Come un lupo nella steppa…ai giorni nostri

 

Oh, è difficile trovare la traccia divina in mezzo alla vita che facciamo, in questo tempo così soddisfatto, così borghese, così privo di spirito, alla vista di queste architetture, di questi negozi, di questa politica, di questi uomini! Come potrei non essere un lupo della steppa, un sordido anacoreta in un mondo del quale non condivido alcuna mèta, delle cui gioie non vi è alcuna che mi arrida? Non resisto a lungo né in un teatro né in un cinema, non riesco quasi a leggere il giornale, leggo raramente un libro moderno, non capisco quale piacere vadano a cercare gli uomini nelle ferrovie affollate e negli alberghi, nei caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti e invadenti, nei bar e nei teatri di varietà delle eleganti città di lusso, nelle esposizioni mondiali, alle conferenze pei desiderosi di cultura, nei grandi campi sportivi: non posso condividere, non posso comprendere queste gioie che potrei avere a portata di mano e che mille altri si sforzano di raggiungere. Ciò che invece mi accade nelle rare ore di gioia, ciò che per me è delizia, estasi ed elevazione, il mondo lo conosce e cerca e ama tutt’al più nella poesia: nella vita gli sembrano pazzie. Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l’animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l’aria, il nutrimento.

Hermann Hesse, “Il lupo della steppa”, 1946.

 

solitudo

Come un lupo nella steppa…ai giorni nostriultima modifica: 2023-04-28T15:28:32+02:00da g1b9

Un pensiero riguardo “Come un lupo nella steppa…ai giorni nostri”

  1. Giunge quel “momento” fatidico e fastidioso a cui faccia riferimento Hesse. I’ho incrociato circa 15 anni fa per ragioni di salute: non ho potuto evitarlo, non ho potuto difendermi e l’ho accettato senza rendermi conto di cosa stessi sopportando. Per tre anni passavo da casa all’ospedale, dall’ospedale a casa, fui costretto a mollare il lavoro, ero una larva e non avevo voglia di reagire. Ero un predestinato, questo era il pensiero ricorrente e tutti intorno a me a farmi coraggio e a spronarmi. Dopo tre anni di calvario, il piccolo miracolo: tornai a casa definitivamente, dovevo curarmi e stando a letto, ho dovuto procedere per chiudere definitivamente tutti gli impegni sospesi del lavoro: ci ho messo tempo e buona volontà, ma alla fine ci sono riuscito. Questo è stato uno spartiacque, un chiudere con il passato e aprire nuove strade, ma mi rendevo conto che non ero guarito: ero stato messo in condizione di bloccare e fermare, mettere in un angolo le mie malattie. Ci sono riuscito: dopo anni faccio controlli e verificano il mio stato: sono a rischio, ma le cose vanno sempre meglio. Tuttavia, la salute non mi sorrideva come prima, non mi sentivo più con la voglia addosso di fare quello che abbia sempre fatto oltre che lavorare: sempre più a casa, il blog per realizzarmi e non rimbambire, le uscite con gli amici sempre diradate, insomma ero diventato vecchio e limitato più nella volontà che nel fisico. E così fino al covid: gli amici, le cene le uscite verso altri lidi sempre più rade e così fino alla tragedia che abbia beccato Gianci. Ecco, altro che lupo della steppa, un piangere continuo e un riflettere sempre più pressante: io fortunato e ancora qui e lui definitivamente ancora lì a casa, aspettando il sabato pomeriggio che lo si raggiunga per stare un paio di ore insieme. Ho capito la fortuna che abbia avuto io e non sono stato capace di apprezzarla, mentre scoprivo la sfortuna di un caro amico. Non mi interessa più niente, ho perso la mia battaglia e non me ne frega niente del mondo che sia cambiato, delle persone che cambiano e del mio poltrire senza reagire: ecco perché uso sempre la solita battuta: “A casa voglio stare”, nonostante possa muovermi e uscire, ma se avessi o scoprissi nuovi interessi probabilmente lo farei, ma a queste condizioni, decisamente no. Ho perso tutto e soprattutto la voglia di fare. Pagherò per tutto questo? Forse, ma l’ho scelto io e sono reo.
    Buona sera Giovanna, chiedo scusa per la noia procurata.

Lascia un commento