“Ma mi faccia il piacere…”

Avevamo un premier rompiscatole, con una voce insopportabile, che era quotidianamente in Tv a decantare le lodi del governo che, per mani sue, faceva cose strabilianti per questo miserrimo paese, che solo Dio premier potrebbe rimettere in sesto. Per fortuna ne siamo stati liberati e ci è capitato il meglio che l’Italia potesse trovare. Le capacità del professor Draghi sono indiscutibili, a referenziarlo bastano le sue esperienze precedenti e noi lo abbiamo visto all’opera come presidente della BCE, dove ha salvato l’Euro in un momento difficilissimo per la nostra moneta, salvaguardando molti paesi in pericolo, tra cui il nostro, reggendo le pressioni dei falchi ,che ne chiedevano la stessa fine della Grecia.In questi mesi si è fatto apprezzare, amare dagli italiani per il suo lavoro certamente, ma anche e soprattutto per il cambiamento di stile che ha imposto al suo governo, facendo sì che sparissero le quotidiane esibizioni di certi ministri, in primis evitando lui stesso di parlare continuamente alla nazione. Il suo grande stile è stato finora quel basso profilo, fin troppo, come di chi non fa in prima persona, ma sorveglia chi fa. Ebbene questo suo modo di essere faceva di lui un personaggio unico, peccato che la prima volta che abbia cercato di fare comunicazione, sia caduto immediatamente da quel piedestallo, su cui stava benissimo. Le sue parole di ieri non hanno giovato per niente alla sua fama . Grande economista, possibile bravo politico , pessimo comunicatore. Se avesse continuato a tacere sul Covid, sulle vaccinazioni, se fosse stato più attento nell’emanare il decreto green pass, evitando di assecondare troppo la sinistra per ottenere in cambio il lasciapassare alla riforma Cartabia, avrebbe fatto un figura migliore agli occhi dei cittadini italiani. E col green pass si continua con le discriminazioni, primo tra i vaccinati e non, secondo tra esercenti , che torneranno a patire e privilegiati, vedi servizi pubblici, supermercati, centri commerciali,ecc, dove si continuerà a fare soldoni. E questo in un paese dove si vuole votare la legge Zan , perchè finisca il discrimine. Non ricordo chi fosse, qualcuno noto però ,diceva sempre”Ma mi faccia il piacere….”!

 

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Italiani con le valigie…

I migliori tra gli italiani con la valigia – quelli che insieme alla valigia portano in viaggio anche occhi e cervello – si inquietano quando sentono dire che l’Italia fino a oggi ha funzionato perché era  ingovernata, o era governata poco e male.
Si inquietano perché sanno che – fosse governata in maniera normale, come una qualunque Olanda – l’Italia funzionerebbe meglio.
Quello che chiedono, gli italiani di buon senso, sono poche leggi chiare, un capo da premiare o da punire, una classe politica mediamente capace e non troppo corrotta, che non occupi, ogni giorno, più di quindici minuti dei loro pensieri e più di due pagine sui loro giornali.
Un governo che si concentri sui treni, le poste e il bilancio, e li lasci andare avanti con la loro vita.
Sono stanchi, gli italiani, di essere speciali.
Dopo aver viaggiato, vogliono tornare in uno Stato come gli altri: magari meno spumeggiante, ma più onesto e funzionante.
Hanno voglia, deposta la valigia, di vivere in un Paese normale.

Beppe Severgnini.

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la zitella inglese…

La zitella inglese

Da una vita e forse più, l’italiano medio, grande e piccolo, sportivo e no, riceve bacchettate sulle mani, tirate d’orecchi e pubblici rimproveri da una maestrina pignola e petulante che sembra avercela in modo particolare con noi. La maestrina inglese ci sottopone a un infinito esame per concludere quasi sempre con una bocciatura seguita da una umiliante gogna internazionale.

L’ultima bacchettata della maestrina inglese, come sapete, è stata un fallo di reazione, perché stizzita dalla vittoria italiana agli Europei. I calciatori inglesi che poco sportivamente si tolgono le medaglie di secondi, i principi che poco regalmente sgattaiolano fuori dallo stadio Wembley per non festeggiare l’Italia, i tifosi inglesi che barbaramente fischiano l’inno italiano… Eppure, per una volta almeno, gli italiani non hanno rubato nulla, hanno dominato la partita e seppure ai rigori hanno meritato di vincere. Ma la reazione della maestrina inglese sul calcio è solo l’ultima: da anni storici e giornalisti, economisti e gentleman britannici ci massacrano sui libri, nei giornali, in tv, con uno sprezzo che a volte rasenta il razzismo. E non c’entra la Brexit né Boris Johnson che parla pure l’italiano e conosce il latino.

Ora il Financial Times, ora l’Economist e il Guardian ci spellano periodicamente e e tanti storici e intellettuali lanciano palate di letame sulla storia d’Italia, dal risorgimento in poi, da Denis Mack Smith a Richard Lamb a Jasper Ridley, da Paul Ginsborg a Christopher Duggan, da Paul Preston a Robert Mallet. Chi in modo soft chi in modo brutale, ci corrono d’insulti. Ma peggio di loro sono i giornalisti, di cui famoso esemplare anni fa fu Tobias Jones. Vi ricordate di Mario Appelius che dai microfoni dell’Italia fascista inveiva contro la perfida Albione? Beh, per un Appelius di regime, ce ne sono dieci in salsa inglese. Magari amano l’Italia, vengono perfino a viverci o almeno a trascorrere le vacanze, e sorridono al nostro folclore come si fa nelle gite in auto con i finestrini chiusi tra le scimmie e i babbuini, allo zoo-safari. Ma tolto il paesaggio, la natura e il colore, il resto è una schifezza. Eppure vi assicuro, ogni anno partecipo ad un seminario italo-britannico con il fior fiore dei giornalisti inglesi e i giudizi off record non sono così negativi. Ci amano di nascosto, ci detestano in pubblico.

L’antico disprezzo per l’Italia poi si aggrava quando al governo del paese c’è il centro-destra. Allora le cose peggiorano, anche perché molti corrispondenti dall’Italia conoscono la realtà del nostro paese attraverso il filtro di molti giornali e giornalisti italiani, in prevalenza di sinistra. Se vedi l’Italia con gli occhiali de la Repubblica, del Corriere della sinistra e del Manifesto, è normale che vedi tutto nero, anzi black. Che l’Italia abbia un mare di lacune, volgarità, storture e spazzature, non c’è bisogno che ce lo dicano da così lontano, ce ne accorgiamo pure noi, a vista d’occhio.

Resta una curiosa appendice: viceversa, come i nostri corrispondenti dall’estero funzionano all’opposto: siamo così compiacenti con il paese che ci ospita che abbiamo la sindrome di Zelig, ovvero il corrispondente in video si traveste da indigeno, imita quelli del posto. Così abbiamo il corrispondente da Londra che fa l’humour inglese, si atteggia a Mister Bean o finge di divertirsi spettegolando sulla famiglia reale, il corrispondente da Mosca che sembra nato col colbacco e assume l’inflessione russa, il corrispondente da Berlino pesante e noioso come i telefilm tedeschi, il corrispondente americano che fa l’americano, la corrispondente cinese che fa la filocinese, e così via. Un caso di mimetismo ambientale che rivela uno dei vizi più antichi del nostro paese e che coincide con un nostro pregio: siamo duttili. Fin troppo. Oscena proposta: visto come si sono comportati agli Europei, a Londra la Rai mandi il nipote di Mario Appelius.

MV

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Simpatia, Empatia o feromoni anche in questo caso?

So bene , per esperienza mia, che sono veramente molto poche le occasioni che ci permettano di incontrare qualcuno a cui trasmettere il nostro umore con tale precisione, per cui  scaturisca la possibilità  di una  comunicazione  perfetta. Direi che è quasi un miracolo, davvero un colpo di fortuna trovare una persona così…

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Elogio per il porco e la porchetta…

Dopo l’elevazione e la profanazione della statua alla porchetta eretta a Trastevere, lasciate che io faccia un sommesso elogio, con tutto il cuore, la cotica e il cervello, al Maiale e al suo gustoso prodotto. Per darmi una parvenza erudita mi appoggerò al succulento libro di Roberto Finzi, L’onesto porco, uscito qualche anno fa in libreria e forse in salumeria. Il maiale è l’animale più diffamato dall’uomo, accusato di turpi vizi morali di cui è del tutto innocente, e preso in giro per l’aspetto fisico robusto, con punte di porcofobia da reato di lesa maialità. Eppure è l’animale più prezioso, basso consumo e massimo rendimento: del porco, si sa, non si butta niente ed è una frase che non vale neanche per Omero, che a volte dorme, come dice pure il proverbio. Figuriamoci per la restante umanità. Non amiamo il maiale come il cane, il gatto o il cavallo, lo sfruttiamo e basta; una porcheria, ci vorrebbe un Marx dei suini. Eppure lui ci sfama, non pensa solo sibi et suinis. Porci ma leali, per parafrasare un famoso libro sessantottino, Porci con le ali (ma già D’Annunzio si era definito “porco alato”). Estendo la stima al suo rozzo cugino, il rustico cinghiale, versione primitiva del natìo porco selvaggio. A Pasqua v’intenerite per gli agnellini ma nessuno si preoccupa del porco, della sua brutta fine di donatore multiplo di organi e zamponi. Anzi, ammazzare il porco è un rito festoso come se il maiale fosse felice di farsi rosolare, imporchettare, improsciuttire. È una bestia intelligente, è gustoso e sfizioso, sa stare a tavola, e non pensa ai suoi porci comodi. Da bambino fui inseguito da un maiale perché pretendevo di drizzargli la coda a spirale. Aveva ragione lui. Circe è una benefattrice dell’umanità, perché in molti casi e per molti uomini, diventare maiale è una promozione.

MV

 

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Dieci domande a proposito del Covid. Ma avremo mai le risposte vere?

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Con la bella stagione l’Italia sta finalmente ritrovando un po’ di vita, di libertà e di fiducia. Ma restano irrisolti molti dubbi sulla pandemia che ci trasciniamo da mesi e che rischiamo di ritrovarci in futuro. Senza mettere in discussione le vaccinazioni, ci sono almeno dieci domande senza una risposta compiuta.

1. Come è nato e da dove è partito il covid?

Si fa sempre più strada la tesi che il covid non sia un errore della natura ma un errore di laboratorio; e non è fugato il sospetto che non sia un errore involontario. Dalla pandemia che ha patito in anticipo sugli altri e fronteggiandola coi mezzi efficaci di un regime totalitario e militarizzato, la Cina esce rafforzata, leader mondiale non solo nel commercio. E resta un mistero che le varianti siano identificate per nazione – variante inglese, indiana, brasiliana – mentre il virus originario non sia definito cinese.

2. Oltre il racconto dei media quali sono stati in realtà i paesi più colpiti?

Se usiamo tre parametri, ovvero il numero di vittime in rapporto alla popolazione, il rapporto tra ricoverati e deceduti e la durata dell’emergenza pandemia, dobbiamo tristemente concludere che l’Italia è tra i paesi al mondo più colpiti e più a lungo, mentre i media puntavano su Inghilterra e Stati Uniti al tempo di Trump, poi su India e Brasile. Ci evidenziano, per esempio, il numero di contagi in India ma considerando che la popolazione è 22 volte superiore all’Italia, avere – poniamo – da noi 100mila malati equivale a più a 2,2 milioni d’ammalati in India.

3. Quanti sono davvero i morti di covid?

Manca una distinzione almeno fra tre categorie di decessi: a) chi è morto a causa del covid; b) chi è morto col covid come fattore scatenante di altre gravi patologie; c) chi era già in condizioni terminali o in assoluta fragilità, e il covid è sopraggiunto al più come colpo di grazia. Più ardua e penosa sarebbe invece la domanda su quanto abbiano inciso gli errori, i ritardi, i piani e i protocolli sbagliati, le mancate cure a domicilio, tempestive ed efficaci.

4. Era proprio necessario il regime di restrizioni, i lockdown e le chiusure?

Paragonando i dati dei paesi con norme più restrittive e più a lungo vigenti e altri con norme minime e più transitorie, non c’è conferma che le restrizioni siano state più efficaci, anzi. In più si è testato un regime di sorveglianza che non ha precedenti in democrazia, con la sospensione delle libertà più elementari, dei diritti primari. Una prova generale e inquietante per eventuali dispotismi futuri.

5. Quante vittime stanno mietendo i vaccini?

Non disponiamo di studi e statistiche attendibili, conosciamo solo casi e denunce episodiche. Probabilmente sono sottostimati i dati; funziona a rovescio il meccanismo applicato per il covid: chi è deceduto dopo il vaccino per una complicanza, si attribuisce solo a quella la causa della morte, non al vaccino. Qui non vale la regola post hoc propter hoc usata per le vittime di covid.

6. Come stanno funzionando i vaccini, i contagi calano solo per questo?

Se paragoniamo i dati di ora a quelli del giugno scorso ci accorgiamo che anche l’anno scorso, senza vaccino, ci fu lo stesso drastico calo. E quindi si vorrebbe capire quanto incidano realmente i vaccini e quanto concorra il clima stagionale. Resta poi indeterminata l’incidenza e la durata d’efficacia dei vaccini, se il vaccinato può essere ancora contagioso, se il vaccino stesso innesca varianti. Non sarebbe poi necessario dopo il vaccino prescrivere il test seriologico per sapere come stiamo con gli anticorpi?

7. La gente si è davvero convertita in massa alla necessità dei vaccini?

In realtà si è rassegnata in massa a vaccinarsi, per istinto di gregge, pur diffidandone e pur sapendo di fare da cavia nel buio. Si vaccina per stanchezza, per conformarsi a un obbligo socio-sanitario, per timore di sanzioni, per levarsi quanto prima la mascherina, per disporre del passaporto, circolare liberamente e tornare alla vita normale. Pur vaccinandosi sono molti gli scettici, convinti che non serva o produca danni, soprattutto nel tempo e non ci copra da ulteriori varianti. E che saremo costretti a rifare ancora.

8. È davvero necessario vaccinare in massa anche in giovane età?

I giovani hanno un rischio molto basso di contagi e ancora più basso di un’infezione in forma pericolosa. Si usa il generico alibi che sono veicoli di contagio in famiglia e si usa il loro desiderio di avere un pass per sentirsi di nuovo liberi. Non si conoscono poi gli effetti nel lungo tempo di vaccini mai testati che potranno avere sulla loro salute, fertilità, genetica.

9. A che punto sono le cure per debellare o rendere innocuo il covid?

Proiettando tutta la profilassi e le aspettative sul vaccino, si sta trascurando la via di curare il covid con cure appropriate e tempestive, abbassando al minimo i rischi di ricoveri, complicanze e letalità. Eppure ci sono ormai medicinali e terapie che potrebbero abbattere il pericolo e mutare le strategie sanitarie.

10. Al di là del virus e delle vittime, quale effetto globale ha prodotto il covid?

Innanzitutto, più isolamento, più dipendenza e più sorveglianza; quindi una ripresa di potere dello Stato non solo sulla salute ma anche sul lavoro, il controllo e l’economia; poi di fatto ha penalizzato i governi outsider e rafforzato il modello cinese. Ha ingigantito la dipendenza dal circuito info-mediatico-sanitario e l’insicurezza. E non sappiamo ancora quante sono, e a che livello, le vittime dell’isolamento indotto dal covid, in termini di depressioni, suicidi, vite peggiorate, rapporti deteriorati e cure mancate per altre malattie gravi.

Le domande qui sollevate, circolano sparse da tempo, aprono dubbi e possibili risposte o interpretazioni. Dal covid siamo usciti più vulnerabili e più esposti ai rischi di altre pandemie; spontanee, indotte o manipolate. Ed è cresciuta l’incertezza, come dimostrano queste domande che non hanno avuto risposta.

MV, La Verità 12 giugno 2021

Ritorno al Sud

Mattino lucente a Capri, ancora fresco e disabitato di gente, dominato dalla luce mediterranea. Perché non fuggire a Punta Tragara a godersi i faraglioni inondati dal sole? Un libro, una penna e due lenti scure per entrare nel paradiso terrestre in incognito, senza restare abbagliati. Era bello star soli a Punta Tragara a spiare il trionfo della natura nell’azzurra maestà del cielo. Ma ad un certo punto arrivò una piccola sagoma.

Era una vecchia signora, curvata dalla vita, capelli rifatti da una residua vanità che ancora resiste all’assedio del tempo, una borsetta sgualcita che penzolava dal braccio, due gambette magre che spuntavano da un impermeabile vuotato di corpo. Piccola e ancora più rimpicciolita dagli anni. Giunse lentamente all’angolo estremo che sporgeva sul mare. Si affacciò alla ringhiera di Punta Tragara in direzione dei faraglioni. Si poggiò con entrambe le mani insecchite alla ringhiera che le arrivava quasi all’altezza delle spalle. E stette lì ferma, non per un attimo o per riprendere fiato. Si fermò a lungo come impietrita, ogni tanto cercava di puntare i piedi come una bambina che vuole raggiungere la credenza proibita delle delizie e guardava di sotto, nel precipizio gioioso.

In silenzio guardava e pensava, mentre la brezza leggera scuoteva appena la sua permanente. Il suo sguardo non filtrava dalle lenti spesse e leggermente affumicate, non saprei dire se la smorfia appena accennata sul volto alludesse a un dolore o a un piacere. A volte è sottile il passaggio e forte la somiglianza. Chiusi il libro e stetti a guardarla, con tenera e incuriosita passione. Immaginai di che cose fosse riempito il suo lungo silenzio, il suo miope ma lunghissimo sguardo. Mi intrufolai nel suo passato presunto e remoto. E trovai una ragazza, piccola e graziosa, di vent’anni. Spumeggiante di vita, dal passo veloce. La vidi là, poggiata alla ringhiera in una mattina degli anni trenta. Non da sola. Ma in compagnia di un uomo più alto, abbronzato, vestito di bianco, con i larghi pantaloni di lino gonfiati dal vento, i capelli dorati e ondulati, i sandali, che la stringeva e poi la baciava. Un uomo perduto nei flutti del tempo.

Ho immaginato il suo passato, le sue onde, i suoi vent’anni leggeri come la brezza di quel mattino di ottobre. La sua prima fuga a Capri con quel giovane che non c’è più, che forse diventò suo marito. E divise con lui il grigiore degli anni maturi, e poi il suo nero congedo. O forse no, quel giovane sparì insieme ai suoi vent’anni, fu un amore spezzato o sparito. Forse è la stessa cosa, sposarsi o sparire, quel giovane non è più quello in nessuno dei due casi. Ma quella mattina a Capri sorridevano e si sentivano stregati dalla magìa di quell’aura, legati in eterno – che poi dura un istante – dalla luminosa bellezza del luogo e dalla solare passione che li univa.

La piccola donna era lì a visitare il suo paradiso perduto, a portare un fiore alla vita. Pensò la vita che finisce lungo la bianca scia di uno scafo. La piccola donna estrasse dalla borsetta un fazzoletto. Lo tenne in mano come se volesse salutare una barca che non c’era. Poi lo accostò al naso senza soffiare. E riprese il suo lungo, immobile congedo dai tesori della sua vita, sporgendo ogni tanto la testa in basso come se fosse caduto là il suo passato, come un orecchino staccatosi dal suo lobo e finito nel goloso blu del mare.

La perla tornò all’ostrica nel cobalto lucente della memoria…

MV, Ritorno a sud (2

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In bed, a woman a man, at 10PM

 Mi piace leggere almeno una poesia al giorno, a volto cerco poesie in letterature che non conosco bene, altre  scelgo  il poeta per il momento, quello che sto vivendo.. Oggi, un giorno qualunque, di un anno qualunque, ormai sono tutti uguali, sempre più bui, sempre più tormentati, mi va di leggere un momento di quotidiano, nella vita normale di una coppia, che vive tranquillamente i suoi alti e bassi, raccontandosi i pensieri sull’onda dell’emozione. Nessuno meglio di   Bukowsky ha raccontato la vita , così com’è, con parole dolci, con parole crude, nessuno ha raccontato l’attimo così bene  tanto che ogni sua poesia  è una scena  di vita.   Leggi, poi chiudi gli occhi, e…

        Bukowski – Man and woman in bed at 10 pm

I feel like a can of sardines she said
I feel like a bandate I said
I feel like a tuna fish sandwich she said
I feel like sliced tomato I said
I feel like it’s gonna rain she said
I feel like the clock has stopped I said
I feel like the door’s unlocked she said
I feel like an elephant is gonna walk in I said
I fell like we ought to pay the rent she said
I feel like we ought to get a job I said
I feel like you ought to get job she said

I don’t feel like working I said

I feel like you don’t care for me she said
I feel like we ought to make love I said
I feel like wève been making too much love she said
I feel like we ought to make more love I said
I feel like you ought to get a job she said
I feel you ought to get a job I said

I feel like a drink she said
I feel like a whiff of whisky I said
I feel like wère going to end up on wine she said
I feel like you’re right I said
I feel like giving up she said
I feel like I need a bath I said
I feel like I need a bath too she said
I feel like you ought to bathe my back I said
I feel like you don’t love me she said
I feel like I do love you I said
I feel that thing in me she said
I feel that thing in you I said
I feel like I love you now she said
I feel like I love you more than you do me I said
I feel wonderful she said I feel like screaming
I feel like going on forever
I feel you can’t she said
I feel I said
I feel she said

 

..e i due , un uomo ed una donna, si raccontano, esprimono considerazioni di come si sentono, braccati da una vita grama, vivono, cercano di divertirsi, magari si ubriacano, per quanto riguarda il loro rapporto lo vivono così, lei si lamenta di più, noi donne siamo fatte così, gli uomini li vorremmo sempre su misura, lui  tranquillamente vive le sue emozioni, non dice tanto, ma le vuole bene… un uomo ed una donna, alle dieci di sera a letto si raccontano, lamentano  che entrambi dovrebbero lavorare, forse lo faranno, forse cercheranno un lavoro, forse…una chiacchera dopo l’altra si  trovano abbracciati nell’amore… a  vivere un momento magico.. intorno a loro sparisce tutto, esistono solo loro, il loro amore…stanno bene!!!!