Come scrivono i giovani nell’epoca social? Sentiamo dire che non sono più capaci di utilizzare l’italiano corretto, non sanno fare un tema ben strutturato, hanno carenze nella scrittura, nell’associazione di idee e nei collegamenti tra argomenti. In verità sono sempre lì a scambiarsi messaggi e commenti: non credo sia mai esistita un’epoca in cui si sia scritto così tanto. Quello che invece sembra si stia perdendo è la capacità di argomentare, formulare, comprendere un testo, saperlo riassumere e poi esporre con chiarezza. Ma cosa è successo nella scuola degli ultimi decenni? Dopo anni di promozione dell’istruzione digitale, e di proteste per il grande ritardo con cui la scuola italiana si approcciava, ora la presenza di strumenti digitali nelle strutture scolastiche sembra aumentata. I vantaggi della didattica digitale sono abbastanza espliciti: un miglior coinvolgimento degli alunni, scambi di informazioni più immediate, diffusione di innumerevoli contenuti, possibilità di ricreare situazioni altrimenti impossibili da vivere. Inoltre i bambini di oggi sono nativi digitali, cresciuti con smartphone e tablet tra le mani, e si aspettano che la scuola rifletta il mondo tecnologico in cui vivono. Ma proprio ora che ci stiamo lanciando sempre più nel futuro, sorgono dei dubbi. Intanto su cosa debba fare la scuola: non basta saper usare un computer o navigare in internet, ma serve sviluppare una vera e propria alfabetizzazione digitale, comprendere come funzionano le tecnologie, come utilizzarle in modo sicuro ed etico, come sfruttarle per risolvere problemi e raggiungere obiettivi.
Paesi come la Svezia, gli Stati Uniti o il Canada, che avevano promosso molto la digitalizzazione, ora stanno tornando indietro, basandosi su studi, sempre più numerosi, che rivalutano i metodi «arcaici» della scrittura manuale e in particolare del corsivo. La scrittura manuale è frutto dell’interazione tra sistema nervoso, sensoriale e motorio: gli studi dimostrano come scrivere a mano coinvolga e stimoli aree cerebrali più vaste e profonde di quanto faccia la digitazione al computer. In particolare la scrittura a mano organizza le informazioni nel cervello in modo tale da sviluppare e potenziare la capacità di ricordare, stimolare il pensiero astratto e creativo, creare nuovi collegamenti di intuizione.
L’origine è nell’atto stesso dello scrivere, che con una penna è più «faticoso» che al computer: usare una penna implica di prestare attenzione anche all’aspetto motorio, disegnando le lettere in modo intellegibile, dosando la forza della punta sul foglio, seguendo le righe e gli spazi della pagina, facendo coincidere pensiero, azione e vista. Cioè attuando quell’integrazione multisensoriale che è alla base delle capacità di memoria. Inoltre, nella scrittura manuale, abbiamo una grande varietà di materiali e supporti: oltre la penna le matite, o il gesso sulla lavagna… tutte esperienze diverse e nuove, che creano nuove attivazioni neuronali e nuove abilità. Gli studi hanno rilevato che i bambini che scrivono a mano libera producono più parole e più rapidamente di quanto facciano coloro che scrivono su una tastiera. Addirittura si sono notate significative differenze tra chi utilizza il carattere corsivo rispetto allo stampatello: psicoterapeuti e neurologi segnalano che l’abitudine a forme semplificate di scrittura, come lo stampatello, riduce gli stimoli di produzione linguistica. Anche lo studio su dispositivi come il tablet, pur avendo un suo valore, in quanto multimediale e interattivo, può aumentare il livello di distrazione e di ansia, specialmente nei bambini, proprio per un eccesso di stimolazione. Solo rallentando gli stimoli le informazioni acquisite possono transitare dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine.
Un paradosso, in un contesto in cui vanno sempre più aumentando i disturbi dell’apprendimento, è che l’utilizzo del computer è la soluzione consigliata per superare i problemi di disgrafia dei bambini. Ma proprio la digitalizzazione è «sul banco degli imputati» per quanto riguarda la crescente incapacità di imparare a scrivere: si prescrive come terapia quella che sembra essere una delle cause stesse del problema? La sfida quindi, consiste nel trovare un equilibrio tra l’approccio digitale e tradizionale, garantendo spazio a entrambe le modalità didattiche, in modo che contribuiscano all’educazione con un approccio integrato. La tecnologia è ineludibile dalle nostre vite e i giovani devono imparare a utilizzarle, ma nella fase dell’infanzia e adolescenza dobbiamo stare attenti a non trascurare la complessità dei fenomeni coinvolti nella costruzione della persona.
Paolo Sarti