L’intimo ai giorni nostri.

L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.

Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo “spudoratezza”, con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l’interiorità dall’esteriorità, la parte “privata”, “intima” di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.

Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.

Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni.

 

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