Addio Alain Delon..

Macron: ‘Delon più che una star, un monumento francese’. Claudia Cardinale: ‘Il ballo è finito’
“Mister Klein o Rocco, nel Gattopardo o il Samurai, Alain Delon ha interpretato ruoli leggendari e ha fatto sognare il mondo – ha scritto su X il presidente francese Emmanuel Macron ricordando Alain Delon -. Prestando il suo volto indimenticabile per stravolgere le nostre vite. Malinconico, popolare, segreto, era più che una star: era un monumento francese”.

“Il ballo è finito. Tancredi è salito a ballare con le stelle…per sempre tua, Angelica”: rivivendo un’ultima volta le storiche scene che li videro indimenticabili protagonisti de “Il Gattopardo”, Claudia Cardinale affida all’ANSA le sue ultime parole per Alain Delon. “Mi chiedono parole – dice – ma la tristezza è troppo intensa. Mi unisco al dolore dei suoi figli, dei suoi cari, dei suoi fan… Il ballo è finito. Tancredi è salito a ballare con le stelle… Per sempre tua, Angelica”.

Alain Delon,nato  l’8 novembre 1935 a Sceaux nell’Alta Senna, se n’è andato per sempre a 89 anni ; con lui se ne va la grandeur frances .
Anche se solo adesso ha deposto la corona Alain Delon, indimenticabile re del cinema francese, se l’era già sfilata nel 2017 con l’annunciato ritiro dalle scene: “Ho l’età che ho – diceva-. Ho fatto la carriera che ho fatto. Ora, voglio chiudere il cerchio. Organizzando incontri di boxe, ho visto uomini che si sono pentiti di aver fatto un combattimento di troppo. Per me, non ce ne sarà uno di troppo”. Ben più del peso degli anni e dell’orrore nel vedere allo specchio la sua leggendaria bellezza sfiorita, a minare la sua voglia di vivere c’era stato un ictus (destino condiviso col suo eterno amico-rivale Jean-Paul Belmondo) e poi la diagnosi di un linfoma lentamente insinuato nei polmoni. Da combattente irriducibile il vecchio leone aveva ancora salito la scalinata di Cannes nel 2019 per una Palma d’onore che risarciva l’unico Prix César ottenuto in carriera. Poi si è piegato definitivamente alla solitudine, una segreta compagna che in più momenti della vita l’aveva accompagnato nel tunnel della depressione. (di Giorgio Gosetti)
Non c’è cosa più triste di una bellezza sfiorita né cosa più amara di una giovinezza appassita. La vecchiaia che per tutti è un declino, agli occhi dei belli è una catastrofe; quelli che più hanno avuto dalla vita, dalla giovinezza e dall’amore, sprofondano ancora di più nell’abisso degli anni.(M. Veneziani)
Alain Delon aveva avuto dalla vita una bellezza sfolgorante, aveva avuto le donne che voleva, ne ha amate alcune, come Romy Schneider , un amore travolgente ,tragico, che lasciò un segno profondo nella sua vita, che trovò poca pace in senso amoroso. Credo sia stato l’uomo più amato di tutto il mondo, almeno per le donne della mia generazione . Lo porterò nel cuore, continuando a vedere i suoi occhi azzurri, il suo sorriso bastardo e la sua tristezza, che il suo cuore non riusciva a nascondere  ,mai . Addio Alain Riposa in Pace !

Alain Delon

Somalia, la grande fame. In altri luoghi privilegiati, il lusso sfrenato.

somala

Nunei Kalamo Daruf, 16 anni, tiene in braccio la sua bimba appena nata: la piccola si chiama Salma, ha 3 mesi e pesa 2,5 chili.
Quando è arrivata a Baidoa, sei mesi fa, Oray Adan era incinta, sfinita e denutrita al punto da non avere più nemmeno la forza di mangiare. Suo marito è un agricoltore del villaggio di Bakal Yere, o meglio lo era, prima che la siccità seccasse la terra, condannasse a morte il bestiame e portasse la famiglia alla fame. Nei mesi che hanno preceduto la sua fuga dalla campagna tre dei loro quattro figli sono morti di stenti, malattie altrove curabili con un antibiotico e che in Somalia uccidono un bambino in una settimana, come il morbillo.
Per salvare il figlio superstite di due anni e quello che portava in grembo Oray Adan ha camminato due settimane e ha raggiunto il primo centro urbano in cerca di cure, acqua e cibo. È arrivata a Baidoa, città nella zona centro meridionale della Somalia, ed è stata indirizzata in un centro medico per bambini malnutriti. Scheletrica lei, scheletrico il figlio che teneva per mano, deperito il neonato che stringe tra le braccia con la cura che si deve a qualcosa di fragile che rischia di spirare da un momento all’altro. Si chiama Shukri Mohamed, ha quattro mesi, dovrebbe pesare otto chili, ne pesa solo due. Oray Adan avvolta in una veste che la copre tutta. Di lei ci sono ossa, pelle sottilissima e secca, la tubercolosi e il viso della malattia, della fame e della sete. Ho perso tutto – dice solo questo – ho perso tutto. La siccità le ha tolto le bestie, i campi, l’unico sostentamento che aveva,il cibo e la salute, le ha tolto i figli, ha reso fragili quelli rimasti in vita. Ho perso tutto, ripete. Poi stringe a sé il bambino tra l’avambraccio e il petto, lo dondola del cullare delle madri – il gesto universale di chi spera che il calore del corpo plachi il pianto e spenga la fame – poi lo stende sul letto del Centro di Stabilizzazione della città. E come lei arrivano a centinaia qui e in altri centri come questo, dove si trovano aiuti di quel volontariato internazionale, che continua a lavorare , nonostante tutto, gli aiuti del mondo sempre più scarsi e il disinteresse per tutti quei luoghi che non siano appetibili per valore economico, dove ,si sa ,le grandi potenze economiche arrivano con la scusa di stabilizzare paesi in continua guerriglia. La siccità, che dura da oltre tre anni ha contribuito non poco a ridurre in questo stato un paese già disastrato- Non sto a raccontare altro di quanto ho letto in questo reportage di Francesca Mannocchi, notizie su altre città, la stessa disperazione, morte e fame, racconti di donne e uomini disperati con l’unica certezza,questa : che il mondo intanto aspetta che i numeri dei morti soddisfino i criteri, le soglie tecniche, per definire la carestia e a quel punto, solo a quel punto, agiranno. A quel punto anche queste vite saranno diventate fantasmi.  Erano stati 122. Dodici mesi dopo, a ottobre del 2022, sono stati 809. Indicatore, uno dei tanti, dell’emergenza umanitaria che sta attraversando il Paese e che le agenzie umanitarie avvertono potrebbe diventare una crisi senza precedenti sia per dimensioni che per letalità se non verranno messe in campo, subito, le risorse necessarie.

Leggere tutto questo è stato un pugno nello stomaco, diventato doppio quando alla fine dell’articolo mi compare la pubblicità della Moka Dolce& Gabbana. Davanti ai miei occhi scorre nella mente il Pandoro Chiara Ferragni, i suoi quaderni firmati negli zaini Fedez, un mucchio di cose inutili fino al water Luis Vuitton. Pensare a cosa sia diventato questo mondo e a cosa mirino le grandi Potenze industrializzate sta diventando un pensiero che può soltanto far inorridire chiunque provi una briciola di empatia.

Desktop31