Pictures UK)
Nel 2024 probabilmente non ha più senso parlare di una guerra – o almeno,
di uno scontro – tra doppiaggio e lingua originale. Nel corso del tempo, le due cose sono andate di pari passo, hanno imparato a convivere e a sostenersi a vicenda (ora l’ho visto in italiano, prossimamente lo recupererò in originale) e grazie alla possibilità che tutte le piattaforme danno di scegliere la lingua della serie o del film che si vuole vedere le differenze sono state pressoché appianate. Non al cinema, però, dove la tradizione – perché è una tradizione, con una sua scuola, le sue famiglie, i suoi grandi protagonisti – del doppiaggio continua a essere più diffusa e incisiva. Il perché è abbastanza ovvio: doppiare un film in italiano permette di raggiungere un pubblico potenzialmente più vasto. Come ha sottolineato Alessandro Rossi, storica voce italiana e direttore del doppiaggio de Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki, il doppiaggio è “un’esigenza commerciale, non un’esigenza artistica”. E questa esigenza commerciale deve rispondere a un’operazione culturale: “Se noi dissociamo l’esigenza culturale dall’operazione culturale, si creano dei mostri”.
ragazzo airone ultimo film miyazakicourtesy of Lucky Red

Insomma, è importante avere bene in mente quelli che sono gli obiettivi del doppiaggio. E tenere in considerazione anche la quantità di titoli che in questi ultimi anni hanno invaso, rischiando talvolta di sommergerlo, il nostro mercato. I doppiatori, gli adattatori e i direttori del doppiaggio sono un numero limitato, più o meno stabile. La stessa cosa non si può dire delle serie e dei film che, ogni mese, arrivano in Italia: continuano a crescere, non diminuiscono, e se da una parte questo assicura alla categoria che lavora nell’industria del doppiaggio un’occupazione praticamente costante dall’altra mette a dura prova la qualità delle singole interpretazioni, delle traduzioni e delle sessioni di registrazione. Ciò che inevitabilmente diminuisce è il tempo. E le distribuzioni che sono pronte ad aspettare, a posticipare l’uscita a un’altra finestra, sono veramente poche. Così come sono veramente pochi quei professionisti che, pur di mantenere un certo standard, sono disposti a rifiutare un’offerta (attenzione: non è una cosa né scontata né tantomeno dovuta; è chiaro che si parla di lavoro e, quindi, di rispondere a necessità quotidiane). Non è un caso se ultimamente, sulle piattaforme streaming, alcuni titoli sono stati pubblicati prima in lingua originale e solo in un secondo momento hanno ricevuto un doppiaggio italiano. È indubbio che questa è la direzione verso cui si sta muovendo il mondo intero. Anni fa, durante la cerimonia degli Oscar, lo disse anche il regista Bong Joon-ho: una volta superato l’ostacolo dei sottotitoli, avrete accesso ad altri mondi e ad altre storie.

hollywood, california july 22 margaret qualley attends sony pictures once upon a time in hollywood los angeles premiere on july 22, 2019 in hollywood, california photo by axellebauer griffinfilmmagic
Axelle/Bauer-Griffin//Getty Images

La decisione di Universal Pictures di distribuire Drive-Away Dolls, il nuovo film di Ethan Coen con Margaret Qualley e Geraldine Viswanathan, esclusivamente in lingua originale si inserisce nel solco di questi eventi. Dall’inizio dell’anno, al cinema sono arrivati diversi titoli in – diciamo così – doppia versione, e molte delle proiezioni originali sono sempre andate esaurite. Quindi una base numerica da cui partire, benché minima e ridotta all’eccezionalità di una distribuzione più centellinata, c’è. C’è, poi, la voglia di sperimentare, di provare a distribuire titoli come questo, firmati da un grande autore e con una loro specificità, in un certo modo. Ovviamente, così facendo, si riducono i costi: non ci sarà più un cast di doppiatori da dover pagare. E allo stesso modo sarà più facile – ma non per forza immediato – distribuire un film in contemporanea con gli Stati Uniti (che viste le differenze di comunicazione e di marketing può essere decisamente utile per non dover organizzare un’altra campagna pre-release). Le controindicazioni di un’operazione del genere sono abbastanza palesi: il pubblico a cui poter puntare sarà chiaramente di meno. Drive-Away Dolls arriverà in sala il 7 marzo. E sarà sicuramente interessante vedere come risponderà il pubblico e soprattutto come si piazzerà al botteghino, se riuscirà o meno a competere con gli altri titoli, molti dei quali doppiati o girati direttamente in italiano, programmati nei cinema.

Gianmaria Tammaro

Una spettacolare fioritura per una gioiosa visione…

Fioritura di Echynopsis

Blooming cactus timelapses  Filmed by Greg Krehel,  aka the “Echinopsis Freak”

Il cactus Echinopsis fiorisce nottetempo ed i fiori durano solo un giorno, e i fiori splendono nella loro bellezza per un’ora al massimo due.  Lo spettacolo di queste immagine è il risultato di 8 ore di filmato.

Regole, non regole …se vuoi vivere serenamente.

 

Ci sono regole , non regole, che si apprendono man mano che si comprendono più a fondo le teorie della filosofia Zen ,e che diventano poi abitudini. E queste ci fanno comprendere che abbiamo quasi imparato a conoscerci, guardando in noi e attorno a noi con occhi diversi. Eccone alcune:

Togliti le scarpe prima di entrare in casa.
Essere ribelli significa essere gentili.
Parla alla tua tristezza come se fosse una tua vecchia amica.
Se anche dovessi fallire, domani il sole sorgerà lo stesso.
La vita non è matematica, è poesia.
L’ego è l’ostacolo tra te e la felicità.
Se non sai dove iniziare, prenditi cura del tuo corpo.
La vera bellezza della vita è nell’essenziale-
Il miglior modo per essere felice è smettere di essere infelice-
Non vergognarti di essere innamorato: è la cosa più bella che possa capitarti.
La rabbia non è mai una reazione accettabile.
Tutto è vita-
Il dolore è inevitabile, la sofferenza una scelta.
Sii calmo in ogni situazione e sarai sempre sereno.
Il passato non poteva essere niente altro, altrimenti lo sarebbe stato.
Tu non sei un albero, quindi non hai radici-
Tu sei il fiume, non la roccia.
Non c’è sofferenza qui e ora-
Il tempo è il regalo più prezioso che ci sia-
Sii un artigiano della tua vita-
Fai quello che ami, ama quello che fai-
Fai una cosa per volta o farai tutto male.
La vita è un viaggio, goditi ogni tappa.
Hai un solo problema: voler controllare quello che non puoi controllare-
Preoccuparsi vuol dire soffrire per qualcosa che non è ancora successo.
Tieni a bada la tua scimmia impazzita, tu sei più dei tuoi pensieri.
Sii una tartaruga, non una rana.
Segui sempre il tuo Ikigay, il motivo per cui ti alzi dal letto e vivi.
Pratica il non- attaccamento-
L’amore è la soluzione ad ogni problema-
Il maestro è ovunque.
Succede sempre qualcosa di meraviglioso.

L’ultimo rigo delle regole “non regole è anche il titolo del libro dal quale ho appreso tutto questo, e non solo. L’autore è Gianluca Gotto .

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L’ultima risposta…

 

L’ultima risposta non è un racconto, come parrebbe dal titolo, bensì una lettera che Einstein scrisse alla figlia e attorno alla quale nacque pure un romanzo.

Quando esplicitai la teoria della relatività, furono in pochi a capire, e anche quello che ti rivelerò ora, affinché tu lo trasmetta all’umanità, si scontrerà con l’incomprensione e i pregiudizi del mondo. Ti chiedo, ciò nonostante, di custodirlo per tutto il tempo che sarà necessario, anni, decenni, fino a che la società avrà progredito quanto basta per comprendere ciò che ti dirò tra poco.
C’è una forza estremamente potente per la quale finora la scienza non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che include e governa tutte le altre, e che inoltre soggiace a qualsiasi fenomeno che opera nell’universo e che ancora non abbiamo identificato. Questa forza universale è l’amore.
Tentando di delineare una teoria unificata dell’universo, gli scienziati dimenticarono la più invisibile e potente delle forze.
L’amore è luce, perché illumina chi lo dà e chi lo riceve. L’amore è gravità, perché fa sì che alcune persone si sentano attratte da altre. L’amore è potenza, perché moltiplica la parte migliore di noi, e permette che l’umanità non si estingua nel suo cieco egoismo. L’amore rivela e disvela. Per amore si vive e si muore. L’amore è Dio, e Dio è amore.
Questa forza spiega tutto e dà un senso enorme alla vita. Questa è la variabile che abbiamo a lungo tralasciato, forse perchè l’amore ci fa paura, dato che è l’unica energia dell’universo che l’essere umano non ha imparato a manovrare a suo piacimento.
Per porre in risalto l’amore, ho fatto una semplice sostituzione nella mia equazione più celebre. Se al posto di E = mc al quadrato accettiamo che l’energia per guarire il mondo può ottenersi attraverso l’amore moltiplicato per la velocità della luce al quadrato, arriveremo alla conclusione che l’amore è la forza più potente che esista, perché non ha limiti.
Dopo il nostro umano fallimento nell’utilizzo e nel controllo delle altre forze dell’universo, che si sono ribellate a noi, è necessario che impariamo ad alimentarci di un altro tipo di energia. Se vogliamo che la nostra specie sopravviva, se ci proponiamo di trovare un senso alla vita, se vogliamo salvare il mondo e ogni essere senziente che vi abita, l’amore è l’unica e l’ultima risposta.
Probabilmente ancora non siamo pronti a fabbricare una bomba d’amore, un congegno sufficientemente potente da distruggere l’odio, l’egoismo e l’avidità che devastano il pianeta. Tuttavia, ogni individuo porta dentro sé un piccolo ma potente generatore di amore la cui energia aspetta di essere liberata.
Quando impareremo a dare e ricevere questa energia universale, proveremo che l’amore vince tutto, tutto trascende e tutto può, perché l’amore è la quintessenza della vita.

Albert Einstein   

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Ieri commemorazione speciale,ma…A che serve la Rai.

 

La televisione compie oggi settant’anni ma nel celebrare il suo compleanno si omettono due dettagli storici non da poco. Il primo è che l’anniversario più importante di quest’anno, almeno come data, non è il settantennale della tv ma il centenario della radio, da cui nacque la Rai. La radio è la madre della tv, è l’incipit delle trasmissioni nell’etere. Il battesimo ufficiale della radio fu il 6 ottobre del 1924, in epoca fascista, l’emittente fu l’unione radiofonica italiana che poi assunse il nome famoso dell’Eiar. Che fu, si, altoparlante del regime fascista e della sua propaganda ma fu anche mezzo formidabile di informazione, istruzione e modernizzazione di massa. Arrivò perfino nelle campagne, fu il primo massiccio tentativo di includere i contadini nell’informazione, il loro passaggio dalla natura alla cronaca, dal tempo meteo al tempo storico.  Il secondo dettaglio trascurato dai tele-celebratori è che il 3 gennaio del 1954, andarono in onda i segnali e gli annunci ufficiali della Rai-tv ma le prime trasmissioni televisive risalgono in realtà al 1939, dopo un decennio di esperimenti. La Tv nacque in seno all’Eiar, sotto il regime fascista. Se non ci fosse stata la guerra, la tv si sarebbe diffusa un decennio prima, magari con l’esposizione universale del 1942 e avrebbe presumibilmente seguito nel tono e nell’ispirazione il modello di nazionalizzazione e mobilitazione delle masse che aveva assunto la sua sorella maggiore, la radio, nata e cresciuta sotto il regime fascista. Ma non solo: a inaugurare la televisione, nel 1939, non fu un ministro della cultura, dell’educazione o della pubblica istruzione, un Bottai, un Gentile o un Biggini, ma addirittura Achille Starace, il segretario del Partito nazionale fascista. Proprio lui, l’inventore delle veline, ma in un senso assai diverso da quello televisivo recente, famoso per i suoi ginnici salti nel cerchio di fuoco e per la devozione cieca e assoluta nei confronti del Duce, fino alla morte. Fu lui che compì il primo salto nel quadrato magico della scatola luminosa e tenne a battesimo il mezzo televisivo alle soglie del conflitto mondiale. Fu pure allestita una sala a Villa Torlonia, residenza del duce e della sua famiglia, per  seguire i primi programmi sperimentali. Mussolini vedeva la tv prima che apparisse Mike Bongiorno. Le cose non nascono mai dal nulla, ma sono figlie di altre situazioni e di altri contesti.

Ristabilita la verità storica, di solito omessa per ridicoli motivi di omertà storica e ottusa partigianeria, poniamoci la domanda per eccellenza: qual è il bilancio complessivo che si può fare della televisione, ovvero qual è il segno dell’influenza che ha esercitato sugli italiani, come singoli e come popolo, e sulle istituzioni? Si potrebbe dire che la storia della televisione sia divisa in due parti, che in linea di massima coincidono con le due metà del suo secolo di vita: nella prima parte la radio-televisione è stata soprattutto un mezzo di promozione popolare e di elevazione di massa, nella seconda parte è stata soprattutto un mezzo di peggioramento e involgarimento dei gusti di massa e dei modelli di vita. Da mezzo evolutivo a industria per il peggioramento della specie… Il punto di svolta coincise con due fattori emersi negli anni settanta: da una parte l’avvento della tv commerciale e dunque della concorrenza, che pure di solito migliora i prodotti ma nel caso della tv ha prodotto una gara al ribasso della qualità e della mission; dall’altra parte la tv controllata dal potere politico si fa lottizzazione, e questo da un verso garantisce un maggior pluralismo dell’informazione ma dall’altro abbassa il livello della televisione all’interesse dei partiti e della loro propaganda, dei loro impresari e dei loro emissari. La gara della quantità ha ucciso la qualità, la gara dei consumi si è abbattuta sui costumi.  Si può davvero sostenere che per cinquant’anni almeno la tv ha, si, uniformato gusti, conformato stili di vita, banalizzato saperi, ma ha alfabetizzato il paese in modo capillare e massiccio, ha unificato davvero l’Italia, ha consentito il passaggio alla lingua italiana di larghe aree del sapere, ha dato istruzione primaria più della scuola, ha intrattenuto, divertito, avvicinato la gente alla cultura e ai fatti del giorno. E dunque la sua impronta può dirsi complessivamente positiva.  Ma dalla fine degli anni settanta, la tv ha cominciato a invertire il suo ruolo, la propaganda e la promozione pubblicitaria hanno prevalso sulla tv che informa, traduce la cultura in visione popolare e fa crescere il livello del paese. L’imperativo degli ascolti, dello share e dell’audience, ha ulteriormente abbassato la soglia della qualità e il senso della sua missione. Detto questo, non si vuol concludere alla Pasolini che la tv vada abolita o spenta; resta una struttura primaria per un paese, uno spazio pubblico, una piazza essenziale di confronto, connessione e integrazione. Ed esercita una funzione comunque utile, se non insostituibile, anche nell’equilibrio delle fonti d’informazione, tra media, social, carta stampata. L’abbrutimento avviene quando la tv diventa il solo mezzo d’informazione e di intrattenimento, la sola finestra sul mondo, e sostituisce la lettura, l’incontro di persona e altre forme di in/formazione. Bisogna saperla dosare, e usare spirito critico. Il suo limite rispetto a internet è noto: non è interattiva, l’utente è spettatore e non attore. Ma la tv, soprattutto se è pubblica, ha il dovere di aiutare un paese e un popolo a crescere sul piano civile e culturale. Chi sostiene che la tv non debba coltivare propositi educativi o comunitari perché altrimenti diventa una tv etica e pedagogica, sottilmente autoritaria e prescrittiva, non si rende conto che senza un progetto educativo e comunitario, gli utenti e soprattutto i minori non vengono lasciati liberi ma in balia di altre agenzie diseducative. Peraltro ognuno è libero di fare zapping nel vasto arcipelago delle offerte televisive. Se la gara è solo tra chi fa più ascolti coi giochini, il trash, le tele-risse denominate talk show, si ritiri lo Stato e si lascino in campo i privati. Ne guadagnerebbero la dignità, l’intelligenza e il mercato. Alla Rai spetta il compito di sfatare il pregiudizio che culturale e popolare, formativo e ricreativo, siano incompatibili. Ma quel pregiudizio si è insediato da decenni nella testa della signora che oggi compie settant’anni, e sua madre cento.

Marcello Veneziani