Le donne forti…

 

Le donne forti
camminano dritte,
lungo l’asfalto della vita.
Sono donne difficili.
Sono donne che
non si accontentano più.
Hanno il sole negli occhi,
e qualche relitto di troppo
nel cuore.
Eppure, non si stancano
di sfidare l’incertezza del mare.
Vivono di sogni
mischiati al cemento.
E capita che non sappiano
più distinguere gli uni dall’altro.
Danzano scalze.
Un po’ zingare, un po’ selvagge. Eternamente bambine,
sotto le ciglia vestite di rimmel,
e le labbra rosso rubino.
E’ la mente a partorire
il loro erotismo che,
lento, si annida nel cuore.
E poi, sinuoso,
si traduce sul corpo.
Il loro fare l’amore,
è un fare l’amore complesso.
Per questo,
quando prendi una donna,
non ne prendi un pezzo soltanto.
Ne sposi l’armoniosa,
assoluta, totalità.
Le donne forti
spogliano l’anima,
la vestono di magnifico nulla,
la dividono in parti,
piccolissime parti,
e ne mettono una
in ogni cosa che fanno.
Tutto quello che toccano
diventa magia.
La loro vita
è una corsa ad ostacoli,
senza podio e senza medaglie.
Si portano addosso i fallimenti,
e le sconfitte,
con innata eleganza,
e dignità sofferta.
Come un tassello di vita che, malgrado il dolore,
non baratterebbero mai.
Perché sono ciò che sono.
E non lo rinnegano.
Le donne forti
non smettono di cercare qualcuno per cui valga la pena
tornare ad amare.
Perché le donne forti
tornano ad amare
una volta ancora,
una volta in più,
una di troppo.
Anche dopo aver
giurato a sé stesse
che mai più lo avrebbero fatto.
Le donne forti fanno paura.
Ma sono le sole
per cui valga lo sforzo.
Antonia Storace

donna forte

 

Le scelte giuste… coloratevi di nuovo.

 

Scegliete amici, amanti e amori che siano ali forti con cui spiccare il volo, che vi aiutino a nascere, pure quando nascere fa male, per scoprire chi siete davvero, per rendervi persone migliori. Scegliete chi vi rimprovera per troppo affetto, invece di chi vi consola per convenienza. Chi vi affronta a muso duro, vi urla a dosso e alla fine resta. Scegliete chi non vi incatena all’immobilità del suolo, ma disegna per voi un altro pezzo di cielo. Chi non fa promesse e poi le mantiene. Chi tradisce le aspettative, perché non c’è altro modo di onorare la vita, nella sua magnifica imperfezione. Chi vi cambia gli occhi, o ve li restituisce per la prima volta, mostrandovi un modo diverso di guardare. Scegliete chi vi spinge a lottare, a combattere, a crescere, a sperimentare. Chi inventa ogni giorno colori nuovi, e ha incoscienza abbastanza da accostare il verde col giallo, il blu cobalto col rosso rubino, perché nulla ci fa più coraggiosi come la capacità di rompere gli schemi e sovvertire l’ovvio. Scegliete chi vi fa paura. E poi, scegliete chi vi fa venire voglia di vincere quella paura.

colori nuovi

 

Quanto pesa il cuore…

Ho imparato a pesare il cuore della gente con le mani. Duecentoventi grammi. Trecento. Trecentodieci. Ho imparato a pesare il cuore della gente con le mani, e raramente sbaglio. Le metto a cuppetiello, come con la frittura di paranza. Ci faccio una conca, una bacinella, un secchiello per bambini. Al posto delle mani ho due piatti di bilancia, una stadera da fruttaiuolo che non mente. Sottraggo la tara al peso lordo e misuro le persone al netto di chi sono.

Ho sentito, con le mani, cuori pesanti di piombo di malinconie. Altri, invece, erano leggeri, erano piume d’uccello, erano soffioni. Mi sono piaciuti tutti e due, e mi sono sentita un po’ piombo e un po’ soffione pure io, mentre mi pesavo il cuore con le mani a cuppetiello, dosando l’amarezza di certe assenze e, di altre assenze, la liberazione.

Il cuore è un muscolo che risponde alla legge di compensazione, ai vasi comunicanti, a sacco vuoto e sacco pieno. I cuori più grevi sono quelli stipati di rimpianti, come gli scaffali delle dispense alimentari. Li riconosco al tocco, mi basta poco, nun ce vo’ niente. Hanno dentro una tristezza diversa dalla tristezza dei rimorsi, che è più rabbiosa, incattivita ma vibrante. Il cordoglio dei rimpianti, invece, delle cose che non abbiamo osato per paura, delle persone che abbiamo perduto per inazione, per pavidità o inettitudine, è un sentimento apatico, depresso, insonnolito. Come quando non hai voglia di far nulla e ti accomodi sul letto pigramente, aspettando che il tempo passi, che qualcosa accada e ti travolga. La tristezza dei rimpianti è una tristezza che si è arresa e non reagisce. È un morto che cammina.

I cuori più leggeri, invece, i cuori-soffione, i cuori-piume d’uccello, li peso con una mano sola e tanto basta. Sono spumosi, sembrano friabili, mi ricordano la schiuma di sapone che si infrange quando l’hai montata a neve nella vasca; ci hai fatto dentro l’amore che profuma di nudo, l’amore che inarca i reni, quello che urla il piacere a bocca piena e ventre teso, quello che non si aspetta niente e sente tutto, sente il doppio. L’amore che ti fa femmina, l’amore che ti fa uomo.
I cuori più belli sono un poco e un poco. Un poco pesanti e un poco leggeri. Un poco zavorra e un poco spuma. Hanno dentro il peso e la leggerezza, l’arrivo e la partenza, lo scatto di chi fugge e l’immanenza di chi resta. Al gioco di sacco vuoto e sacco pieno loro sono sacco mezzo, non per quella storia dei grigi, della diplomazia di chi non si schiera, di chi non parteggia. No. Al gioco di sacco vuoto e sacco pieno loro sono sacco mezzo perché la vita li ha spaccati in due, li ha divisi. Ci ha messo sotto la leggerezza dei soffioni, delle piume d’uccello e della spuma, e sopra la pesantezza del piombo delle malinconie. La prima regge la seconda e non le permette di cadere; la seconda resta in equilibrio sulla prima e non la schiaccia. È una legge fisica sbilenca, sovversiva; è una logica oltreumana ca sùlo ’o core pò capì.

Centocinquanta grammi, grazie. A me ne bastano duecento, prego. Io abbondo, ne voglio trecento. Metto il cuore della gente nel cuppetiello delle mani e faccio su e giù. Molleggio a mezz’aria e poi sputo la sentenza: cuore soffione, cuore piombo, cuore sacco mezzo.

Non lo dico e non lo lascio intendere ma, da lì in avanti, io ti ho pesato.

(Antonia Storace, dal libro Frumento e papaveri)

peso del cuore