Aggredita sessualmente nel Metaverso”. La denuncia di una ricercatrice fa scattare la reazione di Meta: “Distanza di sicurezza tra gli avatar”

di  Anna Lombardi

 

Mark Zuckerberg con un avatar di se stesso sul Metaverso
Nina Jane Patel ha raccontato che la sua personificazione digitale è stata aggredita da personaggi maschi alter ego di altri utenti di Horizon Worlds: “E’ stato un incubo”. La compagnia prima fredda poi ha stabilito dei “confini personali” per evitare attacchi simili
La distanza sociale entra pure nel Metaverso: per evitare le molestie. Sì, nel neonato Horizon Worlds – la piattaforma di Meta (l’ex Facebook, cioè), primo tentativo di costruire quel metaverso che è appunto la nuova ossessione di Mark Zuckerberg, ovvero uno spazio di realtà virtuale online dove fare esperienze social – si è già consumato il primo assalto sessuale di gruppo ai danni di una donna. O meglio della suo avatar, la personificazione digitale. Lo ha raccontato Nina Jane Patel, ricercatrice della società Kabuni specializzata nello sviluppo di esperienze virtuali per ragazzi fra gli 8 e i 16 anni: invitata, proprio in virtù del suo mestiere, a testare il “nuovo mondo”. Peccato che – lo ha denunciato lei stessa con un lungo post pubblicato a fine Dicembre su Medium.com (la stessa piattaforma dove raccontò le molestie subite pure Lindsey Boylan, la prima accusatrice dell’ormai ex governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo) – appena entrata è stata aggredita verbalmente, palpeggiata e violentata in gruppo da altri avatar, fra l’incitamento di altri personaggi «tutti con voce maschile» che hanno scattato perfino foto e girato video. Tutto virtuale s’intende. Ma non per questo meno traumatico.

«La realtà virtuale è progettata in modo che mente e corpo non percepiscano la differenziare fra esperienza digitale e quella reale. E infatti la mia risposta fisiologica e psicologica è stata come se quella brutta cosa fosse accaduta nella realtà», ha scritto infatti Patel: «L’attacco, 1 minuto dopo essere entrata in Horizon, mi ha colto di sorpresa, terrorizzata, paralizzata. Non sono nemmeno riuscita a mettere in atto la barriera di sicurezza. È stato un vero incubo». Inizialmente la denuncia della vittima è stata accolta freddamente da Meta. Che dopo una rapida revisione interna, l’ha addirittura colpevolizzata: avrebbe potuto infatti attivare lo strumento chiamato “safe zone”, zona sicura, che chiude l’Avatar in una bolla protettiva: e non l’ha fatto. Una risposta che ha però scatenato un putiferio: « È l’equivalente digitale di dire alle donne che se non vogliono essere molestate mentre camminano per strada dovrebbero restarsene a casa. La cara vecchia misoginia con una nuova confezione adatta all’era digitale», l’ha addirittura bollata l’esperta di tecnologia ed editorialista del Guardian Arwa Mahdawi, l’indoamericana autrice del saggio Strong Female Lead: Lessons from Women in Power, sulla leadership al femminile. Tanto che pochi giorni fa Meta ha svelato di aver messo in campo una nuova impostazione predefinita chiamata “Personal Boundary”, confini personali. Una sorta di distanziamento sociale che impone a tutti gli avatar la distanza di un metro su Horizon Worlds e Horizon Venus, i mondi dove sono già ospitati spettacoli e concerti. «Chi cercherà di penetrare nello spazio personale di un altro avatar verrà bloccato» ha spiegato Vivek Sharma, vicepresidente di Horizon. «Uno strumento che aiuterà a sviluppare future norme comportamentali e a stabilire regole in un mondo relativamente nuovo come quello virtuale». Aggiungendo che in futuro la dimensione del proprio spazio d’azione potrà addirittura essere personalizzato. Ma a Nina Jane Patel ancora non basta: «Le molestie nel metaverso sono una questione serissima, tanto più ora che la realtà virtuale sta diventando la nuova frontiera del divertimento. Quell’industria deve creare regole più certe e misure per punire chi non si attiene, affinché tutti possano muoversi a proprio agio e sentirsi al sicuro».

Da   La Repubblica

Solitudo est beatitudo…

 

Io sono sempre stata un po’ solitaria. Ho fatto nascere il mio isolarmi tra la folla come la lumaca si ritira nella sua casa. Per alcune persone cercare la solitudine non è un modo, un momento per raccogliersi nella ricerca di se stessi, quello che pe molti è un ritrovare se stessi. Per loro è una caratteristica innata e vivono benissimo cosi!

solitudine

Lo schiaffone di Draghi ai politici.

 

“Se avrò voglia di lavorare, il lavoro me lo trovo da solo.” Queste parole del Presidente Draghi ad un giornalista , che gli chiedeva chiarimenti su una sua possibile candidatura politica, visto il chiacchiericcio da lavatoio di politica e giornalismo, mi sono molto piaciute. Per me sono state l’ultima conferma che Draghi sia veramente quella persona fuori da ogni schema, che mi sono sempre immaginata. Credo che non avesse bisogno di conferme sulla classe politica italiana, ma le recenti vicende sulla rielezione di Mattarella a quel rango che gli spettava non diciamo di diritto, ma quasi, gli hanno aperto una visione su quella che si potrebbe chiamare integrità dei nostri politici. Sicuramente non ha gradito la sua riconferma a palazzo Chigi e lo ha dimostrato fin da subito, cambiando il suo atteggiamento da mediatore, per non escludere i ministri dalle proposte, a uomo forte “del fate quello che decido io”. Lo schifo della politica italiana deve essersi palesata in tutta la sua meschinità. Noi cittadini , ormai da moltissimi anni siamo abituati a questo gioco. Si entra in politica, si fa il lecchino per un certo periodo, si arriva ad una candidatura, che prima o poi diventa certezza di un seggio. A quel punto puoi scordare i tuoi problemi, fingere di farti carico di quelli dell’ Italia, lo stipendio a vita per te , famigliari e amici è assicurato, sicuro che un posto per te o chi per te sarà sempre disponibile dovunque la politica abbia le mani in pasta, praticamente in ogni posto che conti, in quella famosa nicchia chiamata i Poteri Forti. Ma a questo giochino dello scambio di figurine Panini un po’ più vantaggiose , Mario Draghi, ieri, ha detto chiaramente “No” rispondendo alle domande con un semplice ” Lo escludo”. Da una nullità come me un solenne encomio al Presidente Draghi, che nella sua lunga carriera le raccolte di figurine le ha completate tutte.

 

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Condividere i sogni…

Raccontare un sogno è come mettere a nudo il proprio inconscio“, almeno a dare retta al caro, vecchio Freud. Ai suoi tempi, però, non c’erano i social, comodo riparo delle nostre coscienze. E così la condivisione dei sogni online è diventata oggi un fenomeno senza limiti. Durante la pandemia e nei vari lockdown in particolare, i forum di dream-sharing si sono moltiplicati, così come i dreamworker, veri e propri professionisti del settore che analizzano le varie espressioni oniriche come una forma di terapia.


Creatività inconscia. Un artwork di Julia Lockheart per il progetto DreamsID: Pandemic Dreams. 

Jason DeBord (con il nome di RadOwl), modera il gruppo Reddit r/Dreams che vanta oltre 250mila iscritti, che illustrano qui i loro “viaggi notturni” sperando di ricavarne un messaggio, un significato nascosto. I sognatori si confessano anche su Facebook e Instagram, su forum come Sognilucidi.it, dedicato alle avventure oniriche che si possono pilotare da addormentati. Esistono perfino dei trucchi per riuscirsi.

Nel pieno dell’emergenza pandemica, su Instagram è nato l’account Instasogno dove la psicologa Martina Ferrari invita i follower a condividere i sogni scrivendone la descrizione a mano su foglietti di carta. Per un approccio più personalizzato, poi, ci sono delle vere e proprie app. Wakefully utilizza l’intelligenza artificiale per interpretare i sogni in base alla vita dell’utente da sveglio. Awoken insegna a costruire i sogni lucidi, mentre Dreamboard promette di rivelare i messaggi dell’inconscio.


A occhi aperti L’immagine del gruppo Reddit r/Dreams, che vanta ormai più di 250mila iscritti. 

Ma c’è anche chi si confronta off-line. Mark Blagrove, psicologo e docente dell’Università di Swansea, nel Regno Unito, ha lanciato i dream-sharing salons con l’artista Julia Lockheart che cattura in un dipinto il sogno di ciascun partecipante. Mentre ai ritiri dell’ex musicista e guida spirituale Tre Carr, a Londra e in altre città europee, si sperimenta una terapia di sharing con le piante medicinali del Sudamerica: per meglio accedere ai messaggi onirici più reconditi.

fonte:D it

Quando parlo con gli alberi…

 

Chi ama passeggiare tra gli alberi e ama osservare, scopre ogni giorno cose nuove, anche se il luogo è sempre lo stesso. Gli alberi sono a volte cattedrali, a volte piccoli santuari, sperduti nella campagna. Più frequenti gli alberi, più impari a conoscerli , scopri come parlare con loro e da quel momento è tutto un discorrere tra me e loro, un apprendere da loro verità nascoste, che solo a tu per tu ti vengono rivelate- Le loro verità non sono studi e approfondimenti, gli alberi semplicemente ti prendono per mano e sussurrano, giorno dopo giorno, le leggi eterne della vita, quelle che nessuna intelligenza umana o artificiale riuscirà mai a cambiare. Noi, gli alberi, i fiori siamo fratelli, figli della stessa madre, la terra.

alberi

 

IL contenitore dei pregiudizi e dei luoghi comuni…

È dall’idea attuale di medioevo che occorre partire, in particolare dal “luogo comune medioevo” così come è riscontrabile nella cultura diffusa, sia quella alta della manualistica e della divulgazione, sia quella bassa del giornalismo e del linguaggio corrente. La deformazione prospettica nel rapporto con il passato agisce fortemente nel determinare il luogo comune..

Così Giuseppe Sergi nelle prime pagine de L’idea di medioevo. Fra storia e senso comune (Donzelli)

L’equazione Medioevo = oscurantismo / ignoranza / sangue è una generalizzazione imbarazzante anche per un alunno che apra per la prima volta un libro di storia, figuriamoci per gli adulti che dovrebbero averla studiata ben più attentamente o per i giornalisti e gli opinionisti di varia estrazione sempre pronti ad usarla .Certo, nei secoli del Medioevo si sono susseguite crisi economiche, pestilenze, guerre di espansione, guerre cosiddette sante, persecuzioni religiose, ma lo stesso si può dire dell’epoca classica e dell’epoca moderna . E il Novecento (un solo secolo, non un millennio), ha visto consumarsi le più crudeli carneficine proprio sotto il segno di una propaganda inneggiante al progresso, alla purezza etnica e al nazionalismo. Oggi, del resto, c’è forse più del Seicento tanto deprecato da Manzoni che del Medioevo: pensiamo all’esecuzione di un libero pensatore come Giordano Bruno o di donne diverse accusate di stregoneria, alla persecuzione di un uomo di scienza come Galileo Galilei, ai comportamenti delle masse di fronte alla pandemia, che hanno oscillato fra ondate di terrore e totale sottovalutazione o marginalizzazione del problema, esattamente come ci vengono descritti nei Promessi sposi.  Il medioevo ci ha dato l’inizio della letteratura italiana ed anche della nostra arte , amata e invidiata da tutto il mondo .Eppure tendiamo a definire  quei secoli quasi un periodo di barbarie. Perfino il mondo arabo vede infelice enfatizzare il regime dei talebani come medievale. Dopotutto in concomitanza allo sviluppo del mondo occidentale, prima ancora dell’epoca Romana, il mondo arabo ebbe il suo espandersi in cultura e conquiste in parallelo al crescere della nostra civiltà. Se qualcosa è medievale è lontano, non ci appartiene, non ci minaccia: questo sembra voler dire chi etichetta un’evidenza di pericolosa involuzione come medievale. Invece la tentazione della violenza, dell’ignoranza, del sopruso sono eterni, non hanno epoca e pensare di essere al sicuro, in virtù di secoli di cammino avanti nel tempo, è una bella favola di cui l’età contemporanea dimostra l’inconsistenza. Ancora un pensiero di Sergi-

Albert Einstein affermava che “è più difficile disintegrare i pregiudizi che disintegrare gli atomi”. Così se un programma televisivo, un articolo giornalistico o un manuale spiegano che tutti i poteri medievali erano trasmessi con un’investitura feudale, o che nel dicembre del 999 nelle case dei contadini incombeva la paura dell’anno 1000, nessuno si meraviglia: eppure la ricerca professionale ha superato queste convinzioni da quasi un secolo. In particolare la cultura contemporanea continua a usare il medioevo come contenitore di luoghi comuni.

Non chiamatelo Medioevo - Sergi

Quella Cappa che ci opprime.

 

Cosa resterà di questa libertà dimezzata e sorvegliata che stiamo subendo ormai da tempo in regime di pandemia? Resterà la Cappa, che ci avvolge e che ci opprime, in cui si condensano le nubi sparse dei nostri giorni fino a formare una coltre compatta: le restrizioni sanitarie, la vita sanificata e ospedalizzata, il controllo digitale totale, la tracciabilità dei nostri spostamenti, fisici e finanziari, la vita dimezzata nelle sue possibilità, viaggi, relazioni; e poi la guerra civile dei sessi, la guerra mondiale contro la natura, la cancel culture applicata alla storia, il politically correct applicato ai rapporti umani e alla società, le censure al linguaggio, il pensiero unico e prigioniero del modello uniforme…

Facendosi cronici e intrecciandosi tra loro, i diversi fattori convergono e commutano le limitazioni sanitarie in forme di sorveglianza permanente, fino a formare una cappa globale che sembra destinata a non dissiparsi. Con la Cappa stiamo passando dalla società aperta alla società coperta, dove si maschera la parola come il volto e tutto è sotto una rete protettiva.

In che mondo viviamo? Sotto la Cappa tutto perde contorno, confine, libertà, consistenza reale, memoria e visione. I sessi sconfinano e mutano, le differenze scolorano e si uniformano, la natura è abolita, la realtà è revocata, i territori perdono le frontiere; la nuova inquisizione censura e corregge, il regime di sorveglianza globale controlla la vita tramite l’emergenza e la priorità assoluta della salute. Ma anche il passato sparisce, col gran reset della storia e i processi intentati al passato col metro del presente; tramonta ogni civiltà, a partire dalla civiltà cristiana per fare posto a un sistema globalitario; spariscono i luoghi, compresi i luoghi di lavoro, in una società delocalizzata, senza territorio. La schiavitù prosegue a domicilio, con l’home working. Perdendo il mondo, ciascuno ripiega su te stesso, in un selfie permanente; la Cappa favorisce infatti il narcisismo solitario e patologico di massa. Vivi attraverso il tuo cordone ombelicale chiamato smartphone e simili, ti fai icona di te stesso. E intanto deperiscono le proiezioni oltre la propria vita: la storia, la comunità, l’arte, il pensiero e la fede, ogni fede. La Cappa occulta la bellezza, la grandezza, il simbolo, il mito, il sacro, la realtà. Negandoci altre visuali ci nega altri mondi, altri tempi, altre luci. L’uomo,abita cinque mondi: il presente, il passato, il futuro, il favoloso, l’eterno. Se ne perde qualcuno vive male; se vive in uno solo impazzisce. E noi viviamo totalmente succubi del presente, nel nostro orizzonte infinito presente globale.

Immersi nel presente, abbiamo perduto la facoltà di distaccarcene per vederlo nell’insieme e per capirne la direzione e il destino. Così abbiamo perso il senso del presente e non riusciamo più ad avere una visione generale della realtà. Da qui la sensazione di vivere sotto una cappa; visibilità ridotta, voci spente, suoni ovattati. Ne avverti il peso anche se non ha fattezze e non ha confini, non si può misurare, è ineffabile e avvolgente, come la cappa che avvolge gli Ipocriti nell’inferno dantesco; cappa dorata all’esterno ma plumbea e pesante sui dannati. Nel XXIII canto dell’inferno così li descrive: “Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi […] Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto”.

Ho provato a compiere un excursus ragionato benché venato dalla percezione di una profonda Mutazione, tra le follie odierne e i tabù vigenti, tentando una serrata critica per vivere il presente e non subirlo. Viviamo nel peggiore dei mondi possibili, abbiamo raggiunto il punto più basso nella storia dell’umanità? No, non il più basso, semmai il punto di non ritorno. I fattori demografici, ambientali, tecnologici rischiano di essere irreversibili, come le trasmutazioni antropologiche che stiamo inavvertitamente subendo in un corso accelerato verso il postumano e l’intelligenza artificiale.

Occorrerà ridare l’assalto al cielo, come dicevano i rivoluzionari ma stavolta non con la pretesa di scalarlo, come in una nuova torre di Babele, bensì per sgombrarlo dalla Cappa globale. L’assalto sarebbe dunque di segno opposto, per liberare il cielo e non per occuparlo. Liberare il cielo, l’atmosfera, l’aria può avere anche un’implicazione ecologica, ma non è solo una questione ambientale.

Le rivolte, le rivoluzioni sono velleitarie e impotenti e aprirebbero conflitti perdenti con i poteri. L’unico mezzo a nostra disposizione è la spada del pensiero critico, dell’intelligenza libera e ribelle, che non si accontenta del presente e della sua dominazione assoluta. Non disponiamo di altra arma, di altro potere, che la nostra facoltà di capire: l’intelligenza è la spada affilata che salva o almeno perfora la Cappa asfissiante. La maiuscola Cappa, la minuscola spada…

MV, Panorama (n.5)

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Come Neruda amo il vento, messaggero di voci, di carezze di baci.Ah se potessi anch’io disperdermi nel vento, per giungere più in fretta da te, amore mio!!

Ti manderò un bacio col vento

Ti manderò un bacio con il vento
e so che lo sentirai,
ti volterai senza vedermi ma io sarò li.
Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i sogni
Vorrei essere una nuvola bianca
in un cielo infinito
per seguirti ovunque e amarti ogni istante.
Se sei un sogno non svegliarmi.
Vorrei vivere nel tuo respiro
(Mentre ti guardo muoio per te
Il tuo sogno sarà di sognare me
Ti amo perché ti vedo riflessa
in tutto quello che c’è di bello)
Dimmi dove sei stanotte
ancora nei miei sogni?
Ho sentito una carezza sul viso
arrivare fino al cuore.
Vorrei arrivare fino al cielo
e con i raggi del sole scriverti ti amo.
Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno
tra i tuoi capelli,
per poter sentire anche da lontano
il tuo profumo!
(Vorrei fare con te quello
che la primavera fa con i ciliegi)

Pablo Neruda

p neruda

 

Il Giardino di Ninfa: un luogo sospeso tra poesia e incanto.

di Laura Corchia

Situato nel comune di Cisterna di Latina, il Giardino di Ninfa è, per il New York Times, “il più bello e romantico del mondo”. Meraviglioso esempio di poesia e architettura medievale, è stato fonte di ispirazione per scrittori come Giuseppe Ungaretti, Alberto Moravia e Virginia Woolf.

Scrive Ferdinand Gregorovius: “Ecco Ninfa, ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezzo sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità questa località è più graziosa della stessa Pompei, le cui case s’innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche”.

giardino di ninfa

Secondo un’antica leggenda, Ninfa era una bellissima e sfortunata principessa che viveva con il padre in un castello sul lago. Per liberare le paludi dalla malaria e dalle zanzare, l’uomo convocò i due re confinanti: Martino, segretamente amato dalla fanciulla, e il malvagio Moro. Colui che sarebbe riuscito a bonificare le paludi avrebbe avuto in sposa Ninfa. Ad avere la meglio fu Moro e la principessa, pur di non sposarlo, si gettò nel lago ma, secondo la stessa leggenda, ogni giorno, ancora oggi, accarezzerebbe le piante e i fiori rendendo tutto splendido e vivido.

Più volte distrutta e ricostruita, oggetto di contese territoriali, l’antica cittadina di Ninfa fu acquistata dalla famiglia Caetani alla fine del Duecento per 2000 fiorini d’oro. Dopo varie vicissitudini, il piccolo borgo scomparve dalle carte geografiche. Solo nel secolo scorso, per opera di Gelasio Caetani che ordinò la bonifica dell’intera area e il restauro degli edifici, questo incantevole luogo è ritornato ad essere fruibile. Egli fu il committente del giardino botanico e, alla sua morte, i lavori di risistemazione proseguirono sotto la guida di Roffredo Caetani, della moglie Marguerite Chapin e della figlia Leila.
Passeggiando nell’ampio giardino è possibile ammirare diverse varietà di magnolie, aceri giapponesi, betulle, ciliegi, iris, meli, camelie, cornioli, viburni, caprifogli, rose rampicanti e numerose piante tropicali. Tra alberi e arbusti cinguettano oltre 100 specie di uccelli.

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da RestauarArs