Il personaggio dell’anno stavolta non è umano.

 

Chi è il personaggio dell’anno del morente 2023? La ditta umana non ha sfornato quest’anno un protagonista assoluto, ma tanti deuteragonisti, e tanti scomparsi. Sicché, se vogliamo essere obiettivi e universali dobbiamo ammettere: il personaggio globale dell’anno è I.A. che non è il raglio di un asino, ma l’Intelligenza Artificiale. E’ lei, è essa, è costei, non so come definirla, la vera regina dell’anno che si spegne e forse non solo di quello. Mai si è parlato di Intelligenza Artificiale come in quest’anno, anche se la Signorina imperversa ormai da alcuni anni. Mai si è scritto, detto, benedetto e maledetto tanto intorno a lei e alla Sostituzione che tramite lei si sta compiendo della vecchia, sfatta umanità, cresciuta enormemente di numero, decresciuta di peso, per non dire di prestigio. L’umanità è finita tra asterisco e cancelletto, ovvero fuor di metafora da tastiera smartphone, tra la negazione della natura e l’adozione simbolica dell’asterisco per denotare la totale reversibilità, transitorietà e insignificanza dell’identità di genere; e la cancellazione della storia, della tradizione, della civiltà, della realtà. La prima si chiama in sigla schwa, la seconda nella formula magica di cancel culture, due forme parallele e convergenti di imbecillità autolesionista, e che siano parallele e al tempo stesso convergenti conferma la loro infondatezza e la loro stoltezza.
Ma il risultato finale di quell’idiozia doppia è che al posto dell’umanità, la protagonista assoluta dell’ultimo anno, con affaccio sul futuro, è l’Intelligenza Artificiale e il suo inserviente, il robot. Anzi, per essere precisi, l’umanità è schiacciata tra due follie: il macchinismo e l’animalismo. Stiamo diventando un ponte superfluo tra le due sponde: il robot e l’animale che ci sembrano meglio di noi.
Ho capito che siamo arrivati a un punto di non ritorno nella corsa verso il robot supplente che sostituisce l’uomo, quando ho visto che perfino i carabinieri hanno adottato Saetta, il carabiniere robot a quattro zampe, agile e disinvolto, in grado di fare le veci dei suoi colleghi umani, con una professionalità, una fedeltà, una precisione e un’abnegazione che non t’immagini. Cammina un po’ strano, il quadrupede tecnologico, sembra quasi un granchio di grandi dimensioni, seppure vestito con i colori dell’Arma. Ma è la rappresentazione in divisa dell’Intelligenza Artificiale nei secoli fedele. In altri tempi, quando imperversavano le barzellette sui carabinieri, avrebbero detto che la robotica vuole vincere facile se si propone di sostituire l’intelligenza di un carabiniere. Barzellette che hanno avuto successo finché erano considerate irriverenti e oltraggiose; ma da quando i primi a raccontarle sono diventati i carabinieri stessi, che hanno così dimostrato un sano senso dell’autoironia, si è capito che non avevano più ragion d’essere e di accanirsi con l’Arma. Però ora arriva Saetta e siamo punto e a capo.
A volte ho l’impressione che l’Intelligenza Artificiale si sarebbe comportata meglio in molte situazioni che stiamo vivendo, sostituendo leadership, governi, banchieri e militari; la stupidità intelligente dell’umanità a volte ti fa invocare i robot.
Giro intorno e ci scherzo su, preferisco andare sul paradosso per non dire la verità: ma l’egemonia intellettuale dell’Intelligenza Artificiale, giustamente indicata come il personaggio dell’anno, è una sconfitta che non ci dovrebbe rendere orgogliosi. Facile dire che comunque è un prodotto dell’uomo, e dunque la sua gloria è in realtà solo riflessa, secondaria, subordinata a coloro che l’hanno realizzata. Ma vedendo la progressiva espropriazione/abdicazione di funzioni, processi e pensieri, col relativo travaso dall’umano all’artificiale, hai la netta sensazione che d’ora in poi non ci chiederemo più di chi è figlia l’Intelligenza Artificiale, perché ormai è maggiorenne, adulta e in via di autonomia. L’Intelligenza Artificiale lascia la casa famigliare e va a vivere per conto suo, da single o insieme con altre intelligenze artificiali. L’apprendistato sta per finire, tra poco si metterà in proprio.
Qualcuno insiste a dire che noi abbiamo solo da guadagnarci, scaricheremo su di lei un sacco di funzioni, di compiti, di fatiche ingrate. Ma non avete capito che una volta svuotati di ogni mansione, missione, funzione, l’uomo sarà prima dipendente dalla prima e poi si renderà prima irrilevante, poi superfluo, infine dannoso, d’ostacolo all’espansione libera e possente dell’Intelligenza Artificiale.
Un tempo Lenin scriveva che il capitalismo avrebbe offerto al proletariato la corda con cui farsi impiccare. La storia non è andata proprio così, ma non è impossibile immaginarsi che l’uomo stia fornendo all’Intelligenza Artificiale, il tasto, il chip, con cui verrà cancellato.
Ci sarà un momento in cui non ci accorgeremo più di questo processo, non sentiremo il bisogno di denunciarlo e nemmeno di comunicarlo: quel momento indicherà lo switch off, ovvero il passaggio dall’umano-naturale all’artificiale-tecnologico, il momento in cui si spegnerà l’umano e il suo posto verrà preso dall’IA. Ma appena avverrà avremo smesso di preoccuparcene, perché sarà disattivata la nostra facoltà critica, previsionale, oltre che la nostra capacità di guidare il processo, di orientarlo.
No, non c’è fatalismo in quel che dico, e non c’è nemmeno luddismo né odio e paura ancestrali per la macchina e per il futuro.
Non c’è nemmeno la convinzione che l’Intelligenza Artificiale sia un male. Al contrario, i risultati che stiamo ottenendo suo tramite sono prodigiosi, molti vantaggi di cui già usufruiamo, sono indubbiamente positivi. No, quel che più ci preoccupa non è l’avanzata dell’intelligenza artificiale ma la ritirata dell’intelligenza umana. Non siamo in grado di governarla. Ne spiegheremo meglio il senso prossimamente. Intanto approfittando dell’allegria natalizia  festeggiamo IA, personaggio dell’anno.

Però se mi ferma il brigadiere Saetta parlo solo in presenza di Alexa.

Marcello Veneziani