Sacerdote è colui che presidia il sacro. E senza confini non esiste paradiso (che significa “giardino recintato”), non si dà civiltà. Ecco perché Giorgia e Matteo sono meritevoli.
Non siano chiamati politici, Giorgia e Matteo, bensì sacerdoti. Perché sacerdote è colui che presidia il sacro. E sacri sono i confini come ricorda perfino l’agnostica costituzione novecentesca: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. In epoche religiose era compreso meglio. Com’è noto o com’era noto (chissà se Tito Livio si studia ancora), la sacralità del confine è all’origine di Roma, in quel giorno di aprile in cui Remo oltrepassò, per scherno o altro, il sacro solco appena tracciato e perciò venne ucciso dal fratello. Senza confini non esiste paradiso (che significa “giardino recintato”), non si dà civiltà. Cicerone considerava le mura dell’Urbe sacre alla pari degli altari, dei templi, dei santuari. Di analogo avviso era Neemia che ricostruì le mura di Gerusalemme, e ho evocato un profeta, un uomo mandato da Dio. Può darsi che anche Giorgia e Matteo siano stati mandati da Dio, allo scopo di non far precipitare l’Italia nel caos e nell’indistinzione. Di sicuro questa loro missione così rischiosa a difesa dei confini, di un sacro non confessionale ma territoriale e nazionale, li rende meritevoli di molte preghiere, comincio io con la mia
Camillo Langone_da _IL FOGLIO