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Post N° 316

Post n°316 pubblicato il 19 Novembre 2006 da MARIONeDAMIEL
 

La giornata è iniziata male. Quel tempo marcio, nè pioggia nè vento.

Le bocche di leone sono ancora incredibilmente belle....

E mi sembra impossibile che solo ieri fossi così contenta e oggi... le donne sono lunatiche... odio i luoghi comuni, hanno sempre ragione in fondo.

Come sempre mi chiedo perchè sto così male.... ormai è tutto chiaro, almeno per me, forse anche per te.

Per ora cosa abbiamo guadagnato? Un altro natale insieme, sei mesi, e poi?

"Ragazzi, oggi non ho voglia di...."
"Non preoccuparti mamma, andiamo in bici".
Meno male che stanno crescendo.

Elisa, da Fazio, parla della mia terra, dice che da noi c'é "una cultura un pò anni settanta"... si riferisce alla musica. E la parlata scopre qualche inflessione nostra....

 
Io ci sto bene qui. Tu no. Forse per questo non ha funzionato. No, no Marion. E' più semplice. Le storie si dividono in due tipi: quelle che funzionano, e quelle che finiscono.

Quanto più ci investi, più ci stai male. Ecco perchè.

Anche questa giornata è finita, un altro tramonto a nord est....  notte Marion.


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Commenti al Post:
magdalene57
magdalene57 il 20/11/06 alle 07:29 via WEB
hai detto bene, Marion, più c'investi , più ci resti male. Ma che senso avrebbe stare con un uomo senza investirci molto? Sarebbe come entrare in una sala da balllo e starsene seduta battendo il tempo con il piede, invece di danzare. come si è capaci. Su certe cose, però , credo che non si debba investire per nulla, se non ci piacciono fin dall'inizio. :-))
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 20/11/06 alle 08:43 via WEB
Certi investimenti li fai una volta sola Margy, 25 anni della mia vita mi sembrano tantini. D'altra parte, per come sono, non sarebbe stato possibile diversamente. Aver voglia di investire ancora, questo è il punto. Ma probabilmente non sono cambiata nonostante tutto. Ciao bella.
 
walk_on_by
walk_on_by il 20/11/06 alle 08:11 via WEB
Evidentemente i 'luoghi comuni' hanno una radice di verita'. Scherzi a parte, è tanto intimo quanto amaro il tuo post. Non c'è che da rispettare il tuo dolore. Le esperienze amare, devastanti, servono comunque per crescere. Tra le mille soluzioni potrebbe anche esserci un "punto e capo". E ricominciare ed investire su se stessi... Nel tuo intimo sai tutto, buona setitmana Marion...
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 20/11/06 alle 08:44 via WEB
Investire su se stessi mi piace, sarebbe ora, dico io. Ma mi resterà ancora del capitale disponibile? :) lo spero. Buona settimana a te walk..
 
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 20/11/06 alle 09:24 via WEB
Mi inserisco qui. Dice bene walk che le esperienze negative aiutano a crescere. Ma s'arriva al punto che uno nn vorrebbe crescere più e cominciare a vivere esperienze belle. Sono qualunquista, lo so, ma oggi ho voglia di crescere poco, di stazionare alla mia solita altezza. Un abbraccio Marion
 
   
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 20/11/06 alle 13:00 via WEB
Pure io sono cresciuta abbastanza, giudico che ora basta... ricambio l'abbraccio casalingaqualunquista.
 
     
walk_on_by
walk_on_by il 20/11/06 alle 14:00 via WEB
Evinco dalle vostre parole che siano stufi di crescere con esperienze 'formanti'. Ergo, sarebbe d'uopo cominciare ad investire su se stessi... Ma tra il dire, e il fare... Buon pomeriggio ragazze
 
     
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 21/11/06 alle 11:01 via WEB
Ciao Walk! Sarebbe d'uopo sarebbe d’uopo.. mi fai concorrenza nel linguaggio forbito… ma io ogni tanto scado nella rozzezza da trivio…. È d’uopo pure quella? Bacino.
 
TerzaPaginaPress
TerzaPaginaPress il 20/11/06 alle 09:04 via WEB
MORIRE DENTRO............................................................................ Un uomo del mio paese mi ha stuprata. Io ho avuto la malsana idea di confidarmi con un mio parente. Lui mi ha preso, mi ha legato in una stalla ed è andato a denunciare il fatto. Per evitare una faida si è costituto un tribunale presieduto dal sindaco. Esso si è riunito, ha meditato ed ha emesso la sua decisione. Avendo avuto rapporti sessuali esterni al matrimonio sono divenuta haram, proibita per mio marito. Mi hanno uccisa. Sono haram per mio marito. Mio marito ha ottenuto il divorzio. E per la legge mussulmana non può risposarmi prima che io sposi un altro uomo e che divorzi da lui. Cosi sta scritto. Sono stata fortunata potevo essere ritenuta più colpevole ed essere condannata alla lapidazione dove le pietre, come è scritto, non devono essere troppo grosse per uccidere subito, ma neppure troppo piccole per non essere considerate pietre. Sono stata vittima e ora sono anche colpevole. La mia firma è stata messa sui documenti per il divorzio legale. La mia firma era falsa. Anche il mio stupratore è stato giudicato. Il tribunale lo ha giudicato colpevole. Ha poi deciso come dovesse risarcire mio marito. Avendo lui una figlia sedicenne, è stato concesso a mio marito la possibilità di stuprarla e poi come segno riparatore di celebrare il matrimonio nella moschea e di prenderla in moglie. Mi hanno uccisa e adesso uccideranno ancora. Sono stata legata per sei giorni, mentre tutto questo accadeva. Mi sentivo morire. Sentivo i miei 22 anni divenire nulla. Sono riuscita a rompere i legacci. Non ero sola un'altra donna mia parente mi ha aiutato. Ho trovato la forza. Abbiamo avuto il coraggio di provare a lottare. Sono scappata e sono andata a denunciare il tutto alla polizia. Adesso la giustizia dello stato è intervenuta e sta facendo il suo corso. Ha arrestato il mio stupratore e quello che è, ma non cosidero più mio marito, e ha denunciato altre 10 persone. Non cerco vendetta, cerco solamente di riavere la mia vita. Prego perché nessuno debba ancora morire in questo modo. ---------------------------------- Fedelmente tratto ad un fatto di cronaca realmente accaduto in Turchia una decina di giorni fa.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 20/11/06 alle 13:07 via WEB
Eh, tezina cara. che dire, queste son donne coraggiose, che si trovano a lottare per far rispettare le leggi sulla propria pelle. Ma per gli stupri nelle nostre occidentalissime città, ad opera di adolescenti, ma anche no, che dici? Quanti secoli ci vorranno ancora perché gli uomini imparino a contenere questi “istinti”?
 
majrina
majrina il 20/11/06 alle 12:18 via WEB
mi sei mancata tanto, perchè era due settimane che non potevo frequentare il mio e gli altri blog quotidianamente come ho sempre fatto. e mi è mancato. mi sono mancati i tuoi pensieri e la descrizione della tua vita, perchè leggere un post è come entrare in punta di piedi nella vita di qualcuno che non conosci, come scrutare attraverso le tende di una bella casa di estranei la vita che conducono lì dentro, senza farsi troppo vedere o sentire, lasciando una traccia a volte. un bacione..non essere triste, domani verrà il sorriso e tutto passerà. ah per me ci sono anche le storie del terzo tipo, non aliene, ma che faticano, che ci fanno andare sulle montagne russe, dal paradiso dritto all'inferno.. e poi ogni storia ha la sua storia.decidi tu la vostra
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 20/11/06 alle 13:16 via WEB
Anche quelle del terzo tipo alla fine di riconducono a uno di questi due tipi… propenderei per la seconda, perché le montagne russe, alla lunga fanno male, ma capisco che ci devono stare e che a volte sono loro che ti vengono a cercare. Ehi, mi sei mancata anche tu ragazza… oggi va meglio grazie. Bacione a te.
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 20/11/06 alle 21:33 via WEB
Buona notte Marion, con sogni belli e piedi caldi
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 21/11/06 alle 10:59 via WEB
Dormito bene, caldo che ho buttato giu' il piumone. Ciao bella. buona giornata a te.
 
annisexanta
annisexanta il 20/11/06 alle 22:03 via WEB
«C'è una fine per tutto e non è detto che sia sempre la morte.» (Giorgio Gaber)...Ho ascoltato...in silenzio...
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 21/11/06 alle 10:58 via WEB
Giusto. Sono convinta anch'io, c'è una fine per tutto. Grazie Mauro.. molto delicato, sorriso.
 
mon1974
mon1974 il 20/11/06 alle 22:21 via WEB
Il cambio d'umore sarà la depressione post ciclo..:-))?? Credo sia inevitabile per noi donne investire tutto nell'altra persona, siamo fatte così diamo sempre il massimo, nel lavoro, nell'amore, nella famiglia...Certo, la fine di un amore è dolorosa e per un amore così lungo lo sarà ancora di più, ma il fatto che ti abbia il coraggio di investire ancora su te stessa e gli altri è una cosa positiva, non credi??... Uelààà, che commento lungo...:)))) ti abbraccio ragazza, monica.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 21/11/06 alle 10:57 via WEB
Siamo fatte proprio male cara Monica... malissimo direi... il ciclo c'entra, inevitabile. A volte bisogna solo pensare che non ne vale, proprio, la pena, e guardare avanti, testa alta e sguardo dritto di fronte a sé. Brava quella ragazza... ti abbraccio pure io.
 
SonSoloFrottole00
SonSoloFrottole00 il 21/11/06 alle 08:28 via WEB
di Andrea Bajani In ventotto anni Julia ha cambiato tre posti di lavoro. Dal 78 all’85 alla Fiat di Torino, dall’85 al 93 alla Sepi di Robassomero, e dal 93 a oggi alla Lear di Grugliasco. Ventotto anni, tre aziende, eppure sempre lo stesso lavoro: sellatura per le vetture Fiat. Dal 78 a oggi ha continuato a iterare un identico movimento, mantenendo un’identica postura, svolgendo un’identica mansione. Solo, ogni tanto le hanno fatto cambiare casacca e padrone, per poi rimetterla in catena a rivestire sedili. È così che funziona, è il diktat della flessibilità, che qui veste gli abiti dell’esternalizzazione: perché fare direttamente qualcosa che si può far fare ad altri spendendo e rischiando di meno? È il trionfo della leggerezza: perché caricarsi di tante zavorre quando è meglio avere valige snelle da tenere accanto alla porta in caso d’emergenza? Entrata in Fiat nel 78, Julia Vermena, classe 1959 e delegata Fiom, appartiene a quei 23mila parcheggiati in cassa integrazione dopo la “Marcia dei quarantamila” dell’ottobre 1980. Quella è storia tristemente nota, una delle pagine cupe del movimento operaio e della storia del sindacato italiano. Dopo l’annuncio da parte di Fiat di quindicimila licenziamenti, e i lunghi scioperi che ne seguirono, migliaia di “colletti bianchi” scesero in piazza contro il sindacato. Risultato: 23 mila cassintegrati, tra i quali Julia. E così Julia, che aveva cominciato a rivestire sedili nel 78, per cinque anni se ne sta ai box, pronta a ripartire. Cosa che fa nel 1985: e riprende il movimento dove l’aveva lasciato, termina di rivestire il sedile che aveva abbandonato in catena. Solo, non più a Mirafiori. Fiat compra un capannone abbandonato nella campagna di Robassomero e mette in piedi un’Unità Produttiva Accessoristica (UPA). Comincia a dar fuori parte della produzione accessoria. E, tra gli accessori, a Robassomero, ci mette anche le persone non desiderate: “Li chiamavamo ‘Centri di rieducazione’, allora. Era un posto in cui mandavano sindacalizzati, invalidi, e più in generale tutti quelli che non volevano a Mirafiori”. È il diktat della flessibilità, dell’esternalizzazione: perché tenersi in casa delle teste calde quando è più conveniente metterle tutte insieme in un deposito fuori mano? Insomma, è il 1985, i livelli di sciopero all’UPA di Robassomero sono inevitabilmente alti, e Julia, lì dentro, continua a occuparsi di sedili. E il suo padrone, per dirla alla vecchia maniera, è ancora la Fiat. Ma dura poco. Un paio d’anni, infatti, e gli operai di Robassomero, senza troppo distrarsi dalla catena, e senza smettere di sellare il sellabile, vedono due persone che si stringono la mano. Una stretta di mano, e cambia il padrone. Ma non sono cose che li riguardino, queste. Son cose che avvengono molto al di sopra delle loro teste. Loro, e tra loro Julia, devono occuparsi di rendere confortevole il sedile. E loro di questo si occupano. E tra una sellatura e l’altra, il loro padrone non si chiama più Fiat ma Sepi. È la prima delocalizzazione della Fiat, che decide di appaltare a a una ditta esterna la sellatura dei sedili. E già che c’è gli appalta pure le teste calde. Cambia l’insegna qua fuori, ma voi continuate a sorridere come prima. E così gli anni passano, gli operai sellano, e ci si abitua anche ai nuovi padroni. Sotto le loro mani, in quegli anni, passano sedili e poggiatesta della Uno e della Lancia Thema. Gli anni 80 si consumano, gli operai della Sepi continuano a sellare, e nel frattempo gli Stati Uniti, che avevano liberato l’Italia nel 45, all’inizio degli anni Novanta vengono a riprendersela. È il 1992, e in Italia si affaccia la Lear, colosso statunitense leader negli interni auto. Mette un piede in Italia e tenta di comprare tutto quanto è legato agli interni auto. Come in Italia così nel resto del mondo. Ovunque ci sia un’azienda che produce automobili, lì accanto Lear si compra un capannone e ci mette dentro della gente che produca gli interni. Che sia Fiat, che sia Volvo, che sia Wolswagen o Audi, la Lear ha capito che le aziende non ne vogliono sapere, di farsi le cose da sole. È il trionfo dell’epoca della fornitura. Non devi occuparti di nulla, ce ne occupiamo noi. Così la Lear arriva imperiosamente in Italia. È il diktat della flessibilità: prendi una multinazione americana e vendigli tutto. Che con gli americani si fan sempre dei gran begli affari. Detto fatto. Un passo indietro, però. Gli operai della Sepi, e tra loro Julia, li avevamo lasciati a sellare sedili per la Fiat. Nuovo padrone e stessa mansione. La Sepi di Robassomero funziona bene, e in qualche modo ci si è anche un po’ dimenticati della logica della rieducazione delle teste calde. Fiat le ha date via, in ogni caso, e dunque non è più un problema che la riguardi. Adesso eventualmente sarebbe un problema di Sepi. Ma ancora per poco, perché in Italia arriva Lear. E Lear quando arriva, compra tutto quello che può. Gli americani la fanno così la liberazione: liberano gli altri del lavoro che hanno. È il 1993, e lo stabilimento della Sepi di Orbassano chiude i battenti per riaprire negli stabilimenti dell’ex Sicam di Grugliasco. Solo, nel passaggio ci perde anche il nome: la Sepi diventa Lear. Gli operai per qualche tempo restano a Orbassano. Poi vengono caricati a portati tutti a Grugliasco. È un deja vu: si cambia di nuovo casacca. Prima dipendente Fiat, poi dipendete Sepi, Julia diventa (e come lei tutti gli altri lavoratori della Sepi) dipendente Lear. Cambia padrone, e questa volta però ci guadagna l’esotismo di un padrone a stelle e strisce. La mansione, sempre la stessa. In realtà non è esatto, dire che la mansione è sempre la stessa. Per sei anni, infatti, cambia. Nel 1993 infatti la Lear decide di abbandonare la sellatura e buttarsi sulla saldatura. Detto fatto: da sellatori, i lavoratori ex Fiat ex Sepi devono convertirsi in saldatori. Un po’ di corsi di formazione, come si conviene, e i sellatori son tutti diventati saldatori. È il diktat della flessibilità: non essere rigido, fai quello che serve che tu faccia. Prima tutti a destra, ora tutti a sinistra: il balletto degli operai flessibili. Ma ci si accorge presto che la saldatura rende poco, e così nel 99 Lear decide di tornare alla sellatura, che rende di più. Da sinistra, ora di nuovo tutti a destra. E così, con la nuova casacca d’oltreoceano, Julia ritorno a sellare sedili fino ad oggi. Pur cambiando datore di lavoro, negli anni Julia veste i sedili delle auto che hanno fatto la storia del nostro paese negli ultimi trent’anni: Fiat 127, 131, 132, 130 (1978-80), Fiat Uno e Lancia Thema (1985, 1993), Fiat Multipla, Punto, Idea, Musa, Lybra (1993-2006). E siamo all’oggi. Che dietro ci sia Sepi, che ci sia Lear, il vero padrone resta però sempre la Fiat. E’ il trionfo della fornitura: perché mai fare le cose direttamente quando si possono far fare ad altri con minor costo e meno rischi? Dal primo anello, il diktat della fornitura, giunge fino all’ultimo, al più debole. Fiat dà da fare i sedili alla Lear, piuttosto che farseli. Ci ha già provato e ha visto che non le conviene. E questo è il primo passaggio. Alla Lear si vive alla giornata, di conseguenza, calibrando la produzione sulla base delle richieste che Fiat fa giorno per giorno. “Dal momento in cui Fiat comunica i volumi per la giornata, abbiamo tre ore di tempo per produrre”, mi dice Julia. Tutto deve filare in maniera impeccabile. Se qualcosa si inceppa alla Fiat, il tutto ricade a valanga sui fornitori: “un raffreddore alla Fiat diventa un’influenza da noi”. La rottura di un macchinario in Fiat può voler dire ore o giornate di cassaintegrazione alla Lear. È la logica della fornitura, cui non si sottrae nemmeno Lear. Secondo passaggio. Se Fiat si limita ad assemblare i pezzi dei veicoli prodotti nelle aziende satellitari, Lear non va così lontano: le aziende che concorrono a dare vita a un sedile Lear sono 58. Sono in 58 A produrre componenti per un unico sedile, dalle ossature alle spugne, dalle cinture di sicurezza alle fodere alle rondelle ai carter, etc. E dunque se si rompe un macchinario alla Fiat, la criticità diventa emergenza alla Lear e a catena su altre 58 aziende. E questo solo per restare nello stretto ambito del sedile. È il diktat della flessibilità, che consente di evitare le rigidità del sistema… Ma non finisce qui, la catena delle forniture. Perché la Lear, oltre a dare all’esterno la produzione di alcuni componenti dei sedili, dà in appalto anche dei servizi interni. Alla Tnt affida parte della movimentazione interna, e la Tnt e sua volta la subappalta alla Marvig, una cooperativa specializzata. Lear appalta a Tnt che subappalta a Marvig. Perché fare direttamente le cose quando si possono delegare ad altri con costi inferiori e minori rischi? Risultato: “un carrellista dipendente della Lear può guadagnare 8 euro all’ora – mi dice Julia -, contro i 5,20 di un carrellista della Marvig. Che per di più non è un dipendente, ma un socio lavoratore della sua cooperativa, quindi sindacalmente poco difendibile. Questa catena mette in evidenza un metodo ben preciso: fare costante manutenzione della precarietà altrui. È questo, uno dei miracoli della flessibilità. Solo organizzando la precarietà altrui, si possono dettare i prezzi. In italiano corrente, si chiama sistema ricattatorio. Che è come dire “Prima tutti a destra, ora tutti a sinistra” a persone che non possono fare altro che ballare, in barba al senso del ridicolo. [ Pubblicato su l’Unità il 12 novembre 2006 ]
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 21/11/06 alle 10:56 via WEB
Ciao Terzina.
 
hesse_rm
hesse_rm il 22/11/06 alle 10:04 via WEB
ciao Marion...passato il giorno "no"??Bhe io dico sempre ..per ogni giorno storto uno dritto ne arriverà....^_^
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/11/06 alle 12:40 via WEB
Passato passato. Non tutti i giorni sono uguali, per fortuna... ;-)) ciao Anna
 
BevetePocaColla
BevetePocaColla il 22/11/06 alle 10:15 via WEB
...domani é un'altro giorno.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/11/06 alle 12:41 via WEB
..filmone...
 
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SIBILLA ALERAMO

"Mi pareva strano, inconcepibile, che le persone colte dessero così poca importanza al problema sociale dell'amore. Non già che gli uomini non fossero preoccupati della donna; al contrario, questa pareva la preoccupazione principale o quasi. Poeti e romanzieri continuavano a rifare il duetto e il terzetto eterni, con complicazioni sentimentali e pervensioni sensuali. Nessuno però aveva saputo creare una grande figura di donna."

 

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