Una vacanza in Grecia…

 

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ILLUSTRAZIONE DI ZAC

Una vacanza in Grecia

 

Rachele uscì dalla saletta piena di sostanze chimiche. Barcollante si diresse verso suo figlio. Pronto e oramai esperto nella manovra, la prese per il braccio e l’accompagnò nella stanza delle poltrone verdi. Lei barcollò ma riuscì a stare in piedi. L’avambraccio del figlio diventò una ringhiera di legno stretta nella morsa delle sue dita. Dieci poltrone di similpelle disposte su due pareti. Cinque pazienti sulla parete di destra, cinque su quella di sinistra. L’uno di fronte all’altro. Quel verde lucido rifletteva schegge di luce negli occhi. Davano fastidio soltanto agli esterni e non ai pazienti. Questi ultimi appena seduti, chiudevano subito gli occhi. Rachele, invece, non li chiudeva. Aspettava silenziosa la sua giovanissima amica dopo il trattamento. Non si accontentava di salutarla con un sorriso. Voleva accoglierla a modo suo: voleva intrecciare, annodare e forse sciogliere quel groviglio di sguardi fra lei e la sua giovanissima conoscente. Nemmeno Penelope sarebbe riuscita a entrare fra loro due, in quella trama di vita, con le sue dita. Troppo intima e selettiva. Una donna vecchia e una ragazza. L’età in quella saletta conta, eccome se conta. Non è un pregiudizio, è un dato di fatto che muove troppe domande. Quella donna di ottant’anni non accettava di vedere quella giovanissima ragazza davanti a lei. Provava rabbia e si sentiva impotente e a tratti quasi in colpa davanti a quel seme appena interrato e subito costretto a germogliare dentro un foulard di Emilio Pucci intorno alla testa. Simona aveva diciott’anni. Quest’anno esame di maturità classica. Quest’anno vacanze premio in Grecia.

Simona arrivava dieci minuti dopo nella stanza delle poltrone verdi. Sempre accompagnata dalla sua amica Roberta. Si sedeva piano. Lentamente appoggiava la schiena poi la testa e subito rivolgeva un leggero sorriso verso Rachele. Non si parlavano, si guardavano con attenzione, con avidità. Il verde smeraldo degli occhi di Simona si mescolava con il marrone chiaro della vecchia. Nasceva così un colore nell’aria, nella stanza, che forse Masaccio avrebbe usato per la sua cappella Brancacci, per Adamo ed Eva, per i cacciati dal paradiso terrestre. Ecco i biglietti per la Grecia! – disse Roberta con il tono della voce troppo alto.

– Abbassa la voce…stordita! – rispose Simona.

– Ascolta bellina! Quest’anno ci andiamo sul serio…basta rimandare…e poi ce lo meritiamo!

– Tu, ma io…troppe assenze…

– Ma smettila!

– Corri troppo…però mi piacerebbe – disse Simona facendo un sorriso alla sua amica e rammendando un altro sguardo con Rachele.

– Da sole…s’intende…

– Certo! Tu Circe e io Calipso!

– Io…ho una casa a Tinos…se volete… – intervenne Rachele.

– Grazie Rachele! – rispose Simona.

In quella stanza dalle poltrone verdi le parole o pesano come barili pieni di sabbia o viaggiano come particelle alla velocità della luce quando c’è la voglia di comunicare. Rachele non perse l’occasione per offrire la sua casa a quelle due maturande.

E’ mattina, Rachele e suo figlio sono già nella stanza dalle poltrone verdi di similpelle. Rachele aspetta Simona. Rachele ha finito il ciclo, ma ritorna lì tutte le mattine. E’ ostinata. E’ testarda! E’ lì lo stesso! Rachele vuole vederla a tutti i costi. Rachele vuole darle le chiavi. Si siede e chiede a suo figlio le chiavi della casa al mare. Suo figlio lascia la stanza delle poltrone verdi e va nel corridoio a leggersi il giornale. Rachele stringe quel mazzo. Separa le chiavi e le guarda: cancello, portone, cantina, serra, fienile, voliera. Le lima nell’attesa di vedere Simona e non vuole sapere niente di lei…

 

Una vacanza in Grecia…ultima modifica: 2023-07-17T15:02:31+02:00da g1b9

2 pensieri riguardo “Una vacanza in Grecia…”

  1. Un flash colto in una stanza particolare, da ciò che rilevo. Bah, fatalmente, la lettura mi ha rimbalzato nel passato, in un recente passato, quando una quindicina di anni fa, una stanza piuttosto grande come quella che è stata descritta con le poltrone verdi, conteneva poltrone e letti. Oppure un grandissimo salone, con moltissimi letti e poche poltrone. Stavo vivendo il periodo più buio della mia vita e tra le altre terapie, ero costretto a fare l’aferesi. Non ti annoierò, tra l’altro non ho molto da raccontare a parte un dettaglio fondamentale che poté alleggerire le mie lunghe ore passate in quei luoghi desolanti e improduttivi perché non si poteva far altro che stare lì fermi e aspettare che i processi in atto si compissero. Carlo è stato il solito: non solo punto di riferimento per tutti, specie quando eravamo nella stanza…vicini…vicini…ma capace di evitare a se stesso e ai suoi amici, il pensiero del perché eravamo lì a perdere 4 ore. Ecco, era uno show tutto mio, non per vantarmi, parlavo, raccontavo di tutto e di più e a parte i miei “simili”, erano della compagnai gli infermieri che ci assistevano: un divertimento continuo. Pensa te: chiedevano quali fossero i mei turni per ritrovarsi in mia compagnia se fosse stato possibile. Io però non sempre avevo gli stessi turni poiché le mie sedute dipendevano dal mio peso e dai liquidi che dovevo mollare grazie all’aferesi. Tramutare tre anni in uno show mi è costato poco, ero il re del reparto e salutavo tutti, amici e infermieri. Grazie a Dio, il primario grande prof, era un amico molto vicino a me. Non scorderò mai quegli anni dolorosi e divertenti: se il capo comico si diverte, anche gli altri lo fanno. Per me un grande successo: è quello che ho sempre fatto nella mia vita.
    Buona sera Giovanna.

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