Gli scrittori odierni che da bambini si permettevano di rifiutare le verdure..

Il misconoscimento letterario di Susanna Agnelli è una forma di classismo al contrario. Oltre che il modo per perdersi un grande esempio di stoicismo moderno. Altro che quelli di oggi.

susanna

“Appartengono alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due volte” ha decretato Gómez Dávila, e dunque “Vestivamo alla marinara” di Susanna Agnelli è letteratura. L’ho letto nell’altro secolo, l’ho riletto ora con nuovo piacere e nuovo profitto. Il misconoscimento letterario di Susanna Agnelli è una forma di classismo al contrario. Oltre che il modo per perdersi un grande esempio di stoicismo moderno (stoicismo di lusso ma pur sempre stoicismo). Infermiera ovviamente volontaria abbracciava le tubercolotiche morenti che le colleghe schifavano, guidava ambulanze sotto i bombardamenti, attraversava il Mediterraneo su navi ospedale spesso silurate dagli angloamericani (in barba alla Convenzione di Ginevra), sfidava le pallottole dei cecchini fascisti, a Firenze, per recuperare il corpo di una donna colpita malgrado l’evidente gravidanza… Senza mai una lamentela, puro dovere e puro stile fin nella scrittura asciutta, perfetta, senza un grammo di grasso e di compiacimento. Anche un grande esempio di educazione (a Torino, da piccola): “Se uno non finiva tutto quello che aveva nel piatto se lo ritrovava davanti al pasto seguente”. Dopo Susanna Agnelli come faccio a leggere gli scrittori odierni, senza vita e senza stile, che da bambini, è chiaro, si permettevano di rifiutare le verdure?

Camillo Langone  __da il FOGLIO             

Gli italiani e Dante Alighieri, un rapporto troppo limitato.

I connazionali del Sommo non riescon a capire quanto la Divina Commedia sia contraria a Bruxelles e Washington, all’immigrazione e alla miseriscordia bergogliana.

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Dante, Padre Dante, ci volevano i maomettani per prenderti nuovamente sul serio. Per i postcristiani italiani il tuo poema è solo antiquariato letterario, pagina ammuffita, canto scaduto (il ministro Sangiuliano cercò di attualizzarti ricordando, peraltro sulla scia di Umberto Eco, la tua natura di intellettuale di destra: risero tutti, gli stolti). I tuoi connazionali sul serio non riescono più a prenderti e così non riescono a capire quanto la Divina Commedia sia contraria a Bruxelles e Washington (“Ahi serva Italia”), all’immigrazione (“diverse lingue, orribili favelle”), alla misericordia bergogliana (“Dio vuol che ‘l debito si paghi”). E naturalmente a Maometto, “seminator di scandalo e di scisma”. Invece ti hanno capito benissimo i genitori musulmani che hanno chiesto e ottenuto, per i loro figli frequentanti una scuola veneta, l’esenzione dallo studio dei tuoi versi. Sono buoni esegeti: davvero la Divina Commedia è incompatibile con l’islam. Dante, Padre Dante, prego che gli italiani imparino da loro la seguente lezione: i capolavori non sono vecchi documenti, sono costanti insegnamenti.

 Camillo Langone___IL FOGLIO                                                                           

Il mitico Giuha, eroe di antiche fiabe mediorientali..

Nei paesi arabi il personaggio di Giuha ha un’origine antichissima (IX secolo circa) ed è tuttora molto in voga sia negli ambienti popolari sia in quelli intellettuali, essendo un’inesauribile fonte di saggezza e di divertimento. Giuha vive in un imprecisato paese dell’oriente arabo, all’epoca del grande califfo Harùn Al-Rashid .Tutte le storie si svolgono in luoghi e scene tipici della vita quotidiana, l’hammam , il suq , il ristorante, la moschea, il tribunale, il palazzo del principe o del sultano. Attorno a Giuha ruotano varie figure che animano le sue storie, e che gli consentono di mettere in moto la sua astuzia e la fantasia. La favola di seguito è tradotta letteralmente, pertanto il testo arabo permette a chi conosce la lingua di gustare il testo in tutte le sfumature.
جُحا والجَدْيُ الثَّمينُ
Giuha ed il capretto costoso

Giuha aveva una vicina di casa anziana che possedeva un capretto denutrito, deperito e deturpato. Un giorno lo voleva vendere a Giuha, ma lui aveva rifiutato di comprarlo.

كانتْ لِجُحا جارَةٌ عَجوزٌ الَّتي تَمْتَلِكُ جَدْيًا أَعْجَفَ مَهْزولاً مُشَوَّهًا. أَرادَتْ ذاتَ يَوْمٍ أَنْ تَبيعَهُ إِلى جُحا، ولَكِنَّ جُحا رَفَضَ شِراءَهُ.

La vecchia tornò a proporre il capretto a Giuha e ripeté questa proposta numerose volte, poiché aveva un enorme bisogno di denaro.

أَعادَتِ العَجوزُ عَرْضَ الجَدْيِ على جُحا، وكَرَّرَتْ هَذا العَرْضَ عِدَّةَ مَرَّاتٍ، لِحاجَتِها الشَّديدَةِ إِلى المالِ.

Giuha aveva pietà di lei, se ne andò meditando un modo per vendere il capretto ad un prezzo tale da soddisfare la sua necessità.

فَأَشْفَقَ عَلَيْها جُحا، وراحَ يُفَكِّرُ لَها في طَريقَةٍ لِبَيْعِ الجَدْيِ بِثَمَنٍ يَسُدُّ حاجَتَها.

giuha_capretto_1

Il giorno seguente, Giuha tornò dalla vecchia e disse: “Domani vai al mercato e porta con te il capretto per venderlo”.

في اليَوْمِ التَّالي، جاءَ جُحا إِلى العَجوزِ وقالَ: “غَدًا اذْهَبي إَلى السُّوقِ، واِحْمِلي مَعَكِ الجَدْيَ لِبَيْعِهِ”.

La vecchia gli disse: “Hai un compratore per lui?”

قالَتْ لَهُ العَجوزُ: “وهَلْ لَدَيْكَ مُشْتَرٌ لَهُ؟”

Giuha disse: “Io sarò presente al mercato, contratterò con te il suo acquisto, ma non accettare un prezzo inferiore a cento dinari, e . . . attenta a non esitare finché sarà terminata la sua vendita”.

قالَ جُحا: “أَنا سَوْفَ أَحْضُرُ في السُّوقِ، أُساوِمُكِ على شِرائِهِ، فَلا تَقْبَلي فيهِ ثَمَنًا أَقَلَّ مِنْ مِائَةِ دينارٍ و . . . إيَّاكِ أَنْ لا تَتَرَدَّدي حتَّى يَتِمَّ بَيْعُهُ”.

La vecchia si meravigliò delle sue parole, e prese l’iniziativa dicendo: “Oh Giuha, cento dinari? Che una somma enorme! Le mie mani non hanno ricevuto niente per anni e anni, ma dimmi, perché lo vuoi comprare per cento dinari al mercato quando posso vendertelo qui per molto meno di quel prezzo?”

تَعَجَّبَتِ العَجوزُ مِنْ قَوْلِهِ، وبادَرَتْهُ قائِلَةً: “مِائَةُ دينارٍ يا جُحا؟ يا لَهُ مِنْ مِبْلَغٍ ضَخْمٍ! لَمْ تَحْصُلْ عَلَيْهِ يَدي مُنْدُ سَنَواتٍ وسَنَواتٍ، و لَكِنْ قُلْ لي: لِماذا تُريدُ أنْ تَشْتَرِيهِ بِمِائَةِ دينارٍ في السُّوقِ و أَنْ أَبِيعَهُ لَكَ هُنا بِأَقَلَّ مِنْ ذَلِكَ الثَمَنِ بِكَثيرٍ؟”

Giuha disse: “Fai ciò che ti ho chiesto, e non esitare finché ti sarà possibile vendere il capretto”. La vecchia disse gioiosa ed allegra: “Il nostro appuntamento è domani al mercato, Giuha”.

قالَ جُحا: “افْعَلِي ما طَلَبْتُهُ مِنْكَ، ولا تَتَرَدَّدي َحَتَّى يُمْكِنَكِ أَنْ تَبيعِي الجَدْيَ”. قالَتِ العَجوزُ في سُرورٍ و رِضًا: “مَوْعِدُنا غَدًا بِالسُّوقِ يا جُحا”.

Il giorno seguente la vecchia andò al mercato, portò il capretto con sé ed eseguì ciò che aveva concordato con Giuha, propose il capretto in vendita, ma nessuno si avvicinò a comprarlo.

في اليَوْمِ التَّالي ذَهَبَتِ العَجوزُ إِلى السُّوقِ، حَمَلَتْ مَعَها الجَدْيَ و نَفَّذَتْ ما اتَّفَقَتْ عَلَيْهِ مَعَ جُحا، عَرَضَتِ الجَدْيَ لِلْبَيعِ، فَلَمْ يُقْبِلُ على شِرائِهِ أَحَدٌ.

Dopo un po’ si presentò Giuha, la vecchia lo vide arrivare da lontano ed aveva con sé un bastone per misurare.

بَعْدَ قَليلٍ حَضَرَ جُحا، َرَأَتْهُ العَجوزُ قادِمًا مِنْ بَعِيدٍ، و مَعَهُ عصا لِلْقِياسِ.

Giuha girava tra i venditori con il bastone per misurare, poi si avvicinò alla vecchia come se non la conoscesse e le chiese: “E’ in vendita questo capretto?” “Sì signore” disse la vecchia.

كانَ جُحا يَطوفُ بَيْنَ البَائِعِينَ وَمَعَهُ عصا يَقيسُ بِها، ثُمَّ أَقْبَلَ عَلى العَجوزِ كأَنََهُ لا يَعْرِفُها و سأَلَها: “أ هَذا الجَدْيُ لِلْبَيْعِ؟” قالَتِ العَجوزُ:” نَعَمْ يا سَيِّدي”.

Giuha prese a misurare la lunghezza del capretto, la sua larghezza e l’altezza numerose volte fino ad attirare gli sguardi della gente.

أخذ جُحا يَقيسُ طولَ الجَدْيِ، وعَرْضَهُ، وارْتِفاعَهُ مَرَّاتٍ عديدةٍ حَتَّى يَلْفِتَ أَنْظارَ النَّاسِ.

La gente si meravigliò e si raggruppò intorno a Giuha ed al capretto. Poi Giuha cominciò a contrattare con la vecchia il prezzo del capretto, cominciando da un dinaro, mentre la vecchia gli chiedeva di aumentare il prezzo. Allora lui cominciò ad aumentare il prezzo.

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اسْتَغْرَبَ النَّاسُ وَ تَجَمَّعوا حَوْلَ جُحا والجَدْيِ. ثُمَّ بَدَأَ جُحا يُساوِمُ العَجوزَ في ثَمَنِ الجَدْيِ، بَدْءًا مِنْ دينارٍ، بَيْنَما كانَتِ العَجوزُ تَطْلُبُ مِنْهُ أَنْ يَزيدَ في الثَّمّنِ. فَأَخَذَ جُحا يَزيدُ في ثَمَنِهِ.

A questo punto la gente partecipava con Giuha ad alzare il prezzo del capretto finché il suo prezzo arrivò a trenta dinari. La vecchia disse: “Non lo venderò poiché vale molto più di quello”.

عِنْدَئِذٍ شارَكَ النَّاسُ جُحا في رَفْعِ ثَمَنِ الجَدْيِ حَتَّى وَصَلَ ثَمَنُهُ إِلى ثَلاثينَ دينارًا. َقالَتِ العَجوزُ: “لَنْ أَبيعَهُ فَهُوَ يُساوِى أَكْثَرُ مِنْ ذَلِكَ بِكَثيرٍ”.

Giuha prese ad alzare il prezzo, la gente pure, fino a che Giuha giunse a novanta dinari, ma la vecchia disse: “Non lo venderò per meno di cento dinari”.

راحَ جُحا يَزيدُ في الثَّمَنِ، والنَّاسُ كَذَلِكَ، حَتَّى وَصَلَ جُحا إِلى تِسْعينَ دينارًا، وَلَكِنَّ العَجوزَ قالَتْ: “لَنْ أَبيعَهُ بِأَقَلَّ مِنْ مِائَةِ دينار”ٍ.

Qui Giuha manifestò il suo dispiacere e disse: “Magari avessi questa somma, se l’avessi lo comprerei immediatamente e senza esitazione”. Poi la lasciò mostrandosi dispiaciuto e camminò per il mercato.

هُنا أَبْدى جُحا أَسَفَهُ وقالَ: “لَيْتَ مَعَي هَذا المَبْلَغَ، و لَوْ كانَ مَعَي لاشْتَرَيْتُهُ فَوْرًا ودونَ تَرَدُّدٍ”. ثُمَّ تَركَها مُظْهِرًا أَسَفَهُ و مَشى في السُّوقِ.

Uno dei mercanti vide ed ascoltò ciò che era successo, e pensò che nel capretto ci fosse un gran segreto e lo comprò per cento dinari.

رأَى أَحَدُ التُّجَّارِ و سَمِعَ ما حَدَثَ، فحَسَبَ أَنَّ في الجَدْيِ سِرًّا عَظيمًا، فاشْتَرَاهُ بِمِائَةِ دينارٍ.

Il commerciante si precipitò dietro a Giuha, lo fermò e gli disse: “Ti prego di farmi sapere il segreto del tuo interesse a comprare questo capretto e l’utilità che speravi avere dal suo acquisto”.

أَسْرَعَ التَّاجِرُ خَلْفَ جُحا، اِسْتَوْقَفَهُ وقالَ لَهُ: “أَرْجوكَ أَنْ تُعَرِّفَني سِرَّ إِقْبالِكَ على شِراءِ هذا الجَدْيِ و اَلْفائِدَةَ الَّتي كُنْتَ تَرْجوها مِنْ شِرائِهِ”.

Giuha afferrò il capretto e cominciò a misurare la lunghezza e la larghezza, poi disse: “Se fosse stato più lungo di due pollici e più largo di uno, la sua pelle sarebbe servita per un tamburo per la festa di matrimonio di mia figlia”.

أَمْسَكَ جُحا الجَدْيَ وأَخَذَ يَقيسُهُ طولاً وعَرْضًا، ثُمَّ قالَ: “لَوْ كانَ طولُهُ يَزيدُ إِصْبَعَيْنِ وعَرْضُهُ يَزيدُ إَصْبَعًا، لَصَلَحَ جِلْدُهُ أَنْ يَكونَ طَبْلَةً لِحَفْلِ عُرْسِ ابْنَتِي”.

Poi salutò l’uomo sorridendo e si allontanò.

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Il piroscafo, Novecento, New York…

“Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… /
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? /
E il rumore /
Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema /
Col mio cappello blu /
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino /
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino /
Primo gradino, secondo /
Non è quel che vidi che mi fermò /
È quel che non vidi /
Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne /
C’era tutto /
Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo /
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu /
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me /
Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi /
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita /
Se quella tastiera è infinita, allora /
Su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio /
Cristo, ma le vedevi le strade? /
Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una /
A scegliere una donna /
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire /
Tutto quel mondo /
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce /
E quanto ce n’è /
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… /
Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.”

 

Alessandro Baricco, Novecento. Un monologo

 

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“I Giusti”, una poesia per tutti coloro che non contano nulla, ma valgono un tesoro.

 

“I giusti “(Los Justos) di Jorge Luis Borges è un vero omaggio a tutti gli anonimi del mondo, i veri “grandi” della Terra ,che meriterebbero che la vita, la più grande ingiustizia del mondo, riservasse per loro una certa riconoscenza, ma soprattutto rispetto. In questo mondo dove esiste solamente più la continua caccia al successo e alla fama, dove è quasi d’obbligo l’esibizionismo, il testo di Jorge Luis Borges appare di una contemporaneità esagerata. Sono molti che vivono il mito di “saranno famosi” e i dilettanti allo sbaraglio, affollano tutti i contenitori televisivi alla ricerca di talenti , come pure i social , nei quali il numero di personaggi disposti a tutto pur di essere considerati “Influencer” è stato fin’ora esorbitante-

     I giusti

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un’etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Jorge Luis Borges

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Dopo che abbiamo perso di vista le cose che veramente contano nella vita, i riflettori ci rimandano una sterile superficie di nullità.
Jorge Luis Borges rende dignità a coloro che credono e si impegnano a favore della conoscenza e delle emozioni vere, quelle che arrivano dai “sensi”, dal cuore ; esalta coloro che credono alla generosità e all’altruismo. Sono tanti coloro che tutti i giorni dedicano la loro vita al servizio degli altri e altrettanti che hanno fede nel rispetto, nell’ascolto, nella tolleranza, nell’accettazione dell’altro. Sono questi “I giusti” per Borges, coloro che a disprezzo della vita matrigna , riescono ad essere eroi agli occhi dei pochi, che vivono ancora in questa meschina realtà di ogni giorno, quasi senza speranza e un futuro credibile.

 

Per ricordare Paul Auster…nel quotidiano con le sue parole.

Se un uomo vuole essere davvero presente fra le cose che lo circondano, non deve pensare a sé stesso, ma a quello che vede. Deve dimenticare se stesso per essere lì; e da questo oblio nasce il potere della memoria. È un modo di vivere la propria vita affinché nulla vada mai perduto.

Paul Auster – “L’invenzione della solitudine”

 

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Oh Libertà, libertà ,dove sei veramente?

 

La libertà, o Sancio, è uno dei doni più preziosi dal cielo concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono agguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggior male che possa arrivare agli uomini. Io dico questo, o Sancio, perché tu hai ben veduto co’ tuoi occhi le delizie e l’abbondanza da noi godute nel castello or or lasciato; eppure ti assicuro che in mezzo a que’ sontuosi banchetti e a quelle bevande gelate, sembravami di essere nello strettoio della fame. Io non gustava di alcuna cosa con quella soddisfazione con cui gustata l’avrei se fosse stata mia propia, mentre l’obbligo del dovere e della retribuzione ai benefici ed alle grazie ricevute sono altrettanti legami che non lasciano campeggiare l’animo libero. Beato colui cui ha dato il cielo un tozzo di pane senz’altro obbligo fuor quello di essergli grato

 Miguel de Cervantes__Don Chisciotte della Mancia

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Da John Berger, “My beautiful”…complotto.

 

Il desiderio sessuale, quando è reciproco, dà vita a un complotto di due persone contro il resto dei complotti in atto nell’universo. È una cospirazione a due.  Il piano è offrire all’altro una possibilità di respiro in mezzo al dolore del mondo. Non la felicità, ma una sorta di sospensione fisica davanti all’enorme responsabilità dei corpi nei confronti del dolore. In ogni desiderio c’è tanta compassione quanto appetito. Entrambe le cose si complementano. Il desiderio è inconcepibile senza la ferita.  Chi vive senza ferite, vive anche senza desiderio. Il desiderio si propone di proteggere il corpo desiderato dalla tragedia che lo raffigura, e ancor di più, si sente in grado di farlo.  La cospirazione consiste nel creare insieme uno spazio, un luogo, necessariamente temporale, per esimersi dalla ferita inguaribile della carne.  Questo luogo è l’interno dell’altro corpo.  I cospiratori si perdono, ciascuno dentro dell’altro, dove nessuno potrà mai scovarli.

Il desiderio è uno scambio di nascondigli.

 

desiderio

Ode alla Pace di Pablo Neruda, versi per riflettere in questa settimana Santa.

 

 

 

L’Ucraina prima e la Palestina adesso ci fanno avvertire l’orrore della guerra , che colpisce soprattutto gli inermi, coloro che con questi obbrobri non hanno niente a che spartire, ma pagano per coloro che li governano malamente , senza scrupoli.
La follia umana ha preso il sopravvento su ogni valore umanamente condivisibile,il dominio del mondo è ormai l’unico obiettivo delle grandi potenze, attente a mantenere le loro supremazie su un pianeta allo sfascio ecologico, morale e intellettuale, obiettivo ridurre l’uomo ai minimi termini per garantire massimi profitti a chi sopravviverà
Ecco perché  condivido una poesia che è un viaggio. L’epica di un poeta che ha conosciuto l’esilio, e ogni specie di tragedie umane. Quello di Pablo Neruda è un canto di auspicio, una preghiera che fermi la barbarie e riesca a trionfare la Pace nel mondo intero.

        Ode alla pace

Sia pace per le aurore che verranno,
pace per il ponte, pace per il vino,
pace per le parole che mi frugano
più dentro e che dal mio sangue risalgono
legando terra e amori con l’antico
canto;
e sia pace per le città all’alba
quando si sveglia il pane,
pace al libro come sigillo d’aria,
e pace per le ceneri di questi
morti e di questi altri ancora;
e sia pace sopra l’oscuro ferro di Brooklyn, al portalettere
che entra di casa in casa come il giorno,
pace per il regista che grida al megafono rivolto ai convolvoli,
pace per la mia mano destra che brama soltanto scrivere il nome
Rosario, pace per il boliviano segreto come pietra
nel fondo di uno stagno, pace perché tu possa sposarti;
e sia pace per tutte le segherie del Bio-Bio,
per il cuore lacerato della Spagna,
sia pace per il piccolo Museo
di Wyoming, dove la più dolce cosa
è un cuscino con un cuore ricamato,
pace per il fornaio ed i suoi amori,
pace per la farina, pace per tutto il grano
che deve nascere, pace per ogni
amore che cerca schermi di foglie,
pace per tutti i vivi,
per tutte le terre e le acque.
Ed ora qui vi saluto,
torno alla mia casa, ai miei sogni,
ritorno alla Patagonia, dove
il vento fa vibrare le stalle
e spruzza ghiaccio
l’oceano. Non sono che un poeta
e vi amo tutti, e vago per il mondo
che amo: nella mia patria i minatori
conoscono le carceri e i soldati
danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici
del mio piccolo gelido paese.
Se dovessi morire mille volte,
io là vorrei morire:
se dovessi mille volte nascere,
là vorrei nascere,
vicino all’araucaria selvaggia,
al forte vento che soffia dal Sud.
Nessuno pensi a me.
Pensiamo a tutta la terra, battendo
dolcemente le nocche sulla tavola.
Io non voglio che il sangue
torni ad inzuppare il pane, i legumi, la musica:
ed io voglio che vengano con me
la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole
e che escano a bere con me il vino più rosso.
Io qui non vengo a risolvere nulla.
Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.

Pablo Neruda

 

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