La voce del padrone e il popolo dei No Vox..

 

 

La Cupola e gli spalti. Al centro, incombente, oppressiva, uniforme, la Cupola esprime in video, in audio, sui giornali, la Voce del Padrone; il tema a senso unico sia esso la pandemia, la guerra, il voto francese; ai bordi in basso, gli spalti non aderiscono alla “narrazione” unilaterale e ideologica imposta dalla Cupola ed esprimono altre opinioni, cercano fonti alternative d’informazione e di orientamento, sentono di essere pressati sotto una vera e propria Macchina del Consenso. Sono outsider, provengono da mondi e culture politiche diversi, a volte sono studiosi, inviati, intellettuali che hanno un polso diverso della situazione; più spesso è gente comune, che però non vuole rinunciare all’uso dell’intelligenza e del pensiero libero, al senso critico. Oltre loro c’è inevitabilmente chi estremizza, chi sposa un manicheismo rovesciato rispetto a quello somministrato dalla Cupola, ha posizioni infantili e complottiste, deduce controstorie da piccoli indizi, voci non confermate. Ma gli uni e gli altri vengono assemblati dalla Ditta in una sola risma, la gente si fa gentaglia, se non marmaglia. E coloro che articolano un ragionamento con argomenti seri e pacati, coloro che si limitano anche a esprimere dubbi ragionevoli, a non accontentarsi delle versioni ufficiali e degli uffici propaganda all’opera nella guerra, nel voto come ieri nella pandemia, vengono stoccati in due categorie da macero: quelli di destra, di cui non conviene neanche parlare, se non quando entrano nella cronaca giudiziaria, sono ritenuti civilmente morti, e da prima; e quelli di sinistra, che avendo assunto posizioni difformi rispetto al Mainstream, all’Establishment, insomma alla Cupola, vengono trattati come casi clinici con improvvisi problemi mentali, menti soggette a processi degenerativi. Come un tempo si mandavano i dissidenti in manicomio, così oggi non potendo accettare che un intellettuale di sinistra possa esprimere argomentazioni difformi dalla Cupola, lo si attacca e deride come uno che sta vaneggiando, ha perso la bussola, o al più è uno stravagante. È ridicolo leggere editoriali, rubriche o sentire commenti della Ditta (i suddetti menano in gruppo, pensano in clan): sono sempre denunce contro ignoti; se la prendono coi “negazionisti”, così definiti ieri in tempo di virus come oggi in tempo di guerra, ma non si riesce a capire a chi si riferiscano. Usiamo omeopaticamente lo stesso metodo con loro, non citando nessun clone; ma basta sfogliare il Giornale Unico per vederli bene in vista, tutti allineati e coperti, con l’elmetto e il dito armato (digitali da guerra). Diventa oro colato per loro anche l’alternativa infelice di Draghi tra la pace e l’aria condizionata: ma i draghi sono pecilotermi, come tutti i rettili, non hanno problemi termici (immagino Draghi in tv con la maglietta di Zelensky, per mostrarsi solidale e termo-autarchico).

Nella Cupola mezzo popolo si rifugia come sotto un guscio protettivo. Mezzo popolo invece no, avverte il soffocamento. O per dir meglio, la popolazione si divide in più fasce: i convinti ripetitori di tutto quel che somministra la Gazzetta Ufficiale della Cappa; i perplessi, che però per prudenza e quieto vivere ne accettano i verdetti e vi si attengono; gli struzzi, che mettono la testa sotto terra per non vedere, per non pronunciarsi e per non prender parte. Poi, dicevamo, ci sono gli altri,i più, quelli che non si accontentano di quel che passa il regime.

Come definire questi ultimi? I No Vox, nel senso che non hanno voce in capitolo, o ce l’hanno flebile, fuori dal recinto, in luoghi periferici e remoti, oppure la pensano in questo modo ma sanno che è meglio non dirlo pubblicamente, e dunque adottano una formula a metà tra l’omertà e il mutismo volontario a scopo di sopravvivenza.

La questione non riguarda solo i temi della guerra, il voto o la pandemia, e non riguarda solo gli italiani che pure restano la punta più avanzata del servilismo. Ma si allargano a gran parte dell’Europa, e buona parte d’Occidente, almeno nell’emisfero nord. Poi c’è il resto del mondo, che è quasi il novanta per cento ma agli occhi bolliti dell’Occidente è una “trascurabile maggioranza”, direbbe ironicamente Ennio Flaiano. La sensazione generale è di vivere in un mondo prefabbricato che nega la realtà del mondo, le sue varietà, le sue verità, evidenti e nascoste.

Aldo Giorgio Salvatori lo chiama il “ControMondo” in un libro da poco uscito da Solfanelli (Naufragio nel Contromondo, pp.196, 13 euro). Salvatori colleziona e commenta notizie, articoli dei giornali, perfino cartelloni stradali per mostrare le tante applicazioni ed effetti di questo sistema globale che ben riassume nella sigla PUG, acronimo di Pensiero Unico Globale: dai migranti agli sfruttati, dai grandi cancellati perché non conformi ai temi dell’omofobia e del gender fluid; dall’ideologia del clima alle mutazioni genetiche in corso, dal potere nero al potere degli eurocrati, dai fumetti agli spot, dall’animalismo al veganesimo fino all’antispecismo umano, solo per citarne alcuni. Brevi capitoli che danno uno spaccato del tempo in cui viviamo, rispetto a cui Salvatori esprime tutto il disagio di chi si sente un naufrago, uno straniero rispetto al suo mondo e al suo tempo. E’ una percezione che sento di condividere, e che ho espresso anch’io altrove.

Ma torno nel frangente dei nostri giorni e osservo che ogni mutazione, ogni costrizione, ogni assuefazione nasce dall’annuncio di un’emergenza, rispetto a cui non è più tempo di dividersi, di discutere, di avere divergenze: sia esso il covid o la guerra, i crimini contro l’umanità o il razzismo tornante, la violenza dei social, la minaccia sovranista e il rigurgito negazionista. Da una parte la Voce del Padrone, dall’altra i No Vox, coloro che hanno scarsa voce, tacciono o sono messi a tacere. Una guerra globale tra Mondo reale e Contromondo.

MV,

WP: la Nato impone a Zelensky di proseguire la guerra fino alla vittoria.

 

La Nato commissaria Zelensky, che non potrà fare accordi con Putin per porre fine alla guerra. Questo, in sintesi, il contenuto di un articolo del Washington Post che ovviamente non spara sic et simpliciter questa notizia bomba, diluendola in un argomentata nota che spiega come la Nato riconosce la piena indipendenza di Zelensky, che quindi è libero di negoziare con il nemico per porre fine alla guerra, ma ammonisce che non potrà fare concessioni territoriali né dare a Putin qualcosa che abbia “una parvenza di vittoria”.

Insomma, l’Ucraina è di fatto costretta dalla Nato a vincere questa guerra e ad addivenire a un accordo col nemico solo se tale intesa ne sancirà la sconfitta. Così sintetizza l’articolo: “Gli ucraini, di conseguenza, sono coinvolti in una lotta più ampia a nome dell’Europa, affermano i leader della NATO”…

Tale la follia, che di fatto rende questa guerra una guerra per procura della Nato contro la Russia, nella quale l’Ucraina e i suoi cittadini non sono considerati altro che uno strumento per tale contesa, nulla importando la macelleria delle vite ucraine che saranno immolate sull’altare di questa guerra santa contro l’asserito macellaio di Mosca…

Ovviamente, Putin non potrà mai accettare un accordo che in qualche modo non compensi le perdite subite a seguito dell’invasione dell’Ucraina, sia in termini economici che di vite dei cittadini russi. Ne sarebbe travolto e con lui la Russia, dal momento che una Nato vittoriosa avrebbe come ulteriore missione quella di evitare il ripetersi di questa criticità, che in termini brutali vuol dire smantellare sic et simpliciter la Russia.

A queste condizioni la pace o un qualsiasi accordo che ponga termine al conflitto diventa un miraggio lontano, se non impossibile, vanificato da quella che ormai è diventata una lotta esistenziale tra Oriente e Occidente, con tutto il corollario che i conflitti esistenziali comportano, anzitutto la demonizzazione del nemico, non più avversario geopolitico ma simbolo del Male (basta, a tal fine, amplificare o costruire narrative usando gli usuali orrori delle guerre).

A questo serve anche la campagna iniziata con il vero o asserito massacro di Bucha, che è solo l’incipit di una narrativa che andrà declinandosi in modalità sempre più orrorifiche, dal momento che per colpire l’opinione pubblica occorre il crescendo, altrimenti si rischia che essa si abitui e non partecipi più emotivamente alla guerra e non ne condivida le “ragioni”.

Su Bucha,si può registrare un altro dato. Di ieri le immagini satellitari che confermerebbero quelle registrate dopo il ritiro russo.

Le riportava il New York Times che pubblicava dei filmati satellitari che mostrerebbero i corpi delle vittime delle rappresaglie russe disseminati per strada nelle stesse posizioni in cui sono stati rinvenuti dagli ucraini dopo il ritiro dell’invasore.

La documentazione del Nyt smonterebbe la difesa dei russi, i quali avevano dichiarato che le uccisioni dei civili, o la messinscena del massacro (o ambedue in combinato disposto), si erano consumate dopo il loro ritiro da Bucha (il report del Nyt lascia inevasa l’altra argomentazione difensiva dei russi, cioè la discrasia temporale tra il loro ritiro e la denuncia dei liberatori, giunta quattro giorni dopo il ritiro stesso nonostante l’orrore fosse così evidente – i morti per strada… ma è un particolare).

Le immagini satellitari pubblicate dal Nyt sono di marzo, dettaglia il media della Grande Mela, con datazioni certe, dal 9 marzo in poi. Tale datazione, però, cozza con un report di una fonte americana, l’Intitute for war, che sta seguendo la guerra ucraina, registrandone nel dettaglio l’evoluzione.

Così torniamo al report del Nyt, nel quale si leggeva: “Le immagini mostrano oggetti scuri di dimensioni simili a un corpo umano che appaiono in Yablonska Street tra il 9 marzo e l’11 marzo”…  cioè prima dell’arrivo dei russi..

Al di là dei veti della Nato a Zelensky e delle incongruenze, spiegabili o meno che siano, delle documentazioni su Bucha e su altro, è ovvio che questa controversia rende più difficile proseguire i negoziati, anche se Zelensky ha ribadito che intende farlo, in quanto unica via di uscita (BBC). E i negoziati, nonostante tutto, stanno proseguendo, come ha dichiarato il portavoce del Cremlino (Associated Press).

Il punto è se la Nato – e il partito della guerra così forte in America – lascerà o meno l’Ucraina libera di trattare sul proprio destino. L’articolo del Wp getta un’ombra oscura su tale possibilità.

Il pazzo di turno…

 
putin

 

Ogni santo giorno si affaccia in video o in edicola Il Guerriero della sera. Non è un singolo ma una serie, ha un volto mutante, ma dice sempre la stessa cosa: siamo in guerra, non si diserta, faremo economia di guerra, resistenza a oltranza; la sovranità nazionale e l’amor patrio, fino a ieri stracci da gabinetto, sono ora sacrosanti. Diciamo meglio: valgono in Ucraina, mica da noi. Naturalmente il giorno dopo la chiamata alle armi lui non è al fronte ma è ancora là, in video e in edicola, a predicare la stessa cosa.

Il Guerriero della sera è in realtà il terminale periferico di un preciso canone che prevede quattro tappe: 1) il Nemico è per definizione un pazzo criminale, 2) il suo modello unico o antefatto è Hitler, 3) il nostro modello è la Resistenza, 4) andrà colpito con un’operazione di polizia internazionale e processato per i crimini di guerra. Non è una novità: solo per restare nell’arco della nostra vita, dai tempi di Saddam Hussein, poi di Milosevic, Gheddafi, Assad e molti altri leader. Tutti, naturalmente, come Putin, fino a ieri alleati d’occidente, pienamente inseriti nel gioco geopolitico-economico globale. E mi raccomando, si fa la guerra mentre si marcia per la pace…

Cominciamo dal precedente storico. Hitler non c’entra niente; se vogliamo trovare qualche nostalgico di Hitler lo troviamo più dall’altra parte, al di là del falso alibi di Putin di voler denazificare l’Ucraina. Se vogliamo invece trovare un precedente a Putin non allontaniamoci dalla Russia: furono gli zar ad annettersi l’Ucraina e a tenerla per secoli, a obbligarla alla lingua russa. Fu Lenin a incorporarla nelle Repubbliche Socialiste Sovietiche e Stalin a soggiogarla come si deve. Putin, al più sogna di ripristinare la Madre Russia, anche in versione Urss o quantomeno stabilire un dominio sul vicino Paese. Non è il sogno di Hitler di dominare il mondo nel nome della razza ma è l’antica dominazione russo-sovietica. Così, la rivolta d’Ucraina non è una guerra partigiana ma è la rivolta di un popolo, di una nazione per difendere la sua indipendenza sovrana. Se proprio vogliamo forzarla a un paragone, chiamiamola insurrezione, richiamiamo il Risorgimento che si avvalse del sostegno delle grandi potenze straniere (Francia, Inghilterra) in funzione anzi-Impero austroungarico. O la rivolta di Budapest e poi di Praga contro i carri armati sovietici; ma non furono guerre partigiane.

Stabiliti i precedenti storici, poniamoci una questione che tocca più da vicino. Ma i bombardamenti sulle città e sulla popolazioni, su veri o finti ospedali, le vittime di inermi cittadini quali precedenti richiama? Per non retrocedere fino alla seconda guerra mondiale, ricordano molto quelli che furono fatti in Iraq e poi in Serbia e in Kosovo, in Libia e in Afghanistan, e si potrebbe continuare. Ma fissiamo il paragone con l’intervento Nato in Iraq. La motivazione poteva essere anche nobile, punire un dittatore e uno Stato invasore (benché incoraggiato dagli stessi inglesi e americani che già lo avevano usato in funzione anti-Iran nella guerra del Golfo). Quella guerra noi ce la ricordiamo attraverso le immagini della CNN. Abbiamo visto poco o nulla delle città bombardate, dei luoghi d’arte distrutti (Ninive, Babilonia, la stessa Bagdad); nessuno ci ha raccontato le storie delle popolazioni sotto le bombe con migliaia di morti (bambini inclusi, e migliaia) poi sottoposte a un embargo totale, vergognoso, alimentare e di medicinali. Non ci mostrarono lo strazio della gente, le singole storie, i dettagli umani. Furono numeri vaghi di statistiche nebulose.

Stando alla logica del duo Biden-Harris e poi dei loro ripetitori dem nostrani, la comunità internazionale avrebbe dovuto processare per crimini di guerra anche quei presidenti americani, repubblicani e democratici. Ma l’Impero del Bene non si processa, tutto quel che succede, da migliaia di morti in Medio Oriente alle bombe umanitarie e progressiste dei Balcani, sono fatti in nome della libertà contro la tirannide. Si possono frequentare regimi dispotici, dagli arabi sauditi ai tanti dittatori filo-occidentali, avere nella Nato l’autocrate Erdogan che sui curdi e gli armeni non ha parametri diversi da quelli di Putin sugli ucraini e i ceceni, ma tutto rientra nel Nuovo Ordine Mondiale.

La giustificazione giuridica degli interventi militari coincide con la motivazione ideologica: noi siamo per la pace e per la libertà, di conseguenza non facciamo guerra, lasciamo che i popoli si scannino tra loro, e noi riforniamo una se non entrambi le parti in guerra; ma quando interveniamo noi facciamo operazioni di polizia internazionale, ristabiliamo solo la pace e la sicurezza. E il Pazzo Criminale di turno va processato e condannato a morte con un processo ai vinti che da Norimberga in poi è diventato il canone. Il nemico non va combattuto e battuto; va eliminato, vituperato, estirpato dalla faccia della terra. E fa niente se per eliminare lui si dovranno infliggere sofferenze e lutti alla popolazione. Lui o il suo Stato-canaglia è fuori dal diritto, non vigono le leggi della guerra; va solo schiacciato, come un verme.

Bisogna avere l’onestà di dire anche il rovescio: gli Usa instaurano spesso regimi fantoccio a loro disposizione ma non si annettono direttamente i territori; combattono dittature spesso infami, bene o male veicolano la libertà almeno come principio e intenzione originaria. Anche se a volte, come capitò con la Primavera Araba, l’Occidente dette una mano a rovesciare regimi autoritari con cui era stato fino al giorno prima amico e che mantenevano un certo equilibrio in quei paesi; dopo di loro non è venuta la libertà e la democrazia ma la carneficina, le guerre tribali sanguinose, i fondamentalisti fanatici al potere, migrazioni e terrorismo diffuso. La realtà come la storia, ha molte facce, non una sola.

Ma tutto questo il Guerriero della sera non vuole saperlo.

MV

 

E il diktat UniDem avanza a consolidare l’obbedienza di stato, costringendo al pensiero unico per evitare l’emarginazione. Tutto questo nel nome della democrazia, per salvarla.

Come funziona la macchina dei media e delle opinioni al tempo della guerra all’Ucraina? Segue lo schema già collaudato con la pandemia, con i grandi temi storici e con le gravi crisi: in primo luogo diventa monomaniacale, ossessivo, pervasivo, passa da tema principale a tema unico dei telegiornali, degli approfondimenti. Non accadde neanche durante la guerra mondiale che i giornali fossero ridotti al solo tema principale di quei giorni.

La fabbrica del consenso fornisce poi la ripetizione all’infinito dell’Identico: fiumi di servizi e di reportage che si discostano poco o nulla, che riferiscono ogni giorno la stessa versione ufficiale dei fatti e commentano le stesse immagini restando nello stesso ambito, con un sottofondo da propaganda di guerra.

Guai a chi accenna a una lettura semplicemente richiamando dati: ad esempio, chiedono di cacciare Marc Innaro dalla corrispondenza da Mosca per la Rai solo perché ha osato accennare all’espansione della Nato. Che è un fatto oggettivo, basta vedere in qualsiasi cartina come si è allargata negli ultimi vent’anni. Ma notare questo diventa subito intelligenza col nemico… Da qui la militarizzazione delle opinioni: se non ripeti tutto quel che ripetono ogni giorno, allora sei dalla parte di Putin, sei un suo sostenitore. E se sei in servizio pubblico, è un’aggravante.

Avviso superfluo a chi ragiona ma necessario ribadirlo per i poliziotti del pensiero e per gli imbecilli militanti: vedere le cose in un orizzonte più ampio e articolato e non attraverso lo schemino puerile e manicheo del bene/male esclude ogni indulgenza verso l’aggressione e il metodo sovietico di Putin e include ogni solidarietà verso il popolo ucraino che è sicuramente vittima e sta patendo l’inferno.

Infine, anche in questo caso, conservatori e progressisti, moderati e radicali, falchi e colombe, populisti ormai ridotti a baciapile; nazionalisti e radicali antisistema aderiscono tutti all’UniDem, ovvero l’unificazione di tutte le posizioni al Canone Dem, valevole negli States da quando sono tornati al potere i democratici con Biden, nell’Europa tecno-dem e in Italia con le sue periferiche. Ricordate come erano diverse le opinioni tre anni fa, o anche meno? È bastato il covid, e ora la guerra, e si è arrivati all’Uniformità assoluta, con minime sfumature e variabili lessicali secondarie. Draghi per tutti, tutti per Draghi. E a sua volta Draghi è la continuazione della Nato in campo economico-finanziario.

È lecito dubitare che se si fosse aperta seriamente la trattativa sulla possibilità di rendere neutrale l’Ucraina, cioè fuori dalla presenza Nato e dall’influenza russa, forse non saremmo arrivati a questo? Poi possiamo fare tutti i processi alle intenzioni e dire che Putin ha preso a pretesto la rigidità occidentale e la sue pretesa egemonia, per attaccare. È lecito dire che forse con Trump non saremmo arrivati a questo punto, considerando che con quel bizzarro spaccone guerre non sono esplose? È un dubbio, quantomeno, ma la questione Ucraina/Europa/Nato ribolliva già nei suoi anni.

È lecito notare che dopo aver per anni calpestato, svilito, squalificato ogni richiesta di sovranità nazionale e ogni relativo nazionalismo, è grottesco ora elogiare il patriottismo sovrano degli ucraini? È lecito sostenere che il dramma aggiuntivo di questo conflitto è che non ci sono arbitri, garanti, figure terze che possano essere accettate da ambo le parti per cercare una soluzione? Finora solo le figure religiose, soprattutto della Chiesa ortodossa, possono svolgere un ruolo importante quando non diventano chiese nazionali. Ma non ci sono Stati terzi, leader di organismi internazionali come l’ONU, in grado di svolgere questo ruolo di ponte. Solo mediatori.

E infine, è lecito dire che aver reso Putin il nemico numero uno dell’umanità, già prima che invadesse l’Ucraina, anziché considerarlo un autocrate con cui doversi inevitabilmente confrontare come con Xi Jin Ping, Erdogan e altri, può far precipitare la situazione a livelli impensati. Se davvero Putin è quel dittatore folle additato, incarnazione del maligno, dovrebbe inquietare il fatto che non avrebbe remore a usare il famoso bottone nucleare già minacciato.

E allora si avvia un gioco assai pericoloso: cercare di far cadere Putin, caldeggiare la congiura degli oligarchi, acuire il dissenso interno, spaccare il potere russo e la sua filiera. Pericolo seguente: un paese isolato dal mondo, un leader nemico di tutti può essere spinto all’alleanza con la Cina che ha rispetto alla Russia un profilo più inquietante per il mondo: la Russia vuole ripristinare il suo dominio di area, la Cina sta cercando di colonizzare il mondo, di invaderlo con l’economia, la tecnologia, espandendosi e incuneandosi in ogni sistema-paese. La Russia ha solo la possibilità di incidere attraverso il gas e in generale le energie. Si capirà il potere inquietante di un blocco asiatico tra Russia e Cina.

Chi sostiene queste cose non sta assolutamente stabilendo una preferenza verso la dittatura di Putin e nemmeno una sorta di neutrale indifferenza tra una democrazia e un’autocrazia. Ma sta semplicemente cercando di dire che non andiamo avanti se continuiamo con questa semplificazione militante, militare e bipolare, per cui la verità coincide con l’Occidente, il Bene Assoluto con la Nato.

Stendiamo infine un velo pietoso sui tre populismi, grillino, leghista e nazionale e il loro capovolgimento nell’arco breve di un paio d’anni. Se sono solo la versione debole dell’UniDem hanno perso la loro funzione, non garantiscono la dialettica politica necessaria a ogni democrazia, e non rappresentano la loro area d’opinione, così subalterni al Pensiero Corretto.

Ogni volta che il pensiero smette di osservare la realtà da più punti di vista e in tutte le sfaccettature, non è solo una mortificazione per l’intelligenza; ma si mette in pericolo la libertà e la dignità dei singoli, dei gruppi, dei popoli e degli Stati. Insomma, il Male a cui stiamo assistendo in Ucraina è doppio, e non è solo quello che ci fanno vedere.

MV

Italia, che non cambi mai..

Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico,
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto il male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini

italia

 

Lo schiaffone di Draghi ai politici.

 

“Se avrò voglia di lavorare, il lavoro me lo trovo da solo.” Queste parole del Presidente Draghi ad un giornalista , che gli chiedeva chiarimenti su una sua possibile candidatura politica, visto il chiacchiericcio da lavatoio di politica e giornalismo, mi sono molto piaciute. Per me sono state l’ultima conferma che Draghi sia veramente quella persona fuori da ogni schema, che mi sono sempre immaginata. Credo che non avesse bisogno di conferme sulla classe politica italiana, ma le recenti vicende sulla rielezione di Mattarella a quel rango che gli spettava non diciamo di diritto, ma quasi, gli hanno aperto una visione su quella che si potrebbe chiamare integrità dei nostri politici. Sicuramente non ha gradito la sua riconferma a palazzo Chigi e lo ha dimostrato fin da subito, cambiando il suo atteggiamento da mediatore, per non escludere i ministri dalle proposte, a uomo forte “del fate quello che decido io”. Lo schifo della politica italiana deve essersi palesata in tutta la sua meschinità. Noi cittadini , ormai da moltissimi anni siamo abituati a questo gioco. Si entra in politica, si fa il lecchino per un certo periodo, si arriva ad una candidatura, che prima o poi diventa certezza di un seggio. A quel punto puoi scordare i tuoi problemi, fingere di farti carico di quelli dell’ Italia, lo stipendio a vita per te , famigliari e amici è assicurato, sicuro che un posto per te o chi per te sarà sempre disponibile dovunque la politica abbia le mani in pasta, praticamente in ogni posto che conti, in quella famosa nicchia chiamata i Poteri Forti. Ma a questo giochino dello scambio di figurine Panini un po’ più vantaggiose , Mario Draghi, ieri, ha detto chiaramente “No” rispondendo alle domande con un semplice ” Lo escludo”. Da una nullità come me un solenne encomio al Presidente Draghi, che nella sua lunga carriera le raccolte di figurine le ha completate tutte.

 

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I nuovi Algopoteri…

Siamo entrati nel terzo anno di pandemia e quelle che erano le mie convinzioni all’inizio di questa storia non hanno fatto altro che aumentare e trovare se non risposte certe .Intanto ho incominciato a scoprire come la malattia sia arrivata al momento giusto in cui, sul modello cinese, col quale il nostro governo ha avuto ed ha frequentazioni un po’troppo frequenti, sia diventata impellente la transizione digitale di tutto quanto sia possibile. Praticamente tutto quello che riguarda la vita dell’uomo su questo pianeta. Da anni si parla di intelligenza artificiale, di algoritmi, di robot intelligenti, di questo qualcosa che , colla scusa di aiutare l’uomo, sta prendendo il pieno controllo della nostra vita, iniziando dal pensiero. E questo indottrinamento ad essere bravi cittadini non può essere smentito da nessuno, se non da chi ha interesse a tenere nascosto il più lungo possibile il nostro cammino verso la schiavitù digitale, che , iniziando dalla ID prenderà pieno possesso di noi. E chi c’è dietro a tutto questo? I nuovi poteri, quelli che fanno parte di una nuova elìte, talmente ricca da avere la proprietà di questi algoritmi ed avere la capacità di spendere le cifre altissime del loro costo. Le operazioni superveloci dei computer quantistici hanno un costo esorbitante in energia ed in emissioni. Per permettere questo siamo  noi a dover limitare la nostra vita, i nostri consumi per permettere lo sperpero esagerato di energia e carburanti di questi super ricchi, che sappiamo tutti chi siano. Il loro potere ormai è tale che sono in grado di condizionare i governi. Sono anni che pensavo di farneticare e poi ho ascoltato questo Podcast di” La Repubblica “e ho visto che non ero sola a fare questi ragionamenti, ma  lo stavano facendo  emeriti  studiosi e giornalisti d’inchiesta. Vi propongo il link per rintracciare questo interessantissimo podcast.
https://www.repubblica.it/podcast/storie/algopotere/stagione1/?ref=RHTP-BD-I277680880-P13-S4-T1

 

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L’America censura “Maus” di Art Spiegelman: Shoah troppo volgare

Dal corrisp0ndente Sandro  Mastrolilli

“Maus” di Art Spiegelman 
 Il caso in una scuola del Tennessee. L’autore del graphic novel premiato con il Pulitzer, replica: “Forse vogliono un Olocausto più carino”
New york

“Chissà, forse vogliono che insegniamo l’Olocausto in maniera più carina”. Per fortuna Art Spiegelman non ha perso il senso del ridicolo, dopo che un distretto scolastico del Tennessee ha vietato Maus agli studenti di terza media, perché contiene brutte parole e un po’ di nudità. Uno potrebbe obiettare che magari i libri dove si racconta lo sterminio degli ebrei contengono alcune brutte parole e nudità, perché nei campi di concentramento a volte giravano brutte parole e non sempre si riusciva a vestire in modo appropriato. Il punto però non è questo, o non solo. Il problema altrettanto grave è la crociata censoria in corso negli Usa, che evidenzia drammaticamente la profonda spaccatura culturale alla radice delle minacce per la sopravvivenza della democrazia più antica e potente del mondo moderno.

Art Spiegelman 

Maus è ispirato all’esperienza dei genitori di Spiegelman durante l’Olocausto. Disegna gli ebrei come topi e i nazisti come gatti. Il 10 gennaio il board scolastico della McMinn County lo ha tolto dai libri per gli studenti di terza media, lanciando un segnale inquietante su quanto accade in America. In Texas è stata approvata una legge per limitare l’insegnamento del fenomeno del razzismo, per contrastare la “critical race theory”, che riconduce ad esso tutte le discriminazioni nella società americana. Oltre una trentina di Stati hanno adottato misure simili, mentre la Florida si è spinta a vietare gli atti capaci di far provare ad una persona “disagio, senso di colpa, angoscia o qualsiasi altra forma di imbarazzo psicologico a causa della sua razza, colore, sesso o origine nazionale”. In altre parole, non insegnate ai bambini bianchi la storia dello schiavismo, affinché le colpe dei padri non ricadano sui figli. Così quasi nessuno sa che il Tredicesimo emendamento della Costituzione, scritto dopo la Guerra Civile per abolire la pratica, la faceva uscire dalla porta ma rientrare dalla finestra: “Né la schiavitù né la servitù involontaria, tranne che come punizione per un crimine per il quale la parte sarà stata debitamente condannata, esisteranno negli Usa”. Quindi i neri erano liberi, ma se sgarravano potevano essere condannati a tornare nelle piantagioni, altrimenti l’economia del Sud falliva.
I conservatori accusano i liberal di aver cominciato la crociata col “politically correct”. In parte hanno ragione, a patto di ricordare questo ragionamento di Mario Cuomo: “A New York ogni giorno parliamo oltre 140 lingue. Vuol dire che tutti i conflitti presenti sulla Terra sono rappresentati da noi. Se ognuno si sentisse autorizzato a dire e fare ciò che gli dice la testa, vivremmo nello scontro costante. La correttezza politica a volte sarà grottesca, ma serve a prevenire la guerra civile: scegliete voi cosa preferite”. I conservatori hanno risposto lanciando una campagna sistematica di censura, di cui ora è diventato vittima anche Spiegelman.

Il Primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di espressione a tutti, inclusi i neonazisti. Almeno per i politici, però, la società americana si è sempre basata sull’obbligo di dire la verità, e quando venivi beccato a mentire eri finito. Ora invece imperversano le fake news, e Trump sta costruendo la ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024 sulla “grande bugia”, secondo cui Biden avrebbe rubato le elezioni del 2020. La spaccatura culturale alla base di questa disputa è già profonda, ma se diventerà insanabile metterà a rischio il futuro della democrazia americana.
 Amaus
Articolo da La Repubblica

Oh, i cretini di una volta…

È ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia un cretino. ma di intelligenti c’è sempre stata penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto, ci assalgono tutte le volte che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini.

Leonardo Sciascia

 

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Onda su onda…cantava Bruno Lauzi…

La quarta ondata del covid annunciata con grande allarme dai media; il terzo vaccino nell’arco di sei mesi prescritto praticamente a tutti con una campagna martellante; il novanta per cento di vaccinati indicata come nuova soglia d’immunità, dopo il settanta e dopo l’ottanta per cento dei mesi scorsi; il terzo anno di pandemia e di emergenza che si annuncia con certezza e apprensione: si può insinuare il dubbio che qualcosa non stia funzionando, che i poteri pubblici, politici, amministrativi e sanitari, e i loro corifei mediatici, abbiano fallito clamorosamente la sfida dei contagi e delle terapie, considerando che si alza sempre l’asticella e si rimanda sempre la salvezza? O si deve per forza concentrare ogni responsabilità, ogni attenzione e ogni condanna sulla esigua minoranza che non si è vaccinata e si ribella al green pass, con manifestazioni che gli stessi media giudicano di poco rilievo e con quattro gatti?

Avevo deciso in questa pandemia di sospendere ogni giudizio, non ritenendomi in grado di esprimere pareri netti e autorevoli in merito o indicare soluzioni alternative; con tutte le perplessità che ho sempre coltivato, ho continuato a seguire di malavoglia le prescrizioni e le proscrizioni imposte. Con una sola raccomandazione: allargare e non restringere i campi di ricerca e di sperimentazione, non limitarsi ai vaccini ma investire di più sulle cure per debellare o neutralizzare il virus. Insomma aggredire il covid su vari fronti, a monte e a valle. Personalmente ho usato come strategia di sopravvivenza quella di evitare tutti i programmi televisivi sul tema e cambiare canale o media quando appariva il santino del virologo di turno e dei centouno virologi di complemento. Sottrarmi, senza nessuna pretesa di insegnare a nessuno il mestiere. Non ho dunque alcuna tesi precostituita, nessuna soluzione alternativa, nessuna propensione al complotto.

Però quando ti alzi la mattina del 5 novembre del 2021 e vedi che il titolo principale dei principali giornali e media italiani è incentrato sulla quarta ondata, sull’euroterrorismo, sul pericolo che viene dall’est (dove peraltro sono già sotto osservazione i dodici paesi europei colpevoli di voler ripristinare i confini per arginare l’immigrazione), allora dici: basta, non se ne può più, non potete tenere l’umanità così a lungo in una gabbia di terrore, di obblighi e divieti, spostando continuamente gli obbiettivi da raggiungere, e facendo ricadere ogni colpa sui pochi che non seguono le vie obbligate. Se dopo venti mesi un virus non viene debellato nonostante l’80% di popolazione sia vaccinata, e anche due volte, se il covid è ancora virulento e pericoloso, vogliamo dirlo che siamo davanti a una sconfitta, anzi un fallimento delle classi dirigenti e delle forze sanitarie, farmaceutiche e amministrative senza precedenti? La moltiplicazione dei dubbi a questo punto è più che legittima: la strada intrapresa senza se e senza ma, imposta ai quattro quinti della popolazione, considerando che il restante quinto è per meta costituito da bambini, è stata davvero quella giusta? Un virus che supera il biennio, ditemelo voi perché io non lo so, ha precedenti? O se volete riformulo la domanda: è concepibile che all’entrata nel terzo anno di covid, si debbano ancora allestire, intensificare e amplificare vaccini, controlli e allarmi, senza contemplare soluzioni alternative o supplementari? E sfiorando la blasfemia, la bestemmia contro il dio vaccino: e se ci fosse un nesso tra le varianti e i vaccini, nonostante le dimostrazioni che il contagio riguarda in particolare chi non si è vaccinato? Dobbiamo considerare normale che i virologi si portino avanti col lavoro e si proiettino non nell’anno venturo ma addirittura nel 2023, che era un modo proverbiale per indicare il futuro lontano, predicendo che in quell’anno ci faranno un vaccino multitasking, onnicomprensivo, prodigioso, incluso di anti-influenzale? Se dopo sei mesi siamo al terzo vaccino, dopo ventiquattro mesi saremo alla dodicesima dose? Siamo entrati in un serial horror, in un raggiro universale, in una truffa colossale o che? A fronte di un fallimento così vistoso sono legittimi i dubbi, anche quello di aver imboccato una strada sbagliata, oltre che esserci affidati a percorsi sanitari e farmaceutici errati o inadeguati.

Il dramma, lo ammetto onestamente, è che non siamo in grado di opporre un’altra soluzione organica, né abbiamo poteri, voce in capitolo, mezzi e condizioni per poter indicare altri percorsi o correggere quelli presenti.

Dobbiamo però vigilare con la massima attenzione su quel delicato passaggio in cui il regime della sorveglianza sanitaria si estende automaticamente ad altri ambiti civili, culturali, politici, sociali. È impressionante l’ondata repressiva e liberticida che c’è in giro che esonda dai confini sanitari e si allarga ovunque. Oscuramenti sui social, intimidazioni, censure dappertutto e nuove restrizioni si annunciano in ogni campo. Lo dico anche per esperienza personale. Considerando che i social sono, bene o male, l’unico luogo in cui il privato dissenso si fa pubblico, è di una gravità enorme. Se solo tocchi certi temi “sensibili” o presunti tali, anche argomentando, non insultando nessuno né semplificando con tesi “oltraggiose”, sei subito censurato e punito. E non puoi prendertela con nessuno perché ti dicono che il mandante è l’algoritmo, dunque la censura è anonima, come la banda dei sequestri. Anonimo, come il covid.

La colpa in ambo i casi non è di chi usa questi agenti anonimi per veicolare e controllare la gente ma del caso o della tecnica. Se non possiamo fare e dire molto in ambito sanitario, sorvegliamo almeno le linee di frontiera della nostra libertà, della nostra dignità e dei diritti. Occhio alla dogana, alle mascherine ideologiche e agli sconfinamenti delle “ondate” sanitarie. Cantava Bruno Lauzi: “onda su onda il mare ci porterà alla deriva, in balia di una sorte bizzarra e cattiva”…

MV

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