Quando un artista lascia un segno…e torna un ricordo .

 

Paolo Conte

 

Di recente La Scala di Milano, che in tempi passati non aveva voluto dissacrarsi concedendo il palcoscenico prima ai Beatles e poi ai Rolling Stones, ha ceduto – Il tempio della musica per eccellenza ha concesso che l’Avvocato della musica, alias Paolo Conte, col suo pianoforte, calpestasse il suo palcoscenico con le sue note strane, frenetiche, lente, colle sue storie tanto vere quanto malandrine e pacate. Non c’ero allo spettacolo, non conosco il repertorio presentato, ma mi piace immaginare nell’aere scaligere anche le note di una sua canzone, un po’ vecchiotta, che sapeva creare un ‘atmosfera particolare, in cui era facile immergersi, respirarne il fumo e succhiare quelle famose caramelle alascane,che hanno fatto impazzire mezza Italia. Perchè le poteva masticare solo una delle due cassiere del locale?
Alla fine l’ha dovuto ammettere Paolo Conte che le “caramelle alascane” se l’era inventate. Ma, prima, quante ipotesi, quante ricerche, quante richieste, senza risposta nelle drogherie vecchiotte, quelle d’una volta, quelle che quasi non esistono più. Nessuno le cercava nei supermercati dove- si supponeva- Paolo Conte non sarebbe mai entrato in cerca d’ispirazione. Anche i filologi si diedero da fare , a fare ipotesi sull’origine della parola (alascane da Alaska, caramelle ghiacciate, da grande freddo?) e i più poetici, invece, ad associarle con gli occhi da lupa della cassiera,una voce arrochita dal fumo e a presumere un bisogno di pasticche lenitive, là nel buio claustrofobico della pista da ballo, dove le luci saettavano e il ventilatore da soffitto ronzava, immenso.
Una parola che evoca la menta, l’eucalipto, un gusto ghiacciato, che la trasporta lontano dal buio di una sala da ballo di periferia.

“Uso un lessico di mia invenzione…. mi è sempre piaciuta l’enigmistica”: disse Paolo Conte in un’intervista.
Ogni parola di ogni sua canzone lascia immaginare un mondo.
Poco importa se le parole esistano davvero o no.
E chi ha creduto, chi ha cercato le caramelle, chi ha scritto perfino all’Ambrosoli o alla Dufour per avere chiarimenti?
È stato un equivoco.
Con i mondi dei poeti a volte succede.

Paolo Conte, Boogie

Due note e il ritornello era già nella pelle di quei due
il corpo di lei mandava vampate africane, lui sembrava un coccodrillo…
i sax spingevano a fondo come ciclisti gregari in fuga
e la canzone andava avanti sempre più affondata nell’aria..
quei due continuavano, da lei saliva afrore di coloniali
che giungevano a lui come da una di quelle drogherie di una volta
che tenevano la porta aperta davanti alla primavera…
qualcuno nei paraggi cominciava a starnutire,
il ventilatore ronzava immenso dal soffitto esausto
i sax, ipnotizzati… dai movimenti di lei si spandevano
rumori di gomma e di vernice, da lui di cuoio…
le luci saettavano sul volto pechinese della cassiera
che fumava al mentolo, altri sternutivano senza malizia
e la canzone andava elegante, l’orchestra era partita, decollava…
i musicisti, un tutt’uno col soffitto e il pavimento,
solo il batterista nell’ombra guardava con sguardi cattivi….
quei due danzavano bravi, una nuova cassiera sostituiva la prima,
questa qui aveva gli occhi da lupa e masticava caramelle alascane
quella musica continuava, era una canzone che diceva e non diceva
l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato
quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare….
un quinto personaggio esitò
prima di sternutire,
poi si rifugiò nel nulla…
era un mondo adulto,
si sbagliava da professionisti

Quando un artista lascia un segno…e torna un ricordo .ultima modifica: 2023-02-28T18:14:53+01:00da g1b9

9 pensieri riguardo “Quando un artista lascia un segno…e torna un ricordo .”

  1. Quante chiacchiere sprecate per il concerto di Paolo Conte alla Scala. Come se avessero invitato un cantante qualsiasi che usi esibirsi ai matrimoni popolari! Discussioni inutili e pregiudiziali visto che poi l’abbiano buttata in politica. E’ ancora uno degli ultimi Conte, auguro cent’anni di attività ancora tonica e piacevole, chi lo ama ha pagato anche fior di quattrini per un posto e per esserci in un contesto simile.: “La Scala di Milano”. Passiamo alla nota divertente e legata ai ricordi: la “caramella alascana” inventata da lui, mi ha riportato alla mente un particolare che avevo riposto da decenni in uno dei mie angoli più remoti. “Il siberiano liscio”, la bevanda che eravamo soliti ordinare, io e i mei amici, quando eravamo al bar, o a pranzo o a cena. Ci bastava, ai tempi belli, rivolgerci al cameriere o barista di turno, chiedendogli quattro siberiani lisci. Ovviamente tutto basato sulla nostra dialettica, per condurre allo sfinimento il povero cameriere che non sapeva cosa chiedevamo e faceva avanti e indietro per chiedere ai colleghi o al titolare del locale, cosa servire. Noi facevamo finta di aiutarlo con le nostre chiacchiere, ma peggioravamo volutamente la situazione. Era una delle tante sceneggiate che nella nostra “lunga carriera” ci siamo inventati. Sei curiosa è vero? Vorresti saper anche tu cosa fosse un “Siberiano Liscio”? Ma sì, te lo offro volentieri anche perché mi hai aiutato a ricordare un piccolo dettaglio del passato: è semplicemente un “bicchiere d’acqua fresca”. Alla salute…cin …cin…
    Che rompiballe siamo…stati…
    Buona sera Giovanna.

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