Per un’arte disobbediente e disimpegnata..

Le installazioni ideologiche alla Biennale di Venezia richiamano un saggio di Dave Hickey sulla sorvglianza. L’augurio è che si vada nella direzione opposta a quella tracciata

“Figli obbedienti del panopticon, così devoti alla causa dell’impegno, della sorveglianza”. E’ la definizione che degli artisti suoi contemporanei forniva Dave Hickey, critico d’arte americano antiaccademico, antidottrinario, anticensura, in un libro del 1993 ora tradotto da Johan & Levi: “Il drago invisibile. Quattro saggi sulla bellezza”. Oggi è tal quale. “Figli obbedienti alla causa dell’impegno” gli innumerevoli artisti che, ovinamente filopalestinesi, a fine maggio pubblicarono sui social “All eyes on Rafah”. “Devoti alla causa dell’impegno” i non pochi artisti che nell’antioccidentale Biennale di Venezia (fino al 24.11) timbrano il cartellino ideologico con installazioni, bandiere, video, ricami, angurie e scritte “Cuori uniti contro il genocidio”. Sogno pertanto la bellezza lodata da Hickey, sogno artisti disobbedienti e disimpegnati, sogno quadri non virtuosi, viziosi, con donne senza velo e senza veli, liberamente, impoliticamente nude.

Camillo Langone__da IL FOGLIO

diezione opposta

Mai la messa con le chitarre e coi bonghi…

 

Meglio quella in rito ambrosiano, con devozione vibrante e preghiere in latino, canti in latino e brevi omelie in italiano

tetto chiesa

Ma vacci tu, Diotallevi, alla messa coi bonghi. Il sociologo Luca Diotallevi, Dio lo illumini, è convinto che la crisi del cattolicesimo si risolverebbe se tutti i cattolici confluissero nelle parrocchie. Basta distinguo! Basta movimenti! Basta messe in latino! Tutti dal parroco amico di Zuppi! Bene, domenica scorsa sono stato alla messa in rito ambrosiano antico a Santa Maria della Consolazione, Milano. Arrivato in anticipo immaginavo di trovare una chiesa semideserta e invece, pur non piccola, era strapiena. Nessuna possibilità di sedersi se non per terra. Una messa incredibilmente giovane, tanti ragazzi, tantissime ragazze (sedute per l’appunto anche per terra), parecchie donne velate. Devozione vibrante. Preghiere in latino, canti in latino, in italiano solo la breve omelia. Frequenti inginocchiamenti, sforzo minimo per chi dispone di inginocchiatoio, medio per chi disponendo di sedia deve inginocchiarsi sul pavimento ma può appoggiarsi allo schienale davanti, notevole per chi come me pone le rotule sulla pietra senza attenuante alcuna. Organo a canne. Comunione alla balaustra (sulla lingua). Chi frequenta una messa così (la consiglio per domani) mai frequenterebbe quel pezzo di modernariato anni 60-70 che è la messa cattoprotestante, stile Cei, con le chitarre e i bonghi. Mai.

 

Camillo Langone

da IL FOGLIO                                                                                         

Gli scrittori odierni che da bambini si permettevano di rifiutare le verdure..

Il misconoscimento letterario di Susanna Agnelli è una forma di classismo al contrario. Oltre che il modo per perdersi un grande esempio di stoicismo moderno. Altro che quelli di oggi.

susanna

“Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte” ha decretato Gómez Dávila, e dunque “Vestivamo alla marinara” di Susanna Agnelli è letteratura. L’ho letto nell’altro secolo, l’ho riletto ora con nuovo piacere e nuovo profitto. Il misconoscimento letterario di Susanna Agnelli è una forma di classismo al contrario. Oltre che il modo per perdersi un grande esempio di stoicismo moderno (stoicismo di lusso ma pur sempre stoicismo). Infermiera ovviamente volontaria abbracciava le tubercolotiche morenti che le colleghe schifavano, guidava ambulanze sotto i bombardamenti, attraversava il Mediterraneo su navi ospedale spesso silurate dagli angloamericani (in barba alla Convenzione di Ginevra), sfidava le pallottole dei cecchini fascisti, a Firenze, per recuperare il corpo di una donna colpita malgrado l’evidente gravidanza… Senza mai una lamentela, puro dovere e puro stile fin nella scrittura asciutta, perfetta, senza un grammo di grasso e di compiacimento. Anche un grande esempio di educazione (a Torino, da piccola): “Se uno non finiva tutto quello che aveva nel piatto se lo ritrovava davanti al pasto seguente”. Dopo Susanna Agnelli come faccio a leggere gli scrittori odierni, senza vita e senza stile, che da bambini, è chiaro, si permettevano di rifiutare le verdure?

Camillo Langone  __da il FOGLIO             

Quando il Papa usa il dialetto è realista…

 

Bergoglio che dimentica l’italiano ricorda Belli, il primo a scrivere “froscio” con l’accezione nostra. Il vernacolo non consente mistificazioni.
Non era merito di Papa Bergoglio, era merito del dialetto. Le pronte scuse della Sala stampa vaticana, espresse nella solita lingua finta degli uffici stampa, ne sono la conferma. Quando il Papa gesuita usa l’italiano è ideologico dunque omosessualista come tutti i mondani, e inevitabilmente si piega a pronunciare la parola americana di tre lettere, riverenza lessicale a Sodoma. Invece quando usa il dialetto è realista perché non può non esserlo: il vernacolo non contempla astrazioni, non consente mistificazioni. In dialetto puoi tradurre il Vangelo, non puoi tradurre Foucault né Judith Butler. Quando Bergoglio dimentica l’italiano ricorda Belli, il primo a scrivere “froscio” con l’accezione nostra (lo fece nel fantastico sonetto “La pissciata pericolosa” riferendosi, guarda caso, a una guardia svizzera). Quando Bergoglio dimentica l’italiano ricorda la dottrina della Chiesa. Usi di

Camillo  Langone___IL FOGLIO                                                                                               

papa

Gli italiani e Dante Alighieri, un rapporto troppo limitato.

I connazionali del Sommo non riescon a capire quanto la Divina Commedia sia contraria a Bruxelles e Washington, all’immigrazione e alla miseriscordia bergogliana.

dante

Dante, Padre Dante, ci volevano i maomettani per prenderti nuovamente sul serio. Per i postcristiani italiani il tuo poema è solo antiquariato letterario, pagina ammuffita, canto scaduto (il ministro Sangiuliano cercò di attualizzarti ricordando, peraltro sulla scia di Umberto Eco, la tua natura di intellettuale di destra: risero tutti, gli stolti). I tuoi connazionali sul serio non riescono più a prenderti e così non riescono a capire quanto la Divina Commedia sia contraria a Bruxelles e Washington (“Ahi serva Italia”), all’immigrazione (“diverse lingue, orribili favelle”), alla misericordia bergogliana (“Dio vuol che ‘l debito si paghi”). E naturalmente a Maometto, “seminator di scandalo e di scisma”. Invece ti hanno capito benissimo i genitori musulmani che hanno chiesto e ottenuto, per i loro figli frequentanti una scuola veneta, l’esenzione dallo studio dei tuoi versi. Sono buoni esegeti: davvero la Divina Commedia è incompatibile con l’islam. Dante, Padre Dante, prego che gli italiani imparino da loro la seguente lezione: i capolavori non sono vecchi documenti, sono costanti insegnamenti.

 Camillo Langone___IL FOGLIO                                                                           

La “Venere degli stracci” è la più brutta scultura di artista italiano vivente.

 

Ha ottenuto il primato da “Maestà sofferente” di Gaetano Pesce. E ora vogliono anche piazzarla in una chiesa, inconsapevoli della differenza tra Maria (orazione) e Venere (erezione).

Passato il trigesimo finalmente si può dire: fino al 4 aprile la più brutta scultura di artista italiano vivente era “Maestà sofferente” di Gaetano Pesce. Dal 5 aprile è ovviamente la “Venere degli stracci” inflitta a Napoli da Michelangelo Pistoletto. Due sculture non grandi ma grosse, ovvero grossolane. Pesce capovolgeva Scruton: secondo il filosofo inglese la vera opera d’arte “riesce a rendere bello il brutto”, mentre il designer ligure, pace all’anima sua, è riuscito a rendere brutto il bello (la donna). Pistoletto capovolge Kant, secondo cui la bellezza ci conduce alla presenza del sacro: l’artista biellese ci conduce alla presenza della spazzatura. Adesso il suo statuone-installazione vogliono perfino piazzarlo in una chiesa, complici i preti che evidentemente non sanno più distinguere Maria (orazione) da Venere (erezione), sacro da profano, cristianesimo da paganesimo. Nemmeno il bello dal brutto sanno più distinguere, risultando questa Venere delle mappine, a chiunque non sia cieco, o apostata, leggiadra come una discarica.

Camillo Langone___da IL FOGLIO

venere stracci

Le barriere architettoniche disturbano tutti quanti.

Le barriere architettoniche non ostacolano solo chi è costretto in carrozzina, ostacolano le mamme coi passeggini, ostacolano coloro che hanno, per età, malattia, incidente, difficoltà di deambulazione anche modeste

“I disabili sono la nostra avanguardia”. Non avrei mai partorito un simile pensiero se Paola Severini Melograni non mi avesse intervistato nel suo programma televisivo (“O anche no”, RaiTre) e non mi avesse regalato il suo libro dallo stesso titolo (Castelvecchi Editore). Al contrario di lei, pasionaria della disabilità, più che all’altruismo io tendo all’egoismo. Ma avversare i disabili non è da egoisti, è da scemi. In una società che avanza verso la senilità, poi… Le barriere architettoniche non ostacolano solo chi è costretto in carrozzina, ostacolano le mamme coi passeggini, ostacolano coloro che hanno, per età, malattia, incidente, difficoltà di deambulazione anche modeste. I tavolini per spritzomani ,che occupano come metastasi marciapiedi e carreggiate dei centri storici ,ostacolano tutti, compresi gli addetti alle consegne e i guidatori delle ambulanze. E mentre ascensori e scivoli sono a volte difficili da inserire, tavolini e gazebi si potrebbero eliminare facilmente. Leggendo Paola e parlando con Paola ho capito che i disabili sono la prima linea della civiltà, la trincea dell’umanità. Se cade il rispetto per loro l’oltraggio deborda ovunque e può colpire anche i sani (che comunque non esistono, essendo l’uomo, come insegna De Maistre, “tutto una malattia”).

Camillo Langone      ____da IL FOGLIO     

     

disabili                                                                                               

Giù le mani dalla favolosa cucina italiana-

 

Alberto Grandi e Daniele Soffiati scrivono della non esistenza della gastronomia nostrana. Ma anche fosse un’invenzione recente, non sarebbe geniale?

Italiani popolo di mitopoieti. Non più di poeti, come si diceva, ma di inventori di miti. Di miti gastronomici per la precisione. Questo si evince leggendo “La cucina italiana non esiste” di Alberto Grandi e Daniele Soffiati, due” nemici”della patria che si divertono tantissimo a raccontare che il ricettario nazionale è quasi tutto allogeno e postbellico. Se prima di Grandi e Soffiati non hai letto l’Artusi potresti pure pensare che in Italia, negli anni Trenta, si mangiasse cucina tipica scandinava, o forse indiana… Meno male che io ho letto perfino Orazio e che ancora mangio come lui làgane e ceci e addirittura fave e cicoria, suppergiù la puls fabata considerata antichissima già da Plinio il Vecchio…
Ma anche se fosse, anche se i due autori (antinazionalisti e molto ovviamente antigovernativi) avessero ragione, anche se davvero gli italiani si fossero inventati di recente la loro cucina, non sarebbe fantastico? Non sarebbe geniale? L’Italia fondata sulla pizza, sulla carbonara, sul tiramisù… Se la cucina italiana è una favola è una favola bella ed è una favola buona. Giù le mani dalla favolosa cucina italiana!

 Camillo Langone__da il FOGLIO

carbonara

Un eroe della cultura al cospetto della natura…

 

Manuel Escribano, il matador andaluso che a Siviglia, dopo essere stato incornato, ha preteso di essere operato in anestesia locale per tornare subito nella plaza de toros.

Leggo nomi di candidati alle elezioni europee, non leggo nomi di persone che ammiro. Forse è soltanto matematica: ammirando poche persone è improbabile che un ammirato finisca in lista. Ma io, poi, chi ammiro? Avendo poca ammirazione a disposizione non vorrei sprecarla con un politico. Meglio un torero. Meglio Manuel Escribano, il matador andaluso che a Siviglia, durante la Feria de Abril, dopo essere stato incornato ha preteso di essere operato in anestesia locale per tornare dopo sole due ore nella plaza de toros. Con la divisa de oro distrutta e i pantaloni rimediati. Nuovamente inginocchiato davanti alla buia porta dei tori, soltanto il mantello rosso fra il corpo martoriato e le corna affilate. Un eroe della cultura al cospetto della natura. La tauromachia come opposto della democrazia: non numero, valore. Manuel Escribano come grande uomo e dunque uomo che non andrà a Bruxelles. Resterà in Andalusia a insegnare lo stile e il coraggio e l’importanza di farsi il segno della croce nei momenti cruciali.

Camillo Langone __da IL FOGLIO

 

torero

Una statua tatuata in Santa Maria dei Miracoli, a Roma…

Una statua tatuata in Santa Maria dei Miracoli, a Roma. Ma le profonazioni corporee sono espressamente proibite: credere in Dio e nei santi, non ai preti..