“Noa Noa”, il profumo di Tahiti, nelle pagine del diario polinesiano di Paul Gauguin.

 

“Possa venire il giorno (e forse verrà presto) in cui fuggirò nei boschi di qualche isola dell’Oceania, a vivere d’estasi, di calma e d’arte, circondato da una nuova famiglia, lontano dalla lotta europea per il denaro. Lì a Tahiti potrò ascoltare, nel silenzio delle belle notti tropicali, la dolce musica sussurrante degli slanci del mio cuore in amorosa armonia con gli esseri misteriosi che mi saranno attorno. Finalmente libero, senza preoccupazioni di denaro, potrò amare, cantare e morire”, così scrive Gauguin alla moglie Mette qualche mese prima di partire per i Mari del Sud, il luogo che gli fece comprendere il significato della parola felicità.

L’artista ,che non riesce più ad accettare le regole,la struttura mentale della società occidentale, che trova limitante per la sua ispirazione vede in questo Eden un approdo, una meta dove ritrovare sé stesso e riprendere la sua pittura ;e infatti gli anni di Tahiti rappresentano il periodo più fecondo della sua intera esistenza. Gauguin ama quella civiltà, vuole scoprirla e non solo, ma viverla fino in fondo- Per cercare un senso di appartenenza alle varie comunità che lo ospitano, egli va alla scoperta del profumo di questa terra (noa-noa significa appunto ‘che profuma’). Ed è Teura, la tredicenne sposa tahitiana, a guidarlo e che diventa per Guaguin  quasi una sacerdotessa di quel magico, inestricabile paradiso. Egli dirà di lei: “É entrata nella mia vita al momento giusto: più presto forse non l’avrei capita e, più tardi, sarebbe stato troppo tardi. Ora sento quanto l’amo e, grazie a lei, penetro finalmente misteri che fino a qui mi restavano ribelli”.

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Per Gauguin, e soprattutto per la sua pittura, è un’esperienza decisiva, è come tornare alle radici dell’esistenza, a un mondo fatto di istinto, di genuinità, di ritmi naturali e di silenzi. Ed è questa realtà che Gauguin ritrae nelle sue tele e racconta nelle pagine di un quaderno che intitola semplicemente “Noa Noa”, profumo. Un taccuino d’impressioni, che l’artista trascrive una volta rientrato a Parigi:“Preparo un libro” scrive alla moglie nell’autunno del 1893 “su Tahiti che sarà molto utile per far capire la mia pittura”. Una sorta di memoriale, a supporto della sua arte, la spiegazione di quella bellezza che è la primitività, che i moderni europei, persi nei meandri del progresso, non riescono a capire.

Gauguin torna in Francia definitivamente nel 1901, richiamato in patria da importanti affari di famiglia. Il rammarico di questo addio si avverte nelle sue parole: “Addio, terra ospitale, terra meravigliosa, patria di libertà e di bellezza! Parto con due anni di più, ringiovanito di venti, più barbaro anche di quando sono arrivato eppure più sapiente. Sì, i selvaggi hanno insegnato molte cose al vecchio civilizzato, molte cose, quegli ignoranti, della scienza del vivere e dell’arte di essere felici” .Mentre è immerso in questi pensieri, il piroscafo lascia per sempre il porto di Tahiti. Le giovani donne tahitiane piangono i loro amanti di un giorno e, le loro bocche intonano una vecchia litania maori di rammarico e rimpianto.

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Un pensiero riguardo ““Noa Noa”, il profumo di Tahiti, nelle pagine del diario polinesiano di Paul Gauguin.”

  1. Conosco la storia di Gauguin, vidi a suo tempo il film “Voglia di Vivere” con Kirk Duoglas che interpretava Van Gogh e Anthony Queen che intepretava Gauguin. Mi hanno sempre affascinato le biografie, specie quelle con grandi attori e/o storie con questi personaggi famosi. Come sempre riporti in immamgini, le vicissitudini raccontate magistralmente da te.
    Buona serata Giovanna.

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