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Il caso clinico

Post n°81 pubblicato il 22 Dicembre 2013 da la.cozza

Quando il camice bianco dall' altro lato della scrivania mi chiede che malattie ho avuto e quali interventi ho subito ce la caviamo in pochi secondi.
Grazie a Dio non ho mai avuto grossi problemi.
Nemmeno quello dell' ottobre 2012 sembrava un granchè.
Dopo sette anni di cure, continuare a "farmi" di ormoni era aumentare a dismisura il rischio che i fino ad allora innocui polipi lasciassero il posto a qualcosa di meno innocuo.
Quando avevo iniziato la cura la ginecologa prevedeva che entro un paio di anni sarei stata alle prese con vampate e sbalzi d'umore quindi aveva sconsigliato un' operazione che peraltro io non desideravo affatto fare.
Dopo sette anni eravamo ancora al punto di partenza anzi un pò peggio e così mi ero decisa a separarmi definitivamente dalla " casetta" dei miei figli.
La cosa mi aveva creato non pochi tristi pensieri, molto irrazionali ed altrettanto dolorosi ed avevo previsto conseguenze psicologiche difficili da superare.
Come al solito avevo sbagliato le mie previsioni.
Il commiato dal mio utero con annessi e connessi non aveva provocato nessun trauma o cambiamento o almeno così sembrava.
In questi ultimi anni sembra infatti che per me valga la Legge di Murphy:
- Se qualcosa può andar male, lo farà.
Già perchè c'erano quei doloretti, quelle fitte, quella debolezza.
Tutte conseguenze del recente intervento, mi ripetevo e mi ripetevano.
I controlli indicavano che era tutto a posto.
Ma i dolori si facevano sempre più forti.
Il ginecologo che mi aveva operato, stimato professore universitario nonchè primario molto apprezzato dalle mie parti, oltre a togliermi qualche pezzo aveva ritenuto utile aggiungerne uno per evitarmi quel piccolo inconveniente ad ogni colpo di tosse o starnuto, che a periodi sembrava peggiorare.
-Deve solo abituarsi alla sua nuova condizione.
era stato il suo incoraggiamento al controllo fatto a sei mesi dall' intervento.
Un antidolorifico, un farmaco disinfettante ed una crema erano i gadget che avevo ottenuto con quella visita.
Gadget inutili se non dannosi visto che i dolori erano aumentati.
Ero tornata dal ginecologo che mi aveva in cura e che aveva consigliato operazione ed operatore ed il risultato non era cambiato.
Avevo tentato anche le cure omeopatiche che da molti anni si sono rivelate efficacissime ma stavolta, dopo un iniziale miglioramento, i dolori erano ripresi più forti di prima.
Avevo passato mesi ad ingurgitare antibiotici e provare creme. ovuli e gel.
Intanto la situazione si complicava sempre di più con disturbi collaterali "invalidanti".
Per completare il quadro mi sembrava che nessuno mi credesse, non c'era una causa che spiegasse i miei dolori e gli ultimi rimedi miracolosi prescritti dal ginecologo erano integratori alimentari e, di nuovo, gli stramaledetti ormoni che in qualsiasi forma, gel, crema o ovuli, peggioravano i dolori al punto da non riuscire a chiudere occhio per quasi tutta la notte. Mi sentivo presa in giro.
Poi l' intuizione di rivolgermi ad un urologo, uno bravo.
Una visita, qualche esame di controllo, tutta robetta che in condizioni normali sarebbe stata indolore e che invece mi ha fatto rimpiangere di non essere nata uomo. Poi la volata ad Imola per l' esame che avrebbe svelato il mistero dei miei dolori inspiegabili.

Mentre il camice bianco dall' altro lato della scrivania controlla gli ulteriori due esami che mi ha prescritto in vista dell' imminente operazione, nella mia mente passano tutte le paure che un intervento definito difficile fanno nascere.
Poi il camice bianco, l' urologo, quello bravo, tira fuori dalla sua borsa un foglio che mi mostra dicendo:
-La riconosce?
-Certo che la riconosco, è la mia uretrocistoscopia, quella che mi ha fatto vedere a Imola.
rispondo.
Quella in cui si vede che il pezzo in più è stato messo nel posto sbagliato.
-Domani ho un convegno a Roma e me la porto per farla vedere ai colleghi, voglio far vedere cosa può succedere a fare certi interventi se non si fanno bene. Lei è un caso clinico!
E sò soddisfazioni!






 

 
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