Ti parlo di me…

 

Questa donna che vedi qui
non ha nulla.
Le sue mani non conoscono anelli
però annidano farfalle,
non ha altro ornamento
sul suo petto
che due dritti smeraldi,
né altro vestito che la copre
che le impronte che un amante
le avrebbe lasciato.
Questa donna che vedi qui
cammina da sempre a piedi scalzi
e non ha passaporto,
né carta d’identità,
né speranza,
ma le avanzano strade,
terre profonde e lontane,
e anche se non ha nome
gli uccelli la chiamano.
Questa donna che vedi qui
non ha casa…
e come letto la basta un sorriso,
si affaccia sul mondo
dalla sua unica finestra
che segna che è viva.
Questa donna che vedi qui
non ha nulla più
di un grande amore distante
per cui le germogliano
mille stelle nel ventre,
per cui si veste di luce,
per cui tace,
per cui le nuvole le s’incendiano,
per cui le notti non finiscono.
Questa donna che vedi qui
a volte neanche sa se in realtà esiste
e allora si trasforma in fragile erba,
o in raffica di vento che spaventata
corre a rifugiarsi nella tua parola.

Aída Elena Párraga

 

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Perchè si dice…

Il 24 giugno si celebra la festa di san Giovanni Battista, o notte di san Giovanni Battista. Al santo è dedicato un celebre proverbio della tradizione popolare: “San Giovanni non vuole inganni”. Un modo di dire che ha diverse declinazioni dialettali, come quella meneghina “San Giuan fa minga ingann”. Scopriamo che significa, grazie al libro di Saro Trovato, fondatore di Libreriamo, in cui 300 modi di dire non avranno segreti

San Giovanni non vuole inganni

“San Giovanni non vuole inganni” è un proverbio di origine toscana, non a caso San Giovanni Battista è patrono di Firenze. Il proverbio è di origine medievale e trae significato dalla moneta in uso a quell’epoca, il fiorino, così chiamato proprio perché da un lato era raffigurato il giglio fiorentino. Dall’altro lato però si poteva vedere l’immagine di San Giovanni Battista, già allora patrono della città.

L’espressione “San Giovanni non vuole inganni” voleva significare che, da una parte, l’immagine era garanzia di autenticità e, dall’altra, la figura del Santo rendeva difficile ogni falsificazione. Inoltre, l’immagine avvertiva che qualsiasi copia falsa della moneta era non solo un atto vergognoso, ma anche un grave reato condannabile dalla legge.

Festa di San Giovanni, perché si accendono falò in tutto il mondo

Dalla noche di San Juan in Spagna, ai falò sulle sponde dei laghi finlandesi, fino al salto del fuoco in Sardegna: quali sono le origini della festa di San Giovanni?

Il comparatico e altri significati

In alcune zone del meridione si scorgono significati legati al detto “San Giovanni non vuole inganni” se lo si collega all’usanza del comparatico, che è quel vincolo di quasi parentela spirituale che lega compari e comari di battesimo e i loro figliocci, ma anche compari e comari di matrimonio e i due sposi. Questo legame, a seconda della zona, prevede una serie di regole da rispettare e di obblighi. In Sicilia il comparatico è quasi più importante della parentela perché sfocia nella sacralità.

San Giovanni Battista punisce, secondo la tradizione meridionale, chi non rispetta la fede del compare e soprattutto chi tradisce il compare. Anche in Romagna vi è l’usanza per San Giovanni di regalare alla fidanzata un mazzo di fiori che viene contraccambiato nel giorno di San Pietro e i due vengono chiamati compare e comare di San Giovanni e in qualche modo ufficializzano il loro amore. Il Battista viene invocato nei rituali e nelle usanze fra compari e comari che tendono a tranquillizzarsi della loro fedeltà reciproca.

Vi è un’altra versione dell’origine del detto ed è legata al fatto che, soprattutto nell’Emilia centrale, venivano eseguite delle scanalature sulla facciata o su un fianco dei Battisteri, dedicati generalmente a San Giovanni Battista, pari alle unità di misura di lunghezza utilizzate nelle zone. Così se i contadini dovevano, ad esempio, misurare la lunghezza di un campo in “pertiche”, verificavano lo strumento di misurazione che utilizzavano con il “campione” scanalato sul Battistero di San Giovanni Battista, che, non avrebbe fatto inganni sulla dimensione corretta.

Arrivare dopo i fuochi

Non solo “San Giovanni non vuole inganni”: a San Giovanni Battista è legato un altro modo di dire abbastanza celebre: “arrivare dopo i fuochi”. Con questa espressione si intende dire arrivare troppo tardi, a cose fatte, quando è tutto finito e la nostra presenza non ha più un senso o, per estensione, essere poco svegli, non capire le cose al volo, non cogliere le allusioni. Le origini di questo modo di dire portano una data precisa: il 24 giugno, giorno in cui si festeggia San Giovanni Battista, patrono di Firenze. Nei secoli passati il santo veniva celebrato con processioni, banchetti, tornei, fiere, corse di cavalli e, al tramonto, con i fochi d’allegrezza, un tempo falò di scope di saggina e bracieri di sego, oggi fuochi d’artificio. Quindi, arrivare dopo i fuochi significava, e significa tuttora, arrivare tardi, a spettacolo ormai concluso.

 

Chi ha vinto davvero le elezioni amministrative?Elezioni, come facciata, per una democrazia, che non esiste più, se non nelle parole.

 Ha davvero vinto la sinistra , con un exploit eccezionale, come scrivevano ieri  molti dei  principali quotidiani? Si è davvero consunta la destra, il populismo estinto ?  Per me ha vinto l’astensionismo, ossia il partito di chi non si riconosce più in nessuna organizzazione politica e  poi quelli, che vo terebbero volentieri centro-destra, ma sono stufi di vedere i loro voti buttati regolarmente tra quelli nulli. Gli ultimi governi sono stati tutti espressione di altro che non fosse la volontà popolare e l’andazzo mostra di non volersi fermare, se si analizzano gli intenti dei partiti al governo, volenti o nolenti, per la prossima legislatura. Vi propongo al proposito un articolo del mio giornalista preferito, vecchio di qualche anno, ma attualissimo.

Ma che fine ha fatto la destra? La risposta più immediata e un po’ subdola è: sta lì, dirimpetto alla sinistra. Già, ma la sinistra è sparita in un imprecisato altrove. Nello stesso altrove è la destra.

La sinistra è in liquidazione, anzi in liquefazione. Renzi è stato il san Gennaro della sinistra italiana: ha compiuto il miracolo di liquefarla, scioglierla come accade al sangue del santo. Forse l’ha fluidificata per consentirne poi l’espettorazione, come un catarro. Se la sinistra è passata dallo stato solido allo stato liquido, adeguandosi alla modernità liquida descritta da Zygmunt Bauman, la destra ha fatto di più, si è sublimata, passando allo stato gassoso. La destra sublime, secondo Pasolini.

In termini zodiacali, la sinistra è un segno d’acqua, la destra è un segno d’aria. La parabola chimica della destra è stata la seguente: fu pastorizzata a Fiuggi, poi fu sterilizzata da Fini, infine è stata polverizzata negli ultimi tre anni. Si è così tradotta in un pulviscolo atmosferico che si vede solo in controluce. Resta il frammento di Fratelli d’Italia, i cui corpuscoli sono leggermente più grandi e dunque più visibili, ma quell’area d’opinione in Italia è ormai da tempo allo stato gassoso.

È uno stato d’animo anche diffuso, una nube anche estesa, comunque un gas, si spera non tossico né intestinale. La destra invisibile si è ritirata tra le nuvole, come capita agli angeli, ai defunti e ai volatili d’alta quota. La destra è nell’aria.

MV

Gentilezza come abitudine..

 

Anche il più piccolo atto di gentilezza ,compiuto per vite sconosciute ,ritorna, anche da molto lontano e a distanza di tempo, a chi ha uno spirito generoso Esso è stato la sorgente di questo eco. Perchè la gentilezza si trasmette e cresce ad ogni passaggio fintanto che una semplice cortesia diventa un atto di coraggio disinteressato, anni dopo, e così via. Allo stesso modo anche una piccola meschinità, ogni espressione di odio, ogni atto del demonio.

cuore innafiato

La vergogna di non essere ignoranti…le meraviglie dei social-

di Aldo Cazzullo

La risposta di Fedez a Gerry Scotti durante la diretta di “Muschio Selvaggio” si appella alla nostra ignoranza

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Il punto non è che Fedez ignori chi sia stato Giorgio Strehler . Il punto è che Fedez si appella alla nostra ignoranza, ci chiama a correi o complici, se ne compiace e ci compiace, o pensa di farlo. Fedez non chiede a Gerry Scotti (che al confronto pare Bobbio): chi era Strehler?. Chiede a noi: «Chi cazzo era Strehler, raga?». Come a dire: non c’è nessun motivo per saperlo, sono certo che non lo sappiate neanche voi, avanti così che andiamo bene.

Davvero; il punto non è la cultura generale degli artisti. Tranne rare eccezioni (un Riccardo Muti, un Francesco De Gregori), quasi mai gli artisti hanno fatto studi regolari, hanno letto molti libri, hanno una cultura accademica. Ma gli artisti hanno il radar. Hanno antenne che consentono loro di capire, e mettersi in sintonia con le persone. Lucio Dalla ad esempio non aveva studiato, ma era una persona coltissima, sapeva moltissime cose, e ancor di più ne aveva comprese o intuite. Al Bano non è Lucio Dalla; ma su Putin ha dimostrato di avere chiare cose che all’evidenza sfuggono a professori narcisi che hanno passato la vita a studiarle. Se Fedez ha risposto come ha fatto, è perché pensa, o forse sa, che l’ignoranza è ormai considerata una virtù. Forse è sempre stato così: l’italiano è l’unica lingua in cui la parola “ignorante” sia usata in un’accezione positiva; il pane genuino è “cafone”, gli osti romagnoli chiamano “ignoranti” le tagliatelle più saporite (e in un negozio di vestiti ho sentito definire “ignoranti” pure giacche che calzavano bene). Però l’era dei social ha definitivamente sdoganato l’ignoranza come valore; e a invertire la rotta non sarà la resipiscenza di un Di Maio, idolo del web quando diceva “uno vale uno” e bersaglio della Rete quando si rende conto che ovviamente non è così.

Dice: Strehler non si studia a scuola. E’ vero; anche se bisognerebbe farlo. Ma basta aver letto una delle tante interviste dolenti e innamorate in cui le sue donne, da Ornella Vanoni ad Andrea Jonasson, ancora oggi parlano di lui, per capire quale personaggio straordinario fosse, con i suoi vizi e le sue virtù. Tra le quali ci fu quella di pulire dagli schizzi di sangue la casa dove i nazisti avevano torturato i resistenti milanesi per farne la prima sede del Piccolo Teatro. Pazienza se non ci si vergogna di non sapere chi è Strehler (al presente, perché i grandi artisti non muoiono mai). Sarebbe già tanto non vergognarsi di saperlo.

Donatello, Madonna Dudley-

Tra i fili conduttori della meravigliosa mostra di Donatello in corso a Firenze a Palazzo Strozzi e al Bargello, c’è certamente il tema della Madonna con il Bambino. È impressionante e insieme commovente la quantità di varianti che Donatello riesce a creare su quello stesso soggetto, come se avesse avuto l’opportunità di essere testimone di mille differenti istanti della relazione tra Maria e suo figlio.

Cambiano i gesti; cambiano soprattutto le pose del Bambino, che come accade nella realtà di ogni bambino non sta fermo, cambia posizione, cerca la madre in modi ogni volta diversi. A volte s’abbarbica al suo volto, a volte si agita sulle ginocchia, a volte le si stringe il collo, a volte si mette teneramente guancia a guancia. Con Donatello il soggetto più amato dal popolo cristiano si vivifica, proponendosi ogni volta in modo irripetibile, proprio com’è irripetibile ogni istante della vita.  C’è però un’opzione preferenziale a cui Donatello ricorre con maggiore frequenza. Riguarda Maria, che tante volte troviamo rappresentata di profilo, mentre rivolge il suo sguardo al Bambino. In mostra ce n’è più di una, compresa quella più celebre, la Madonna Pazzi, che campeggia sui manifesti. C’è ad esempio la bellissima e misteriosa Madonna Dudley, conservata a Londra: una lastra di marmo poco grande – quanto un foglio A4 – che sembra scolpita più che con uno scalpello con la grazia di un soffio. È misteriosa non perché sia sfuggente, ma perché, grazie a tanta leggerezza esecutiva, ci mette direttamente davanti al mistero costitutivo del rapporto tra Maria e suo figlio. Anche la Madonna Dudley ci appare di profilo. Perché Donatello insisteva tanto su questa scelta? Stando di profilo, Maria punta sempre il suo sguardo sul Bambino. È uno sguardo inevitabilmente intenso, profondo e affrancato da ogni psicologismo.In un certo senso può sembrare escludente, in quanto noi siamo tagliati fuori dall’asse di quello sguardo. Eppure è tale la densità umana di quel guardare, che alla fine, ci si sente invece tutti inclusi. Quello di Maria è infatti uno sguardo originato da un’attrattiva, così tenera, fragile e insieme così totalizzante. Difficile non sentirsene investiti, al punto che è difficile anche a noi levare lo sguardo da immagini come queste.

https://piccolenote.ilgiornale.it/56340/donatello-madonna-dudley

La Javanaise…musica per una nostalgia.

 

amarsi in spiaggia

 

Una sera d’estata…. la ragione si smorza e l’istinto prevale.
E allora giunge la nostalgia di uno di quelle notti al mare quado ci prendeva la voglia intensa e urgente, di fare l’amore con una canzone.
È la sera giusta per “La javanaise”……

Si sa che non è una canzone composta di getto, ma, anzi, scritta su commissione per Juliette Gréco. Ma la javanaise non é nemmeno un ballo: è la java quella che si danzava al ” bal musette” con la musica dell’accordéon.
Poco importa.
Se la si ascolta cantata dalla voce impastata di un Serge Gainsbourg sudato, impudico e, forse, ubriaco, la Javanaise perde tutti gli orpelli, arriva all’essenziale e si rivela per quello che è: il ricordo di un amore di una sensualità lancinante e disperata.
Chapeau !

 

 

Il mostro fresco, di giornata …

Pestatelo, è lui la Bestia sacrificale del giorno, lo ha decretato l’Accademia dei Linciaggi. È un meccanismo che ormai procede con cadenza quotidiana, senza soluzione di continuità. Dal nemico politico e ideologico all’outsider ribelle, dal no vax al no war, dal “putiniano” all’antiamericano, dal difforme al non abbastanza conforme.
Ogni giorno sui grandi giornali italiani e in tv si prende di mira un bersaglio e si procede a mazziarlo. In branco, magari in giorni diversi, ma con acredine progressiva. L’obbiettivo può essere non solo quello scontato, il Salvini o la Meloni di turno, il Berlusca in versione centro-destra o un Conte, un Grillo o un Renzi quando sgarrano rispetto alla Cupola di Sinistra, ma può essere anche il Cacciari o l’Agamben, il Montaigner o il Santoro, il Capuozzo o l’Orsini di turno, il Briatore e perfino il Giorgino sfrattato dalla conduzione del tg1.
Non succede mai che un detentore di potere effettivo, un funzionario organico della sinistra diffusa o un suo conduttore televisivo, un membro della cupola politico-mediatica-finanziaria, sia soggetto a critica e attacco corale fino al disprezzo e al pubblico ludibrio. Ma succede sempre e solo a quelli che non sono dalla parte giusta, che non hanno forti protezioni o che le hanno perse, o che si sono a un certo punto liberati dai tutori e dalla casa madre e ragionano con la loro testa.
Ci sono alcuni critici televisivi (citiamo il decano, Aldo Grasso) che colpiscono sempre, senza eccezioni, coloro che sono già stati colpiti e sfiduciati, coloro che versano in difficoltà, in caduta libera, che hanno perso il loro potere o la loro protezione o che sono sul versante opposto alla cupola. Ci sono corsivisti che fanno altrettanto (il capofila è Massimo Gramellini ma ogni giornalone ha i suoi cecchini di riferimento): la loro funzione è codificare lo sberleffo, la riprovazione e l’umiliazione di chi è reputato mostro, anomalia, fuori dal giro o senza il bollino di cosa nostra.
Un tempo il giornalismo di regime si vestiva d’aplomb e davanti al difforme preferiva tacere e guardare altrove. Pratica ipocrita ma almeno educata. Da quando siamo entrati nell’epoca sgangherata del livore, il contrasto ideologico è sostituito dal disprezzo antropologico, lo stile è cambiato e il cordone sanitario per isolare chi è controcorrente si è fatto cappio al collo per trascinare alla gogna l’infame di turno, con tanto di cartello denigratore appeso al collo. E appena si comincia la mattanza, a turno gli sferrano un calcio, una mazzata, uno sputo e una scarica di pomodori. Appena la vittima perde sostegni, viene scaricato e risulta isolato, viene azzannato, esattamente come fa la mafia.
Il silenzio si riserva semmai al Nemico Assoluto, che non va nemmeno citato, in modo da condannarlo al silenzio-assenza, cioè alla finzione che non esista, non sia mai nato o sia morto da tempo. Ma il Nemico di passaggio e di vetrina, il Nemico relativo e in vista, va colpito e duramente.
Con una variante antropologica: se è uno un tempo considerato dei loro, viene giudicato come uno che ha perso il senno, la lucidità, è rimbambito o impazzito. Non può aver cambiato idea e giudizio, è solo uscito pazzo. Un po’ come i regimi comunisti che chiudevano nei manicomi i dissidenti.
Se invece il Nemico è sin dall’inizio del campo sbagliato, viene vituperato come populista, nazionalista, conservatore, cattolico tradizionale, fascionazista, xenofobo e via dicendo di fobia in fobia. Va deriso e discreditato, è di una razza infame.
Del pestaggio di branco agli Orsini di turno si è già detto abbastanza negli ultimi tempi. Ed è fin troppo facile parlare dei leader politici di destra massacrati. Ma la distruzione-derisione si applica anche a figure miti e prudenti che mai hanno espresso opinioni forti e divergenti. Prendete l’ultima vittima, il morbido e serafico Francesco Giorgino, che conduceva da anni con garbo e moderazione il tg1 della sera. È stato epurato con due brave e fascinose conduttrici, Emma d’Aquino e Laura Chimienti, da Monica Maggioni, una che si crede Napoleone. Appena lo hanno fatto fuori, gli hanno rovesciato a mezzo stampa una serie di insulti sul piano umano e professionale tanto forti quanto generici che si possono estendere senza difficoltà a interi stock di conduttori televisivi: scialbo, banale, perfino phonizzato nella chioma; e opportunista, servile, pronto a cambiare casacca e bandiera. A leggere quei giudizi sprezzanti, sembra la biografia collettiva di un ceto intero di zelanti lacchè dell’informazione, come ce ne sono in tutte le reti e tg: e invece il vomito viene rovesciato su uno solo, che ha il torto di risultare più o meno di centro-destra, di avere un fratello ex-sindaco leghista e di essere caduto in disgrazia nella nomenklatura del potere televisivo; ergo si può colpire senza pietà e disputarsi il suo scalpo e la sua carotide.
Ma è possibile che non ci sia mai nelle loro stroncature uno che faccia il conduttore del tg3 o di un altro tg o di un programma di sinistra, oppure un direttore di quelli che hanno cambiato tante bandiere ma alla fine sono tornati all’ovile giusto, in quota alla sinistreria diffusa di Palazzo? Possibile che tra vagoni di parrucconi lottizzati, pacchi di giornalisti vuoti, tromboni e vanesi, di conduttori biascicanti o rintronati, si colpisca solo uno e solo da lui si pretenda che la sua conduzione abbia un valore aggiunto, e lo si sbertucci sia quando fa scelte pop con una particina in un film d’evasione, sia se insegna comunicazione all’Università? Non va dimenticata la premessa: l’attacco scatta appena il suddetto è caduto in disgrazia e ha ricevuto l’interdetto, la fatwa, dalla sua direttora o dal suo ex direttore. Non trovate questo sistema vigliacco e carognesco, manicheo e lievemente mafioso? Non trovate meschino che l’ironia e l’insulto si rivolgano verso chi è all’opposizione e si risparmi sempre chi sta al potere o nei palazzi alla sua sinistra?

MV.

Madre…

Quale fu il sentire della terra pregando che si aprissero le bocche della sua crosta e facendo spazio e strada alle sorgenti dei corsi d’acqua,e, nonostante questo avvenga fin dall’inizio del tempo, così una madre prepara la stanza per un bambino con lacrime fluenti ,attenta a contrastare ogni evento cattivo, malgrado sia pienamente cosciente che il massimo che lei possa fare è seguire il corso del destino.

picasso-madre

Progetto un mondo___una poesia bellissima di Wislawa Szymborska.

Progetto un mondo, nuova edizione,
nuova edizione, riveduta,
per gli idioti, ché ridano,
per i malinconici, ché piangano,
per i calvi, ché si pettinino,
per i sordi, ché gli parlino.

Ecco un capitolo:
La lingua di Animali e Piante,
dove per ogni specie
c’è il vocabolario adatto.
Anche un semplice buongiorno
scambiato con un pesce,
àncora alla vita
te, il pesce, chiunque.

Quell’improvvisazione di foresta,
da tanto presentita, d’un tratto
nelle parole manifesta!
Quell’epica di gufi!
Quegli aforismi di riccio,
composti quando
siamo convinti
che stia solo dormendo!

Il Tempo (capitolo secondo)
ha il diritto di intromettersi
in tutto, bene o male che sia.
Tuttavia – lui che sgretola montagne,
sposta oceani
ed è presente al moto delle stelle,
non avrà il minimo potere
sugli amanti, perché troppo nudi,
troppo avvinti, col cuore in gola
arruffato come un passero.

La vecchiaia è solo la morale
a fronte d’una vita criminosa.
Ah, dunque sono giovani tutti!
La Sofferenza (capitolo terzo)
non insulta il corpo.
La morte
ti coglie nel tuo letto.

E sognerai
che non occorre affatto respirare,
che il silenzio senza respiro
è una musica passabile,
sei piccolo come una scintilla
e ti spegni al ritmo di quella.

Una morte solo così. Hai sentito
più dolore tenendo in mano una rosa
e provato maggiore sgomento
per un petalo sul pavimento.

Un mondo solo così. Solo così
vivere. E morire solo quel tanto.
E tutto il resto eccolo qui –
è come Bach suonato sul bicchiere
per un istante.

il sogno P pablo picassp

                 Il sogno__Pablo Picasso