Il più bell ‘ inno all’ amore ,che mai sia stato scritto…

 

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l’amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi l’amore,
non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l’amore,
niente mi gioverebbe.
L’amore è paziente,
è benigno l’amore;
non è invidioso l’amore,
non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L’amore non avrà mai fine.

San Paolo (Lettera ai Corinzi)

 

dipinto di Nicoletta Banti

 

Ragioni e sragioni della guerra.

 

 

La questione Ucraina non è un capitolo dell’eterno conflitto tra libertà e oppressione. Questa rappresentazione ideologica e moralistica esclude la questione centrale che è di natura geopolitica con i suoi corollari storici, economici e sociali. Il problema è che l’Ucraina non è Occidente, per natura, cultura, storia e religione ma lo è solo rispetto alla Russia. Anche se il mercato globale e le oligarchie locali spingono verso ovest. Ma la Russia non può essere assediata dall’Occidente, ha bisogno di zone franche.

Collochiamo la storia dell’Ucraina nel suo destino geopolitico: essendo una terra di frontiera, border line, come dice il suo stesso nome, l’Ucraina ha vissuto sulla linea di confine tra oriente e occidente, esposta all’impero ottomano, ai mongoli, alla Polonia, e alla grande Russia. L’Ucraina è stata nazione diversa dalla Russia ma unita alla Russia, non solo dal legame religioso ortodosso. Del resto Rus si chiamava anche la nazione di Kiev già mille anni fa, all’ombra della chiesa di Costantinopoli-Bisanzio. Per secoli l’impero russo dominò sull’Ucraina, e nel suo periodo estremo gli zar cercarono di russificarla. I russi furono e sono una corposa minoranza nel Paese, anche se l’Urss impose come lingua ufficiale il russo anzichè l’ucraino. Poi dopo le turbolenze seguite alla Rivoluzione bolscevica, cent’anni fa, Lenin impose la repubblica socialista sovietica ucraina. E dopo alcuni decenni Kruscev impose di donare all’Ucraina la Crimea che mal sopportava l’annessione sentendosi pienamente russa. E’ per questo che alcuni anni fa la Crimea riuscì a liberarsi della Ucraina e tornò russa. Nel ’90 l’Ucraina si affrancò dall’Urss in caduta, dopo aver vissuto la tragedia di Cernobyl del 1986. I fatti recenti sono noti.

Cambiamo scenario. La Russia non è più come ai tempi dell’Unione sovietica un impero mondiale alla pari degli Stati Uniti, ma non è nemmeno solo una potenza regionale, periferica o una potenza in disfacimento come prima di Putin; si dovrebbe riconoscere un’area circostante di rispetto in cui evitare di stringere la Russia in assedio da tutte le parti. E invece, oltre a prefigurare l’entrata dell’Ucraina nell’Unione europea, importante per loro dal punto di vista economico-commerciale, significa già entrare come altri paesi ex sovietici, sotto l’influenza dell’Alleanza Atlantica; ma ora si stavano bruciando le tappe per collocare la basi militari della Nato in Ucraina.

Vi ricordate che successe a parti invertite quando a Cuba l’Unione Sovietica stava puntando i suoi missili contro gli Stati Uniti? Come sempre fu il “pacifista”, umanitario e democratico Kennedy che usò la forza e sfiorando il conflitto mondiale evitò quella minaccia contrapponendone un’altra. E vi ricordate gli interventi militari in Kosovo, le bombe umanitarie di Clinton, la Libia, l’Iraq, la Siria? Perché non dovrebbe fare la stessa cosa Putin? Certo, Putin non è un simpatico liberal-democratico, la sua è un’autocrazia con tratti illiberali, inquieta il suo curriculum, il suo modo di comportarsi, la guerra.

La soluzione ideale sarebbe stata: la Nato rinuncia alle basi in Ucraina, il processo d’integrazione europea non può prevedere una rapida integrazione ucraina. E la Russia rinuncia a invadere l’Ucraina e sottometterla al diktat russo, limitandosi a chiedere rispetto mondiale per una potenza di area così importante e garanzie per la minoranza filorussa e il Donbass. Le diplomazie sono complesse ma si può trovare un punto d’equilibrio se c’è questa volontà. Ma se si parte dalla pretesa che il mio allargamento è nel nome della Libertà e del Progresso e il tuo è solo aggressivo e regressivo, non si raggiunge nessun accordo. Che direbbero gli Usa se il Messico schierasse davanti a loro basi russe?

La follia di questa situazione è che le sanzioni colpiscono poco la Russia e molto l’Europa; e l’Unione europea, per fedeltà all’alleanza atlantica, dovrebbe accettare di perdere una sponda fondamentale ad oriente, perdere affari, energie, gas, solo per assecondare lo spirito pio dei democratici e del loro malfermo fantoccio, Joe Biden.

Il danno aggiuntivo è quello di spingere la Russia nelle braccia della Cina, comunista e colonialista, un nuovo impero in espansione che ormai dilaga dappertutto, in Europa come in Africa e in Asia. E la Cina mostra di ritenere (giustamente) inefficaci le sanzioni pur ritenendo deplorevole la minaccia di Putin e guarda come va la situazione perché freme dalla voglia di occupare Taiwan. Mai le sanzioni, a mia memoria, hanno migliorato le situazioni; hanno inacidito i rapporti, inasprito le relazioni, legato i popoli ai regimi sanzionati. E hanno prodotto alla fine ciò che dicevano di evitare: guerre, invasioni, attacchi terroristici, bombardamenti anche sulle popolazioni civili come l’infame embargo ai medicinali in Iraq e in Medio Oriente.

So che in Italia tutti hanno paura di non dire in premessa che sono zelanti e proni all’Alleanza Atlantica, capeggiati dal più zelante e guerrafondaio Pd; ma si tratta di avere il coraggio, almeno accennato da francesi e tedeschi, di non mettersi contro se stessi, contro la realtà geopolitica per far piacere agli Stati Uniti, dando pure vantaggi insperati alla Cina. Draghi è sempre angloamericano, allineato, gli altri sono al seguito, Mattarella non si è ancora ripreso dalla rielezione, il ministro degli esteri Di Maio gioca ai soldatini e i tutori non vogliono che vada in Russia. Si dovrebbe andare in altra direzione, ridiscutere la Nato come delega agli Usa della sovranità mondiale, far valere sul serio le sovranità, i patti e le unioni europee. E invece andiamo alla chiamata alle armi americane tirando il freno e sorridendo alla Russia, per cercare di salvare il salvabile. Ma ora è troppo tardi, è già tempo di guerra.

MV,(25 febbraio 2022)

Promemoria: smetterla con la guerra…c’è di meglio da fare!

PROMEMORIA 

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da far di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Gianni Rodari
war

Una lettera datata, ma sempre attuale, perchè essere giovani è sempre la stessa storia..

In realtà lo schema delle crisi giovanili è sempre identico: si ricostruisce a ogni generazione. I ragazzi e i giovani sono in generale degli esseri adorabili, pieni di quella sostanza vergine dell’uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi.

Mi esprimo un po’ coloritamente, lo so: ma purtroppo il giudizio che si può dare di una società come la nostra, è, più o meno coloritamente, questo. Voi giovani avete un unico dovere: quello di razionalizzare il senso di imbecillità che vi dànno i grandi, con le loro solenni Ipocrisie, le loro decrepite e faziose Istituzioni.

Purtroppo invece l’enorme maggioranza di voi finisce col capitolare, appena l’ingranaggio delle necessità economiche l’incastra, lo fa suo, l’aliena. A tutto ciò si sfugge solo attraverso una esercitazione puntigliosa e implacabile dell’intelligenza, dello spirito critico. Altro non saprei consigliare ai giovani. E sarebbe una ben noiosa litania, la mia.

: BERTRAND RUSSELL, La conquista della felicità, 1930.

 

russell

L’umanità ridotta ad un asterisco…

L’ egemonia globale della stupidità ha suscitato finalmente un cenno di rivolta anche da noi. Alcuni intellettuali, capitanati dal linguista Massimo Arcangeli e dal presidente emerito dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini si sono finalmente ribellati con un pubblico appello al massiccio tentativo di introdurre nelle scuole e nelle università, nei linguaggi istituzionali e nei mass media, l’asterisco, l’e capovolta, l’o barrata o per dirla in breve: lo schwa per tutelare lgbtq+. Non è il codice fiscale di un robot ermetico ma sono due sigle ritenute sacre, intoccabili, perché rivolte alla neutralizzazione del sessi e al libero transito dal maschile al femminile, e ritorno, per fermarsi in tutte le stazioni intermedie e periferiche; as you like, come tu desideri.

Secondo il nuovo Canone Demenziale si devono desessualizzare le parole, liberarle cioè dalla loro desinenza finale, renderle finalmente indeterminate, libere da ogni predominio sessista; nuove forme di castrazione o cintura di castità applicate al lessico e al mondo che descrivono, per estirparne i genitali e la “naturale” diversità. La missione ideale che anima la crociata dell’asterisco e dell’e capovolta è “rendere la lingua italiana più inclusiva e meno legata al predominio maschilista”. Ma a me sembra che una lingua del genere non sia inclusiva per nessuno, anzi escluda l’umanità reale e naturale. Sia nel versante maschile che in quello femminile, senza nulla aggiungere a orientamenti sessuali di terzo tipo.

La cosa più terribile è che l’avanguardia della demenza militante, il laboratorio di questo volantinaggio surreale, non è la sezione di qualche gruppo estremista e radicale, ma il luogo in cui la cultura, la libera intelligenza e la ricerca dovrebbero sentirsi a casa: nei concorsi universitari, nelle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale, sono già stati adottati questi codici, che vengono provvisoriamente resi con 3 finale, tipo professor3, in attesa che la schwa venga inserita nelle testiere dei pc e degli smartphone, perché la tecnologia è tardiva e in fondo conservatrice e reazionaria, come il linguaggio, la storia e la natura. A leggerla così sembra già una vittoria della burocrazia sul linguaggio reale; ma se aggiungi quel tocco sovietico, cinese, proteso a generare un uomo nuovo, o meglio un’uoma nuov3 ed una nuova umanit*, allora capisci nei paraggi di quale manicomio stiamo passeggiando.

I firmatari del documento notano che questa ennesima follia del politicamente corretto non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico e rischia di danneggiare “chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche”; io ho l’impressione che oltre a danneggiare chi soffre di queste patologie, l’uso militante di questa non lingua, peggio della neolingua orwelliana, generi queste patologie. Per i firmatari, tra cui il linguista Luca Serianni, il filosofo Massimo CacciariEdith BruckAlessandro Barbero ed altri, si tratta dell’imposizione di una minoranza “a un’intera comunità di parlanti e di scriventi”, “azzerando secoli di evoluzione linguistica e culturale”. Ma oltre che una violenza al linguaggio corrente e al suo cammino storico, l’asterisco e i suoi fratelli marziani, vogliono abolire la realtà, con le sue differenze naturali e genetiche, ma anche storiche, civili e culturali. Ulteriore follia cacofonica è la pretesa di cambiare i pronomi personali sostituendo il lui e lei con un l..i (con la e rovesciata), e sostituire direttrice, autrice, lettrice, con direttorae, autorae, lettorae (nota per l’editing: il dittongo ae sta per la e rovesciata). Insomma dopo la lunga conquista della versione femminile di quei nomi, adesso arriviamo alla versione liofilizzata, acrilica, extraterrestre del regno schwa. Arcangeli suggerisce ironicamente l’uso della u finale, in modo da rendere sardo l’universo, rifugiandosi nell’ultima locale asessuata… Ma i segni grafici, ha ragione Serianni, non hanno corrispettivo nel parlato; e il neutro, aggiunge Sabatini, non esiste in italiano, è artificiale. Tra le prime ad applicare la non lingua è Michela Murgia che ritiene lo schwa “un inciampo necessario all’occhio” per colpire il sistema sessista. “È una modalità per attivare anticorpi”; a me pare invece una modalità per attivare virus antiumani; la perdita del linguaggio, della sua chiarezza e della sua corrispondenza con la realtà, la natura e l’evidenza, mi pare il segno di un imbarbarimento anzi di un imbestiamento, con l’unica precisazione che gli animali riescono coi loro versi a farsi comprendere meglio del popolo degli asteroidi (o utilizzatori di asterischi). Siamo oltre il bigottismo progressista, in una specie di esperanto asettico che precede la definitiva incomunicabilità. L’asterisco è simbolo di infibulazione ideologica, nasconde il peccaminoso sesso, peggio dei più severi imam; è peggio di un burqa, perché non si limita a celare il volto di una persona; neutralizza il sesso, sterilizza i generi, cancella le persone reali, il mondo, la natura. Si tratta di “perbenismo superficiale e modaiolo”, che azzera secoli di storia, notano gli intellettuali insorti. Traduco in modo più diretto: è la pretesa del radical chic di applicare la cancel culture anche al modo di parlare presente e non solo agli eventi, ai personaggi e agli autori del passato.

Dell’umanità resterà solo un asterisco.

MV, Panorama (n.7)

 

Progetto-senza-titolo-1

Fuoco…

 

Il mio tramonto …ancora vivo
rosso come l’amore ,
caldo come il sole di mezzogiorno.
Il mio tramonto rifugge la notte,
ama le stelle, il canto dei grilli
la carezza del vento..
Il mio tramonto si veste di fuoco…
poi mi bacia un freddo raggio di luna!!!

gb

 

fuoco

Melania Trump e la piccola truffa del Nft…

di Riccardo Luna da It

 

Alla fine di dicembre anche Melania Trump ha annunciato di voler entrare nel mondo degli Nft, i Non Fungible Token, che in questo momento stanno andando fortissimo fra i collezionisti di oggetti digitali. E così l’ex first lady della Casa Bianca ha messo in vendita i primi esemplari di una serie chiamata Head of State Collection, aperta dalla versione digitale di un acquerello dei suoi bellissimi occhi blu.

“Sono orgogliosa di questo progetto che sosterrà le mie iniziative per aiutare i bambini”, ha detto la Trump e l’asta online è partita. Prezzo di partenza 175 dollari, prezzo finale 185 mila dollari. Ma quello che accade nel mondo degli Nft, ogni transazione, avviene su un registro pubblico immodificabile che tutti possono consultare e così è stato facile scoprire che il vincitore dell’asta del primo Nft di Melania Trump è stata Melania Trump. Ovvero il portafoglio del profilo che ha creato quell’opera digitale ha trasferito ad un altro portafoglio una somma che poi è stata trasferita ad un terzo che con quei soldi ha piazzato l’offerta vincente. Il meccanismo anche nelle aste fisiche non è nuovo. Ma volendo è simile a quello che capita in certi mercatini dove trovi quei tipi che ti chiedono di indovinare sotto quale coperchio ci sono i soldi e c’è sempre un compare che scommette e vince per dimostrare quanto è facile, poi ci provi tu e perdi tutto. Una truffa vecchia come il mondo che il digitale sta soltanto replicando. In questo momento nel settore degli Nft casi analoghi ma con nomi meno celebri dell’ex prima donna degli Stati Uniti si stanno moltiplicando. Spesso le valutazioni astronomiche che vediamo sono gonfiate semplicemente trasferendo (riciclando?) gli stessi soldi fra due conti della stessa persona. E’ un peccato, perché ci sono anche tanti artisti che in buona fede si stanno avvicinando ad un settore che potrebbe avere un senso. Serve qualche regola, nel frattempo muovetevi con cautela.

 

occhi melania

Italia, che non cambi mai..

Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico,
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto il male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini

italia

 

Un infaticabile lavoratore, il prezzemolo di tutte le situazioni un po’ problematiche da chiudere… Il punto esclamativo sempre sotto osservazione dai più attenti letterati.

Un pit-stop sul punto esclamativo  è proprio necessario, anzi indifferibile.

Non se ne può più. E non ne può più nemmeno lui, di sicuro.
E’ evidente ormai che sta pagando duramente lo stress da iper-lavoro a cui è costretto.
L’avvento delle comunicazioni virtuali, di internet (email, blog, commenti a commenti di commenti, twit, post faicebookkiani e via dicendo) ne ha ipermoltiplicato l’uso e lo ha travolto.
E come tutti gli stressati sta diventando inutile, ridicolo, irritante, fastidioso.
E’ altrettanto evidente che non è colpa sua. Le colpe sono nostre e tre sono le principali:
1) la grafomania imperante: scriviamo troppo. E’ diventato troppo facile scrivere. E per tentare di farsi leggere, la strada di solennizzare e rendere apodittico quel che tasteggiamo è quella più facile.    Il “!”, pensiamo, richiama l’attenzione su quel che scriviamo; e quel che scriviamo spesso supponiamo non la meriti, l’attenzione (spessissimo, a giusta ragione).
Paradossalmente più temiamo di non interessare e più esclamiamo.

2) non abbiamo più certezze (che di per sé sarebbe cosa buona e giusta). E questo non ci sta bene.
Allora simuliamo di trasformare in certezze un numero spropositato di piccoli spunti, di idee veloci, di transitori moti dell’animo, di pensieri in libertà, di labili giudizi. Appoggiamo un punto esclamativo a queste cose, contando come nell’effetto di una trave su un edificio terremotato. Con lui insomma noi tentiamo di mettere in sicurezza le nostre precarie costruzioni mentali; di proteggerle dal rischio, che avvertiamo probabile ed imminente, di crolli disastrosi e di sbrigative rimozioni delle macerie dalla mente di chi ci legge. Invano, naturalmente.

3) siamo sempre più emotivamente isolati.
Sembra paradossale, ma è così: più siamo in contatto col mondo e più ci sentiamo individui isolati. Ebbene il  “!” pietosamente trasporta clandestinamente nella sua esile asticciola un sapore mentale, un nostro retrosentire segreto. Lì dentro noi ci infiliamo una richiesta di complicità, una invocazione di assenso, l’implorazione di una carezza di riconoscimento. E’ come se attraverso di lui dicessimo: “quel che dico è vero: riconoscilo! credimi! stai dalla mia parte! amami!”

Ecco, il povero “!” lo sovraccarichiamo di tutto questo fardello di bisogni di comunicare, di sicurezze, di empatia, di affetto.
Non si tira indietro, lui. Come potrebbe d’altronde? E’ solo un povero tasto emarginato, lassù, in alto a sinistra: il cappellino del numero 1, precariamente appoggiato su un puntino. Subisce. Così appesantito, fa fatica a mantenere l’equilibrio. Si stanca. Sente il ridicolo che lo fa traballare e poi lo travolge.


Andrebbe protetto, custodito, indossato come il vestito della festa; usato come il salotto buono delle case di una volta; mangiato come la carne un secolo fa, nelle ricorrenze veramente importanti.

Ha sicuramente bisogno di riposo, di un periodo di ritiro. Per recuperare  il senso della sua esistenza, il rispetto di sé, il suo rango nobile ed antico.

Una proposta precisa noi ce l’avremmo:
mandiamolo a meditare per un pò nel chiostro silenzioso del dubbio!

Quando l’amore è una cosa meravigliosa…

Come ti amo? Lascia che te ne conti i modi.
Ti amo fino alla profondità, la vastità e l’altezza
che l’anima mia può raggiungere allorquando
persegue, irraggiungibili agli sguardi, i fini del bene
e della grazia ideale.

Ti amo al livello delle calme
necessità quotidiane, alla luce del sole ed al lume
della candela.

Ti amo liberamente come gli uomini
tendono al giusto, ti amo puramente, come essi
rifuggono dalle lusinghe.

Ti amo con la passione
sperimentata nei miei antichi dolori e con la fede
della mia fanciullezza.

Ti amo d’un amore che mi
sembrò smarrire coi miei santi perduti: ti amo col
respiro, i sorrisi, le lacrime di tutta la mia vita e, se
Dio vorrà, ti amerò ancor meglio quando sarò
morta.

Elizabeth Barret Browningquando l’amore è una cosa meravigliosa

 

meraviglia