E’ nell’incertezza l’habitat naturale della vita dell’uomo…

La nostra vita è un’opera d’arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l’arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare.

Dobbiamo tentare l’impossibile. E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe – di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all’altezza della sfida. L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane.

Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.

Zygmunt Bauman, da “L’arte della vita” .

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La meraviglia dei disegni di Picasso…

 

“Bisogna uccidere l’arte moderna. Questo significa che bisogna uccidere sé stessi, se si vuole continuare ad essere in condizione di fare qualcosa.”

Con questa frase scritta da Picasso al culmine del successo della sua pittura cubista, voglio raccontarvi il disegno di Pablo Picasso. Pare strano che proprio uno come lui, il più rivoluzionario nell’arte dell’inizio del novecento, dopo aver dato vita al movimento Cubista, parli di “uccidere l’arte moderna”, per ritornare a quelli che sono i più tradizionali moduli figurativi classici, ricercare nuove soluzioni innovative per evitare di ripetersi, cosa che non gli piaceva e voleva sempre essere il primo a ideare un nuovo modello di espressione.
Picasso non è solo cubismo, quest’ultimo rappresenta solo una stagione della sua opera lunghissima e instancabile; si sa che la sua formazione fu assolutamente tradizionale, che le sue abilità tecniche erano formidabili e che il suo legame con il “classico” riemerge nella sua potente seduzione, in tutti i momenti di svolta nella carriera dell’artista.

Oltre a essere un pittore, scultore e ceramista, Picasso esprime con massima efficacia la sua forza creativa attraverso il disegno e l’incisione, ovvero in quelle tecniche nelle quali la sua mano e il suo segno sono liberi e immediati. Ancora oggi si trovano in vendita centinaia di disegni di Picasso, frutto di una produzione talmente vasta e originale da sembrare infinita; Picasso disegnava continuamente e aveva raggiunto con il suo segno una tale sicurezza da riuscire a dare vita, con una sola linea, a figure eleganti e compiute, come pochi altri artisti sono mai stati in grado di fare. Un segno essenziale, preciso, asciutto e pulito che si curva e si modula senza nessuna esitazione.
Si tratta di una linea-spazio che definisce una forma chiusa precisa e compatta, da scultore, che si fa perimetro, senza esitazione alcuna. Grande attenzione è posta anche sulla composizione del disegno; le forme sono in relazione fra loro attraverso un equilibrio perfetto.
Nel disegno con materie grasse e friabili quali la grafite e le matite o con tecniche elastiche ed umide come la penna , il bistro o l’inchiostro, la sua linea disegnativa, così simile a quella di Ingres, è la sintesi dello sdoppiamento che ciascun artista vive tra realtà e anima, un segno fluido che si muove alla ricerca del linguaggio perfetto per dare forma e far vivere ciò che l’animo vive.
Infatti “Il disegno non è la forma, ma il modo di vedere la forma” scriveva Picasso.

la danza  Picasso

La Danza___Pablo Picasso

 

Il viaggio, cos’è e come può essere…

Se avete letto la Recherche di Marcel Proust e amate queste tremila pagine, come le amo io, saprete che c’è un punto , nell’opera, dove lo scrittore ci racconta la sua idea di viaggio, un momento bellissimo, che mi accompagna spesso.

“Le seul véritable voyage, le seul bain de Jouvence, ce ne serait pas d’aller vers de nouveaux paysages, mais d’avoir d’autres yeux, de voir l’univers avec les yeux d’un autre, de cent autres, de voir les cent univers que chacun d’eux voit, que chacun d’eux est.”

“L’unico vero viaggio, l’unico bagno di giovinezza, sarebbe non andare verso nuovi paesaggi, ma avere altri occhi, vedere l’universo con gli occhi di un altro, di cento altri, vedere i cento universi che ciascuno vede, che ciascuno è.”

(La Prigioniera, I Verdurin litigano con il signor di Charlus, trad. di Paolo Serini )

E’ importante la contestualizzazione: la frase è infatti contenuta nel lungo capitolo in cui il Narratore si trova ad un ricevimento in casa dei Verdurin e mentre ascolta la Sonata e il Settimino di Vinteuil eseguiti da Morel ed altri musicisti si lascia andare a considerazioni sulla vita e sull’arte.

Poi il brano continua così:

“et cela nous le pouvons avec un Elstir, avec un Vinteuil, avec leurs pareils, nous volons vraiment d’étoiles en étoiles.”

“Questo noi lo possiamo fare con un Elstir, con un Vinteuil: con i loro simili, noi voliamo veramente di astro in astro.”

Vinteuil (il musicista) ed Elstir (il pittore) sono, come i lettori della RTP sanno, tra i personaggi dell’opera di Proust quelli che rappresentano l’arte.

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