La vergogna di non essere ignoranti…le meraviglie dei social-

di Aldo Cazzullo

La risposta di Fedez a Gerry Scotti durante la diretta di “Muschio Selvaggio” si appella alla nostra ignoranza

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Il punto non è che Fedez ignori chi sia stato Giorgio Strehler . Il punto è che Fedez si appella alla nostra ignoranza, ci chiama a correi o complici, se ne compiace e ci compiace, o pensa di farlo. Fedez non chiede a Gerry Scotti (che al confronto pare Bobbio): chi era Strehler?. Chiede a noi: «Chi cazzo era Strehler, raga?». Come a dire: non c’è nessun motivo per saperlo, sono certo che non lo sappiate neanche voi, avanti così che andiamo bene.

Davvero; il punto non è la cultura generale degli artisti. Tranne rare eccezioni (un Riccardo Muti, un Francesco De Gregori), quasi mai gli artisti hanno fatto studi regolari, hanno letto molti libri, hanno una cultura accademica. Ma gli artisti hanno il radar. Hanno antenne che consentono loro di capire, e mettersi in sintonia con le persone. Lucio Dalla ad esempio non aveva studiato, ma era una persona coltissima, sapeva moltissime cose, e ancor di più ne aveva comprese o intuite. Al Bano non è Lucio Dalla; ma su Putin ha dimostrato di avere chiare cose che all’evidenza sfuggono a professori narcisi che hanno passato la vita a studiarle. Se Fedez ha risposto come ha fatto, è perché pensa, o forse sa, che l’ignoranza è ormai considerata una virtù. Forse è sempre stato così: l’italiano è l’unica lingua in cui la parola “ignorante” sia usata in un’accezione positiva; il pane genuino è “cafone”, gli osti romagnoli chiamano “ignoranti” le tagliatelle più saporite (e in un negozio di vestiti ho sentito definire “ignoranti” pure giacche che calzavano bene). Però l’era dei social ha definitivamente sdoganato l’ignoranza come valore; e a invertire la rotta non sarà la resipiscenza di un Di Maio, idolo del web quando diceva “uno vale uno” e bersaglio della Rete quando si rende conto che ovviamente non è così.

Dice: Strehler non si studia a scuola. E’ vero; anche se bisognerebbe farlo. Ma basta aver letto una delle tante interviste dolenti e innamorate in cui le sue donne, da Ornella Vanoni ad Andrea Jonasson, ancora oggi parlano di lui, per capire quale personaggio straordinario fosse, con i suoi vizi e le sue virtù. Tra le quali ci fu quella di pulire dagli schizzi di sangue la casa dove i nazisti avevano torturato i resistenti milanesi per farne la prima sede del Piccolo Teatro. Pazienza se non ci si vergogna di non sapere chi è Strehler (al presente, perché i grandi artisti non muoiono mai). Sarebbe già tanto non vergognarsi di saperlo.