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Post N° 178

Post n°178 pubblicato il 21 Marzo 2006 da MARIONeDAMIEL
 

"Ragazze, vado un attimo a farmi prestare due ombrelli dai piani alti...."

Sulla porta dell'ufficio la incontro. Le sorrido e la saluto. Le chiedo   "Come va'?"

Tempo fa è venuta nel mio ufficio per una pratica. Cittadina marocchina, avrà dieci anni meno di me, grandissimi e bellissimi occhi neri.

Mi sorride.
Vedo che fa fatica a camminare.. che si appoggia al muro...

"Ma cos'hai?" Le chiedo. "Alle gambe cos'hai?"

Mi sorride.
"Male".
Insisto stupidamente. "Vuoi una mano .. ma che è successo? "
"Malattia che si chiama sclerosi multipla".

Mi sorride.
Continua a sorridere con quell'espressione di chi non vuole dare disturbo, di chi è abituato a ringraziare per tutto cio' che ha, di chi si scusa anche senza aver fatto niente, di chi sa che essere qui è già moltissimo, e non importa se qualche figlio è ancora "la", c'è una speranza, comunque.

Si stringe al petto il permesso di soggiorno appena ritirato.. "meglio che lo metto via... non voglio che si bagni... "

E sorride.

Io mi sento una merda, ma non serve a niente.

Commenti al Post:
mon1974
mon1974 il 21/03/06 alle 20:55 via WEB
no, non serve a niente...serve a qualcosa aiutarla, o darle aiuto in qualche modo...è una malattia terribile, lo so, io ho perso una mia carassima amica di famiglia così...è devastante...ti abbraccio, cia', monica.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/03/06 alle 08:34 via WEB
Sai, non so nemmeno se si rendesse conto dell'entità della malattia pronunciandone il nome.... eppure la sua dignità... è qualcosa che ti puo' insegnare a non lamentarti di cazzate. In fondo siamo fortunati, fotunatissimi a essere nati in questa parte di mondo. Grazie Mon. Un bacio.
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 21/03/06 alle 23:18 via WEB
Ci sono persone che hanno molta dignità, e nel dolore la conservano, qualunque sia la cultura di provenienza. Marion, io ci lavoro con queste persone, e il permesso di soggiorno diventa la speranza per tutta la famiglia. Mi fa rabbia quando si fa di tutti gli stranieri una categoria di delinquenti. Vabbeh, ora vado a letto. Notte
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/03/06 alle 08:37 via WEB
Proprio quello che volevo dire. Da qui passano parecchi stranieri ormai, siamo il retroterra del confine. Tutte le persone che ho conosciuto io sono a posto. Il difficile per alcuni è accettare le loro diversità, la donna che sta dietro l'uomo, che non parla, e via dicendo. Pensa a come consideravano noi ai tempi delle emigrazioni in massa in 'america'... la mafia l'abbiamo esportata noi anche la... ma molti, tanti, erano 'gente onesta'. Ciao.
 
LadyOscar743
LadyOscar743 il 21/03/06 alle 23:39 via WEB
Forse a questa donna la sola espressione "Vuoi una mano?" è bastata per farle sentire qualcosa di "nuovo" che l'ha portata a sorriderti. Sovente per chi ha quel tipo di sorriso che hai descritto tu, già sentire una mano tesa ed un gesto di umanità significa non essere visto come essere trasparente, e questo è già un buon motivo per continuare a sperare anche per i figli che rimangono in quel "là" lontano. un abbraccio Marion.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/03/06 alle 08:39 via WEB
Noi facciamo cio' che possiamo, che si riduce a pochissimo alla fine; ma trovo che l'umanità sia la cosa principale in ogni caso. Quella donna in quel momento mi ha insegnato qualcosa. Grazie Lady.
 
walk_on_by
walk_on_by il 22/03/06 alle 08:09 via WEB
Proprio vero. Tutto è relativo. Il tuo post mi fa pensare che sono l'uomo più fortunato del mondo. Senza saperlo. Ciao
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 22/03/06 alle 08:44 via WEB
Ciao, uomo piu’ fortunato del mondo. Un sorriso dalla donna piu’ fortunata del mondo, anche se stamattina una nebbia fittissima mi guardava dalla finestra. Ma non mi sono fatta sopraffare. Oggi sono una leonessa. Sbrano chiunque si avvicini con intenzioni bellicose…. :)
 
parfumprive63
parfumprive63 il 22/03/06 alle 10:15 via WEB
Buongiorno Marion, stare a contatto con la sofferenza non e' facile, mai perche' stranamente ci vengono quasi dei sensi di colpa per essere sani mentre altre persone soffrono. Un sorriso, una parola o una carezza a volte fanno miracoli...
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 09:43 via WEB
Buongiorno ragazze. Forse chi come te e casal lavora essendo piu' a contatto con chi sta male, è un effetto diverso... e comunque anche in quegli ambienti trovo che sia molto importante un dottore che sorride e ascolta, una capacità che non tutti hanno purtroppo.
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 22/03/06 alle 11:38 via WEB
Ciao Leonessa fortunata, buona giornata
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 09:44 via WEB
Buongiorno. Da brava leonessa ieri mi sono data da fare... ma ho sbranato solo cartacce, tranquille ragazze. Tutto pur di essere libera sabato. Ciao ciao.
 
magdalene57
magdalene57 il 22/03/06 alle 11:44 via WEB
buongiorno leonessa dagli occhi di cerbiatta. quella donna avrà bisogno di tanto aiuto, solidarietà e cure. quello sarà il suo futuro. e di quello bisogna occuparsi. ognuno di noi ha i suoi guai.... ma vale la pena allungare la mano verso l'altro finchè riusciamo a sollevare il braccio.... un bacio, Margy
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 09:46 via WEB
Certo Mag. La solidarietà a volte è un gesto, è perdere del tempo che magari ci è prezioso ma in realtà diventa prezioso se lo dedichiamo agli altri. Un bacio Margy; meno.... uno? yuuuuuuu
 
occhiodivolpe
occhiodivolpe il 22/03/06 alle 20:53 via WEB
.........
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 09:48 via WEB
ore 20.53. Volpe digita nove puntini sospensivi... urka urka... qui si aprono scenari strani... si puo' pensare qualsiasi cosa.... cosa avrà voluto mai dire? .........
 
tarma2
tarma2 il 23/03/06 alle 09:33 via WEB
quante volte mi sono sentita merda come te ma già il fatto che chiediamo a a queste persone come stanno è per loro un dono. un nostro sorriso è un loro sorriso. Spesso ho sofferto vedendo occhi lucidi e sorridenti di bambini poveri ma felici. Quante volte tornata da paesi africani mi sono sentita una merda e nel mio piccolo aiutavo chi aveva bisogno cercando loro un lavoro, vestiti, quello che nel mi piccolo potevo fare...ora sono ferma...egoisticamente ferma perchè sofferente già di mio...egoista? No! consapevole che cosi non potrei aiutare nessuno eccetto chi già mi conosce...bacio dolce M'.
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 09:52 via WEB
Immagino cio' che hai visto e cio' che hai provato, nulla in confronto a cio' che si vede qui. Quando si sente parlare di terzo mondo esso è lontano, fortunatamente per noi, così possiamo continuare la nostra egoistica vita occidentale; ma in fondo non è colpa nostra se siamo inseriti in questo sistema, se la vita poi ti porta con le sue cose che ci sembrano importanti e forse lo sono. Ma mio figlio l'altro giorno, quando ci è arrivato il depliant dell'unicef, per un piccolissimo contributo che abbiamo dato a natale, ha detto ai suoi fratelli 'leggete qui.. guardate come stanno i bambini nel mondo.... quanti ne muoiono semplicemente di fame.... '; questa coscienza credo sia già qualcosa. Un bacio ragazza.
 
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 23/03/06 alle 11:16 via WEB
A presto, ciao
 
parfumprive63
parfumprive63 il 23/03/06 alle 11:59 via WEB
Buongiorno Marion...a dopodomani..;)
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 13:26 via WEB
Ciao belle. Ho rischiato di veder saltare la giornata di ferie... tutto contro ci si mette mi pare... ma ce la faremo!
 
 
magdalene57
magdalene57 il 23/03/06 alle 16:00 via WEB
COME SAREBBE A DIRE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! non ti sei preparata per tempo?? non hai chiesto le ferie in tempo? dammi il numero di telefono del capo del personale che gli faccio il mazzo io!!!!! MARION, io VOGLIO vederti scendere dal quel treno sabato.....!!!!
 
   
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 21:09 via WEB
E mi vedrai Mag, mi vedrai.... stai tranquilla. Preso gli ultimi accordi con Rosy proprio adesso. Ci saremo....
 
NazioneIndiana
NazioneIndiana il 23/03/06 alle 13:41 via WEB
di Marco Mancassola L’attuale Presidente del Consiglio italiano è l’editor migliore del mondo. Grazie a lui ho imparato un sacco di cose, senza bisogno di andare alla scuola Holden. Grazie a lui negli ultimi anni ho imparato ad avere orrore delle frasi fatte, a espellere la bassa retorica dalla mia lingua, a soppesare scrupolosamente la verità di ogni sillaba. Grazie a lui ho sviluppato un’ossessione per i rapporti di causa-effetto, per la tenuta logica di ogni paragrafo che scrivo. Grazie a lui ho espulso il narcisismo che abitava nei miei primi testi, l’ho messo fuori dalla porta come un gatto puzzolente. Che lui lo sapesse o meno, e che il suo esempio agisse in realtà per contrasto, non conta poi tanto. Il Presidente mi ha insegnato tutto quel che serviva, e lo ha fatto gratis! Bastava osservarlo e fare tutto il contrario. …ma in realtà, disse una sera un amico esasperato durante una cena a base di cibo vegano e nichilismo politico, siete davvero convinti che, qualunque cosa sia successa negli ultimi anni, sia stata tutta colpa sua? Decisamente no. Io scossi la testa. Ho sempre pensato a Berlusconi come a un problema linguistico, e il problema linguistico oggi è di tutti. Anche dell’Europa che ride tanto di noi. Il problema linguistico occidentale è quello di una vita sempre più flessibile, multipla, frammentata, una vita-collage di identità provvisorie cui corrispondono, per mancanza di tempo e risorse, esperienze sempre più standard. Lungi dal portare a una comprensione dell’esistenza più estesa e profonda, la moltiplicazione delle identità (dai mille lavori che uno fa per sopravvivere, agli ambienti sociali più vari e disgregati che ci si trova a frequentare) porta a esperienze sempre più brevi, standardizzate, fatte di contatti superficiali e frasi fatte. Una vita composta di frammenti precotti. Di parole innocue, di frasi da montare e smontare senza dolore come un mobile dell’Ikea. Questo non toglie, ovvio, che noi a quella cena parlavamo italiano. Né che io scrivo italiano. La lingua del paese dove il Problema Linguistico non solo esiste, ma è diventato governo autoritario (sebbene nel modo obliquo e sfuggente che hanno le cose di manifestarsi, quando non hanno parole stabili, né possono farsi discorso integrale). E lo è già stato per mezzo decennio. Il disagio delle parole mi ha preso a volte, in questi anni, quando sembrava che nulla di vero potesse essere detto. Non in questa lingua, non con queste parole. Dev’essere anche per questo, credo, che ho cercato di vivere il più possibile all’estero. E mi ha fatto bene. Magari è uguale a quanto accade nel sesso. Quando tradisci una persona, e ti perdi nell’abbraccio di qualcun altro, e ti accade di sentir vibrare, ancora, il desiderio della persona tradita. (Questo non significa che tornerai da lei, ma significa che ridefinisci la sua immagine, il suo corpo, le sue parole). Il degrado linguistico di una nazione inizia quando le parole non appartengono più a nessuno. Quando entra in crisi l’idea che questa lingua è davvero la mia lingua, vive con me, respira in me, dipende da me, affonda nella mia carne e nei segreti del mio corpo. Quando ognuno parla come se quella lingua non lo riguardasse, non lo toccasse davvero, non lo sfiorasse neppure, esprimendosi per slogan anonimi e prefabbricati. Non personali, mai davvero importanti. È il vecchio incubo heideggeriano della chiacchiera o, più banalmente, il rovesciamento dell’utopia telelinguistica. Decenni dopo averci regalato un’appartenenza linguistica, la televisione italiana ha abolito tale senso di appartenenza. E chi la ama una lingua così, questa lingua-puttana che tutti scopano, ma nessuno sposa? Se questa lingua non è più di nessuno, si parla da sola come una bocca senza corpo? Cosa resta oltre lo splendore del suo sorriso, oltre l’immagine di una luminosa-schifosa, demenziale, avvilente, grottesca dentiera che parla da sola? Sogno una lingua sentita in ogni virgola. Una lingua capace di non lasciarti mai solo. Non ho niente contro i vecchi. Non credo neanche esistano, come categoria compatta, come non credo all’esistenza dei ‘giovani’. Quel che odio è la senilità della lingua italiana. Gli sputi di saliva della Dentiera Parlante. Odio l’arteriosclerosi delle frasi fatte, la rigidità mediatica che riporta ogni cosa a uno schema fisso di luoghi comuni, l’amnesia costante che permette a tutti di dire tutto, senza apparenti contraddizioni. Odio la condizione di equivoco continuo, come in un dialogo fra sordi, in cui la profondità linguistica non ha modo di esistere, l’allusione non può essere compresa, la stratificazione di una pagina si perde nella cataratta, in uno strato di indifferente cerume. Odio che tale senilità venga fatta passare per giovinezza, come esigenza delle nuove generazioni cresciute a sms. (Come se negli sms non ci fossero codici, figure metaforiche, nuove e strabilianti declinazioni della lingua. A me non fanno paura le volgarizzazioni, i neologismi, gli anglicismi, i congiuntivi sballati, tutti sintomi di cambiamento e contaminazione e vitalità. Mi fa paura l’assenza di realtà, di mondo dalle parole. I pericoli per una lingua non vengono mai dai ragazzi, ma da parte di un certo tipo di vecchi.) Odio il luogo comune che rimbalza come un pallone sgonfio in tanti salotti di sinistra, secondo cui i ragazzi italiani vogliono fare tutti i calciatori o le veline. Ci sarà magari qualcuno che ha davvero questi sogni. Personalmente, tra i miei conoscenti più giovani incontro soprattutto gente che vorrebbe fare l’avvocato, l’architetto, il medico, il giornalista, l’artista, il manager, il ricercatore, l’artigiano, o anche solo il genitore. Gente che vorrebbe avere accesso alle professioni, e potersi permettere una casa, e vivere col proprio partner, ed essere indipendente. Dico ‘vorrebbe’ e il punto è questo. L’italiano degli ultimi anni è diventato una lingua di desideri, di frustrazioni, di rimpianti molto più che di fatti. Una lingua ipotetica, una lingua impotente. Non è difficile vedere come tutto torna, come in questo paese ogni cosa si lega: senilità della lingua, assenza di ricambio generazionale. Se l’italiano diventa una lingua impotente, decadono in essa mille tensioni. Diventa una lingua senza sex-appeal. Il sogno di un mondo perfetto, politicamente equo, è sempre il sogno di un mondo dove la parole evocano in uguale misura fatti e sogni, praticità e fantasia, intimità e mondo, materia e poesia. Un mondo in equilibrio linguistico. E l’equilibrio si fonda sull’agilità, sulla concentrazione, sul misto di giovinezza e consapevolezza, sulla profondità del sentire. Non sarà mai facile. L’equilibrio, per definizione, è sul bordo dell’abisso. E la letteratura? Di fronte al bianco chirurgico della Dentiera Parlante, nell’ultimo decennio mi è sembrato di vedere, da parte di chi scrive, due principali strategie. Da un lato l’idea di riflettere il sorriso della Dentiera Parlante con un sorriso ancora più irrisorio e grottesco: la via di una certa letteratura più o meno sarcastica, più o meno istrionica, più o meno pulp (e derivati). Dall’altro il tentativo di sviluppare una lingua liquida, sinuosa, a tratti violentemente sincera a tratti oscura, una lingua senza nome né scuole che scansa i riflessi (e i morsi) della Dentiera Parlante. Una lingua che ora si inabissa, ora si mostra, ora si allarga ora restringe (tra i generi, tra gli stili, tra i mille detriti dell’intimo, del realistico, del pop, del politico, del mistico), come una creatura marina che evita le radiazioni del sole. Una lingua-medusa. Una lingua inquieta. Questa lingua non si lascia mai del tutto assorbire, e neppure realmente descrivere. Credo sia presto per darle un contorno. Eppure sento che cresce. (Domande che non dovrei farmi ma che non posso fare a meno di farmi: che differenza c’è tra la Dentiera Parlante e il famoso critico letterario di sinistra che segnala i libri senza leggerli, copiando frasi dai comunicati stampa? Che differenza c’è tra la Dentiera Parlante e certi intellettuali impassibili, per i quali nulla fa la differenza, né mai più la farà, o i loro opposti-complementari che proclamano un capolavoro al giorno? Di certo una differenza c’è. Ma chissà esattamente quanta.) La Dentiera Parlante, questa cosa comica e così drammatica, non è indistruttibile. Può essere infranta come una vetrata. La potenza, la durezza, la violenza più o meno esplicita del sasso che la infrangerà, o che aprirà un buco in essa, dipende da chi parla e scrive. Più da loro, credo, che dall’esito di un’elezione
 
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 21:12 via WEB
Marco Mancassola nasce nel novembre 1973 e vive tra Padova e Roma. Nel corso degli anni ha lavorato in diversi settori: dalla comunicazione alla sceneggiatura, alla sua attività nel mondo editoriale. Ha esordito come scrittore nel 1996, pubblicando diversi racconti in riviste e antologie tra cui Coda (1996) e Men on Men (2002). La prima edizione de Il mondo senza di me (2001) è stata un autentico caso nella piccola editoria italiana. È stato tra gli autori di Scritture Giovani 2002.
 
   
magdalene57
magdalene57 il 23/03/06 alle 21:30 via WEB
però, mica male ragazza...!!! trovato su quale motore di ricerca??
 
     
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 21:42 via WEB
In rete si trova di tutto Mag cara...
 
     
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 23/03/06 alle 21:59 via WEB
Cara Marion, come hai detto tu una volta, con google la polizia potrebbe trovare anche i latitanti, impostanso bene le parole da ricercare. Buona notte, a sabato, a Bologna
 
     
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 23/03/06 alle 22:07 via WEB
eheheheh.... ;)
 
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Un blog di: MARIONeDAMIEL
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SIBILLA ALERAMO

"Mi pareva strano, inconcepibile, che le persone colte dessero così poca importanza al problema sociale dell'amore. Non già che gli uomini non fossero preoccupati della donna; al contrario, questa pareva la preoccupazione principale o quasi. Poeti e romanzieri continuavano a rifare il duetto e il terzetto eterni, con complicazioni sentimentali e pervensioni sensuali. Nessuno però aveva saputo creare una grande figura di donna."

 

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