Badanti ucraine, italiani e famiglie in coda sotto il sole per mangiare: l’altra estate di Milano al «Pane quotidiano»

 

Come può un paese civile permettere che si leggano simili notizie su un quotidiano, e a maggior ragione quando il paese è una democrazia avanzata come quella italiana? Per fortuna le leggiamo e non ci resta che provare un grande sconforto quando questi spettacoli si vedono in una tra le città più ricche del mondo, dove girano soldi a suon di milioni e miliardi. Milano, un esempio, perchè il  giornale è milanese, ma questo è lo spettacolo che da anni offrono ai cittadini tutte le grandi citta ed anche i piccoli centri, dove in nome della globalizzazione si è concentrata e si concentrerà ancora su pochissimi eletti, da chi e perchè non si sa, la maggior parte della ricchezza, allo scopo di preparare un nuovo ordine mondiale . Hanno inventato mille scuse per selezionare la gente e far si che vivere la povertà sia il massimo in un paese dove la fame, l’impossibilità di avere una casa decente, lavori decorosi  e duraturi anche dopo anni studi ,sono compensate da mille false libertà, impensabili fino a pochi anni orsono. Dopo tutto la gente di buon cuore esiste da sempre, molto spesso fa anche parte di quella categoria di eletti che sfornano volontari a gogò perchè fa chic  la notte,nei locali alla moda parlare di quel lavoro che placa magari molti sensi di colpa verso un’umanità che non dovrebbe esistere in un mondo in cui ci dicono che siamo tutti uguali, comunque siamo fatti, comunque desideriamo essere, liberi col diritto ad essere felici sempre e comunque, onorati e rispettati anche senza soldi  ,perchè di fame oggi non muore più nessuno. Infatti ogni giorno nascono dovunque luoghi come questo dove si distribuisce di tutto e le code aumentano dovunque.

 

 

Badanti ucraine, italiani e famiglie in coda sotto il sole per mangiare: l’altra estate di Milano al «Pane quotidiano»

di  Andrea Galli

In viale Toscana la fila di persone in attesa di ricevere prodotti alimentari è impressionante. Nella pesante borsa di plastica consegnata dai volontari ci sono anche arance e pesche, addentate al volo togliendo la mascherina

Badanti ucraine, italiani e intere famiglie in coda sotto al sole per mangiare: l'altra estate di Milano al «Pane quotidiano»

«Pane quotidiano» in viale Toscana (foto Claudio Furlan/LaPresse)

Nemmeno son le 8, anzi deve ancora passarne di tempo, e già andiamo verso i 29 gradi che poi sul marciapiede assolato di viale Toscana, in direzione del centro d’aiuto per i poveri «Pane quotidiano», chissà quanti sono per davvero. Con un’azione da riflesso condizionato, residenti in transito consegnano bottigliette d’acqua a noialtri in coda. Ma tanto il tema non è dissetarsi: è mangiare. Avvengono scene così, come quando dopo un’operazione chirurgica viene rotto il digiuno: si lecca il piatto portato dall’infermiera senza manco guardare il contenuto.

Nella pesante borsa di plastica consegnata dai volontari, che operano con ritmo e celerità da ospedale da campo, ci sono anche arance e pesche, addentate al volo togliendo la mascherina. Sono tante, le donne con mascherina, badanti che vogliono proteggere gli anziani, fedeli alla missione nonostante paghe penose (e senza contributi): chiedendo a caso, ci raccontano di 5 euro all’ora, o 6, oppure anche 6,5. In abbondanza ucraine, con la pandemia avevano perduto il posto e quindi i monolocali in affitto, ed erano tornate in Ucraina per poi scappare con la guerra; prima abitavano ai lembi di Milano, tipo Forze Armate e Giambellino, ora là costa troppo e sono nell’hinterland, Sesto San Giovanni o Corsico. La prossima settimana partiranno di nuovo per l’Ucraina, bus privati passano a prenderle direttamente a casa; non andranno in ferie ma a verificare che le abitazioni abbiano resistito alle bombe.

 

Avanzano col sorriso bambini sudamericani, le mamme dietro che li lasciano correre, ed escono sempre col sorriso, i bambini, carichi di libri di seconda mano regalati. S’assiste a una gran frenesia: incolonnarsi, ritirare il sacchetto e scappare per cominciare il turno di lavoro ovunque esso sia. Al proposito: uomini con magliette col logo di aziende di spedizioni, tute da imbianchini, scarponi da muratore. Parecchi egiziani, meno i marocchini; dal suddetto incedere e pure dal comportamento, non appare diffusa la categoria dei perditempo, o parimenti dei lestofanti che insomma scroccano del cibo gratis pur non avendone bisogno. Tutto può sempre essere, per carità, dopodiché al «Pane quotidiano» certo non fanno selezione all’ingresso. Chi c’è, c’è. E ci sono: italiani tra i quaranta e i cinquanta (si vergognano, dicono che portano il cibo ad amiche invalide delle anziane madri), e stampelle, sedie a rotelle, movimenti ridotti a causa di ictus, gambe divorate dalle zanzare, scarpe ai piedi più grandi o più piccole, signore arabe che vendono confezioni di biscotti di quelle a metà prezzo nei supermercati, volti consumati e/o arrabbiati, un signore che per 5 euro vende dei mocassini e uno che per 8 euro trattabili vende magliette, e una generale non disponibilità a scambiare delle chiacchiere. Non per altro: proprio non c’è verso, bisogna prendere la prossima corsa del bus o del metrò, sennò sballano tutti gli orari.

Al «Pane quotidiano», mirabile realtà mai abbastanza ringraziata, ci vengono le televisioni sotto le feste per documentare che in coincidenza d’una mezza Milano che s’abbuffa di dolci e consuma stipendi in ordini su Amazon per i regali, ecco, avanza un’altra Milano fragile, prossima al precipizio se non già tracollata. Ma era così anche prima e sarà così ad agosto. Chiaro, che i bisogni e pertanto i numeri aumentino è un altro discorso. Padre e due figli dall’Albania: «Viviamo da una parente, già ci ospita e cerchiamo di non pesare anche sul mangiare». Mamma colombiana, due figli uno per mano, più il terzo nel passeggino, nudo dal pannolino: «Il martedì e il venerdì faccio tre ore a pulire in una casa. I bambini stanno con mia sorella, senza figli, e mia sorella va a pulire al posto mio gli altri giorni della settimana». Nel mezzo del popolo in marcia zigzagano cinquantenni italiani amanti della corsa diretti al parco, sulla testa il sudore si miscela alla tinta: costoro fanno fatica a proseguire, la coda si accorcia rapida poi cresce ancora e ancora, un minuto contiamo duecento passi, dieci minuti dopo i passi sono trecento, ed è una coda che piega improvvisa a destra oppure a sinistra a seconda di dove batta il sole.