Hasui Kawase, Neve a Mukojima
Nonostante ci sia un abisso linguistico e culturale tra noi e il mondo giapponese, dove è nata una forma poetica, l’haiku, impossibile da tradurre davvero senza spogliarla di almeno una parte della sua grazia, io trovo che queste brevi composizioni abbiano un loro fascino, seppur – o forse proprio perché – lontanissime da quello che noi siamo abituati a concepire come poesia.
Gli haiku sono, infatti, brevissimi componimenti (generalmente di sole 17 sillabe) che a partire da un aspetto del mondo naturale regalano un affresco di un momento come uno o più sensi lo percepiscono, esprimendone la caducità, ma in qualche modo anche l’universalità.La scelta degli elementi rappresentati e dei loro accostamenti è figlia di una mentalità, tipicamente orientale, secondo cui l’uomo e la natura sono parte di un unico insieme armonico; ancora oggi i giapponesi sono estremamente sensibili nei confronti del mondo naturale e inclini alla contemplazione della sua bellezza. In genere gli haiku sono costruiti intorno ad un elemento che rimanda alla stagione in cui sono stati composti, a partire dal quale viene evocato un sentimento o uno stato d’animo.
1. Takarai Kikaku
Neve,
se ti penso mia,
come diventi lieve
sul mio cappello di bambù!
Non potevo iniziare una rassegna di poesie sull’inverno senza partire da un bell’haiku sulla neve! In questo caso il poeta parte da un’osservazione relativa al mondo circostante – la neve sul cappello – per approdare ad una riflessione generale: ciò che normalmente sarebbe pesante e fastidioso, se lo si sente come proprio diventa leggero.
2. Nakamura Kusatao
Cose senza memoria,
e neve fresca e piccoli salti di scoiattolo
Le cose senza memoria sono gli oggetti di una casa dove non vive più nessuno; da una parte ci sono oggetti che per lui non significano nulla e che non appartengono più a nessuno, dall’altra uno scoiattolo che sfreccia sulla neve appena caduta, a rappresentare l’inesauribile vitalità della natura, che va sempre avanti.
3. Naito Jōsō
I campi e i monti
sono scomparsi sotto il manto nevoso.
È il nulla
La neve è uno dei tre elementi fondamentali nella tradizione degli haiku, insieme alla luna e ai fiori. In questo caso, ricoprendo e uniformando tutta la terra, arriva ad annullarla. Il nulla, per la filosofia zen, è uno dei principi chiave dell’esistenza – Il nulla non si può definire né determinare in alcun modo. Per spiegarlo si usa spesso la metafora dell’onda, la quale ha origine dall’acqua e all’acqua ritorna senza lasciare nessuna traccia della propria esistenza: l’acqua cambia sempre, forma migliaia di onde, eppure è sempre sé stessa, cambia e non cambia e qui si capisce cosa si intende con “universo lontanissimo”!
4. Matsuo Bashō
Mi sono ammalato in viaggio.
I miei sogni vagano
per i campi spogli.
Bashō (Ueno, 1644 – Ōsaka, 1694) è quasi universalmente riconosciuto come il massimo poeta di haiku e suo fu il merito di elevare questo genere poetico, conferendovi una nuova e più moderna sensibilità, fortemente influenzata dai canoni del buddhismo zen.
Questo è il suo ultimo haiku conosciuto: in esso vediamo il contrasto tra il corpo del poeta, costretto a stare in casa a causa di una malattia, e il suo spirito, che vaga per gli spogli campi invernali.
5. Iida Dakotsu
Prima pioggia d’inverno
da quando dormono
i frutti delle palme.
La pioggia d’inverno offre un’occasione per ripensare al momento in cui il mondo vegetale è andato in letargo, preparandosi per il rinnovamento che giungerà con la primavera. E’ la prima volta che piove da quando è arrivato l’inverno e questo fa ricordare al poeta la stagione precedente e, implicitamente, anche quella successiva, quando tutto si risveglierà.
Molto interessante quanto è espresso in questo post. L’inverno è molto affascinante! La neve rallenta il ritmo e rende tutto candido e armonioso. La pioggia crea intimità. Ovviamente per me. Un grosso ciao. ❤