Le grandi ricchezze della solitudine…

 

Ma, come si sa, l’uomo appartiene ad una specie sociale, quindi non educato per vivere solo. E a chi non capita di uscire da solo per una passeggiata? Uscire da soli ha una grande importanza, sedersi sotto un albero non con un libro, non con qualcuno, ma in compagnia di se stesso e osservare una foglia che cade, staccata dal ramo dal vento, porre attenzione al volo degli uccelli, osservarne magari uno in particolare in ogni sua azione, ascoltare il canto di un pescatore in lontananza; porre attenzione ai propri pensieri e come questi si rincorrano l’un l’altro nello spazio della mente. Chiunque sia capace a stare solo e osservare tutte queste cose, scoprirà di potere godere di enormi ricchezze che nessun governo tasserà mai, nulla e nessuno potrà corrompere e che non ti potrà mai essere tolto.

 

Donna seduta sotto un albero Foto Stock, Donna seduta sotto un albero Immagini | Depositphotos

Come le notti bianche…

Ecco cosa sono i sogni, a volte desideri, ma quasi sempre momenti vissuti, che tuttavia non ci tornano come ricordi dell’attimo reale, ma delle emozioni vissute in quell’attimo, che abbiamo voglia di rivivere a modo nostro.

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“Il sogno è il teatro dove il sognatore è allo stesso tempo sia la scena, l’attore, il suggeritore, il direttore di scena, il manager, l’autore, il pubblico e il critico.”

CARL GUSTAV JUNG

“Invano il sognatore rovista nei suoi vecchi sogni, come fra la cenere, cercandovi una piccola scintilla per soffiarci sopra e riscaldare con il fuoco rinnovato il proprio cuore freddo, e far risorgere ciò che prima gli era così caro, che commuoveva la sua anima, che gli faceva ribollire il sangue, da strappargli le lacrime dagli occhi, così ingannandolo meravigliosamente.”

FËDOR MICHAJLOVIČ DOSTOEVSKIJ

 

Sogni come aquiloni…

“Lancia i tuoi sogni nello spazio come un aquilone, e non sai cosa ti riporteranno, una nuova vita, un nuovo amico, un nuovo amore, un nuovo paese.”

Anais Nin

Come tanti fiori,che l’estate fa sbocciare, sbocciano col caldo dell’estate i nostri sogni, nelle lunghe notti di calura, nei pomeriggi lenti come l’aria ferma. Tutto sonnecchia e qui i pensieri volano, sfiorano i muri che scottano, accarezzano i fili d’erba che stanno morendo, anche se un filo d’acqua, fuggito chissà dove quasi li sfiora, quasi un sogno per l’edera che si accartoccia su quella terra arida. Sono pensieri lenti, fragili ,trasparenti colorati di desideri che piano piano trasformo in aquiloni. Voglio che prendano il volo, che raggiungano il cielo, non so se torneranno… perchè ,se torneranno, so che riporteranno una nuova vita, un nuovo amico, un nuovo amore, un nuovo paese.

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L’età dell’impotenza…

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Il ghiacciaio si scioglie e genera una tragedia sui monti, sulla Marmolada. Il clima impazzisce e genera disastri atmosferici nel pianeta. Il contagio del covid riprende a correre per il terzo anno. In Ucraina la guerra continua e nessuno riesce a fermarla. E aspettiamo la solita, inevitabile catena di incendi d’estate, che di solito partono da errori o colpe ma si ripetono sempre, e non c’è efficace prevenzione e dissuasione.

Per completare il quadro e aggiungere benzina sul fuoco, non c’è giorno che la follia di un uomo non si scateni su vittime innocenti, dagli Stati Uniti al mondo. I sistemi di sorveglianza e controllo nulla possono davanti all’imprevedibile follia, alla malvagità senza movente. Si pensa che il rimedio sia solo vietare le armi, e può essere un mezzo per limitare le occasioni e il numero delle vittime, ma non estirpa certo il male.

Eventi disparati, atmosferici, sanitari, storici, delitti ambientali, umane follie ma che rivelano una cosa: siamo entrati nell’Età dell’Impotenza. Qualcuno dirà che siamo rientrati nell’Età dell’Impotenza e altri, più accorti, diranno che in realtà non ne siamo mai usciti. Da sempre ci dominano fattori ingovernabili, che un tempo chiamavano Sorte, Fato, Necessità. E ad essi si aggiunge il fattore ineliminabile che potremmo definire con tono biblico malvagità, umana o non solo. Ma quel che più colpisce è la percezione della nostra Impotenza rispetto agli accadimenti, in un’epoca che invece è culturalmente dominata dalla Volontà di Potenza e dai desideri illimitati. Ci hanno allevato alla libertà e ai diritti come principi assoluti, ci hanno insegnato che la modernità si distingue dall’antichità perché l’uomo domina e non subisce il destino e gli eventi, e invece ecco rivelata tutta la nostra impotenza. In che senso nostra? In senso personale, prima di tutto. Poi in senso sociale. Nulla possiamo da soli, ma anche insieme, pur essendo preziosa la solidarietà e pure il conforto comunitario. Ma anche riferita agli Stati, al Potere delle Istituzioni, della Scienza, della Tecnica, della Terapia, la condizione impotente non cambia. Nessuno riesce a fermare queste emergenze, e non dico solo quelle impreviste, ma anche – e soprattutto – quelle previste, annunciate da tempo o temute da anni. Non c’è possibilità di prevenzione, non ci sono protocolli e misure per frenare e nemmeno per rispondere agli eventi che si abbattono su di noi. I vaccini non bastano, o forse non servono, si insinua perfino il dubbio che siano la principale causa delle varianti e della ripresa dei contagi. Ovvero il rimedio non frena o estingue il male, e forse addirittura lo provoca (senza considerare gli inquietanti e rimossi effetti collaterali). I discorsi sull’ecosostenibilità, sul riscaldamento del pianeta, sul tracollo climatico sono montagne di parole che partoriscono topolini, impotenti rispetto al funesto evento di un ghiacciaio che si scioglie e trascina gli uomini nella rovina. Grandi mobilitazioni, piccoli risultati. Anche perché per sperare di ottenere risultati sensibili, ammesso che si sia ancora in tempo, si dovrebbe rimettere radicalmente in discussione il modello di società in cui viviamo. Non solo arrestare lo sviluppo, ma arretrare perfino. Anche i più scalmanati sostenitori della svolta ambientalista non riuscirebbero ad accettare le implicazioni e le limitazioni enormi al nostro attuale modo di vivere.

Vanamente i media, i poteri, cercano di colpevolizzare i popoli e i cittadini, e quasi scaricare sulla loro incuria e refrattarietà a seguire i protocolli di sicurezza, se la pandemia riprende, se la terra impazzisce, se accadono incendi e se non si sopportano le conseguenze delle misure per dissuadere i malvagi e i guerrafondai. In realtà la responsabilità dei singoli è morale più che reale. Il raggio d’incidenza dei singoli comportamenti è quasi impercettibile. E comunque agisce in minima misura sugli effetti ma è del tutto inerme rispetto alle cause, ai processi in corso, alle minacce incombenti. Il senso di impotenza scatena inevitabilmente l’ansia fino all’angoscia che non è uno stato provvisorio, limitato nel tempo e alle circostanze, ma coinvolge interamente la nostra mente, la nostra persona e il nostro tempo presente e futuro. L’ansia ci avverte di un pericolo, l’angoscia ci dice che non c’è scampo. Dunque, lo stato dell’angoscia è legato alla percezione dell’impotenza. Che è poi il senso proprio della tragedia, dove non c’è rimedio, non c’è via d’uscita. È l’età dell’Impotenza.

Ma si può vivere con questa spada di Damocle pendente sulle nostre teste, si può essere cittadini leali e osservanti delle norme se il potere non ci garantisce la prima delle fonti su cui sorge lo Stato, ossia la sicurezza o l’argine alla paura? Ecco il pericolo che si aggiunge a quelli legati agli eventi: che si possa allentare o sciogliere il patto su cui regge l’alleanza tra potere e popolo, tra governanti e governati, visto che gli Stati non garantiscono effettivi argini ai cataclismi e alle tragedie. E allora, non ci resta che convivere con la catastrofe? Dobbiamo comunque reagire, prevenire, aumentare la soglia di attenzione e di sicurezza, ma dobbiamo cambiare mentalità. L’uomo non è il signore dell’universo, la nostra vita non è assoluta e permanente, ricacciamo la volontà di potenza e i desideri illimitati, recuperiamo il senso del limite, accettiamo il nostro destino con amor fati. Siamo fragili, mortali, esposti al pericolo. Solo un dio ci può salvare. O peggio, solo un dio si può salvare.

(Panorama n.29)

Per chi si incammina nel tempo della vita :” Metti in valigia…

 Nella valigia del tuo futuro vorresti mettere tante cose, ma poche sono quelle che contano veramente. Se fossi te la prima cosa che metterei è il CORAGGIO, senza la cui energia non è facile scegliere la strada migliore.  Per  fugare la noia che a volte è compagna di strada ci metterei u n po’ di FANTASIA, che  sa aprire  porte che schiudono mondi nuovi e rendere veri sogni immaginati. Non dimenticherei la TENEREZZA  nel saper amare, e, a nessuna età perderei la DIGNITA’ nè la  COSCIENZA. Troverei un posto comodo in valigia per il RISPETTO , rispetto per tutta la natura, per l’arte per la cultura, iniziando a fare bene studio e lavoro. Non dovrai scordare il rispetto per i piccoli, i deboli e gli anziani, rispetto per chi ti ha cresciuto, educato, per chi, nella vita hai incontrato e ti ha lasciato qualcosa di se, poco o tanto non conta, ma importante. Non scordare la LEALTA’ che viaggia sempre con la SINCERITA’.Infine insisto perchè tu trovi ancora un angolo dove metterci  gli SBAGLI, senza scordarti mai che è meglio aver RIMORSI che RIMPIANTI…

 

 

valigia

Il Krill,piccola e immensa magia degli oceani..

Il krill,la spina dorsale dell’ecosistema marino su un polpastrello.

Il krill può essere minuscolo di statura,ma gioca un gigantesco ruolo nell’oceano. Al Cordell Bank National Marine Sanctuary, l’enorme sciame di questi piccoli crostacei si rivela una fondamentale fonte di cibo per molti animali marini. Le enormi popolazioni di Krill sono la spina dorsale di molti ecosistemi oceanici, poichè sono fonte di nutrimenti fondamentali per  una molto vasta gamma di specie come  le foche, le balene molti pesci e anche uccelli marini.

Credit: Sophie Webb

krill

Guardando le stelle…

Guardando le stelle.

Sdraiata sull’erba fresca, cala la notte,
i miei occhi vanno al cielo subito
come attratti da una calamita.
All’improvviso una luce attraversa il cielo
inizia un dialogo
là un luccichio
là uno sfavillare
e di rimando un baluginio
la luna e le stelle chiacchierano.
E se chiudo gli occhi mi pare
persino, anche se sommessamente ,
si, credo proprio di potere ascoltare
il finale di un coro come
se le stelle avessero dato l’ultimo
tocco d’archetto.
Provo ad immaginare allora che cosa possano pensare le stelle di me che le sto guardando mentre loro guardano me e non mi parlano, ma io so che in questo mondo che gira velocemente il loro spettacolo mi regala una dolcissima serenità, sorrido appagata da tanto incanto, mentre il sipario si apre su un nuovo gioco di luci, e la notte è ancora lunga…

 

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Nonostante… l’incalzare degli anni, le vicissitudini, le perdite dolorose..

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Quando la bellezza invecchia, c’è un modo solo di scendere lungo questo fiume:
ascoltare la musica dell’acqua sulle rocce,
trovando qualcuno da amare, me stessa, te, chiunque.
Allora dico, salta fuori dalla barca primavera, salta via nuda ,tenera e nonostante il cuore feroce apri una svolta alla vita..

sharon

 

Che sarà, sarà…

 

 

Ah che sarà che sarà che vanno sospirando nelle alcove che vanno sussurrando in versi e strofe che vanno combinando in fondo al buio che gira nelle teste e nelle parole che accende candele nelle processioni che va parlando forte nei portoni e grida nei mercati che con certezza sta nella natura nella bellezza quel che non ha ragione ne mai ce l’avrà quel che non ha rimedio ne mai ce l’avrà quel che non ha misura. Ah che sarà che sarà che vive nell’idea di questi amanti che cantano i poeti più deliranti che giurano i profeti ubriacati che sta sul cammino dei mutilati e nella fantasia degli infelici che sta nel dai e dai delle meretrici nel piano derelitto dei bambini ah che sarà che sarà quel che non ha decenza ne mai ce l’avrà quel che non ha censura ne mai ce l’avrà quel che non ha ragione. Ah che sarà che sarà che tutti i loro avvisi non potranno evitare che tutte le risate andranno a sfidare che tutte le campane andranno a cantare e tutti i figli insieme a consacrare e tutti i figli insieme a purificare e i nostri destini ad incontrare perfino il Padre Eterno da cosi’ lontano guardando quell’inferno dovrà benedire quel che non ha governo ne mai ce l’avrà quel che non ha vergogna ne mai ce l’avrà quel che non ha giudizio. Ah che sarà che sarà quel che non ha governo ne mai ce l’avrà quel che non ha vergogna ne mai ce l’avrà quel che non ha giudizio. Ah che sarà che sarà quel che non ha governo ne mai ce l’avrà quel che non ha vergogna ne mai ce l’avrà quel che non ha giudizio.

Chico Buarque, trad. Ivano Fossati

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Un pomeriggio di vento…

 

un pomeriggio di vento

 

Un pomeriggio di vento
che tutto arruffa: i capelli come l’anima e i pensieri.
Intrigo, nodi, diritto e rovescio ma non ne esce un maglione,biancheria sbattuta, un fischio confuso, una porta che sbatte, un’altra ribatte, si piegano i rami a spazzare il vialetto, corron le nuvole
e gonfiano il petto, non battono gli uccelli le ali, volan sul vento su, sempre più su, dove si perdono i sogni e gli aquiloni.