Temendo la brace, la Francia resta in padella…

 

A sentire i telegiornali, a leggere i giornali, in Francia e in Europa, c’è un sollievo generale. Tutti contenti, finito l’incubo, pericolo scampato, rompete le righe. Vince il Fronte popolare, siamo liberi e felici. Il quotidiano L’Unità, organo di retroguardia della sinistra condensa le sciocchezze del mainstream in un titolo a tutta pagina: Siamo tutti antifascisti, inneggiando alle piazze di Parigi e d’Europa che hanno sconfitto Le Pen dimostrando che la sinistra è viva. Senti i tg della Rai, i famosi melones, che dicono: che sollievo, sono stati i giovani, le piazze, le donne a far vincere la sinistra…
Un cumulo di sciocchezze e ipocrisie. Per cominciare, astensionisti a parte, il primo partito che raccolse il 34 per cento dei voti è stato il Rassemblement di Le Pen. Voto popolare, nazionale, giovanile, operaio, femminile. Come ci può essere sollievo generale in Francia per la sconfitta di chi avevano votato più di tutti? Al primo turno gli altri partiti furono sconfitti. Ma siccome il sistema elettorale consente di sommare gli sconfitti in un Fronte fondato sulla desistenza nelle candidature, la somma degli sconfitti ha sconfitto il vincitore. Il risultato non rispecchia la volontà degli elettori, perché ogni singolo addendo, almeno a livello popolare, non aveva nulla a che spartire con gli altri. In quella somma la sinistra ha la sua quota divisa in tre forze; il resto sono centristi, macroniani e liberali.
La sinistra non ha vinto un bel niente; è stato Macron il Furbo che dal primo momento – e lo scrivemmo già quando annunciò di voler sciogliere il Parlamento- ha scommesso sulla partita Le Pen contro il resto del mondo, giocando cioè sul fatto che lei non aveva possibilità di trovare alleati al secondo turno. E avrei scommesso da subito che sarebbe finita così. Lui, l’Impopolare, viene salvato dal Fronte Popolare degli Sconfitti. La loro unione, lo vedono tutti, è fondata solo sull’impedire a Le Pen di andare al governo. Non è un’unione per la Francia ma una conventio ad excludendum. Non è pro ma anti. Ecco perché tengono in piedi quel fantasma putrefatto che è l’antifascismo, ottant’anni dopo che il fascismo è morto. Perché con quella formula surreale impediscono il cambiamento, salvo poi dividersi nel dopo, e proseguire nella miseria di governi impopolari. Macron campa su questo da anni, ma non solo lui.
In Italia quella formula la invocano sempre e tuttora è l’unico collante, l’unica prospettiva, l’unica strategia che sanno mettere in piedi. Di fronte alla chiamata antifascista non ti puoi tirare indietro. Cos’è poi la chiamata antifascista, in che cosa consiste a parte la seduta spiritica di far rinascere il fascismo? Consiste nel rifiuto della sovranità popolare e nazionale nel nome dell’unione europea, cioè delle élite che governano l’Europa e dei poteri annessi; rifiuto che viene tradotto in antirazzismo. Poi consiste nel rifiuto della famiglia naturale, dei legami comunitari, della civiltà e delle tradizioni nel nome dei diritti civili tipo aborto e nei diritti gender riassunti in quel codice fiscale mezzo algebrico diventato mantra, lgtbq+ a cui aggiungerei l’asterisco, che sostituisce ogni fine parola con o e con a (beati i sardi che finiscono molte parole in u, e così scampano la militante idiozia del neutro). E consiste infine nell’accoglienza dei migranti, la cancellazione della propria civiltà e delle radici civili e religiose per far posto a chi viene da fuori; e nel richiamo retorico alla pace (salvo guerre a getto continuo, corsa ad armarsi, ma sempre per scopi democratici, umanitari, anzi pacifisti). Il tutto incipriato nel verde; ma se lo fa la destra è ecofascismo.
La formula politica dell’antifascismo, che da noi si chiamò arco costituzionale, è la stessa da più di sessant’anni: centro-sinistra.
Il centro-sinistra globale, che esclude ogni destra che non voglia diventare reggicoda del medesimo centro-sinistra globale (nome in codice: Ursula). Detto in breve: o la Meloni si taianizza, o finisce ai vannacci.
Sul piano dei sistemi l’antifascismo nasconde il tradimento della sinistra nei confronti della lotta al capitalismo: il capitale diventa alleato perché il nemico supremo da abbattere è sempre e solo il fascismo (che non esiste). Così Mélenchon fa patti con Macron, la sinistra diventa ovunque la guardia bianca del capitale. Cosa riceve in cambio? L’adozione del proprio manuale ideologico antifascista, filo-migranti e filo-transgender. Al di là di una spruzzatina pop sui temi sindacali e sociali, la sinistra di fatto non sogna alcun superamento del capitalismo, è dentro il suo mondo e la sua tabula rasa, concorre a cancellare la civiltà ereditata; il suo nemico non è più il Padrone, i ricchi, i giganti della finanza e i potenti, che sono invece suoi alleati, ma la famiglia, la civiltà tradizionale, la sovranità nazionale e popolare, riassunti nella formula diabolica del fascismo, con aggravante obbligata del razzismo. A dir la verità anche le destre, pur ai margini, sono dentro lo stesso acquario capital-occidentale, salvo comizi.
La formula viene applicata ovunque. Se tu per esempio denunci, come è capitato a me, che un treno ad alta velocità e lungo percorso non può abbandonare a metà corsa sui binari, per sciopero, i viaggiatori, tra cui donne, bambini, disabili, trovi sempre quattro coglioni di sinistra (non trovo definizione migliore, le altre sono peggiori) che ti attaccano: ah, il solito fascista, vuole abolire il diritto di sciopero. I problemi concreti del presente, il disagio reale dei cittadini, cancellati dal solito mantra ideologico di un secolo fa. A questo serve l’antifascismo, usato dai cinici furbi e dai cretini acidi.
L’Eliseo per Marine Le Pen è il supplizio di Tantalo, potrà anche prendere il 40% ma con quel sistema elettorale al secondo turno sarà sempre sconfitta. Le occorrerà al primo turno la maggioranza assoluta. Altrimenti ci sarà sempre un Mélenchon a fare l’antisistema ma poi ad accettare il patto col diavolo pur di non far vincere il super-diavolo (inesistente), il Fascismo. Su queste pantomime regge il potere.
Trasferite ora la vittoria degli sconfitti che si apprestano a non governare la Francia nel caso italiano e nell’euforia della sinistra nostrana. Ci sono due differenze con la Francia: il sistema elettorale qui non è di doppio turno e la destra, grazie a Berlusconi (va detto), ha la possibilità di coalizzarsi e governare. Non c’è nulla da imparare dalla Francia, è roba vecchia anche da noi, nulla di nuovo: è Fritto Misto nelle urne e Aria fritta per il Paese. Temendo la brace inesistente del fascismo, l’Unione ciechi di Francia ha scelto di restare in padella. Friggetevi.

Marcello Veneziani